I limiti dell'azione diretta del lavoratore nei confronti del committente
21 Febbraio 2020
Può il dipendente dell'appaltatore agire nei confronti anche del committente per soddisfare il credito derivante dall'accertata illegittimità del licenziamento?
I dipendenti dell'appaltatore, in forza dell'art. 1676, c.c., possono agire in via diretta nei confronti del committente al fine di conseguire quanto agli stessi dovuto per effetto dell'attività prestata in esecuzione del contratto di appalto, ergo in relazione all'opera o al servizio appaltato.
Tale disposizione trova applicazione anche in ipotesi di subappalto, sebbene non rispetto al committente ma all'appaltatore originario. L'art. 1676, c.c. predispone una garanzia per i lavoratori impiegati nell'esecuzione del contratto, sancendo l'indisponibilità del credito vantato dal datore-appaltatore nei confronti del committente.
Quest'ultimo diviene debitore in solido con il primo, fino a concorrenza del corrispettivo dovuto per l'appalto. L'azione diretta nei confronti del committente deve tuttavia essere circoscritta alle pretese aventi ad oggetto emolumenti di natura retributiva, i quali il datore sia tenuto a corrispondere ai lavoratori, in stretta connessione, come sopra precisato, con la prestazione da questi svolta in esecuzione del contratto di appalto.
Conseguentemente tale azione non può estendersi anche alle somma dovute a titolo di risarcimento per l'illegittimità del licenziamento.
|