Protezione internazionale: la procura speciale quale elemento indefettibile ai fini dell'esercizio dello ius postulandi

24 Febbraio 2020

La questione esaminata dalla Suprema Corte nella pronuncia in esame è la seguente: ai fini dell'esercizio dello ius postulandi nel ricorso per cassazione, in particolare in materia di protezione internazionale e umanitaria, è sufficiente il conferimento di una procura contenente espressioni generiche come per «ogni e più ampia facoltà di legge, farsi rappresentare, assistere e sostituire, eleggere domicili, rinunziare alla comparizione delle parti, riassumere la causa, proseguirla» oppure è necessario il rilascio di un'apposita procura in relazione al peculiare grado di legittimità?
Massima

Nel ricorso per cassazione all'avvocato, iscritto nell'apposito albo, deve essere conferita una specifica procura in relazione al peculiare grado di legittimità, attesa l'esigenza di assicurare, in modo giuridicamente certo, la riferibilità dell'attività svolta dal difensore al titolare della posizione sostanziale controversa. Nella materia della protezione internazionale e umanitaria suddetta esigenza è rafforzata dall'art. 35-bis, comma 13, d.lgs. n. 25/2008, il quale precisa che la procura alle liti, ai fini della proposizione del ricorso per cassazione, deve essere conferita, a pena di inammissibilità, in data successiva alla comunicazione del decreto da parte della cancelleria, certificata dal difensore incaricato.

Il caso

Il tribunale di Brescia, con decreto n. 1886/2018, depositato in data 18 maggio 2018, respingeva il ricorso di B.I., cittadino della Guinea, avente ad oggetto il riconoscimento dello status di rifugiato, ovvero, in subordine, della protezione sussidiaria o di quella umanitaria.

Il Tribunale riteneva non credibile la vicenda personale addotta dal richiedente asilo, che riferiva di essere fuggito dalla Polizia per il timore di venire nuovamente arrestato come forma di ritorsione per aver falsamente denunciato un poliziotto per il ferimento di un suo amico durante una manifestazione di protesta. Pertanto, riteneva che, in specie, non ricorressero i presupposti per il riconoscimento di alcuna forma di protezione, avuto anche riguardo alla situazione generale della Guinea.

Avverso suddetto provvedimento, il ricorrente proponeva ricorso per cassazione notificato al Ministero dell'Interno.

Con il primo motivo, il ricorrente lamentava la «Violazione e falsa applicazione del d.lgs. n. 251/2007, artt. 2, 3, 5,6,7,8 e 14 e del d.lgs. n. 25/2008, art. 27 comma 1-bis, in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3, nonché gli artt. 115 e 116 c.p.c.», in particolare, censurando la valutazione di non credibilità del suo racconto.

A parere del ricorrente, infatti, il Tribunale avrebbe compiuto una scomposizione atomistica della pluralità di fatti storici dallo stesso puntualmente elencati e descritti, senza effettuarne una sintesi, in violazione delle norme sopraindicate, anche a causa dell'evidente difficoltà di comunicazione riscontrata con l'interprete.

Con il secondo motivo, invece, deduceva la «Violazione e falsa applicazione del d.lgs. n. 251/2007, art. 14, in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3 e vizio motivazionale ex art. 360 c.p.c., n. 5, nonché violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c.»,criticando lavalutazione effettuata dal Tribunale in merito all'insussistenza in Guinea di una situazione di violenza indiscriminata determinata da un conflitto interno o internazionale, richiamando, in particolare, quanto riportato sul sito del Ministero degli Esteri in relazione alla condizione di criminalità diffusa di suddetto paese, alimentata dalla corruzione in tutti gli strati dell'amministrazione dello Stato.

Con il terzo ed ultimo motivo di ricorso, il ricorrente lamentava la «Violazione e falsa applicazione del d.lgs. n. 286/1998, art. 5, in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3, vizio motivazionale ex art. 360 c.p.c., n. 5, nonché violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c.»,deducendo diaver compiutamente descritto tutti gli aspetti della propria vicenda personale, da valutarsi nel contesto del suo Paese d'origine, in cui i conflitti interetnici risultano ancora molto intensi (circostanza non adeguatamente presa in considerazione dal Tribunale).

La questione

La questione in esame è la seguente: ai fini dell'esercizio dello ius postulandi nel ricorso per cassazione, in particolare in materia di protezione internazionale e umanitaria, è sufficiente il conferimento di una procura contenente espressioni generiche come per «ogni e più ampia facoltà di legge, farsi rappresentare, assistere e sostituire, eleggere domicili, rinunziare alla comparizione delle parti, riassumere la causa, proseguirla» oppure è necessario il rilascio di un'apposita procura in relazione al peculiare grado di legittimità?

Le soluzioni giuridiche

Con l'ordinanza in commento, la Suprema Corte, dichiara l'inammissibilità del ricorso, in quanto la procura alle liti allegata contiene espressioni generiche, incompatibili con le esigenze di specialità richieste in relazione al giudizio di legittimità, condannando il ricorrente al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115/2002.

A parere della Suprema Corte, il ricorso è privo di idonea procura speciale ex art. 365 c.p.c., poiché quest'ultima non contiene alcun richiamo né al decreto impugnato né al giudizio per cassazione, ma soltanto un generico riferimento a«ogni e più ampia facoltà di legge, farsi rappresentare, assistere e sostituire, eleggere domicili, rinunziare alla comparizione delle parti, riassumere la causa, proseguirla».

Richiamando alcuni precedenti conformi (Cass. civ., n. 17708/2019; Cass. civ., n. 5190/2019; Cass. civ., n. 28146/2018), il Collegio evidenzia che il ricorso deve ritenersi inammissibile allorquando «la procura, apposta su foglio separato e materialmente congiunto al ricorso ex art. 83 c.p.c., comma 2, contenga espressioni generiche ed incompatibili con la specialità richiesta per la proposizione dell'impugnazione in cassazione».

Il tenore letterale della formula utilizzata dal ricorrente, dunque, è incompatibile con l'esigenza di assicurare, in modo giuridicamente certo, la riferibilità della peculiare attività svolta dal difensore al titolare della posizione sostanziale controversa.

Ma vi è di più. In materia di protezione internazionale e umanitaria suddetta esigenza è rafforzata dall'art. 35-bis, comma 13, d.lgs. n. 25/2008, il quale prevede che la procura alle liti per la proposizione del ricorso per cassazione debba essere conferita, a pena di inammissibilità, in data successiva alla comunicazione del decreto da parte della cancelleria e che il difensore debba altresì certificare tale data.

Osservazioni

Alla luce di quanto esposto, occorre sottolineare che il ricorrente aveva sì adempiuto correttamente all'allegazione della procura a norma dell'art. 83 c.p.c., ma riportando all'interno della stessa una formula generica, inidonea ad assolvere al suo scopo, ovverosia assicurare, in modo giuridicamente certo, la riferibilità dell'attività svolta dal difensore al titolare della posizione sostanziale controversa, alla luce di una ponderata valutazione dell'impugnazione del provvedimento (cfr. Cass. civ., n. 14474/2019).

La procura speciale, che si differenzia da quella generale conferita dal cliente al difensore per la gestione di tutti i suoi contenziosi, configura un elemento indefettibile ed indispensabile ai fini dell'esercizio dello ius postulandi nel ricorso per cassazione, la cui mancanza (rectius genericità) ne comporta l'inammissibilità ex art. 365 c.p.c.

La ratio sottesa alla cennata norma consiste, da un lato, nel garantire una maggiore consapevolezza da parte dei ricorrenti nell'assegnazione del ricorso al difensore; dall'altro, nell'assicurare ad avvocati con una più elevata competenza professionale un giudizio di particolare impegno tecnico (cfr. Cass. civ., n. 6445/2019).

La procura, anche se posta su foglio separato e materialmente congiunto al ricorso (art. 83, comma 2, c.p.c.) non deve contenere espressioni incompatibili con la proposizione dell'impugnazione, dirette ad attività proprie di altri gradi di giudizio (cfr. Cass. civ., n. 18257/2017) e deve essere rilasciata in epoca anteriore alla notificazione del ricorso avverso un provvedimento determinato, pronunciato antecedentemente al rilascio della stessa. Al contrario, è irrilevante la circostanza che la procura venga conferita in data anteriore a quella di redazione del ricorso ovvero non sia indicata la data del suo rilascio, non essendo tale requisito previsto dalla legge a pena di nullità (cfr. Cass. civ., n. 14427/2019).

Di conseguenza, il ricorso per cassazione deve ritenersi inammissibile qualora la procura sia conferita a margine del solo atto introduttivo di primo grado (cfr. Cass. civ., n. 19226/2014).

Il ricorrente per assolvere all'obbligo di “specialità” non deve autoqualificare come “speciale” la procura conferita (cfr. Cass. civ., n. 3602/2012), ma deve prevedere, dal punto di vista contenutistico, espressioni compatibili con la specialità richiesta dal giudizio di legittimità, onde evitare una declaratoria di inammissibilità ex art. 365 c.p.c.

Suddetto orientamento sembrerebbe ribaltare quanto statuito in passato dalla stessa Corte Suprema, la quale, nelle ipotesi di mandato apposto in calce o a margine del ricorso per cassazione, prevedeva che la procura per sua stessa natura dovesse ritenersi speciale, senza alcuna necessità, ai fini della sua validità, di uno specifico riferimento al giudizio in corso o alla sentenza contro la quale era rivolta (ex multis Cass. civ., n. 7014/2017).

Il carattere di specialità doveva ritenersi deducibile dal fatto che la procura formasse, materialmente, un corpo unico con il ricorso (o controricorso) al quale si riferiva (cfr. Cass. civ., n. 1205/2015; Cass. civ., n. 15692/2009), a nulla rilevando la formulazione pur genericamente omnicomprensiva dei poteri attribuiti al difensore (cfr. Cass. civ., n. 15538/2015; Cass. civ., n. 1058/2001).

Neanche il mandato conferito con espressioni generiche comportava l'inammissibilità del ricorso (cfr. Cass. civ., n. 26233/2005; Cass. civ., n. 25725/2014).

Orbene, l'attuale orientamento della Suprema Corte in tema di procura speciale sembra – ad onta del rischio di un eccesso di formalismo in materie che, come quelle per cui in causa, involgono diritti fondamentali e si appalesano particolarmente ‘sensibili' – coerente con la nuova normativa sul punto introdotta in materia di protezione internazionale ed umanitaria.

Univoco è, del resto, il tenore dell'art. 35-bis, comma 13, d.lgs. n. 25/2008, introdotto dall'art. 6 d.l. n. 13/2017, il quale precisa che «la procura alle liti per la proposizione del ricorso per cassazione deve essere conferita, a pena di inammissibilità del ricorso, in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato; a tal fine il difensore certifica la data di rilascio in suo favore della procura medesima».

Invero, di regola, l'attività di certificazione effettuata dal difensore è circoscritta all'autografia della sottoscrizione della parte, e non si estende anche alla data di rilascio della procura speciale (art. 2703 c.c.). Tale certificazione, inoltre, può essere contestata solo mediante querela di falso (cfr. Cass. civ., n. 24639/2010).

A tal proposito, la Suprema Corte, ha statuito che il potere certificante del difensore, ai sensi dell'art. 83, comma 3, c.p.c., riguarda unicamente l'autografia, non estendendosi ad altre formalità e, in particolare, alla data dell'atto (cfr. Cass. civ., Sez. Un., n. 6334/1994; contra parz. Cass. civ., n. 16403/2010).

Al contrario, in materia di protezione internazionale e umanitaria il legislatore ha espressamente attribuito al difensore l'onere di certificare la data di rilascio della procura, al fine di assicurarsi che il rilascio della stessa avvenga in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato.

Pertanto, in specie, deve ritenersi inammissibile il ricorso per cassazione nel quale la procura non indica la data di conferimento, non assolvendo alla funzione certificatoria la sola autentica della firma (Cass. civ., n. 1043/2020).

In ultima analisi, occorre rilevare che a norma dell'art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115/2002, quando l'impugnazione, anche incidentale, è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l'ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

Suddetto importo, pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, è raddoppiato per i processi dinanzi alla Corte di cassazione (art. 13, comma 1-bis, d.P.R. n. 115/2002) e può essere imputato al difensore in assenza di procura speciale rilasciata da parte del ricorrente nel cui nome dichiara di agire (cfr. Cass. civ., n. 5577/2017).

Tuttavia, il mancato rilascio di idonea procura speciale (e non l'assenza di un suo effettivo conferimento) non comporta un'automatica condanna del difensore alle spese del giudizio, atteso che l'attività processuale deve ritenersi provvisoriamente efficace e la procura, benché nulla o invalida, risulta comunque «idonea a determinare l'instaurazione di un rapporto processuale con la parte rappresentata, che, assume la veste di potenziale destinataria delle situazioni derivanti dal processo»(Cass. civ., Sez. Un., n. 10706/2006).

Tale orientamento, avallato anche nell'ordinanza in commento, contrasta con una recentissima pronuncia della Suprema Corte, secondo la quale, nelle ipotesi di declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione per difetto di validità della procura, la “sanzione” prevista dall'art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115/2002 deve trovare applicazione nei confronti del difensore, in quanto trattasi di attività strettamente processuale gravante sullo stesso e non sulla parte (cfr. Cass. civ., n. 32008/2019).

Nonostante la recente pronuncia di legittimità sopraindicata, il discrimen effettuato dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione deve ritenersi comunque condivisibile, poiché coerente con l'impianto sistematico previsto dal legislatore in tema di spese di lite (art. 91 c.p.c.); di talché il difensore potrà essere chiamato al pagamento delle spese processuali (ivi compresa la “sanzione” ut supra) unicamente nei casi di assenza di effettivo conferimento della procura, restando esposto, negli altri casi d'inammissibilità correlati a vizi della procura, soltanto ad un'eventuale azione di responsabilità professionale nei confronti del proprio cliente.

Guida all'approfondimento
  • G. Balena, Istituzioni di diritto processuale civile, Volume primo, Bari, 2019, pag. 203;
  • L. Caputo, Procura e contratto di patrocinio, in www.Ilprocessocivile.it;
  • R. Giordano, Inammissibilità del ricorso per invalidità della procura speciale: gli oneri del giudizio gravano sul difensore, in www.Ilprocessocivile.it;
  • F. Luiso, Diritto processuale civile, Principi generali, Giuffrè Francis Lefebvre, 2019, pag. 233.
  • G. Monteleone, Manuale di diritto processuale civile - Vol. I: Disposizioni generali. I processi di cognizione di primo grado. Le Impugnazioni, Padova, 2018, pag. 158.

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