Illegittimità del licenziamento di un socio lavoratore di cooperativa: il richiamo all'art. 18 va inteso quale rinvio formale

Alessandro Corrado
25 Febbraio 2020

In tema di società cooperativa di produzione e lavoro, l'art. 2 della legge n. 142/2001 esclude l'applicazione dell'art. 18 dello Statuto dei lavoratori nei casi in cui con il rapporto di lavoro venga a cessare anche quello associativo...
Massima

In tema di società cooperativa di produzione e lavoro, l'art. 2 della legge n. 142/2001 esclude l'applicazione dell'art. 18 dello Statuto dei lavoratori nei casi in cui con il rapporto di lavoro venga a cessare anche quello associativo. Ne deriva che, accertata l'illegittimità della delibera di esclusione del socio e ripristinato il rapporto associativo, si applica la tutela di cui all'art. 18 nel testo vigente all'epoca del licenziamento.

Il caso

Con la sentenza in commento, la Suprema Corte afferma un importante principio riguardante la tutela reintegratoria stabilita dall'art. 18, legge n. 300/1970 a favore del socio di società cooperativa di produzione e lavoro estromesso con un'illegittima delibera di esclusione: il rinvio operato dall'art. 2, l. n. 142 del 2001 (con cui è stata dettata una disciplina organica riguardante la posizione del socio-lavoratore nelle cooperative nelle quali il rapporto mutualistico abbia ad oggetto proprio la prestazione di attività lavorative del socio) all'art. 18 dello Statuto dei Lavoratori è di natura formale. Di conseguenza tale disposizione va applicata secondo il testo vigente all'epoca in cui è stato intimato il licenziamento.

Per stabilire se il richiamo ad una norma debba essere inteso in senso formale o materiale, occorre utilizzare criteri che guardano all'intento del legislatore e che portano a concludere per la sussistenza di un'ipotesi di rinvio materiale ove sia inequivoca la volontà normativa di “cristallizzare” un determinato testo normativo, dovendo, al contrario, trovare applicazione una vera e propria presunzione di rinvio formale (cfr. in tal senso T.A.R. Firenze, Sez. II, 15/07/2016, n. 1181)

Venendo al caso esaminato dalla sentenza in commento, la Corte d'Appello, riformando parzialmente la decisione di primo grado, accertava l'illegittimità del licenziamento disciplinare di una socia operatrice socio-sanitaria di una Onlus, disponendone la reintegrazione nel posto di lavoro, sostenendo che dall'illegittimità della delibera di esclusione della lavoratrice derivasse l'applicazione dell'art. 18 dello Statuto dei lavoratori nella versione previgente alla riforma del 2012. Avverso tale sentenza, la Onlus proponeva ricorso per cassazione sostenendo che i giudici di merito avrebbero dovuto semmai applicare il suddetto art. 18 così come riformulato dalla legge n. 92/2012. Questa, com'è noto, ha rimodulato la misura dell'indennità risarcitoria disponendo che (fatta eccezione per i licenziamenti nulli) essa non può superare le 12 mensilità della retribuzione totale.

Nel caso di specie, l'applicazione del novellato art. 18 avrebbe comportato la condanna a 12 mensilità anziché a 33.

Le questioni giuridiche e le soluzioni

La decisione della Corte d'Appello di disporre la reintegrazione della socia-lavoratrice nel posto di lavoro precedentemente occupato rispecchia il consolidato orientamento della Suprema Corte secondo cui se la delibera di esclusione del socio è fondata esclusivamente sull'intervenuto licenziamento disciplinare (come nel caso di specie), alla dichiarazione di illegittimità del licenziamento consegue la pari illegittimità della delibera di esclusione del socio. Pertanto, in base all'art. 2, legge n. 142/2001, trova applicazione l'art. 18, legge n. 300/1970 e, con esso, la tutela reale del posto di lavoro.

L'art. 2, infatti, prevede che ai soci lavoratori di cooperativa con rapporto di lavoro subordinato si applichi lo Statuto dei lavoratori, compreso il relativo art. 18, salvo che venga a cessare, col rapporto di lavoro, anche quello associativo.

Qualora proprio tale rapporto associativo sia cessato in conseguenza del licenziamento intimato al socio lavoratore, non ricorre la fattispecie eccettuata dal summenzionato art. 2 e, quindi, trova applicazione la disciplina ordinaria di reintegrazione nel posto di lavoro del lavoratore illegittimamente licenziato.

A tal fine, è in ogni caso indispensabile l'impugnazione da parte del socio-lavoratore dell'atto di esclusione ai sensi dell'art. 2533 c.c. nel termine di 60 giorni previsto da tale norma.

E, difatti, sempre secondo i Giudici della Suprema Corte, nel solco tracciato dalle Sezioni Unite con la sentenza 27 novembre 2017, n. 27436, l'effetto estintivo del rapporto di lavoro derivante dall'esclusione del socio-lavoratore dalla cooperativa a norma dell'art. 5, comma 2, legge n. 142 del 2001 in mancanza d'impugnazione della delibera che l'abbia prodotta, impedisce, di conseguire il rimedio della restituzione del rapporto di lavoro.

L'art. 5 della legge n. 142 esclude infatti la sopravvivenza del rapporto di lavoro alla caducazione di quello associativo.

Tuttavia, l'omessa impugnazione della delibera di esclusione – con il conseguente definitivo effetto estintivo del rapporto di lavoro – lascia impregiudicato l'interesse del lavoratore a far valere l'illegittimità del recesso, fondato sui medesimi fatti posti a fondamento della prima, per ottenere il ristoro del danno derivante dall'ingiusta cessazione del rapporto di lavoro.

Ristoro, però, limitato al risarcimento del danno secondo quanto stabilito dall'art. 8, legge n. 604/1966.

Ed è proprio questo l'approdo raggiunto da una recente pronuncia (26 marzo 2019, n. 8386) con cui la Sezione Lavoro della Cassazione, proprio in tema di un licenziamento disciplinare intimato al socio lavoratore di cooperativa, ha stabilito che l'omessa impugnativa della delibera di esclusione da socio di cooperativa non fa venire meno l'interesse del lavoratore ad impugnare il licenziamento, atteso che l'effetto estintivo del rapporto di lavoro derivante dall'esclusione dalla cooperativa, preclusivo della tutela restitutoria, non elide, di per sé, l'illegittimità del licenziamento, a cui si può porre rimedio con la tutela risarcitoria.

Osservazioni

Se quindi, la Corte d'Appello ha correttamente disposto la reintegrazione della socia-lavoratrice esclusa dal rapporto associativo e da quello di lavoro sulla base di un licenziamento disciplinare illegittimo, non altrettanto ha fatto riconoscendo un risarcimento del danno tarato sull'art. 18, legge n. 300/1970 nella disciplina previgente alla modifica intervenuta ad opera della legge n. 92/2012: all'illegittimità del licenziamento disciplinare consegue, oltre alla reintegrazione nel posto di lavoro, un risarcimento del danno che non può superare le dodici mensilità.

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