Esclusa la responsabilità civile del somministratore per fatto illecito commesso dal lavoratore somministrato in danno dell'utilizzatore

09 Marzo 2020

L'agenzia di somministrazione non è responsabile, ai sensi dell'art. 2049, c.c., per fatti illeciti compiuti dal lavoratore somministrato nell'ambito della missione in danno dell'utilizzatore...
Massima

L'agenzia di somministrazione non è responsabile, ai sensi dell'art. 2049, c.c., per fatti illeciti compiuti dal lavoratore somministrato nell'ambito della missione in danno dell'utilizzatore.

Il caso

Una società utilizzatrice chiedeva la condanna dell'agenzia di somministrazione di lavoro al risarcimento del danno provocatogli da un lavoratore somministrato, che prestava il lavoro come magazziniere – autista, in seguito ad un sinistro stradale accaduto in autostrada alla guida di un autocarro, in esecuzione del contratto di fornitura di lavoro temporaneo.

Il Tribunale sia la Corte di appello escludevano che il somministratore fosse responsabile civile ex art. 2049 c.c., poiché solo l'utilizzatore ha potere e dovere di dirigere e controllare il lavoratore svolgente la propria attività nel suo interesse (art. 20, d.lgs. n. 276/2003), non potendo farsi ricadere sul somministratore l'onere di dirigere e, tantomeno, controllare l'attività del lavoratore dal momento in cui egli si è inserito, seppur temporaneamente, nella struttura organizzativa della società utilizzatrice, ritenuta dal legislatore, per questa ragione, responsabile nei confronti dei terzi per i danni loro causati dal lavoratore somministrato (art. 26, d.lgs. n. 276/2003).

In sostanza, il passaggio in capo all'utilizzatore del potere direttivo e di controllo comporta, a dire dei giudici di merito, una traslazione della posizione di datore di lavoro e, quindi, anche della posizione di garanzia che l'art. 2049 c.c. ascrive a detta posizione giuridica.

La società utilizzatrice opponeva la tesi che il somministratore non perde mai il ruolo di datore di lavoro, conservando fondamentali posizioni giuridiche relative al rapporto di lavoro subordinato, quali l'obbligo di corrispondere la retribuzione o di garantire la sicurezza del lavoratore; inoltre, il somministratore può decidere, discrezionalmente, di ritirare dalla missione il dipendente, eventualmente mandandone un altro o di risolvere il rapporto di lavoro. Aggiungeva, poi, con riferimento all'art. 26, d.lgs. n. 276/2003, in base al quale “l'utilizzatore risponde nei confronti dei terzi dei danni a essi arrecati dal prestatore di lavoro nell'esercizio delle sue mansioni”, che la posizione di garanzia di cui all'art. 2049 c.c. rivestita dall'utilizzatore si annulla quando il danneggiato è l'utilizzatore stesso; infatti, l'art. 26, d.lgs. n. 276/2003, non avrebbe alcuna utilità normativa, se non fosse letto come una norma speciale derogatoria della responsabilità art. 2049 c.c. che in caso di somministrazione di lavoro graverebbe sul somministratore.

Con ricorso per cassazione la società utilizzatrice chiedeva l'annullamento della sentenza di appello per violazione degli artt. 2049 c.c. e degli artt. 20 e 26, d.lgs. n. 276/2003, riproponendo i medesimi argomenti prospettati nel giudizio di merito.

La questione

La questione esaminata dalla Corte di cassazione è la seguente:

La responsabilità ex art. 2049 c.c. per fatto illecito commesso dai lavoratori somministrati in missione presso l'utilizzatore risiede soltanto in capo a quest'ultimo oppure permane in capo al somministratore nel caso in cui il danneggiato sia proprio l'utilizzatore?

La soluzione giuridica

Prima di negare la responsabilità del somministratore di lavoro, la Suprema Corte ricostruisce la figura del contratto di somministrazione di lavoro, in cui opera un rapporto giuridico caratterizzato dalla presenza di tre soggetti, il somministratore o agenzia di somministrazione, il lavoratore e l'utilizzatore che concludono tra loro due distinti contratti: quello che lega l'agenzia e l'utilizzatore che si avvarrà dell'attività del lavoratore avviato verso il pagamento di un corrispettivo e quello con cui il lavoratore si obbliga nei confronti dell'agenzia di somministrazione a lavorare alle condizioni previste dai contratti di somministrazione che essa stipulerà (punto 4.5 della sentenza).

Il dipendente, precisa la Corte, lavora sia nell'interesse dell'utilizzatore - il quale pertanto lo inserisce nella sua organizzazione d'impresa, onde lo dirige e lo controlla -, sia nell'interesse del somministratore, perché il suo lavoro costituisce la prestazione corrispettiva agli obblighi del datore discendenti dal contratto di lavoro e perché tramite il suo lavoro il somministratore adempie al proprio obbligo nei confronti dell'utilizzatore e matura il diritto al corrispettivo (punto 4.6).

E' indiscutibile, afferma la Corte, che il somministratore sia il datore di lavoro in quanto stipula con il lavoratore il contratto di assunzione (punto 4.5), pur tuttavia in caso di fatto illecito commesso dal lavoratore, inserito nella struttura organizzativa dell'utilizzatore ovvero mentre il lavoratore sta prestando il servizio cui quest'ultimo lo ha adibito, la responsabilità civile deve gravare esclusivamente sull'utilizzatore che esercita i concreti poteri di direzione e controllo.

Dunque, osserva la Corte, la responsabilità extra-contrattuale dell'utilizzatore si fonda sull'art. 20, .d.lgs. n. 276/2003, il cui testo è oggi trasfuso nell'art. 30, d.lgs. n. 81/2015, rendendo quasi superfluo l'art. 26, d.lgs. 276/2003, espressione della responsabilità di padroni e committenti ex art. 2049 c.c. (punto 4.7), di cui l'art. 26 opera una sorta di interpretazione autentica, al contrario di quanto sostenuto dal ricorrente (punto 4.10).

La Suprema Corte, allora, con ampia e condivisibile motivazione, respinge il ricorso per cassazione, reputando che quando il fatto illecito danneggi l'utilizzatore, come nel caso di specie, quest'ultimo non può chiaramente rivestire sia il ruolo del danneggiato sia il ruolo di responsabile ex art. 2049 c.c.; ma la responsabilità extracontrattuale di cui all'art. 2049 c.c. non può ricadere neanche sul somministratore, poiché il fatto illecito viene compiuto dal lavoratore nell'ambito dell'inserimento concreto che l'utilizzatore ha determinato, anche tramite direttive specifiche, nella sua struttura organizzativa (punto 4.7).

L'attribuzione di responsabilità al somministratore, precisa la Corte, verrebbe a cagionare una sorta di illegittima regressione della vicenda giuridica esecutiva, riportando il lavoratore allo stadio in cui, non essendo ancora stato inviato in missione, si trova sotto il controllo e la direzione del datore di lavoro ai fini della istruzione generale per l'attività.

Peraltro, la responsabilità extracontrattuale dei padroni e dei committenti, di cui all'art. 2049 c.c., ricorda la Corte, si fonda non tanto sulla mera dipendenza formale di chi compie il fatto illecito rispetto al soggetto "a monte", ma sul nesso di occasionalità necessaria che deve sussistere tra il fatto produttivo di danno e l'esercizio delle mansioni cui il lavoratore somministrato sia stato adibito, da cui scaturisce la responsabilità oggettiva del "padrone" o "committente", rectius del predisponente, cioè di chi ha concretamente organizzato il modo di avvalersi dell'opera del terzo (punto 4.9).

In presenza di un contratto di somministrazione di lavoro, osserva la Corte, “interesse, direzione e controllo costituiscono una osmotica terna che identifica, in ultima analisi, il contenuto dell'adibizione del lavoratore, cui si rapporta l'art. 2049 c.c.” (punto 4.10 della sentenza).

La Corte di Cassazione, pertanto, ravvisa la responsabilità del somministratore durante la missione per i danni cagionati dal lavoratore somministrato ai terzi o al medesimo utilizzatore solo in presenza di una clausola contrattuale che la preveda, inserita nel contratto di somministrazione di lavoro (art. 30, d.lgs. n. 81/2015).

Osservazioni

Prima di negare la responsabilità del somministratore di lavoro, la Suprema Corte ricostruisce la figura del contratto di somministrazione di lavoro, in cui opera un rapporto giuridico caratterizzato dalla presenza di tre soggetti, il somministratore o agenzia di somministrazione, il lavoratore e l'utilizzatore che concludono tra loro due distinti contratti: quello che lega l'agenzia e l'utilizzatore che si avvarrà dell'attività del lavoratore avviato verso il pagamento di un corrispettivo e quello con cui il lavoratore si obbliga nei confronti dell'agenzia di somministrazione a lavorare alle condizioni previste dai contratti di somministrazione che essa stipulerà (punto 4.5 della sentenza).

Il dipendente, precisa la Corte, lavora sia nell'interesse dell'utilizzatore - il quale pertanto lo inserisce nella sua organizzazione d'impresa, onde lo dirige e lo controlla -, sia nell'interesse del somministratore, perché il suo lavoro costituisce la prestazione corrispettiva agli obblighi del datore discendenti dal contratto di lavoro e perché tramite il suo lavoro il somministratore adempie al proprio obbligo nei confronti dell'utilizzatore e matura il diritto al corrispettivo (punto 4.6).

E' indiscutibile, afferma la Corte, che il somministratore sia il datore di lavoro in quanto stipula con il lavoratore il contratto di assunzione (punto 4.5), pur tuttavia in caso di fatto illecito commesso dal lavoratore, inserito nella struttura organizzativa dell'utilizzatore ovvero mentre il lavoratore sta prestando il servizio cui quest'ultimo lo ha adibito, la responsabilità civile deve gravare esclusivamente sull'utilizzatore che esercita i concreti poteri di direzione e controllo.

Dunque, osserva la Corte, la responsabilità extra-contrattuale dell'utilizzatore si fonda sull'art. 20, d.lgs. n. 276/2003, il cui testo è oggi trasfuso nell'art. 30, d.lgs. n. 81/2015, rendendo quasi superfluo l'art. 26, d.lgs. n. 276/2003, espressione della responsabilità di padroni e committenti ex art. 2049 c.c. (punto 4.7), di cui l'art. 26 opera una sorta di interpretazione autentica, al contrario di quanto sostenuto dal ricorrente (punto 4.10).

La Suprema Corte, allora, con ampia e condivisibile motivazione, respinge il ricorso per cassazione, reputando che quando il fatto illecito danneggi l'utilizzatore, come nel caso di specie, quest'ultimo non può chiaramente rivestire sia il ruolo del danneggiato sia il ruolo di responsabile ex art. 2049 c.c.; ma la responsabilità extracontrattuale di cui all'art. 2049 c.c. non può ricadere neanche sul somministratore, poiché il fatto illecito viene compiuto dal lavoratore nell'ambito dell'inserimento concreto che l'utilizzatore ha determinato, anche tramite direttive specifiche, nella sua struttura organizzativa (punto 4.7).

L'attribuzione di responsabilità al somministratore, precisa la Corte, verrebbe a cagionare una sorta di illegittima regressione della vicenda giuridica esecutiva, riportando il lavoratore allo stadio in cui, non essendo ancora stato inviato in missione, si trova sotto il controllo e la direzione del datore di lavoro ai fini della istruzione generale per l'attività.

Peraltro, la responsabilità extracontrattuale dei padroni e dei committenti, di cui all'art. 2049 c.c., ricorda la Corte, si fonda non tanto sulla mera dipendenza formale di chi compie il fatto illecito rispetto al soggetto "a monte", ma sul nesso di occasionalità necessaria che deve sussistere tra il fatto produttivo di danno e l'esercizio delle mansioni cui il lavoratore somministrato sia stato adibito, da cui scaturisce la responsabilità oggettiva del "padrone" o "committente", rectius del predisponente, cioè di chi ha concretamente organizzato il modo di avvalersi dell'opera del terzo (punto 4.9).

In presenza di un contratto di somministrazione di lavoro, osserva la Corte, “interesse, direzione e controllo costituiscono una osmotica terna che identifica, in ultima analisi, il contenuto dell'adibizione del lavoratore, cui si rapporta l'art. 2049 c.c.” (punto 4.10 della sentenza).

La Corte di Cassazione, pertanto, ravvisa la responsabilità del somministratore durante la missione per i danni cagionati dal lavoratore somministrato ai terzi o al medesimo utilizzatore solo in presenza di una clausola contrattuale che la preveda, inserita nel contratto di somministrazione di lavoro (art. 30, d.lgs. n. 81/2015).

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