Risponde di molestie chi arreca fastidio alla vicina mediante incisione di una croce e colpi sulla persiana
18 Marzo 2020
La Corte di appello, in riforma della pronuncia di assoluzione resa in primo grado e appellata dalla parte civile Caia, condannava Tizia, ai sensi dell'art. 660 c.p. (molestia), al risarcimento del danno di 2 mila euro in favore della parte civile. In particolare, secondo la Corte territoriale, era stata desunta la prova della responsabilità di Tizia per aver inciso una croce sulla persiana in legno dell'abitazione di Caia e nell'avere, in più occasioni, battuto in orario serale diversi colpi sulla medesima persiana, così da porre in essere una condotta molesta - di certo non occasionale - idonea a realizzare il reato di cui all'art. 660 c.p. Avverso tale decisione, l'imputata ha proposto ricorso in Cassazione eccependo che le dichiarazioni di Caia non erano state verificate con il dovuto rigore, considerando la sua posizione di persona offesa costituita parte civile e le difficoltà espressive dimostrate nel corso della sua audizione. In pratica, secondo la ricorrente, la teste non aveva affermato di aver visto l'imputata battere i colpi la sera sulla persiana; né le fotografie prodotte potevano dimostrare che i danni presenti nella suddetta persiana (dovuti a incisioni) fossero stati cagionati dall'imputata. Nel giudizio di legittimità, la S.C. conferma il ragionamento espresso nel provvedimento impugnato. Difatti, la precisa esposizione della ricostruzione della teste poneva chiaramente in evidenza che Caia non aveva sorpreso l'imputata, ma aveva potuto ugualmente vedere detti gesti molesti grazie alle immagini della telecamera che aveva appositamente installato. Sotto questo profilo, dunque, le censure della ricorrente non si confrontavano con le spiegazioni intervenute, fermandosi a considerare unicamente la mancanza dell'immediata osservazione della ripetitività della condotta di natura molesta, della conseguente integrazione del fatto costituente reato e della stessa sussistenza e significatività del danno. Ed ancora, con riferimento alla quantificazione di tale danno, la ricorrente non considerava neanche che l'indicazione di quello morale appariva posta in rapporto a patimenti dovuti non semplicemente all'incisione della croce nella persiana (avente effetti in sé sulla cosa), ma al turbamento della tranquillità della parte civile che si protraeva in orario serale. Per le suesposte ragioni, il ricorso è stato rigettato. |