Consulenza tecnica preventiva, an debeatur ed assenza del periculum
23 Marzo 2020
Massima
L'accertamento tecnico a fini conciliativi essendo innanzi tutto uno strumento per la soluzione delle controversie prima dell'inizio del giudizio di merito, in maniera diversa ed alternativa rispetto all'ordinario meccanismo giurisdizionale, oltre ad essere sganciato dal requisito dell'urgenza, non può limitarsene l'applicabilità ai soli casi in cui tra le parti non vi siano contestazioni in merito all'an della pretesa controvertendosi esclusivamente in merito al quantum dell'importo dovuto a titolo di responsabilità contrattuale od extracontrattuale, in quanto, è la stessa disposizione normativa a prevedere che la verifica demandata al consulente possa essere estesa, oltre che alla determinazione dei crediti, anche all'accertamento della loro esistenza, ragione per cui, l'unico limite è l'ipotesi in cui vi sia una contestazione radicale non già della responsabilità ma dello stesso rapporto da cui trarrebbe origine il credito da accertare, giacchè ricorrendo tale ultima ipotesi, la consulenza preventiva sarebbe meramente esplorativa. Il caso
Con ricorso ex art.696-bis c.p.c. la società gestore del rapporto e quella locatrice dell'immobile cielo-terra concesso in locazione, adìvano il Tribunale perché fosse disposta consulenza tecnica preventiva al fine di accertare lo stato dei luoghi, le cause e l'entità dei danni occorsi al compendio immobiliare, indicando le soluzioni tecniche più idonee da adottarsi per eliminare le predette cause e ripristinare a regola d'arte lo stato dei luoghi e quantificando l'importo delle opere necessarie nonché i costi relativi sia allo smaltimento di quanto abbandonato in loco sia delle eventuali attività di progettazione e connesse, compresa la determinazione del tempo occorrente per tutti i ripristini, ed esperire , all'esito, ove possibile , il tentativo di conciliazione fra le parti contendenti. La società conduttrice e l'istituto assicuratore evocato in giudizio dal ricorrente si costituiscono eccependo l'inammissibilità del ricorso, a tale fine contestando l'esistenza di una qualsiasi forma di responsabilità e la mancanza del requisito dell'urgenza quale presupposto di ammissibilità dell'istruzione preventiva. La questione
La quaestio juris scrutinata dal Tribunale di Roma con l'ordinanza in commento verte sull'ammissibilità del procedimento di istruzione preventiva azionato ai sensi dell'art. 696-bis c.p.c. per quanto concerne l'eccepita inesistenza del periculum, e la contestazione sollevata dalle parti resistenti involgente l'esistenza dell'an debeatur riferito alla controversia insorta tra le stesse parti interessate. Le soluzioni giuridiche
Il Tribunale adito nel procedimento ex art. 696-bis c.p.c. rigetta entrambe le eccezioni di inammissibilità del ricorso, osservando quanto all'inesistenza del periculum che detto procedimento, proprio per la sua funzione “transattiva” o conciliativa, prescinde dalla necessaria sussistenza delle condizioni previste, al contrario, dall'art. 696 c.p.c. che regola l'accertamento tecnico preventivo, quali in particolare, l'urgenza ed il periculum in mora. In ordine all'ulteriore profilo di inammissibilità del ricorso, il Tribunale dissente dall'indirizzo interpretativo più rigoroso e restrittivo circa l'ambito di applicazione dell'istituto di cui all'art. 696-bis c.p.c. secondo cui l'anzidetto procedimento non sarebbe attivabile in presenza di contestazioni sulla responsabilità, avendo esso finalità essenzialmente dirette ad accertare in via preventiva il quantum debeatur. A tale riguardo, il giudice romano osserva che poiché l'istituto della consulenza tecnica preventiva è chiaramente finalizzato alla composizione della lite prima dell'inizio del giudizio di merito, sarebbe estremamente riduttiva una interpretazione della portata di detto istituto che ne limitasse l'ammissibilità ai soli casi in cui tra le parti non vi siano contestazioni in merito all'an della pretesa e si controverta esclusivamente in merito al quantum dell'importo dovuto a titolo di responsabilità contrattuale o extracontrattuale. L'unico limite è quindi dato dall'ipotesi in cui vi sia una contestazione radicale non già della responsabilità ma del rapporto da cui trarrebbe origine il credito da accertare, perchè ricorrendo tale ipotesi, la consulenza preventiva sarebbe meramente esplorativa. Osservazioni
La pronuncia in commento, resa in forma di ordinanza dal Tribunale di Roma, appare interessante, in quanto premesso che l'istituto di cui all'art. 696-bis c.p.c., può trovare applicazione anche al di fuori di ogni ipotesi di periculum in mora, in quanto strumento alternativo di risoluzione della controversia a scopo deflattivo del contenzioso civile (Trib. Palermo, 14 agosto 2019) - e, dunque, con finalità primariamente conciliativa più che di cautelare, tanto che il suo espletamento in via preventiva, può essere richiesto anche al di fuori delle condizioni di cui all'art. 696 comma 1, c.p.c., ai fini dell'accertamento e determinazione di crediti derivanti dalla mancata od inesatta esecuzione di obbligazioni contrattuali o da fatto illecito - ragione per cui il conseguimento di tale finalità insita nella ratio dell'istituto introdotto dal legislatore, non consentirebbe un'interpretazione eccessivamente restrittiva o formalistica, salvo il caso in cui la possibilità conciliativa debba escludersi a priori, come nell'ipotesi in cui vi sia una contestazione radicale non della responsabilità ma del rapporto da cui trarrebbe origine il credito da accertare. In tali casi, infatti, mancherebbe qualsivoglia punto di partenza per esperire un tentativo di conciliazione e la stessa consulenza preventiva assumerebbe una connotazione meramente esplorativa, di strumento per la precostituzione anticipata di un mezzo di prova al di fuori del requisito del periculum, anzichè ad evitare il successivo - ed eventuale - giudizio di merito. In buona sostanza, ricorrendo una contestazione riguardante la stessa esistenza del rapporto da cui trarrebbe origine la pretesa di credito, il procedimento di cui all'art. 696-bis c.p.c. non potrebbe trovare ingresso, perché non sarebbe più orientato teleologicamente ad evitare l'instaurazione di un giudizio di merito, ma unicamente a consentire alla parte ricorrente di precostituirsi - medio tempore – un elemento di “prova” da utilizzare nel successivo instaurando giudizio di merito, in tale modo conseguendo l'effetto perverso di “accantonare” la stessa funzione conciliativa del procedimento di cui si discorre, privilegiandone l'uso distorto per raggiungere ben altro traguardo. In tale ottica, aderendo alla suddetta tesi già emersa in parte della giurisprudenza di merito (Trib. Busto Arsizio, 25 maggio 2010) il giudice romano dissente quindi dal più rigoroso orientamento (Trib. Napoli, 2 marzo 2017, in www.diritto.it; Trib. Cagliari, 29 aprile 2016, in www.expartecreditoris.it) che invece ritiene che presupposto dell'accertamento in parola è che la controversia fra le parti abbia come unico punto di dissenso ciò che, in sede di processo di cognizione, può costituire oggetto di consulenza tecnica, acquisita la quale, secondo le preventivamente dichiarate intenzioni delle parti, appare assai probabile che esse si concilieranno, non residuando - con valutazione da compiersi in concreto ed ex ante - altre questioni controverse (Trib. Milano, 23 gennaio 2007). In senso conforme si è ritenuto che presupposto quindi della consulenza tecnica preventiva ex art. 696-bis c.p.c. è che la controversia fra le parti abbia come unico punto di criticità la determinazione dei crediti derivanti da fatto illecito o da inadempimento contrattuale (Trib. Firenze, 7 giugno 2017). In base a quest'ultimo orientamento giurisprudenziale lo scopo dell'introduzione di tale nuovo strumento processuale, di natura non cautelare, in quanto svincolato dal requisito dell'urgenza - richiesto invece nel procedimento disciplinato dall'art. 696 c.p.c. - appare essere nell'intenzione del legislatore quello di evitare l'instaurazione e lo svolgimento di un processo di cognizione finalizzato unicamente all'ottenimento di una consulenza tecnica di ufficio. Al riguardo, il testo dell'art. 696-bis, comma 1, c.p.c. enuncia che l'espletamento di una consulenza tecnica, in via preventiva, può essere richiesto anche al di fuori delle condizioni di cui all'art. 696, comma 1, c.p.c., ai fini dell'accertamento e della relativa determinazione dei crediti derivanti dalla mancata od inesatta esecuzione di obbligazioni contrattuali o da fatto illecito. Ciò significa che la consulenza tecnica preventiva - il cui fine è la composizione della lite tra le parti interessate - proprio il contrasto in atto tra le parti in ordine ai rapporti tra loro esistenti, e, quindi, la sussistenza di una situazione di incertezza relativamente ai rispettivi diritti ed obblighi, giustifica il ricorso alla procedura in esame disciplinata dall'art. 696-bis c.p.c., finalizzata appunto alla ricerca di soluzioni di composizione bonaria del conflitto già in essere (Trib. Trapani, 10 ottobre 2006, in Giur. merito, 2007, 1649; e più recentemente Trib. Verona, 14 gennaio 2016, in www.iusexplorer.it, laddove afferma che l'accertamento tecnico preventivo in funzione conciliativa - per il quale non è richiesto il requisito dell'urgenza - può trovare ingresso, oltre che per l'accertamento dello stato e/o della qualità di luoghi /cose/persone, ed oltre che per trarre valutazioni in ordine alle cause ed ai danni relativi all'oggetto della verifica, anche allo scopo di accertare e determinare i crediti derivanti dalla mancata o inesatta esecuzioni di obbligazioni contrattuali o da fatto illecito). Pertanto, posto che l'obiettivo dell'art. 696-bis c.p.c. è, in prima istanza l'accertamento e la determinazione dei crediti derivanti dalla mancata od inesatta esecuzione di obbligazioni, ed in seconda, la conciliazione, non è necessario per l'ammissibilità del mezzo in oggetto la certezza e la non contestazione dell'an, fermo restando che di certo non può ammettersene l'utilizzo nei casi in cui sussista un radicale e profondo contrasto fra le parti sull'esistenza stessa del credito, prima ancora che sulla sua quantificazione, e che tale accertamento richieda indagini complesse non solo in fatto ma anche in diritto, involgendo questioni giuridiche la cui soluzione non è possibile demandare al consulente tecnico (Trib. Roma, 26 marzo 2015, in Resp. civ. e prev., 2015, 1298). In altre parole, l'art. 696-bis risulta ammissibile solo ove l'assegnazione dell'incarico peritale sia idoneo a risolvere la controversia sull'an e sul quantum, e ciò sia possibile in quanto gli accertamenti abbiano un elevato grado di fattualità. Considerato che secondo un'orientamento di merito, tali valutazioni in diritto non potrebbero essere compiute, neppure incidenter tantum, dal giudice della procedura, che deve soltanto esaminare la sussistenza del fumus boni iuris, ma non può spingersi sino a surrogarsi nell'attività propria del giudice del merito, a meno di non trasformare l'istituto di cui all'art. 696-bis c.p.c. in una procedura ibrida, in cui la risoluzione della controversia sarebbe in parte affidata alle decisioni del giudice - che, in ogni caso, non farebbero stato nelle decisioni di merito e sarebbero, quindi, inutiliter date - e, nel residuo, alle valutazioni del CTU, replicando sostanzialmente il modello del giudizio di merito, e, stravolgendo le finalità proprie della consulenza tecnica preventiva ai fini della conciliazione della lite (Trib. Pisa, 2 giugno 2017). In buona sostanza, secondo l'orientamento (Trib. Parma, 22 settembre 2014, in www.ilcaso.it) a cui presta adesione l'ordinanza che si annota del giudice romano, la consulenza tecnica preventiva può essere disposta anche a fronte di contestazioni circa l'an della pretesa (Trib. Milano, 17 febbraio 2015, in www.ilcaso.it, secondo cui lo strumento della consulenza tecnica preventiva non presenta fra i requisiti di ammissibilità la non contestazione in ordine all'an debeatur, in quanto lo stesso tenore letterale dell'art. 696-bis c.p.c. e l'esplicita finalità deflattiva perseguita dal legislatore, non consentono di ravvisare in via interpretativa siffatto preteso requisito di ammissibilità che, di fatto, finirebbe per vanificare la finalità conciliativa di detto strumento qualora fosse ritenuta sufficiente a paralizzarne l'espletamento la semplice contestazione sull'an debeatur da parte del resistente, la quale potrebbe quindi essere strumentalmente sollevata da quest'ultimo) a condizione che la stessa sia comunque volta ad acquisire elementi tecnici di fatto in sé risolutivi ai fini non solo della quantificazione ma, altresì, dell'accertamento del credito derivante dall'inesatta esecuzione delle obbligazioni contrattuali assunte. Conseguentemente, il criterio risolutivo per l'ammissibilità del procedimento ex art. 696-bis c.p.c. è che la materia del contendere sia tale che l'esito della stessa, sia in astratto, idonea a comporre la lite in quanto è pacifico il fatto storico e non vi sono questioni, all'infuori di quella concernente il profilo squisitamente “tecnico” della responsabilità, non essendo invece ammissibile laddove le parti controvertano sull'effettiva sussistenza dell'obbligazione o sull'individuazione del soggetto ad essa eventualmente tenuto, in modo che le posizioni delle stesse parti siano condizionate dalla soluzione di questioni giuridiche complesse od all'accertamento di fatti che esulino dall'ambito di indagini di natura tecnica.
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