Al lavoro in sicurezza ai tempi del Covid-19
23 Marzo 2020
Abstract
Su invito del Presidente del Consiglio dei ministri, del Ministro dell'economia, del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, del Ministro dello sviluppo economico e del Ministro della salute, il 14 marzo 2020 le parti sociali hanno sottoscritto un protocollo di intesa, contenente linee guida rivolte alle imprese, che non operano in ambito sanitario, per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus COVID-19 negli ambienti di lavoro, al fine di assicurare la prosecuzione delle attività produttive in presenza di condizioni che assicurino ai lavoratori adeguati livelli di protezione.
Le imprese, dunque, per contrastare questo nuovo rischio biologico generico sono tenute ad uniformarsi alle misure di precauzione, concordate dalle parti sociali. Premessa
Con d.P.C.m. 1° marzo 2020 il Governo ha varato una serie di misure urgenti di contenimento del contagio da Covid–19 da valere sull'intero territorio nazionale.
Con riferimento alle attività produttive il Governo ha dettato alcune misure per favorire la permanenza dei lavoratori nelle proprie abitazioni, come l'adozione delle modalità di lavoro agile l(artt. 18-23, l. 22 maggio 2017, n. 81) o la sospensione delle attività dei reparti aziendali non indispensabili alla produzione oppure la concessione di congedi ordinari o straordinari retribuiti.
Per le attività lavorative, generalmente quelle praticate dagli operai, che possono svolgersi solo nei luoghi di lavoro, viene imposto il rispetto di una distanza interpersonale tra i lavoratori di almeno un metro e l'utilizzo di mascherine; vengono anche incentivate le operazioni di sanificazione nei luoghi di lavoro, durante le quali le imprese possono usufruire di forme di ammortizzatori sociali (art. 1, n. 7, d.P.C.m. 11 marzo 2020).
Per fronteggiare le prime manifestazioni di protesta organizzate dai lavoratori, che reclamavano una tutela più incisiva per contrastare la diffusione del virus nei luoghi di lavoro, il Governo ha sollecitato le parti sociali a sottoscrivere un protocollo di intesa in materia di sicurezza, in quanto “rimuovere prontamente i fattori di pericolo per la salute, l'incolumità e la vita dei lavoratori costituisce condizione minima e indispensabile perché l'attività produttiva si svolga in armonia con i principi costituzionali, sempre attenti anzitutto alle esigenze basilari della persona” (Corte cost. 23 marzo 2018, n. 58).
Il 14 marzo 2020 le parti sociali hanno sottoscritto il protocollo di intesa, ribadendo la necessità di attuare le misure già contenute nel regolamento governativo e provvedendo ad elencare una serie ulteriore di misure di precauzione, che devono essere adottate dai datori di lavoro (art. 2, comma 1, lett. b), d.lgs. n. 81 del 2008) oppure dai dirigenti (art. 2, comma 1, lett. d), d.lgs. n. 81 del 2008), in collaborazione con il medico competente (art. 2, comma 1, lett. h), d.lg.s. n. 81 del 2008) e il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (art. 2, comma 1, lett. i), d.lgs. n. 81 del 2008).
Sull'effettivo rispetto delle misure stabilite con il protocollo vigila il preposto (art. 2, comma 1, lett. e), d.lgs. n. 81 del 2008) e soprattutto un Comitato, da costituirsi all'interno dell'impresa con la partecipazione delle RSA e del RLS.
Dovendosi fronteggiare un nuovo rischio per la salute dei lavoratori è ipotizzabile che tutti i datori di lavoro, non solo quelli che operano con il virus Covid-19 a fini di ricerca o che espongono gli operatori sanitari agli agenti patogeni trasmissibili dai pazienti in cura, siano chiamati a rielaborare la valutazione del rischio che, come noto, deve essere globale, cioè contemplare tutti i rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori presenti nell'ambito dell'organizzazione in cui essi prestano la propria attività (art. 2, comma 1, lett. q) e art. 28, comma 1, d.lgs. n. 81 del 2008). Nel caso prevalesse questa tesi i datori di lavoro sarebbero obbligati a procedere all'aggiornamento del DVR e delle misure di sicurezza da attuare nel termine di trenta giorni (art. 29, comma 3, d.lgs. n. 81 del 2008); trattandosi di una situazione emergenziale di salute pubblica, che si auspica abbia una durata temporanea, e di un rischio di contagio generico, presente anche all'esterno dei luoghi di lavoro, può apparire eccessivamente oneroso imporre l'obbligo di operare una nuova valutazione dei rischi, ben potendosi ritenere sufficiente, per esonerare il datore di lavoro da qualsiasi responsabilità penale o civile, l'attuazione di tutte le misure di prevenzione e protezione specifiche stabilite dal Governo o dalle Regioni, al fine di contenere il contagio da virus, come quelle individuali, organizzative, sui luoghi di lavoro e sulla sorveglianza sanitaria contemplate nel protocollo. Le misure individuali
Per evitare la diffusione del virus il datore di lavoro o il dirigente devono adottare alcune misure individuali, tra cui la messa a disposizione di mezzi detergenti efficaci per le mani, eventualmente preparabili all'interno dell'impresa secondo le indicazioni dell'organizzazione mondiale della sanità (https://www.who.int/gpsc/5may/Guide_to_Local_Production.pdf) e l'invito rivolto alle maestranze di procedere nel corso della giornata ad una frequente pulizia delle mani con acqua e sapone.
Per contrastare il rischio di contagio da Covid-19 il datore di lavoro deve fornire anche idonei dispositivi di protezione individuali (art. 18, comma 1, lett. d), d.lgs. n. 81 del 2008), attrezzature indossate dal lavoratore per proteggerlo dai rischi a cui viene esposto, quali le mascherine, da utilizzare in conformità alle indicazioni fornite dall'Organizzazione mondiale della sanità. In caso di difficoltà di approvvigionamento il datore di lavoro può acquistare mascherine, la cui tipologia corrisponda alle indicazioni dall'Autorità sanitaria.
È imposto, inoltre, l'uso di guanti, occhiali, tute, cuffie o camici qualora il lavoro imponga di lavorare a distanza interpersonale minore di un metro e non siano possibili altre soluzioni organizzative. In questo caso i datori di lavoro sono autorizzati ad acquistare come DPI le mascherine chirurgiche reperibili in commercio (art. 16, comma 1, d.l. 17 marzo 2020, n. 18; art. 34, comma 3, d.l. 2 marzo 2020, n. 9).
Allo scopo di sostenere la continuità, in sicurezza, dei processi produttivi delle imprese, l'INAIL provvede entro il 30 aprile 2020 a trasferire ad Invitalia l'importo di 50 milioni di euro da erogare alle imprese per l'acquisto di dispositivi ed altri strumenti di protezione individuale (art. 43, comma 1, d.l. 17 marzo 2020, n. 18; art. 11, comma 5, d.lgs. n. 81 del 2008).
In caso di mancata adozione dei DPI il datore di lavoro o il dirigente sono puniti con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da € 1.675,23 a € 6.700,94 (art. 55, comma 5, lett. d), d.lgs. n. 81 del 2008). Le misure organizzative
Per contrastare il rischio di contagio il datore di lavoro deve adottare nuove modalità organizzative del lavoro, precedute da un'ampia opera di informazione, intesa come “complesso delle attività dirette a fornire conoscenze utili alla identificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi in ambiente di lavoro” (art. 2, comma 1, lett. bb), d.lgs. n. 81 del 2008).
L'obbligo di fornire un'informazione adeguata, rientrante tra le misure generali di tutela (art. 15, comma 1, lett. n), o) e p), d.lgs. n. 81 del 2008), grava sul datore di lavoro e il dirigente (art. 18, comma 1, lett. l), d.lgs. n. 81 del 2008).
In particolare, il datore di lavoro provvede a fornire un'adeguata informazione sia sui rischi per la salute e sicurezza sul lavoro connessi alla attività della impresa in generale (art. 36, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 81 del 2008) sia sui rischi specifici cui è esposto in relazione all'attività svolta, le normative di sicurezza e le disposizioni aziendali in materia (art. 36, comma 2, d.lgs. n. 81 del 2008). Il mancato rispetto di tale obbligo è punito con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da € 1.340,18 a € 5.807,48 (art. 55, comma 5, lett. c), d.lgs. n. 81 del 2008).
L'informazione viene fornita attraverso le modalità più idonee ed efficaci, come la consegna e/o l'affissione all'ingresso e nei luoghi maggiormente visibili dei locali aziendali di appositi depliants informativi, con cui imporre le seguenti prescrizioni, già stabilite nel noto decalogo emanato dall'Istituto superiore della sanità e dal Ministero della salute: 1) rimanere al proprio domicilio in presenza di febbre (oltre 37.5°) o altri sintomi influenzali e chiamare il proprio medico di famiglia e l'autorità sanitaria; 2) divieto di ingresso o permanenza in azienda, laddove sussistano le condizioni di pericolo (sintomi di influenza, temperatura, provenienza da zone a rischio o contatto con persone positive al virus nei 14 giorni precedenti), in presenza dei quali le Autorità sanitarie impongono di informare il medico di famiglia e di rimanere al proprio domicilio; 3) obbligo di rispettare tutte le disposizioni delle Autorità e del datore di lavoro nel fare accesso in azienda (in particolare, mantenere la distanza di sicurezza, osservare le regole di igiene delle mani e tenere comportamenti corretti sul piano dell'igiene); 4) impegno a informare tempestivamente e responsabilmente il datore di lavoro della presenza di qualsiasi sintomo influenzale durante l'espletamento della prestazione lavorativa, avendo cura di rimanere ad adeguata distanza dalle persone presenti.
Le misure precauzionali di carattere organizzativo riguardano l'accesso ai luoghi di lavoro sia dei lavoratori sia dei fornitori esterni, la gestione dell'entrata e dell'uscita dei lavoratori, nonché le misure da prendere in caso di persone sintomatiche presenti in azienda. Nel protocollo di intesa, infine, vengono inserite regole sull'organizzazione del lavoro e su particolari attività, come gli spostamenti interni, le riunioni, gli eventi interni e la formazione.
Con riferimento alle modalità di ingresso nel luogo di lavoro il protocollo di intesa consente al datore di lavoro di sottoporre il personale alla misurazione della temperatura corporea, che deve avvenire nel rispetto della disciplina privacy, esattamente senza registrare il dato acquisito, a meno che a causa del superamento della soglia di 37,5° sia stato impedito l'accesso e sia necessario documentarne le ragioni. L'informativa sulla privacy, fornita anche oralmente, deve precisare che la finalità del trattamento risiede nella prevenzione dal contagio da Covid-19, che il fondamento giuridico della raccolta dei dati si basa sull'implementazione dei protocolli di sicurezza anti-contagio (art. 1, n. 7, lett. d), d.P.C.m. 11 marzo 2020) e che i dati eventualmente raccolti sono conservati sino al termine dello stato d'emergenza. Il datore di lavoro, inoltre, deve individuare i soggetti preposti al trattamento dei dati sensibili, che possono essere trattati esclusivamente per finalità di prevenzione dal contagio da Covid-19 e che non devono essere diffusi o comunicati a terzi al di fuori delle specifiche previsioni normative.
L'accesso nel luogo di lavoro non è consentito se la temperatura corporea del personale risulti superiore ai 37,5°; in tal caso, il lavoratore viene momentaneamente isolato, con modalità tali da garantire la sua riservatezza e dignità, e fornito di mascherina, con obbligo di non recarsi al pronto soccorso, ma di contattare nel più breve tempo possibile il proprio medico curante e seguire le sue indicazioni.
L'accesso nei luoghi di lavoro è impedito anche a chi, nei 14 giorni precedenti, abbia avuto contatti con soggetti risultati positivi al Covid-19 o provenga da zone a rischio secondo le indicazioni dell'Organizzazione mondiale della sanità (art. 1, lett. h) e lett. i), d.l. 23 febbraio 2020, n. 6).
Il conseguimento di una dichiarazione attestante la non provenienza dalle zone a rischio epidemiologico e l'assenza di contatti, negli ultimi 14 giorni, con soggetti risultati positivi al Covid-19 avviene nel rispetto della disciplina sul trattamento dei dati personali, che impone l'acquisizione di dati essenziali, senza richiedere informazioni, che si rivelerebbero superflue, circa la persona risultata positiva.
Al fine di eliminare o ridurre al minimo le possibilità di contatto tra fornitori esterni e i propri lavoratori, il datore di lavoro o il dirigente individuano procedure di ingresso, transito e uscita, mediante modalità, percorsi e tempistiche predefinite, con la previsione che i trasportatori, se possibile, rimangano a bordo dei propri mezzi, vietandone l'accesso agli uffici oppure, qualora partecipino alle attività di carico e scarico, mantengano una distanza interpersonale di almeno un metro.
L'ingresso di visitatori esterni, quali imprese di pulizie o di manutenzione, da contenere nei limiti del possibile, deve avvenire nel rispetto delle medesime regole contemplate per l'accesso del personale (ad esempio prevedendo la misurazione della temperatura corporea).
Nel caso di lavori affidati in appalto all'interno dell'impresa (art. 26, d.lgs. n. 81 del 2008) il datore di lavoro – committente deve prevedere analoghe misure di precauzione per disciplinare gli eventuali contatti con i lavoratori delle imprese appaltatrici.
Il datore di lavoro, poi, deve organizzare orari di ingresso e di uscita scaglionati nel tempo, in modo da ridurre il più possibile i contatti tra i lavoratori.
Anche l'accesso agli spazi comuni, comprese le mense aziendali, le aree fumatori e gli spogliatoi deve essere contingentato, con la previsione di una ventilazione continua dei locali, di un tempo ridotto di sosta all'interno di tali spazi e con il mantenimento della distanza di sicurezza di un metro tra le persone che li occupano.
E' necessario poi che il datore di lavoro organizzi la gestione dei lavoratori che si rivelino sintomatici al virus all'interno del luogo di lavoro; in particolare, il lavoratore che manifesti i sintomi del contagio deve comunicarlo immediatamente all'ufficio del personale, che procederà al suo isolamento; dopo di che il datore di lavoro o il dirigente avverte le autorità sanitarie competenti anche mediante i numeri di emergenza per il Covid-19 forniti dalla Regione o dal Ministero della salute.
Se un lavoratore presente nei luoghi di lavoro sia riscontrato positivo al tampone Covid-19, il datore di lavoro può chiedere a coloro che abbiano avuto un contatto ravvicinato di lasciare cautelativamente lo stabilimento, anche al fine di permettere alle Autorità di applicare le necessarie e opportune misure di quarantena.
Non meno importanti appaiono le misure di precauzione riferibili all'organizzazione del lavoro, alcune delle quali già anticipate nel regolamento governativo pubblicato pochi giorni prima (art. 1, n. 7, d.P.C.m. 11 marzo 2020).
In particolare, i datori di lavoro, onde diminuire la presenza dei lavoratori nei luoghi di lavoro, possono procedere ad una rimodulazione dei livelli produttivi, prevedere un piano di turnazione dei dipendenti dedicati alla produzione con l'obiettivo di diminuire al massimo i contatti e di creare gruppi autonomi, distinti e riconoscibili, utilizzare lo smart working per tutte quelle attività che possono essere svolte presso il domicilio o a distanza oppure gli ammortizzatori sociali disponibili, finalizzati a consentire l'astensione dal lavoro senza perdita della retribuzione, assicurando che gli stessi riguardino l'intera compagine aziendale, se del caso anche con opportune rotazioni, concedere periodi di ferie arretrati e non ancora fruiti.
Gli spostamenti interni al luogo di lavoro, che devono essere limitati al minimo, vengono operati nel rispetto delle indicazioni del datore di lavoro, al fine di ridurre il numero di contatti tra i lavoratori. Se gli spostamenti si effettuano mediante un servizio di trasporto il datore di lavoro deve preoccuparsi di ridurre al minimo il rischio di contagio mediante l'adozione delle misure di precauzione più opportune.
Il datore di lavoro deve preferibilmente organizzare riunioni a distanza; in caso di riunioni necessarie ed urgenti, che richiedono la presenza fisica, deve limitarsi al minimo la partecipazione dei lavoratori, garantendo tra i partecipanti una distanza interpersonale di almeno un metro e un'adeguata pulizia ed areazione dei locali.
Il datore di lavoro deve annullare o, quanto meno, sospendere tutti gli eventi interni che presuppongono la presenza di numerosi lavoratori, come anche tutte le trasferte o i viaggi di lavoro nazionali e internazionali.
Non si può svolgere attività di formazione in aula, neanche quella obbligatoria, essendo possibile effettuare solo quella a distanza, estensibile anche ai lavoratori in smart working.
In caso di mancato aggiornamento professionale in materia di salute e sicurezza sul lavoro, dovuto all'emergenza in corso e quindi per causa di forza maggiore, nel protocollo di intesa si introduce una clausola che consente ai soggetti che ricoprono uno specifico ruolo di continuare a svolgere utilmente la loro funzione.
Ad esempio, si afferma che l'addetto all'emergenza, sia antincendio, sia primo soccorso, possa continuare ad intervenire in caso di necessità.
Con riferimento a questa figura permane, però, l'obbligo del datore di lavoro di fornire un'adeguata e specifica formazione e un aggiornamento periodico ( d.lgs. n. 81 del 2008), in mancanza della quale può essere comminata la sanzione penale dell'arresto da due a quattro mesi o dell'ammenda da € 1.340,18 a € 5.807,48 (art. 55, comma 5, lett. c), d.lgs. n. 81 del 2008).
Le misure di precauzione sui luoghi di lavoro
Nel Protocollo sono inserite anche misure di precauzione che riguardano la sicurezza dei luoghi di lavoro, per i quali già sussiste una specifica regolamentazione (artt. 62-68 e All. 4, d.lgs. n. 81 del 2008).
In particolare, il datore di lavoro o il dirigente assicurano la pulizia giornaliera e la sanificazione periodica dei locali, degli ambienti, delle postazioni di lavoro e delle aree comuni e di svago.
Per incentivare la sanificazione degli ambienti di lavoro, ai soggetti esercenti attività d'impresa è riconosciuto, per il periodo d'imposta 2020, un credito d'imposta, nella misura del 50 per cento delle spese di sanificazione degli ambienti e degli strumenti di lavoro sostenute e documentate fino ad un massimo di € 20.000 per ciascun beneficiario, nel limite complessivo massimo di 50 milioni di euro per l'anno 2020 (art. 64, comma 1, d.l. 17 marzo 2020, n. 18).
Deve procedersi alla pulizia anche a fine turno e alla sanificazione periodica di tastiere, schermi touch, mouse con adeguati detergenti, sia negli uffici, sia nei reparti produttivi.
Per i locali in cui abbia soggiornato una persona affetta da Covid-19, si procede alla pulizia e sanificazione nel rispetto delle disposizioni contenute nella circolare 22 febbraio 2020, n. 5443, emessa dal Ministero della salute, nonché alla loro ventilazione.
Gli interventi particolari o periodici di sanificazione possono operarsi usufruendo di ammortizzatori sociali.
Negli spogliatoi e nella sala mensa è opportuno predisporre una porta di entrata e una porta di uscita e nei pressi degli ingressi garantire la presenza di detergenti per le mani opportunamente segnalati.
Nel protocollo di intesa, poi, viene raccomandata l'individuazione o, in caso di assenza, l'installazione di servizi igienici, sottoposti ad un'adeguata pulizia giornaliera, dedicati ai fornitori o trasportatori o altro personale esterno con divieto di utilizzo da parte del personale dipendente.
E' suggerita, infine, la chiusura di tutti i reparti diversi dalla produzione o, comunque, di quelli per i quali è possibile garantire l'operatività mediante il ricorso allo smart working. La sorveglianza sanitaria
La sorveglianza sanitaria racchiude l'“insieme degli atti medici, finalizzati alla tutela dello stato di salute e sicurezza dei lavoratori, in relazione all'ambiente di lavoro, ai fattori di rischio professionali e alle modalità di svolgimento dell'attività lavorativa” (art. 2, comma 1, lett. m), d.lgs. n. 81 del 2008).
Per contrastare la diffusione del Covid-19, dunque, è essenziale che il datore di lavoro se ne avvalga nelle forme previste dalla legge (art. 41, comma 2, d.lgs. n. 81 del 2008), prevedendo, altresì, il rispetto delle misure igieniche dettate dal Ministero della salute con il noto decalogo, oggetto di diffusione anche sui media.
In particolare, le parti sociali raccomandano di privilegiare le visite preventive, intese “a constatare l'assenza di controindicazioni al lavoro cui il lavoratore è destinato al fine di valutare la sua idoneità alla mansione specifica” (art. 41, comma 2, lett. a), d.lgs. n. 81 del 2008), le visite a richiesta del lavoratore (art. 41, comma 2, lett. c), d.lgs. n. 81 del 2008) e le visite da rientro da malattia (art. 41, comma 2, lett. e-ter), d.lgs. n. 81 del 2008).
Inoltre, il datore di lavoro deve proseguire la sorveglianza sanitaria periodica per controllare lo stato di salute dei lavoratori (art. 41, comma 2, lett. b), d.lgs. n. 81 del 2008), rappresentando una ulteriore misura di prevenzione di carattere generale grazie alla quale intercettare possibili casi e sintomi sospetti del contagio, durante la quale il medico competente, che collabora con il datore di lavoro ed il RLS o il RLST nell'integrazione di tutte le misure ulteriori necessarie, può fornire ai lavoratori un'informazione e una formazione adeguata ad evitare la diffusione del contagio.
E' fatto obbligo al medico competente di segnalare al datore di lavoro situazioni di particolare fragilità e patologie attuali o pregresse dei dipendenti, che devono essere gestite nel rispetto della privacy e delle indicazioni fornite dalle Autorità sanitarie. Conclusioni
Il protocollo di intesa sottoscritto dalle parti sociali si rivela indispensabile per garantire la continuità della produzione in condizioni di sicurezza e per contenere le legittime iniziative di protesta avanzate dai lavoratori preoccupati di potersi contagiare negli ambienti di lavoro.
Ogni lavoratore, infatti, è titolare di un diritto soggettivo perfetto ad un ambiente di lavoro sicuro, tanto che la giurisprudenza di legittimità, in più occasioni, ha ritenuto legittimo il rifiuto di eseguire la prestazione di lavoro in caso di mancato rispetto della disciplina antinfortunistica (Cass. 18 maggio 2006, n. 11664, che, peraltro, ha dichiarato illegittimo il licenziamento intimato a causa del rifiuto del lavoratore di continuare a svolgere le sue mansioni; in senso conforme Cass. 7 novembre 2005, n. 21479; Cass. 9 maggio 2005, n. 9576 che hanno ritenuto ingiustificato il licenziamento intimato a causa dell'astensione del lavoratore dalla prestazione di specifiche attività la cui esecuzione può rivelarsi pericolosa per la mancata adozione delle misure necessarie, sempre che la necessità di tale misura sia evidente e che il lavoratore abbia informato di tale carenza il datore di lavoro).
Nel rispetto delle prescrizioni concordate dalle parti sociali le imprese assicurano la continuità produttiva e gli approvvigionamenti al paese e i lavoratori conservano il posto di lavoro e la retribuzione, senza mettere a repentaglio la loro integrità fisica. |