La trasformazione in crediti d'imposta delle imposte anticipate relative a perdite e eccedenze ACE
24 Marzo 2020
Premessa
Tra le misure di sostegno finanziario alle imprese per fronteggiare l'emergenza Covid-19 ed inserite nel Decreto c.d. “ Cura Italia” (d.l. n. 18/2020), approvato il 16 marzo 2020 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 17 marzo 2020, vi è quella contenuta nell'art. 55. In particolare, tale disposizione sostituisce l'art. 44-bis del d.l. 30 aprile 2019, n. 34, convertito con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, che prevedeva un incentivo fiscale per promuovere la crescita dell'Italia meridionale. In breve, il suddetto istituto permetteva la trasformazione in crediti d'imposta delle imposte anticipate (di seguito anche DTA) riferite a perdite fiscali ed eccedenze ACE, in caso di operazioni di aggregazione avvenute in determinate zone del Sud dell'Italia. Con la sostituzione dell'art. 44-bis, tale norma di favore è più generale, perché si rivolge a tutte le imprese site nel territorio dello Stato, anche se non hanno partecipato a specifiche operazioni straordinarie.
La normativa agevolativa
Anche in questa nuova versione dell'art. 44-bis di cui sopra, l'agevolazione consiste nella possibilità di trasformare in crediti d'imposta le DTA riferite a perdite fiscali ed eccedenze ACE. Come sottolineato nella relazione illustrativa, l'intervento consiste nell'anticipare come credito di imposta l'utilizzo di tali componenti, di cui altrimenti si sarebbe potuto usufruire in periodi successivi e solo in caso di realizzo di un reddito imponibile. La trasformazione in credito di imposta e il suo utilizzo, in sostanza, consentirebbero di ridurre il fabbisogno di liquidità connesso con il versamento di imposte e di contributi, aumentando così la disponibilità di cassa in un periodo di crisi come quello attuale. È necessario a questo punto sottolineare che generalmente le DTA vengono iscritte a bilancio, quando il processo di ammortamento contabile di un'attività patrimoniale si sviluppa su un arco temporale inferiore rispetto a quello ammesso dalla normativa fiscale, ovvero quando il valore contabile venga abbattuto a seguito di processi di svalutazione, senza che tale riduzione abbia immediata rilevanza fiscale. Inoltre, le DTA vengono iscritte anche con riferimento a perdite fiscali utilizzabili negli esercizi successivi, quando la società ritiene di generare in futuro un reddito imponibile che permette il loro“assorbimento”. In tale caso, le perdite realizzate nei primi tre periodi di impostadalla data di costituzione del soggetto sono utilizzabili per un importo pari al 100% del reddito di periodo,mentre quelle realizzate successivamentesono utilizzabili per un importo massimo pari all'80% dell'imponibile dell'esercizio. Relativamente, invece, all'Ace (aiuto alla crescita economica), si ricorda che tale agevolazione è un incentivo alla capitalizzazione delle imprese, finalizzato a riequilibrare il trattamento fiscale tra le imprese che si finanziano con debito e quelle che si finanziano con capitale proprio. La normativa, ripristinata dall'art. 1, comma 287, L. n. 160/2019, la quale era stata abrogata dall'art. 1, comma 1080,L. n. 145/2018, è disciplinata dall'art. 1, d.l. n. 201/2011 e dal D.M. 3.8.2017 (che ha sostituito il D.M. 14.03.2012), e prevede la detassazione di una parte del reddito proporzionale agli incrementi del patrimonio netto. La platea soggettiva dell'agevolazione include sia i soggetti IRES residenti, che le società di persone e le persone fisiche che dichiarano redditi di impresa. L'agevolazione spetta alle imprese il cui capitale proprio viene incrementato mediante conferimenti in denaro e accantonamenti di utili a riserva. In particolare, gli elementi che concorrono all'incremento della base imponibile sono:
La base imponibile viene decrementata, invece, oltre per le riduzioni del patrimonio netto con attribuzione, a qualsiasi titolo, ai soci o partecipanti, anche per altre operazioni, quali, ad esempio, i conferimenti in denaro a favore delle controllate, o le operazioni effettuate con soggetti del medesimo gruppo aventi ad oggetto l' acquisto di partecipazioni in società controllate o di rami d'azienda, ovvero l'incremento dei finanziamenti nei confronti delle società del gruppo. La variazione in aumento (incrementi – decrementi) del capitale proprio non può essere superiore al patrimonio netto risultante dal relativo bilancio, ad esclusione delle riserve per acquisto di azioni proprie. In generale, l'agevolazione consente alle imprese di dedurre dal reddito imponibile il componente negativo derivante dal rendimento nozionale (per l'anno 2019 è stato fissato in data del 1,3%) attribuito al finanziamento delle imprese mediante capitale proprio. Anche per tale istituto, è possibile riportarenegli esercizi successivi le eccedenze non utilizzate.
Il meccanismo di applicazione
Fatte queste doverose precisazioni, si ricorda che il presupposto per accedere al beneficio è rappresentato dalla cessione a titolo oneroso, entro il 31 dicembre 2020, di crediti pecuniari vantati verso debitori inadempienti. Si intendono,per tali, i soggetti che non hanno effettuato un pagamento, e tale inadempimento si protrae per oltre novanta giorni dalla data in cui era dovuto; come evidenziato dalla Relazione al decreto legge, i crediti pecuniari in esame possono essere sia di natura commerciale, sia di natura finanziaria. Il valore nominale del credito ceduto determina l'importo delle perdite e delle eccedenze ACE rilevante ai fini della trasformazione, che può essere considerato per unammontare massimo non eccedente il 20% del valore nominale dei crediti ceduti. Il limite massimo di valore nominale dei crediti, tenendo conto anche di quelli ceduti da altri soggetti appartenenti al medesimo gruppo societario, non può essere superiore ad un importo di Euro 2 miliardi. E'possibile anche trasformare in crediti le ipotetiche imposte anticipate, riferibili sempre a perdite ed eccedenze ACE, non iscritte a bilancio. Pertanto, se, ad esempio, viene ceduto un credito “deteriorato” per 100, la base di calcolo è 20 (20% di 100)e tale importo dovrà essere confrontato con l'importo delle perdite fiscali e delle eccedenze ACE. All'importo inferiore si applicherà l'aliquota IRES (generalmente del 24%: si tratterà di chiarire se si dovranno considerare le maggiorazioni di aliquota previste, ad esempio, per gli intermediari finanziari). La Relazione al decreto fa il seguente esempio. Se avviene la cessione di un credito deteriorato al valore nominale di un miliardo di euro, la base di calcolo del credito è pari a 200 milioni (il 20% del valore nominale stesso) e il credito è pari a 48 milioni (24% di 200). La trasformazione in creditod'imposta avviene alla data di efficacia della cessione dei crediti. A decorrere dalla data diefficacia della cessione dei crediti, per il cedente non è più possibile utilizzare le perdite e le eccedenze ACE relative alle attività per imposte anticipate complessivamente trasformabili in credito d'imposta. Tali crediti possono essere utilizzati, senza limiti di importo, in compensazione ai sensi dell'art. 17 d.lgs. 9 luglio 1997, n. 241, ovvero possono essere ceduti secondo quantoprevisto dall'art. 43-bis o dall'art. 43-ter d.P.R. n. 602/1973, ovvero possono essere chiesti a rimborso. I crediti d'impostavanno indicati nella dichiarazione dei redditi e non concorrono alla formazione del reddito diimpresa né della base imponibile dell'imposta regionale sulle attività produttive. Infatti, si ricorda che, se dovessero essere confermate le istruzioni relative al credito per il Mezzogiorno disciplinato dalla precedente versione dell'art. 44-bis, la trasformazione dovrebbe essere indicata nel quadro RU del modello Unico. Infine, è previsto che le disposizioni agevolative non si applicano alle cessioni di crediti tra società che sono tra loro legate da rapporti di controllo ai sensi dell'art. 2359 c.c. e alle società controllate, anche indirettamente, dallo stesso soggetto, e non possono essere usufruire dai soggetti in stato di dissesto e insolvenza. La trasformazione è condizionata all'esercizio, da parte della società cedente, dell'opzione di cui all'art. 11, comma 1, d.l. 3 maggio 2016, n. 59, conv., con mod., dalla legge 30 giugno 2016, n. 119. Tale norma, in particolare, è riferita ad un altro istituto che prevede la trasformazione di DTA in crediti di imposta: si tratta, in particolare, di quanto previsto dall'art. 2, commi 55 e ss., del D.L. n. 225/2010, il quale, in determinate condizioni, permette di trasformare in crediti d'imposta le DTA iscritte in bilancio in relazione: - alle svalutazioni di crediti la cui deduzione è stata rinviata a norma dell'art. 106, comma 3 del T.U.I.R. e degli artt. 6, comma 1, lett. c-bis) e 7, comma 1, lett. b-bis) del D.Lgs. n. 446/1997; - al valore dell'avviamento e delle altre attività immateriali i cui componenti negativi sono deducibili in più periodi d'imposta.
In breve, affinché la trasformazione abbia luogo, è necessario che si verifichino le seguenti condizioni in capo al soggetto che effettua l'operazione (i primi chiarimenti della normativa sulla trasformazione sono stati forniti con la risoluzione dell'Agenzia delle Entrate n. 94/E del 22 settembre 2011): - realizzo di una perdita civilistica; nel qual caso è possibile trasformare le DTA per un importo pari al prodotto tra la perdita stessa e il rapporto tra le imposte anticipate e la somma del capitale sociale e delle riserve; - determinazione di una perdita fiscale (IRES); in questo caso, la trasformazione è possibile per la quota di tali perdite generate dai maggiori ammortamenti che costituiscono il reversal delle DTA già iscritte in precedenza; - indicazione di un valore della produzione negativo (IRAP); l'importo trasformabile è individuato sempre nei limiti dei reversal degli ammortamenti su cui si sono calcolate le DTA nei limiti degli importi che hanno prodotto tale risultato negativo (alcune indicazioni operative sono contenute nella circolare dell'Agenzia delle Entrate n. 17/E del 16 giugno 2014). Inoltre, la trasformazione in esame è possibile in caso di liquidazione volontaria o di assoggettamento a procedure concorsuali o di gestione delle crisi (cfr. circolare dell'Agenzia delle entrate n. 17/E del 16 giugno 2014). Per completare il quadro di riferimento va aggiunto che, nel corso del tempo, l'accesso alla disciplina in tema di conversione delle DTA è stato oggetto di alcune modifiche (D.L. n. 83/2015 e D.L. n. 59/2016) ed è stato previsto che: 1) le DTA convertibili sono solo quelle relative a voci di avviamento e attività immateriali iscritte in bilancio - per la prima volta - in esercizi antecedenti rispetto a quello in corso alla data del 27 giugno 2015 (data di entrata in vigore del d.l. n. 83/2015); 2) deve trattarsi di DTA in relazione alle quali siano state effettivamente versate maggiori imposte IRES/IRAP (c.d. DTA di tipo 1). Ai fini del computo di tali imposte si assumono anche le imposte sostitutive. Inoltre, in caso di adesione al regime del consolidato fiscale, per determinare se vi sia una corrispondenza tra DTA e imposte effettivamente versate si tiene conto della somma delle DTA iscritte dalle singole imprese che partecipano al consolidato e del coacervo delle imposte versate dalla consolidante e dalle singole imprese consolidate (cfr. la circolare dell'Agenzia delle Entrate n. 32/E del 22 luglio2016); Inoltre, per superare le criticità sollevate dalla Commissione Europea, che paventava un'incompatibilità con la disciplina dei c.d. aiuti di Stato rinvenibile nel D.L. n. 225/2010 di cui sopra, con il DL 59/2016 è stato prevista la possibilità di convertire anche DTA per le quali non vi era una copertura in maggiori imposte effettivamente versate (c.d. DTA di tipo 2), a condizione che l'impresa esercitasse l'opzione per mantenere il diritto alla conversione, versando un canone annuo, fino all'esercizio in corso al 31 dicembre 2030. Si ricorda che tale scadenza è stata prevista dall'art. 26-bis, comma 4, lett. a), DL 23.12.2016 n. 237, convertito, con modificazioni, dalla L. 17.2.2017 n.15, mentre, precedentemente, si faceva riferimento al 31 dicembre 2029. In altri termini, come stabilito dalla Relazione al provvedimento che ha introdotto il suddetto art. 11, la norma subordina il mantenimento della trasformabilità delle DTA di tipo 2 al pagamento di un canone pari all'1,5 per cento dell'ammontare delle stesse e stabilisce che le DTA di tipo 2 siano calcolate annualmente come differenza tra l'ammontare di DTA qualificate che si è creato dal 2008 all'anno di riferimento, incluse le DTA qualificate che sono state trasformate in credito d'imposta, e la somma delle imposte che sono state versate con riferimento agli stessi anni. In merito all'esercizio dell'opzione, la Circolare dell'Agenzia delle Entrate, del 22 luglio 2016, n. 32, ha fornito importanti chiarimenti, rinviando a quanto previsto Provvedimento Agenzia Entrate 22.7.2016 n. 117661. Nel punto 1.1. di tale Provvedimento, si legge chiaramente che l'opzione in esame si considera esercitata con il versamento del canone. Nello stesso provvedimento, vengono anche disciplinati i casi in cui si può o si deve effettuare una comunicazione all'Agenzia delle Entrate per renderla edotta dell'esercizio dell'opzione. Pertanto, non è chiaro se, anche nella fattispecie prevista dal D.L. contro l'attuale emergenza sanitaria, è necessario effettuare il versamento del canoneoppure se è sufficiente una semplice comunicazione all'Agenzia delle Entrate. Dalla lettura dell'ultimo periodo del comma 3, dell'art. 55 del nuovo D.L., secondo il quale, ai fini dell'applicazione dell'art. 11 citato, l'esercizio dell'opzione comporta il cumulo delle DTA trasformabili e di quelle trasformate in crediti nell'ammontare delle imposte anticipate, sembrerebbe che vi sia l'intenzione di riscuotere questo canone. Ciò sarebbe confermato anche dall'art. 126, il quale, alla lettera a) dell'art. 6, prevede che parte degli oneri necessariper finanziarie determinate disposizioni possono essere coperti con l'utilizzo delle maggiori entrate generate, tra le altre, dall'applicazione dell'art. 55 in esame, lasciando intuire che queste derivino dal versamento del canone. Inoltre, considerato che il testo di legge relativo all'opzione era simile alla precedente versione, si deve ricordare che l'interrogazione prioritaria del 13 dicembre 2019, con richiesta di risposta scritta, effettuata alla Commissione Europea, ha specificato che l'agevolazione prevista dall'art. 44 bis, nella versione relativa alle aggregazione tra società del Sud, consistente nella possibilità trasformare le DTA in credito d'imposta, richiedeva il pagamento di un canone annuo determinato applicando l'aliquota dell'1,5 per cento. Considerato che la liquidazione del canone nelle precedenti normative era stato previsto per superare alcune eccezioni di incompatibilità delle Autorità europee e tenuto conto che il DL in commento è stato approvato per fare fronte all'emergenza Covid-19, potrebbe essere stabilito, magari in sede di conversione, che l'opzione avvenga con una semplice comunicazione, senza il pagamento del canone. Ciò potrebbe essere giustificato dal fatto che l'art. 79 del D.L. n. 18/2020 sancisce che l'epidemia da COVID-19 è formalmente riconosciuta come calamità naturale ed evento eccezionale, ai sensi dell'art. 107, comma 2, lettera b), del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea. Tale disposizione del Trattato specifica che sono compatibili con il mercato interno gli aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali. Pertanto, potrebbe essere l'occasione per chiarire che la mancata richiesta del canone non è incompatibile con la normativa sugli aiuti di stato, circostanza che aveva indotto il legislatore a chiedere il relativo versamento. In ogni caso dovrà essere chiarito entro quando deve essere esercitata l'opzione, in quanto il decreto nulla prevede se non che, se non già esercitata, deve essere manifestata entro la chiusura dell'esercizio in corso alla data in cui ha effetto la cessione dei crediti. Ai sensi del comma 7 dell'art. 11 del D.L. 39/2016, a cui rinvia il comma 1, è previsto che il versamento del primo versamento del canone, in forza del quale si esercita l'opzione, deve essere effettuato per ciascun esercizio entro il termine per il versamento a saldo delle imposte sui redditi relativo al periodo d'imposta precedente. Pertanto, sarà necessario stabilire se confermare questo termine, anche nel caso in cui si dovesse pretendere il versamento del canone. Tra alcuni dubbi da chiarire, si cita quello relativo alle modalità di esercizio dell'opzione in caso di società che partecipano alla tassazione prevista dall'istituto del consolidato fiscale. Relativamente alla disciplina prevista dal D.L. 39/2016, è stato stabilito che l'esercizio dell'opzione da parte della consolidante comporta l'esercizio della medesima opzione per le imprese interessate che partecipano al consolidato. Il versamento del canone è effettuato dalla consolidante. Per le imprese interessate aderenti ad un consolidato, quindi, la determinazione della base imponibile su cui calcolare il canone è effettuata per massa: si tiene, infatti, conto della somma delle DTA qualificate delle singole imprese interessate e della somma delle imposte versate dalla consolidante e dalle singole imprese consolidate. Per quanto riguarda l'efficacia dell'opzione, nel D.L. “anti-COVID 19”, è prevista che questa abbia effetto a partire dall'esercizio successivo a quello in cui ha effetto la cessione.
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