Opposizione agli atti esecutivi ed opposizione all'esecuzione: l'impugnazione della sentenza che si pronuncia su entrambe

Giuseppe Lauropoli
24 Marzo 2020

Laddove l'opposizione abbia ad oggetto tanto motivi di opposizione all'esecuzione, quanto motivi di opposizione agli atti esecutivi, la pronuncia resa dal giudice del primo grado su entrambi i motivi di opposizione dovrà essere impugnata con diversa forma a seconda del motivo che si intenda dedurre in sede di impugnazione.
Massima

La nullità della notifica dell'atto di pignoramento costituisce motivo di opposizione agli atti esecutivi che deve essere dedotto nel termine di venti giorni previsto dall'art. 617 c.p.c.

Laddove l'opposizione abbia ad oggetto tanto motivi di opposizione all'esecuzione, quanto motivi di opposizione agli atti esecutivi, la pronuncia resa dal giudice del primo grado su entrambi i motivi di opposizione dovrà essere impugnata con diversa forma a seconda del motivo che si intenda dedurre in sede di impugnazione: quanto alla impugnazione della sentenza nella parte in cui si pronuncia sulla opposizione all'esecuzione, la stessa dovrà avvenire mediante proposizione di appello; quanto alla impugnazione della sentenza nella parte in cui si pronunci sui motivi di opposizione agli atti esecutivi, la stessa sarà suscettibile solo di ricorso per cassazione.

Il caso

La questione posta all'esame della Cassazione traeva origine da una procedura di pignoramento presso terzi avviata dinanzi al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere: dinanzi al giudice dell'esecuzione era stata spiegata un'unica opposizione fondata su due motivi, uno concernente la pretesa assenza di titolo esecutivo (in quanto formatosi nei confronti di un soggetto diverso da quello poi assoggettato ad esecuzione forzata) e l'altro riguardante il vizio di notifica dell'atto di pignoramento.

Il giudice del merito, nell'affrontare tale opposizione nel giudizio di primo grado, aveva deliberato unicamente sul motivo di opposizione agli atti esecutivi (quello cioè concernente la omessa notifica del pignoramento), omettendo del tutto l'esame dell'altro motivo di opposizione: quanto all'unico motivo esaminato, poi, lo aveva ritenuto tardivamente proposto e, come tale, inammissibile.

Contro tale pronuncia proponeva ricorso per cassazione la parte soccombente nel giudizio di primo grado, dolendosi, innanzi tutto, dell'omesso esame del motivo di opposizione all'esecuzione dalla stessa svolto con il proprio originario ricorso e rilevando, in secondo luogo, la piena fondatezza della doglianza concernente la omessa notifica dell'atto di pignoramento.

La questione

La distinzione tra opposizione all'esecuzione ed opposizione agli atti esecutivi, come pure quella tra motivi di opposizione all'esecuzione e motivi di opposizione agli atti esecutivi, è all'apparenza quanto di più chiaro e cristallino possa rinvenirsi nel mondo del diritto: e invece non è così, perché anche questa distinzione talvolta diventa sdrucciolevole, così come non sempre agevole è individuare gli effetti, di tutto rilievo, che derivano dalla riconduzione di una opposizione nell'ambito dell'art. 615 c.p.c. ovvero nell'ambito dell'art. 617 c.p.c. È in questo campo, a ben vedere tutt'altro che confortevole, che si muove l'ordinanza in commento.

Le soluzioni giuridiche

La pronuncia della Cassazione affronta in termini molto sintetici ma indubbiamente efficaci le due questioni poste al suo esame.

Con riguardo alla dedotta mancata pronuncia del giudice del merito sul motivo di opposizione all'esecuzione, la Corte osserva come, avendo ad oggetto una tale mancata pronuncia un motivo di opposizione certamente riconducibile nell'ambito dell'art. 615 c.p.c., tale doglianza avrebbe dovuto essere formalizzata mediante atto di appello e non invece attraverso il rimedio del ricorso per cassazione, dichiarando per l'effetto inammissibile tale motivo di ricorso.

Quanto al motivo di ricorso concernente il mancato esame, da parte del giudice del merito, della doglianza concernente l'omessa notifica dell'atto di pignoramento, i giudici di legittimità rilevano come, non avendo la parte ricorrente in alcun modo contestato il rilievo di tardività di un tale motivo di opposizione agli atti esecutivi, neppure possa venire in esame il merito della questione concernente la omessa notifica dell'atto di pignoramento.

Osservazioni

Le due questioni esaminate dalla Cassazione nella pronuncia in commento sono di particolare interesse.

Soffermiamoci, innanzi tutto, sulla prima, quella concernente l'ipotesi di sentenza di primo grado che si pronunci tanto su motivi di opposizione all'esecuzione, quanto su motivi di opposizione agli atti esecutivi.

Si tratta di una circostanza, invero, molto comune nella prassi degli uffici giudiziari: il ricorso in opposizione spiegato dall'esecutato in corso di esecuzione spesso contiene, infatti, tanto motivi di opposizione all'esecuzione (attinenti all'an della pretesa esecutiva), quanto motivi di opposizione agli atti esecutivi (concernenti il quomodo della attività posta in essere dal creditore procedente).

Tali motivi vengono quindi trattati unitariamente sia nella fase cautelare dinanzi al giudice dell'esecuzione (con un'unica ordinanza che si pronuncia sulla sospensione dell'esecuzione o sulla sua prosecuzione e che assegna termine per l'inizio del giudizio di merito), sia, almeno talvolta (in tutti quei casi, cioè, in cui un medesimo giudice sia competente tanto a conoscere dei motivi di opposizione all'esecuzione, quanto dei motivi di opposizione agli atti esecutivi), nel successivo giudizio di merito introdotto dalla parte che vi abbia interesse.

La sentenza che viene resa da tale giudice di merito può dunque avere ad oggetto tanto motivi di opposizione all'esecuzione, quanto motivi di opposizione agli atti esecutivi.

Tuttavia le sorti di tali due tipologie di motivi di opposizione, ove pure fossero rimaste congiunte fino all'esito del giudizio di primo grado, sono destinate inesorabilmente a disgiungersi in sede di eventuale impugnazione di tale sentenza.

Quanto infatti ai motivi di opposizione all'esecuzione trattati nella sentenza del giudice di prime cure, gli stessi saranno suscettibili di appello, non essendo prevista in alcun modo la non impugnabilità delle sentenze pronunciatesi in tema di opposizione all'esecuzione.

Quanto, invece ai motivi di opposizione agli atti esecutivi trattati nella medesima sentenza, gli stessi non potranno essere dedotti in sede di appello, atteso il chiaro tenore del secondo comma dell'art. 618 c.p.c., che nel suo ultimo periodo dichiara espressamente “non impugnabile” la sentenza che si pronunci in tema di opposizione agli atti esecutivi.

Ove la parte intenda dolersi della decisione del giudice di prime cure concernente tali motivi di opposizione, dovrà svolgere direttamente ricorso per Cassazione.

Una tale soluzione, oltre ad emergere dall'impianto normativo disegnato dal codice di procedura civile, viene anche affermata dalla consolidata giurisprudenza di legittimità, stando alla quale «qualora una opposizione in materia esecutiva possa scindersi in un duplice contenuto, in parte riferibile ad una opposizione agli atti esecutivi e in parte riferibile ad una opposizione all'esecuzione, l'impugnazione della conseguente sentenza deve seguire il diverso regime previsto per i distinti tipi di opposizione» (si veda Cass. civ., n. 18312/2014; in termini analoghi, la recente Cass. civ., n. 3166/2020).

Analoga sorte seguirà anche il motivo di impugnazione con il quale ci si dolga della omessa pronuncia da parte del giudice di primo grado su un motivo di opposizione all'esecuzione, il quale dovrà necessariamente essere svolto mediante appello (vedi Cass. civ., n. 14661/2016, citata anche nella ordinanza in commento).

Ove, pertanto, la parte proponga un tale motivo di impugnazione all'interno del ricorso per Cassazione con il quale ci si dolga della decisione resa dal giudice di primo grado in sede di opposizione agli atti esecutivi, tale motivo di ricorso non potrà che incorrere nella sanzione di inammissibilità.

Meno piana, ad avviso di chi scrive, si presenta la seconda questione, per la verità affrontata quasi solo incidentalmente nella sentenza in commento, quella cioè concernente la qualificazione del vizio di omessa notifica dell'atto di pignoramento e gli effetti che un tale vizio, se ravvisabile, è idoneo a spiegare sulla procedura esecutiva.

Stando ad un orientamento per la verità piuttosto risalente della giurisprudenza di legittimità (ma ancor oggi mai smentito in termini approfonditi dai giudici della Cassazione e comunque tutt'ora seguito da molte corti di merito), il vizio di omessa notifica del pignoramento (ci si riferisce, dunque, all'atto di pignoramento presso terzi, che deve essere necessariamente notificato al debitore esecutato, ma analoghe considerazioni possono svolgersi per tutte quelle forme di pignoramento che si realizzano mediante un atto notificato dalla parte procedente a quella esecutata) si riverbera in modo molto significativo sulla procedura esecutiva avviata dalla parte, comportando la declaratoria di giuridica inesistenza del pignoramento.

Tale soluzione discende, ad avviso della Cassazione, non tanto dal vizio di omessa notifica del pignoramento in sé e per sé, il quale ben può essere sanato, ad esempio, per effetto della costituzione della parte esecutata.

Quel che afferma la Corte in tali ormai risalenti pronunce è, invece, che per effetto di quella mancata notifica del pignoramento il debitore non sia stato raggiunto dalla ingiunzione di cui all'art. 492, comma 1, c.p.c., che deve necessariamente essere rivolta dall'ufficiale giudiziario al debitore.

Ebbene, affermano i giudici di legittimità, poiché una tale ingiunzione costituisce elemento essenziale del pignoramento, la sua omissione, derivante dalla omessa notifica dell'atto di pignoramento, comporta la giuridica inesistenza del pignoramento, non suscettibile di sanatoria neppure per effetto della spiegata opposizione agli atti esecutivi svolta dal debitore esecutato (si veda, tra le diverse pronunce espressione di tale orientamento, Cass. civ., n. 6941/1988).

Anzi, afferma la Cassazione, un tale vizio di omessa notifica del pignoramento, quand'anche qualificabile in termini di opposizione agli atti esecutivi, non è soggetto al ristretto termine decadenziale previsto dall'art. 617 c.p.c. e può essere rilevato anche d'ufficio dal giudice dell'esecuzione (eloquente, a tal proposito, appare Cass. civ., n. 2082/1999).

Rispetto ad un tale più risalente orientamento va facendosi largo una diversa posizione della giurisprudenza di legittimità, che sembra orientata a ritenere certamente sanabile il vizio di omessa notifica del pignoramento, ai sensi dell'art. 156 c.p.c., affermando che ogni qual volta venga spiegata opposizione agli atti esecutivi con la quale si lamenti la omessa notifica dell'atto di pignoramento la stessa sia idonea a manifestare l'avvenuto raggiungimento dello scopo dell'atto (ad esprimere un tale orientamento si vedano Cass. civ., n. 24527/2008, nonché, più di recente, Cass. civ., n. 33466/2019).

Ad un tale secondo e più recente orientamento sembra aderire la pronuncia in commento, laddove ritiene senz'altro riconducibile nell'ambito della opposizione agli atti esecutivi il vizio con il quale si lamenti la omessa notifica del pignoramento e laddove ritiene che un tale motivo di opposizione, se rilevato oltre il termine previsto dall'art. 617 c.p.c., sia inammissibile.

Ove si ritenesse, invece, di aderire al primo orientamento sopra accennato, la questione della tardiva proposizione del motivo di opposizione agli atti esecutivi concernente la omessa notifica del pignoramento potrebbe forse ritenersi superabile e il dedotto vizio di omessa notifica del pignoramento assumerebbe, come esposto in precedenza, una differente connotazione.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.