Termine di grazia nelle procedure di sfratto e la sospensione dei termini processuali di cui al d.l. n. 18/2020
25 Marzo 2020
La sospensione dei termini processuali al tempo del Coronavirus
Già il decreto legge 8 marzo 2020 n.11 relativo alle misure da adottare al fine di contrastare l'emergenza epidemiologica da COVID-19 nell'amministrazione della Giustizia, all'art. 1 comma 2 aveva previsto una disposizione di portata generale, riferita – come emerge dalla relazione introduttiva relativa al disegno di legge di conversione del decreto-legge, sostitutiva della precedente e depositata in data 11 marzo 2020 – a tutti i procedimenti e processi civili e penali pendenti(non limitata, quindi, ai procedimenti con udienze fissate tra il 9 e il 22 marzo 2020), sancendo la sospensione di tutti i termini per il compimento di qualsiasi attività processuale, ivi inclusi gli atti di impugnazione. Con la emanazione del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 “Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19” pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Della Repubblica Italiana Serie generale n. 70 del 17.3.2020 il Governo è nuovamente intervenuto. L'art. 83 “Nuove misure urgenti per contrastare l'emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenerne gli effetti in materia di giustizia civile, penale, tributaria e militare” prevede, al comma 22, l'abrogazione degli artt. 1 e 2 del decreto-legge 8 marzo 2020, n. 11. Il nuovo articolato normativo – di immediata applicazione (art. 127) – riscrive le misure emergenziali in materia di Giustizia prevedendo, tra l'altro: «Dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020 è sospeso il decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali. Si intendono pertanto sospesi, per la stessa durata, i termini stabiliti per la fase delle indagini preliminari, per l'adozione di provvedimenti giudiziari e per il deposito della loro motivazione, per la proposizione degli atti introduttivi del giudizio e dei procedimenti esecutivi, per le impugnazioni e, in genere, tutti i termini procedurali. Ove il decorso del termine abbia inizio durante il periodo di sospensione, l'inizio stesso è differito alla fine di detto periodo. Quando il termine è computato a ritroso e ricade in tutto o in parte nel periodo di sospensione, è differita l'udienza o l'attività da cui decorre il termine in modo da consentirne il rispetto…» Uno dei problemi interpretativi che l'emanazione del decreto cd. “Cura Italia” sta determinando ha ad oggetto l'applicabilità della predetta sospensione al cd. termine di grazia, concesso dal giudice ai sensi dell'art. 55 legge n.392/78 (l. eq. canone) nell'ambito dei giudizio di convalida di sfratto (artt.657 e ss. c.p.c.) e la cui inosservanza produce conseguenze “nefaste” per il conduttore, ovvero la irrimediabile convalida dello sfratto e la condanna al rilascio dell'immobile locato. Una breve disamina dell'istituto appare preliminare per il suo inquadramento giuridico. La possibilità per il conduttore intimato di sanare la morosità in giudizio, e così evitare la pronuncia della convalida, costituisce una deroga all'art.1453, comma 3, c.c. introdotta dal legislatore del 1978, sensibile alle istanze sociali, all'art. 55 l. n.392/78, ispirato ad un chiaro favor conductoris. Infatti, l'art. 1453, comma 3 c.c. stabilisce il principio generale per cui, dalla data della domanda di risoluzione, l'inadempiente non può più adempiere la propria obbligazione. L'intimazione di sfratto possiede il contenuto sostanziale e processuale di una domanda di risoluzione per inadempimento (cfr. solo per citarne alcune Cass. civ.,sez.VI - 3, 2 febbraio 2017, n.2742; Trib. Roma, sez.VI, sent., 20 dicembre 2019 n. 24483 dott. Nardone e Cass.civ., sez.III, 17 dicembre 2009, n.26508: «la richiesta di convalida di sfratto per morosità in relazione all'art. 1453 c.c. mira ad una pronuncia costitutiva, poiché è diretta a sciogliere il vincolo contrattuale, previo accertamento, da parte del giudice, della gravità o meno dell'inadempimento»; Cass. civ., n. 8692/1995: «nell'intimazione di sfratto per morosità è implicita la domanda di risoluzione per inadempimento»). Pertanto l'art. 55 cit. consente, eccezionalmente, al conduttore di purgare la mora (quindi adempiere l'obbligazione di pagamento) dopo l'introduzione del giudizio di risoluzione. Tale facoltà, pacificamente, è ammessa solo per le locazioni ad uso abitativo (così Cass. civ., n. 1428/2017; Cass. civ., n. 21836/2014), non per quelle ad uso diverso (Cassazione civile sez. III, 08/11/2018, n.28502) né per quelle stipulate per soddisfare esigenze transitorie (Cass. civ., Sez. VI -3, n. 2681/2012) nè per le locazioni aventi ad oggetto immobili catastalmente qualificati come A/8 e A/9 (Cass. civ., n.2681/2012 cit,). Parimenti la giurisprudenza esclude la possibilità di invocare il termine di grazia per le locazioni ad uso di foresteria (ex pluribus, Tribunale di Roma, 27 settembre 2005; Trib. Novara Sent. 11-04-2009) o con riferimento alle locazioni stipulate con gli enti gestori di edilizia residenziale pubblica (Corte cost. sent.n.203/2003). Nello specifico, l'art. 55 cit. consente l'adempimento (sanatoria) per l'intimato che non abbia già usufruito, nel corso del quadriennio antecedente l'udienza di convalida, di altre due sanatorie giudiziali, che diventano tre nelle ipotesi di cui al comma IV, ovvero, in caso di inadempimento protratto per non oltre due mesi e conseguente alle precarie condizioni economiche del conduttore insorte dopo la stipulazione del contratto e dipendenti da disoccupazione, malattie gravi, comprovate condizioni di difficoltà). La sanatoria può avvenire: a) banco iudicis pagando le somme pretese con l'intimazione di sfratto, oltre gli interessi legali e le spese giudiziali. Tale forma di sanatoria esclude la convalidabilità dello sfratto e la declaratoria successiva di risoluzione, determinando l'estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere; b) nel termine che il giudice, previa richiesta dell'intimato, abbia assegnato in udienza. Occorre che il conduttore si trovi in una situazione di precarietà che non gli consenta l'adempimento tempestivo e che sia stata essa causa della impossibilità di adempiere banco iudicis. La sanatoria opera a condizione che il conduttore corrisponda nel termine quanto oggetto di intimazione, ma anche gli interessi e le spese legali; solo il pagamento integrale e tempestivo evita la convalida senza che residui in capo al giudice alcuna discrezionalità o valutazione in ordine alla eventuale entità del ritardo o gravità dell'inadempimento a norma dell'art.1455 c.c. che deve, perciò, ritenersi sussistente ope legis (Cass. 23751/2008): in difetto di sanatoria, tempestiva ed integrale, il giudice dovrà emanare l'ordinanza di convalida di sfratto (oltre a decidere sulle spese di lite) senza che sia necessario procedere a ulteriori accertamenti (Cass. civ., n. 19772/2003). Pertanto una volta scaduto il termine di grazia, di regola non superiore a novanta giorni - nei casi previsti dal comma 4 dell'art. 55 il termine può esser aumentato sino a 120 giorni - il relativo inadempimento si qualifica ipso iure come grave e rilevante. Il termine concesso non è suscettibile di differimento, poiché tale possibilità non è prevista dal dato normativo né si concilierebbe con la ragione giustificatrice dell'istituto. Si trattai di un termine di natura perentoria, non prorogabile neanche su accordo delle parti e neanche quando quello concesso in concreto sia inferiore a quello massimo previsto dalla legge (Cass. civ., n. 23751/2008; Cass. civ., n. 1336/2000). Tale perentorietà si desume dall'ultimo comma dell'art.55, che esclude la risoluzione del rapporto solo nel caso di pagamento “nei termini”, e dal comma 2 del successivo art. 56, che collega il provvedimento di rilascio al mancato pagamento “nel termine assegnato” (Cass. civ., n. 2359/1992). Appare, quindi, evidente l'importanza della individuazione della natura – processuale o meno – del detto termine e della applicabilità conseguenziale della sospensione di cui al d.l n.18/2020 prevista per i (soli) “termini processuali”. Natura del termine di grazia
Va premesso che l'art.55 l. n.392/78 è “norma processuale”. Lo suggerisce la sua collocazione nel capo III, intitolato “Disposizioni processuali” e, infatti, la norma, coordinata con il precedente art. 5 l. eq. Can., completa la tutela del contraente considerato più debole. Secondo la giurisprudenza detta norma (art. 55 cit.) non sarebbe derogabile dalle parti, neanche laddove il contratto sia stato stipulato sotto il vigore della legge n.431/98 (Trib. Palermo 13 giugno 2001, in Arch. Loc. cond. 2001,687), e la natura processuale deriva dal disciplinare una facoltà esercitabile solo nell'ambito del processo. Quanto al termine di grazia, il solo inserimento in una norma definita processuale non appare sufficiente per conferirgli la natura di “termine processuale”. Invero, in dottrina si rinviene l'accenno ad una duplice valenza del termine di grazia: sotto il profilo sostanziale, impedisce la risoluzione del rapporto locativo per inadempimento del conduttore, nonostante la gravità dell'inadempimento; sotto il profilo processuale, incide sul corso del giudizio di convalida. Riteniamo, che la natura processuale del termine non possa, semplicemente, farsi derivare dall'essere esso contenuto in una disposizione che regola una facoltà esercitabile all'interno del processo né dalla circostanza che la concessione del termine predetto impone una determinata scansione della tempistica processuale (infatti il giudice, concesso il termine, dovrà rinviare l'udienza a non oltre dieci giorni dalla scadenza del termine assegnato: cd. udienza di verifica della sanatoria). Il termine di grazia non è un termine processuale nella accezione con la quale si definiscono, in genere, i cd. termini processuali. Infatti, come evidenziato dalla migliore dottrina, il processo si svolge nel tempo ed il compimento degli atti, durante il suo corso, è scandito dai termini processuali, comunemente definiti come intervalli cronologici entro i quali «deve, può o non può compiersi una determinata attività processuale» (Grossi, Termini (dir. proc. civ.), in Enc. dir., 235): una distantia temporis, in sintesi, tra un atto (processuale, appunto) e l'altro. In questa ottica i termini vengono fatti oggetto, anzitutto, di una duplice classificazione: da un lato vengono considerati staticamente nel loro rapporto con l'atto processuale da compiersi e, sotto tale angolo visuale, si suddividono in dilatori, ordinatori; dall'altro lato vengono riguardati nel loro rapporto dinamico con lo svolgersi del processo e, in tal senso, si suddividono in acceleratori e dilatori. Il cd. termine di grazia non scandisce il compimento di alcun “atto del processo”: è funzionale, invece, solo ad un atto avente natura prettamente sostanziale ovvero l'adempimento della prestazione (pagamento canone). Lo chiarisce la Suprema Corte - Cass. civ., sez.III, 16 maggio 2008, n.12424 - laddove nel disquisire sulla scadenza (o meno) del termine di grazia in giorno festivo, richiama, sì, le regole dell'art. 155, comma 4, c.p.c. ma in quanto ritenute applicabili in correlazione sistematica con gli artt. 1185 e 1187 c.c. (dettate in tema di adempimento delle obbligazioni). La S.C. ha precisato la necessarietà del richiamo e integrazione con le norme del codice civile (si badi) proprio attesa la «particolare natura della figura del termine di grazia, come rimedio speciale all'inadempimento del conduttore di una abitazione … Il termine di adempimento è prorogato dal giudice, che stabilisce il debito e gli accessori, ma ha effetti sananti ope legis … per la sua finalità sociale di soccorrere una parte debole in provvisorie difficoltà economiche. Il termine di pagamento previsto nella sanatoria ha dunque natura sostanziale, poiché elìde l'effetto proprio dell'inadempimento esistente, e dunque la proroga del termine, pur prevista dalla norma processuale, non contiene una limitazione ad horas del dies ad quem, come si desume dalla disciplina generale dettata dal codice civile». Anche in Cass. civ., sez. VI - 3, n. 19480/2013,– avente ad oggetto una controversia agraria di cui alla l. n. 203/1982 disquisendo del termine ex art. 46, comma 6 (analogo a quello ex art. 55 cit.) la S.C. osserva: «...il termine di adempimento è prorogato dal giudice, che stabilisce il debito e gli accessori, ma ha effetti sananti ope legis. Il termine di pagamento previsto nella sanatoria ha dunque natura sostanziale, poiché elide l'effetto proprio dell'inadempimento esistente (Cass. civ., n. 12424/2008). Quindi, costituendo questo tipo di sanatoria un'eccezione al principio di cui all'art. 1453 c.c., u.c., secondo cui dalla data della domanda di risoluzione l'inadempiente non può più adempiere alla propria obbligazione, il termine concesso per la sanatoria, comportando una sospensione, sotto questo profilo, degli effetti della domanda, ha necessariamente carattere perentorio...». In conclusione, il termine ex art. 55 l. eq. canone non è funzionale al processo ma è un termine di pagamento avente lo scopo di elidere l'effetto proprio dell'inadempimento esistente (Cass.civ., sez.III, 17 settembre 2008, n.23751) da cui la non applicabilità di provvedimenti sospensivi dei termini processuali. A riprova della natura sostanziale del termine la circostanza per cui esso è indifferente alle sorti del processo: se il giudizio si estingue o viene dichiarato interrotto, il termine per l'adempimento sanante, concesso dal Giudice, rimane valido (né viene interrotto o sospeso). La marginalità della incidenza sul processo – per come sopra visto solo nel senso di imporre il rinvio dell'udienza a data successiva alla scadenza del termine di grazia - impedisce di richiamare analogicamente le argomentazioni che la giurisprudenza ha utilizzato in altri casi di termini aventi natura sia sostanziale che processuale. Ad esempio con riferimento al termine per proporre opposizione alla stima ai sensi dell'art. 51, l. n. 2359/1865, la Corte costituzionale – sentenza n.40/1985 – ha dichiarato sì la illegittimità costituzionale dell'art. 1 l. 7 ottobre 1969, n. 742 (Sospensione dei termini processuali nel periodo feriale) nella parte in cui non disponeva che la sospensione ivi prevista si applicasse anche al predetto termine di 30 gg. per instaurare il giudizio di opposizione. In quel caso, tuttavia, era prevalente la natura processuale del termine posto che «la opposizione avanti il giudice competente è l'unico rimedio posto a disposizione dell'espropriato per conseguire il giusto indennizzo, nel quale l'art. 42 Cost. ravvisa l'indefettibile bilanciamento della espropriazione della proprietà privata per interesse generale» sicchè «si attenterebbe al diritto di agire in giudizio per la tutela delle proprie pretese con escludere dall'area di applicazione dell'art. 1 (Sospensione dei termini processuali nel periodo feriale) l'opposizione dell'espropriato alla stima».
In conclusione
I termini prettamente non processuali sono rimasti fuori dalla previsione del decreto cd. “Cura Italia” n. 18/2020 che, invece, quando ha voluto operare delle estensioni a termini estranei al processo lo ha esplicitamente dichiarato. Si veda, in tema di mediazione e, in genere, di procedure alternative di risoluzione delle liti. Con riferimento a dette procedure che, pur inserendosi nel giudizio, conservano una propria autonomia, ricollegabile alla sua finalità conciliativa, e non risentono delle sorti del processo l'art. 83 cit. del d.l. n. 18/2020 ha precisato, al comma 20, che la disposta sospensione si applichi anche a «i termini per lo svolgimento di qualunque attività nei procedimenti di mediazione ai sensi del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, nei procedimenti di negoziazione assistita ai sensi del decreto legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, Gazzetta Ufficiale Della Repubblica Italiana Serie generale n. 70 dalla legge 10 novembre 2014, n. 162, nonché in tutti i procedimenti di risoluzione stragiudiziale delle controversie regolati dalle disposizioni vigenti, quando i predetti procedimenti siano stati promossi entro il 9 marzo 2020 e quando costituiscono condizione di procedibilità della domanda giudiziale. Sono conseguentemente sospesi i termini di durata massima dei medesimi procedimenti». Quindi, «ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit». Potrebbe aggiungersi che già il termine di grazia costituisce una eccezionale allungamento ope legis del termine contrattualmente fissato per l'adempimento dell'obbligazione di pagamento del corrispettivo della locazione: una ulteriore eccezionale dilazione snaturerebbe del tutto la funzione dell'istituto che finirebbe per risultare squilibrato – e, quindi, passibile di rilievi in punto di legittimità costituzionale – in favore di una sola parte (il conduttore) senza neanche il “bilanciamento” costituito dalla valutazione, rimessa al giudice, in ordine alla sussistenza delle documentate, precarie condizioni economiche del richiedente il beneficio. |