La locazione ai tempi del coronavirus: credito d'imposta per i negozianti in compensazione
31 Marzo 2020
A causa dell'emergenza da COVID-19 (coronavirus), esistono dei provvedimenti a tutela dei negozianti che sono stati costretti a chiudere la propria attività commerciale condotta in locazione?
Preliminarmente, giova ricordare che su tutto il territorio nazionale per effetto dei DPCM dell'8, del 9 e dell'11 marzo 2020, oltre al divieto degli spostamenti (salvo quelli per comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità o per motivi di salute), sono state sospese tutte le attività commerciali al dettaglio, fatta eccezione per le attività di vendita di generi alimentari, per le farmacie e parafarmacie, per i tabaccai per le edicole e per i venditori di certi generi di prima necessità; la norma si applica sia a esercizi di vicinato sia nell'ambito della grande e media distribuzione. Premesso quanto innanzi esposto, attualmente, in questa situazione di emergenza nazionale, salvo successivi e nuovi provvedimenti normativi o accordi con il locatore, il conduttore non può sospendere il pagamento del canone. Ad ogni modo, per attenuare gli effetti negativi del blocco delle attività legate alla diffusione del coronavirus, il governo ha introdotto un bonus sugli affitti a favore di commercianti, artigiani e di tutte le attività che pagano un affitto per un locale commerciale di piccola taglia e sono stati costretti a ridurre l'attività se non addirittura a chiudere i battenti. La misura, per ora, riguarda solo il mese di marzo, ma molto probabilmente se dovesse continuare l'attuale blocco verrà estesa anche ai periodi successivi. In particolare, con il decreto legge n. 18/2020 «Cura Italia», approvato dal Consiglio dei Ministri nella giornata del 16 marzo 2020, e recante misure di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da Covid-19, è stata concesso uno specifico bonus chiamato «credito d'imposta per botteghe e negozi» per i soggetti esercenti attività d'impresa. L'agevolazione è concessa sotto forma di un credito d'imposta nella misura del 60% dell'ammontare del canone di locazione, relativo al mese di marzo 2020, di immobili rientranti nella categoria catastale C/1 (e cioè negozi e botteghe). Tale credito sarà utilizzabile in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241. A tal proposito, l'Agenzia delle Entrate, con la Risoluzione numero 13/E del 20 marzo 2020, ha indicato le modalità per ottenere il credito d'imposta: i soggetti interessati devono inserire nel modello F24 il codice tributo (6914) e come riferimento (Credito d'imposta canoni di locazione botteghe e negozi - art. 65, d.l. 17 marzo 2020, n. 18). In pratica, il Decreto Cura Italia prevede un bonus soltanto per gli affitti commerciali che prevede un credito di imposta del 60% sulle locazioni pagate nel mese di marzo ma limitatamente a chi, nello stesso mese, ha dovuto chiudere l'attività commerciale a causa del coronavirus. Si tratta, quindi, non di una sospensione dai pagamenti dell'affitto ma di un credito di imposta (una sorta di rimborso) pari al 60% di quanto versato. La norma, dunque, non indica in nessun modo che il godimento del credito d'imposta è vincolato al pagamento del canone ma ne circoscrive unicamente l'ambito applicativo identificando i soggetti fruitori e la tipologia di immobile che dà diritto al bonus. Dunque, secondo l'interpretazione dei primi commentatori, i potenziali beneficiari devono comunque pagare la cifra dovuta per poi recuperare la somma maturata in compensazione. Inoltre, il credito d'imposta sugli affitti, specifica il testo del decreto, può essere richiesto solo da quei negozi interessati dalla chiusura “forzata” per effetto del decreto dell'11 marzo; questo significa che supermercati, negozi alimentari, farmacie, tabaccherie, edicole e tutti gli altri negozi aperti in questi giorni di emergenza non potranno richiedere il credito d'imposta per gli affitti. |