Condanna alle spese e principio della domanda: il Giudice può liquidare un importo superiore rispetto a quello indicato nella nota spese?

Eleonora M. P. Ruggieri
31 Marzo 2020

La nota spese ex art. 75 disp. att. c.p.c. funge da limite al potere del giudice di liquidazione dei compensi alla parte vittoriosa in quanto, quando la parte presenta la nota spese specificando la somma domandata, il giudice non può attribuire alla parte, a titolo di rimborso delle spese, una somma di entità superiore. Tale valenza vincolante della nota spese permane anche nel caso in cui medio tempore siano stati modificati per legge i parametri cui il giudice è tenuto a fare riferimento, in difetto di una specifica attività della parte interessata.

Il caso. Al termine del giudizio di primo grado, il Tribunale aveva disposto la compensazione delle spese. La Corte d'appello, interessata anche in punto di pronuncia sulle spese, in parziale riforma della sentenza di primo grado, aveva condannato la parte appellata (attrice nel giudizio di prime cure) alla rifusione della controparte delle spese processuali del doppio grado di giudizio. Veniva quindi proposto ricorso per cassazione dalla appellata, la quale, fra gli altri motivi, lamentava violazione degli artt. 112 c.p.c. e 75 disp. att. c.p.c. per aver la Corte d'appello liquidato le spese del giudizio di primo grado in misura ampiamente superiore (euro 36.145,00 per compensi) a quanto indicato dal difensore della parte vittoriosa nella nota spese di primo grado (euro 23.400,00 per compensi).

La decisione della Corte di cassazione. La Corte di cassazione, in accoglimento del predetto motivo di impugnazione, accoglie parzialmente il ricorso, con cassazione in parte della sentenza impugnata e rinvio alla Corte d'appello anche per le spese del giudizio di legittimità.
La Corte, in primo luogo, ricorda che secondo le Sezioni Unite, in tema di spese processuali i nuovi parametri, cui devono essere commisurati i compensi professionali in luogo delle abrogate tariffe professionali, debbono essere applicati ogni qual volta la liquidazione giudiziale intervenga in un momento successivo alla data di entrata in vigore del decreto e si riferisca al compenso spettante ad un professionista che, a quella data, non abbia ancora completato la propria prestazione professionale, ancorché tale prestazione abbia avuto inizio e si sia in parte svolta quando ancora erano in vigore le tariffe abrogate (S.U. 12 ottobre 2012 n. 17405). Tale principio deve essere applicato anche nel caso in cui il giudice dell'impugnazione sia investito ai sensi dell'art. 336 c.p.c. anche della liquidazione delle spese del grado precedente, con la conseguenza che il giudice d'appello deve applicare la disciplina vigente al momento in cui viene emessa la sentenza, atteso che l'accezione omnicomprensiva di compenso evoca la nozione di un corrispettivo unitario dell'opera prestata nella sua interezza.
Ciò posto, viene tuttavia ritenuta errata la decisione della Corte d'appello, la quale - pur avendo applicato correttamente i parametri vigenti al momento della propria pronuncia - aveva però liquidato le spese di giudizio in un importo superiore rispetto a quello indicato dalla parte nella propria nota spese.
La Corte quindi conferma il principio per cui “Una cosa è che, pure in mancanza di una espressa istanza in tal senso, il giudice abbia il potere di riconoscere alla parte vittoriosa il diritto ad essere rimborsata delle spese sostenute nel processo. Altra cosa è che egli abbia il potere di liquidare spese ed onorari in misura superiore a quella di cui la parte chiede il rimborso nella nota delle spese. La giurisprudenza della Corte ha sempre riconosciuto che, attraverso la nota delle spese, la parte fissa l'oggetto della condanna chiesta al giudice, sì che, tutte le volte che il giudice liquidi spese, diritti di procuratore ed onorari di avvocato in misura inferiore a quella richiesta, la pronuncia deve essere sorretta dalla spiegazione delle ragioni per cui il rimborso è considerato non dovuto o dovuto in misura inferiore rispetto a quello richiesto in corrispondenza delle singole voci della nota (Cass. civ., 21 luglio 2001 n. 9947). Non si giustifica, allora, che alla nota delle spese sia negata analoga efficacia quanto alla determinazione dell'oggetto della pronuncia di liquidazione in rapporto ad un esercizio dal potere che si svolga nel senso di oltrepassare la misura di quanto è domandato. Che ciò non sia appare del resto conforme al principio che informa il processo civile, principio per cui il giudice non può pronunciare oltre i limiti della domanda (art. 112 c.p.c.). Si può allora affermare che, quando la parte presenta la nota delle spese, secondo quanto è previsto dall'art. 75 disp. att., specificando la somma domandata, il giudice non può attribuire alla parte a titolo di rimborso delle spese somma di entità superiore” (cfr. Cass. civ., 4 aprile 2003, n. 5327).

*Fonte: www.dirittoegiustizia.it

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