Responsabilità sanitaria ai tempi del Covid 19

01 Aprile 2020

Il principio ispiratore della legge 24/2017 evidenzia una profonda attualità proprio nella intenzione di spostare il baricentro dal concetto accusatorio di responsabilità sanitaria, a quello solidale di sanità responsabile, che intende rafforzare la convinzione che la realizzazione delle attività di prevenzione e gestione del rischio sanitario (clinical risk management), rappresenta un interesse primario che deve assicurare il rispetto del principio della sicurezza delle cure.
Inquadramento della fattispecie. Solidarietà e responsabilità nel contesto emergenziale.

Nel violento succedersi di tragici bollettini nosografici e nel prendere atto della nostra fragilità, riponiamo una condivisa speranza nello stato di welfare di “beveridgiana” memoria, ovvero nelle strutture sanitarie, nei medici e tutto il personale sanitario che faranno il possibile per salvarci.

È a questi “nuovi eroi” che dovremmo tornare a guardare con lucidità e speranza, affidando loro le nostre richieste di aiuto che mettono in gioco le loro stesse vite per arginare il Covid 19.

E se oggi quel piccolissimo oggetto animato ci fa capire che fine può fare un Paese senza ricerca, ove il suo minuscolo genoma mette tutti con le spalle al muro, persino il Presidente degli Stati Uniti d'America che chiede agli scienziati di “fare presto”; allora ci si rende conto dell'impotenza dinanzi a tale drammatico scenario, per poterla dire, dunque, con le dure parole del direttore della rivista Science: «la voce della scienza va ascoltata e rispettata sempre, non solo nell'emergenza, dalle persone e anche dalla politica, con fiducia reciproca, senza interpolarla né distorcerla in funzione di moralismi o tornaconti».

È l'“emergenza”, dunque, che deve spingere i cittadini verso l'assunzione di una “responsabile”resistenza al “nemico” comune.

In questo momento è, altresì, essenziale che la trasparenza e l'integrità siano mantenute ed estese nel settore sanitario. Sono già in discussione diverse misure per aiutare l'economia a riprendersi dall'impatto della pandemia, che è anche un buon promemoria per ricordare quanto sia importante la trasparenza, al fine di fornire una motivazione delle scelte per contenere i contagi in modo da garantire la fiducia dei cittadini.

Per le persone colpite da Covid 19, l'obiettivo principale è mantenere sé stessi, le famiglie e le comunità al sicuro. Tuttavia, dobbiamo anche rimanere vigili contro le minacce alle libertà e alla Giustizia nella nostra società durante questi tempi così straordinari.

Fin dai primi giorni è stato chiaro che il dramma della pandemia realizza una grave crisi sulla tenuta del Paese e sul sistema sanitario che rivela le sue debolezze, dopo anni di privatizzazioni e indebolimento delle strutture, e che oggi viene sottoposto ad uno stress-test immane.

È questo il momento della responsabilità sociale di impresa dimostrando attenzione ai beni comuni (in primis alla salute, tutelata ex art. 32 Cost.), praticando una comunicazione corretta, attivando azioni concrete rivolte alle persone più fragili ed esposte in questo particolare momento, ovvero i medici ed il personale sanitario in un modello di indispensabile solidarietà.

E valga il vero: il principio ispiratore della legge 24/2017 (cd. legge Gelli) evidenzia una profonda attualità proprio nella intenzione di spostare il baricentro dal concetto accusatorio di responsabilità sanitaria, a quello solidale di sanità responsabile, che intende rafforzare la convinzione che la realizzazione delle attività di prevenzione e gestione del rischio sanitario (clinical risk management), rappresenta un interesse primario che deve assicurare il rispetto del principio della sicurezza delle cure.

Ancor di più all'indomani dell'emanazione del D. L. 17 marzo 2020, n. 18 (cd. decreto Cura Italia), ove la laurea in medicina diventa “abilitante” alla professione medica, occorre abbandonare una certa logica dell'obbligazione di risultato, così rimettendo in discussione proprio i principi della responsabilità sanitaria, sia per quanto riguarda prestazioni che implicano la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà (art. 2236 c.c.) ove il prestatore (il medico) non risponde dei danni se non in caso di dolo e colpa grave, sia rispetto agli interventi di routine, sia, infine, rispetto all'orientamento della Corte di Cassazione, ribadito, da ultimo, nelle nuove sentenze di San Martino 2019, n. 28991 e n. 28992 che testualmente affermano: «nelle obbligazioni di diligenza professionale, la prestazione oggetto dell'obbligazione non è la guarigione dalla malattiao la vittoria della causa, ma il perseguimento delle leges artis nella cura dell'interesse del creditore».

Quindi andando alle radici di un dogma, la drammaticità degli eventi ci impone di pensare che chi esercita la sacra professione di cura deve meritare il rispetto del suo impegno a prendere in carico, a suo stesso rischio, le situazioni più difficili.

Quanto appena sottolineato è di grande importanza, ma in ultima istanza non deve far dimenticare che l'obiettivo di fondo della legge 24/2017 è quello di contribuire responsabilmente a ricreare gradualmente, un clima di serenità nel rapporto tra il medico e il paziente.

La “medicina difensiva”, che danneggia il Servizio Sanitario Nazionale, è di per sé un fatto negativo; ma di fatto viene vista come mezzo per cautelarsi dal rischio di una possibile causa a fronte del boom del contenzioso in materia di medical malpractice degli anni passati.

Tutto questo scenario cambierà radicalmente alla luce dei drammatici eventi a seguito dell'esplosione Covid 19.

Diviene difficilmente ipotizzabile una visione della “minaccia latente di condanna” che compromette il rapporto medico - paziente, che mai come nelle odierne difficoltà, dovrebbe nutrirsi di reciproco sostegno e solidale comprensione.

Ciò non può significare aprire un varco verso la deresponsabilizzazione del sistema: significa, al contrario, guardare alla responsabilità come parametro dell'impegno diligente di cura, la cui seria assunzione merita tutela, specie se da parte di professionisti che si mettono in gioco per curare chi dovrebbe rivolgersi a loro con fiducia, soprattutto in questi momenti tragici ove i cittadini (e non) dovrebbero diligentemente “restare e casa”, poiché non può ritenersi in colpa il medico che, in presenza di problemi tecnici di speciale difficoltà si sia attenuto alle guidelines o, esse mancando, alle buone pratiche cliniche-assistenziali, quali che siano stati i risultati dell'intervento dal medesimo effettuato.

E si tratta di un principio che calato nel contesto emergenziale, occorre serbare irrinunciabile rispetto.

Responsabilità sanitaria a seguito di propagazione del virus di natura esogena e di natura endogena

Nella varietà di norme emergenziali, spesso contraddittorie ed in violazione della “gerarchia delle fonti” del diritto, nel conflitto di competenze tra Governo nazionale, Regioni e Sindaci e nella assenza del ruolo centrale del Parlamento, quello che occorre tenere in evidenza è il concetto di “emergenza” e l'ipotesi del contagio “endonosocomiale” deve garantire il massimo rispetto ai medici e al personale sanitario, ove tutto ciò non può esonerare gli operatori del diritto da un obbligo di riflessione sulle conseguenze, in termini risarcitori, del contagio da Covid 19, giacché si fanno sempre più consistenti le ipotesi che ascrivono alla gestione delle strutture ospedaliere della (ex) zona rossa la diffusione del contagio.

Possibili profili risarcitori devono evidenziarsi nel tratteggiare eventuali profili di responsabilità delle strutture nosocomiali nella gestione dell'emergenza sanitaria nelle prime fasi. Si fanno, infatti, sempre più consistenti gli indizi orientanti per una diffusione endo-ospedaliera imputabile ad un mancato isolamento di taluni pazienti, fatto che avrebbe reso i nosocomi un focolaio di contagi (vedansi, in primis, le indagini della Procura della Repubblica di Lodi, ma anche della Procura di Sassari e della Procura di Foggia, ecc.).

Occorre, quindi, verificare se vi siano gli estremi perché alle strutture sanitarie in discorso siano contestabili profili di responsabilità per i danni cagionati dal contagio e ricordare che per eventuali danni da contagio procurati da omissioni dei propri sanitari, dovrà ascriversi alla struttura sanitaria l'inadempimento dell'omissione dell'attività di isolamento, in costanza di sintomatica di malattie infettive sarà imputata alla struttura per l'attività omissiva dei dipendenti, acquisendo rilievo la mancata attivazione delle dovute procedure preventive di isolamento dei pazienti.

Verificato il titolo contrattuale della responsabilità da contagio della struttura sanitaria, questa sarà liberata dall'obbligo risarcitorio solo qualora dimostri l'inevitabilità della diffusione del contagio, invocando il rispetto da parte del proprio personale delleguidelines, nonché delle buone prassi in fatto di ricoveri di pazienti mostranti sintomi di malattie contagiose.

In relazione all'onere probatorio attinente ai (presunti) danni da contagio, qualora fosse dimostrato che nelle strutture, pur in presenza di sintomi riconducibili a malattie infettive, non siano state prese misure precauzionali atte a scongiurare il contagio verso gli altri ricoverati, questi avranno piena legittimazione nel richiedere il risarcimento del danno non patrimoniale, in ogni sua componente, loro derivati dall'aver contratto la malattia, tal per cui occorrerà verificare se i sanitari che ebbero in cura pazienti affetti da Covid 19 riscontrarono o meno sintomatologie di possibili morbi infettivi, e se, in costanza del riscontro delle stesse, vi fossero best practices o raccomandazioni di qualsivoglia fonte cogente tali da imporre misure restrittive.

Ma nell'esame della fattispecie non bisogna dimenticare che nel caso del Covid 19 l'infezione è a matrice prevalentemente non ospedaliera, avendo carattere esogeno ed in tema di infezioni nosocomiali la giurisprudenza si è sempre orientata in un'ottica di tutela del paziente ed ha fatto ricorso, ai fini della prova del nesso causale, a presunzioni che si pongono al confine di una responsabilità oggettiva e senza colpa, anche se, dopo la legge n. 24/2017, si è registrato un certo abbandono di tale modello “oggettivo”, consentendo ai fini liberatori, la dimostrazione di aver adottato tutte le misure organizzative utili e necessarie per prevenire e contenere il fenomeno infettivo attraverso i protocolli diretti all'applicazione e al monitoraggio, delle pratiche a ciò finalizzate.

Una riflessione ed una proposta per la tutela dei medici e del personale sanitario

A lume di tanto, appare opportuno che il Governo nazionale adotti provvedimenti finalizzati a salvaguardare il ruolo dei medici e del personale sanitario con scelte adeguate all'attuale stato emergenziale (“stato di necessità”) nei confronti di coloro che sono impegnati contro il Covid 19, adottando soluzioni giuridiche idonee a renderli immuni da responsabilità per colpa in ipotesi di morte dei pazienti, sia in sede civile, sia in sede penale (per questi ultimi, “non punibilità” per i reati colposi), al fine di salvaguardare la salute di tutti i cittadini e portare avanti la loro missione con la consapevolezza che, seppur entro determinati limiti, non corrano il rischio di vivere la pendenza di diversi procedimenti giudiziari a loro carico.

Ma non bisogna sottacere che occorrerà anche evitare di inondare le Aule di Giustizia italiane, per i prossimi 15 anni, di migliaia di procedimenti giudiziari, sia civili che penali.

Sul punto, sotto diverso e delicato profilo, sono già operative sul mercato le nuove polizze assicurative dedicate a tutte quelle persone che ogni giorno lavorano per affrontare l'emergenza sanitaria per infezione da Covid 19 per garantire medici, tutto il personale sanitario, personale amministrativo delle aziende sanitarie, Forze dell'Ordine, personale della Protezione Civile, personale delle Associazioni di volontariato e per tutti i cittadini fino a 60 anni di età, con differenziazione tra uomini e donne perché il virus colpisce molto più ferocemente gli uomini.

Oggi è il tempo della responsabilità dicevamo, e da avvocati potremmo avere tutto l'interesse professionale a che vi sia un aumento del contenzioso in subiecta materia, invece, sempre da avvocato (al singolare questa volta), appare opportuno, proprio per quell'invocato senso di responsabilità, eliminare tate rischio per un principio più alto di solidarietà generale.

Al fine di tutelare medici ed operatori sanitari che svolgono la propria attività in emergenza presso strutture ospedaliere e nosocomi in tema di protezione dal Covid 19 dovrebbe, quindi, esser precluso adire l'Autorità Giudiziaria competente per richiedere l'accertamento della responsabilità professionale con contestuale richiesta di risarcimento del danno da contagio in caso di decesso, per i casi di natura colposa, sia nei confronti dei medici e del personale sanitario, sia nei confronti delle strutture ospedaliere e nosocomi, nonché al fine di tutelare medici ed operatori sanitari dovrebbe esser prevista, in sede penale, la “non punibilità” per i reati colposi.

Invece, di converso, accertato il decesso per causa imputabile a Covid 19, ivi comprese le concause, occorrerebbe realizzare un condiviso afflato di responsabilità solidale con la previsione di un indennizzo a favore degli eredi delle vittime da Covid 19 (nell'ordine: coniuge, figli minori, figli maggiorenni inabili al lavoro, genitori, fratelli minori, fratelli maggiorenni inabili al lavoro. Qualora la persona sia deceduta in età minore, l'indennizzo spetta ai genitori o a chi esercita la potestà parentale).

Appare evidente che il risarcimento del danno costituisce una materia completamente diversa dall'indennizzo. L'indennizzo assume il significato di misura di solidarietà sociale cui non necessariamente si accompagna una funzione assistenziale, mentre il risarcimento del danno trova il proprio presupposto nell'accertamento di una responsabilità colposa o dolosa della amministrazione di tipo giudiziario, come stabilito dagli artt. 1218 c.c. e 2043 c.c.

L'indennizzo deve consistere in un assegno composto di una parte in misura fissa e di una parte in misura variabile, determinato (per la parte variabile) anche sulla base delle tabelle in vigore del Tribunale di Milano (età, prospettive di vita, indice Istat, ecc.), da corrispondere da parte del Ministero della Salute.

In conclusione

Sotto il prospettato delicato profilo, nel ginepraio di norme e al fine di tutelare medici ed operatori sanitari che svolgono la propria attività in emergenza, sarebbe utile un ponderato e lucido intervento legislativo che possa, da un lato, porre un limite alle azioni individuali al fine di realizzare, per dirla con i francesi, un barràggio, ovvero possa porre un argine ad azioni individuali, addivenendo per tale via ad un condiviso afflato di responsabilità solidale; dall'altro, di converso, prevedere meccanismi indennitari a favore dei congiunti da vittime da Covid 19, con la consapevolezza che quel pretium doloris o “denaro del pianto” giammai potrà compensare il dolore dei congiunti per tali gravi perdite.

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