Il punto sul sequestro conservativo

Caterina Costabile
01 Aprile 2020

Il sequestro conservativo ex art. 671 c.c. costituisce uno dei mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale cd. generica del creditore avente la finalità di preservare la fruttuosità dell'esecuzione forzata una volta concluso il giudizio di merito.
Il quadro normativo

Il sequestro conservativo ex art. 671 c.c. costituisce uno dei mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale cd. generica del creditore avente la finalità di preservare la fruttuosità dell'esecuzione forzata una volta concluso il giudizio di merito.

La concessione del sequestro conservativo comporta, sul piano giuridico, un vincolo di indisponibilità sul bene sequestrato, gli atti di disposizione relativi al quale, infatti, sono inefficaci nei confronti del creditore sequestrante.

A norma dell'art. 671 c.p.c., l'emanazione di un provvedimento di sequestro conservativo presuppone l'esistenza congiunta dei due requisiti del fumus boni iuris e del periculum in mora, così che la carenza anche di una soltanto delle suddette condizioni impedisce la concessione della misura cautelare (Cass. civ., sez. III, 26 giugno 1998, n. 6336; Cass. civ., sez. III, 8 settembre 1997, n. 8729).

Trattandosi di uno strumento volto a tutelare il pericolo per il creditore di perdere la garanzia del proprio credito mediante l'imposizione di un vincolo sul patrimonio complessivamente inteso, agli effetti dell'art. 2740 c.c., la giurisprudenza più recente ritiene inammissibile il sequestro conservativo richiesto con riferimento ad uno o più beni specifici singolarmente individuati. Il Giudice, infatti, nel concedere il provvedimento, non deve far riferimento a specifici beni, ma deve limitarsi a determinare il valore fino a concorrenza del quale il sequestro può essere eseguito sui beni del debitore (in tal senso v. Tib. Lecce, sez. II, 29 marzo 2019; Trib. Bologna, sez. II, 18 luglio 2017; Trib. Nola, sez. II, 26 luglio, 2010; Trib. Modena, sez. I, 20 dicembre 2007; Trib. Nocera Inferiore, 23 giugno 2005).

Fumus boni iuris

Spetta al giudice della cautela accertare la sussistenza del fumus boni iuris, valutare, in relazione alla natura del credito ed ai fatti costitutivi del medesimo, il grado di probabilità e verosimiglianza della pretesa creditoria (Cass. civ., sez. III, 27 febbraio 1998, n. 2248).

Ai fini della concessione della misura cautelare non è difatti necessario che il credito presenti gli stessi caratteri previsti per il titolo esecutivo, ovvero che sia certo, liquido (cioè determinato nel suo ammontare) ed esigibile (non sottoposto a termine o a condizione), essendo sufficiente che il credito sia attuale, e non meramente ipotetico ed eventuale (Trib. Roma, sez. II, 10 agosto 2017; Trib. Monza, 31 gennaio 2013; Trib. Nola, sez. II, 23 marzo 2011).

In alcune recenti pronunce di merito, si è ritenuto che il sequestro conservativo possa essere concesso anche a tutela di ragioni di credito non ancora attuali, ma di probabile insorgenza, allorché al momento della richiesta cautelare sia già in essere il rapporto da cui origina il futuro credito, si sia già verificata la situazione di fatto che lo determina e sia possibile esperire un giudizio di probabilità in ordine all'attualità del diritto al tempo dell'esito del giudizio di merito (Trib. Alessandria, sez. I, 7 gennaio 2019).

Periculum in mora

Il periculum in mora, è dall'art. 671, c.p.c., tipizzato nel fondato timore di perdere la garanzia del credito, con ciò contemperandosi le opposte esigenze, del creditore, che non è costretto ad attendere il depauperamento effettivo del patrimonio dell'obbligato, essendo sufficiente il timore che ciò avvenga, e del debitore, dovendo tale timore apparire fondato, richiedendosi così elementi tali da rendere concreto ed attuale il pericolo di perdere la garanzia.

Proprio il riferimento normativo al fondato timore di perdere la garanzia generale offerta alla pretesa dalle componenti attive del patrimonio del debitore, impone di considerare quali condizioni cautelari del sequestro conservativo: 1) che la garanzia, rispetto al momento in cui il credito è sorto, si sia assottigliata ovvero si stia o almeno rischi di assottigliarsi quantitativamente e qualitativamente, e questo per condotte dispositive del debitore o per l'aggressione che dei suoi beni abbiano fatto o stiano per fare altri creditori; 2) che il timore sia fondato, ovvero si basi su elementi oggettivamente attinenti alla sfera giuridica del debitore stesso o all'indole fraudolenta desumibile dalle sue condotte (Trib. Milano, 27 marzo 2019).

Più in generale, costituisce jus receptum il principio in forza del quale, proposto ricorso per sequestro conservativo, il requisito del periculum in mora può essere desunto sia da elementi oggettivi, concernenti la capacità patrimoniale del debitore in rapporto all'entità del credito, sia da elementi soggettivi, rappresentati dal comportamento del debitore, il quale lasci fondatamente presumere che, al fine di sottrarsi all'adempimento, ponga in essere atti dispositivi, idonei a provocare l'eventuale depauperamento del suo patrimonio (Cass. civ., sez. III, 13 febbraio 2002, n. 2081; Cass. civ., sez. III, 17 giugno 1999, n. 6042; Cass. civ., sez. III, 17 luglio 1996, n. 6460).

Costituisce elemento oggettivo per valutare il pericolo nel ritardo il rapporto di proporzione, quantitativo e qualitativo, tra patrimonio del debitore e presunto ammontare del credito da tutelare, nella cui valutazione occorre tener conto che è insufficiente la sussistenza dell'idoneità del patrimonio del debitore a garantire il credito al momento in cui la misura cautelare è richiesta, essendo invece necessario che tale garanzia permanga fino al momento in cui potrebbero realizzarsi le condizioni per il soddisfacimento coattivo del credito stesso (Cass. civ., sez. III, 29 ottobre 2001, n. 13400).

Per tali ragioni, non è stata ravvisata la sussistenza del "periculum in mora" nell'ipotesi in cui nel patrimonio della resistente siano presenti degli immobili, di valore di gran lunga superiore all'ammontare del debito e non siano state dedotte dalla ricorrente eventuali condotte della resistente che rendano verosimile l'eventualità di un depauperamento del suo patrimonio ed esprimano la sua intenzione di sottrarsi all'adempimento di suoi obblighi verso il creditore (Trib. Bari, sez. III, 28 ottobre 2012).

Si è altresì evidenziato che il sequestro conservativo può essere concesso anche se le garanzie del credito sono ancora intatte e ciò in quanto lo scopo perseguito da tale misura cautelare è proprio quello di evitare, conservando il patrimonio del debitore alla soddisfazione dei suoi creditori, la diminuzione delle garanzie patrimoniali e la conseguente insolvenza del debitore (Trib. Torre Annunziata, 27 marzo 2018).

La S.C. ha, peraltro, già da tempo chiarito che non è sufficiente al fine di ritenere sussistente il "periculum in mora", il mero rifiuto di adempiere occorrendo che questo s'inserisca in un comportamento - processuale od extraprocessuale - dell'obbligato che renda verosimile l'eventualità di un depauperamento del suo patrimonio e fondato il timore del creditore di perdere le garanzie del credito. (Cass. civ., sez. I, 10 agosto 1988, n. 4906; Cass. civ., sez. I, 12 novembre 1984, n. 5691).

Parimenti, il presupposto del periculum non può consistere nel mero timore soggettivo del creditore di perdere la garanzia del proprio credito, ma deve invece corrispondere ad una situazione di pericolo reale ed obiettiva, in cui si concreti la possibilità che il patrimonio del debitore venga sottratto o diminuito in modo da non soddisfare più la funzione di garanzia che gli è propria (Trib. Modena, sez. II, 23 febbraio 2011).

L'esecuzione del sequestro

L'art. 675 c.p.c. prevede che il sequestro diventa inefficace se entro trenta giorni dalla pronuncia non è eseguito. La norma, ai fini della decorrenza del termine di 30 giorni di efficacia del sequestro, fa riferimento al momento della pronuncia dello stesso e non già della comunicazione alla parte onerata dell'inizio dell'esecuzione.

Nella prassi, attesa la formulazione letterale della disposizione, si ritiene che il termine di trenta giorni previsto dall'art. 675 per l'esecuzione del sequestro, decorra dalla data di deposito del provvedimento, non già da quella della sua comunicazione (Trib. Ivrea, 8 settembre 2004; Trib. Roma, 23 gennaio 1995).

La S.C. ha già da tempo chiarito che, per evitare l'inefficacia del sequestro sancita dall'art. 675 c.p.c., è sufficiente dare inizio all'esecuzione entro il termine di giorni trenta e ciò anche se l'esito sia infruttuoso e venga quindi redatto un verbale negativo di sequestro, restando sempre ferma la possibilità di compiere successivamente ulteriori atti di esecuzione (Cass. civ., sez. II, 14 aprile 1999, n. 3679).

Ai sensi degli artt. 678 e 679 c.p.c., l'esecuzione del provvedimento di sequestro conservativo avviene per i beni immobili con la trascrizione del provvedimento presso la conservatoria dei registri immobiliari, mentre l'esecuzione del sequestro sui beni mobili e sui diritti di credito avviene nelle forme del pignoramento mobiliare e presso terzi.

Nel sequestro conservativo di quote di una società a responsabilità limitata, ai fini dell'attuazione ed opponibilità del vincolo cautelare, è necessaria la sola iscrizione del sequestro nel registro delle imprese quando la cautela sia stata emessa nel contraddittorio delle parti e la società delle cui quote si tratta abbia partecipato al relativo procedimento cautelare, atteso che l'art. 2471, comma 1, c.c., nel testo modificato dal d.lg. 17 gennaio 2003 n. 6, prevede che il pignoramento si esegue non già nelle forme del pignoramento presso terzi, ma a mezzo dell'iscrizione del provvedimento nel registro delle imprese (Cass. civ., sez. I, 18 giugno 2014, n. 13903).

Gli effetti del sequestro conservativo

L'art. 2906 c.c. sancisce che, a seguito della esecuzione, non hanno effetto in pregiudizio del creditore sequestrante le alienazioni e gli altri atti che hanno per oggetto la cosa sequestrata, in conformità delle regole stabilite per il pignoramento.

Una volta intervenuta, invece, sentenza di condanna nel giudizio di merito, il sequestro si converte in pignoramento, ai sensi dell'art. 686 c.p.c. La conversione del sequestro conservativo in pignoramento opera ipso iure nel momento in cui il sequestrante ottiene sentenza di condanna esecutiva, iniziando in quello stesso momento il processo esecutivo, di cui il sequestro stesso, una volta convertitosi in pignoramento, costituisce il primo atto, mentre l'attività imposta al sequestrante dall'art. 156 disp. att. c.p.c., da eseguirsi nel termine perentorio di sessanta giorni dalla comunicazione della sentenza di condanna esecutiva, è attività di impulso processuale che il sequestrante, divenuto creditore pignorante, ha l'onere di compiere nel detto termine perentorio e la cui mancanza comporta l'inefficacia del pignoramento (Cass. civ., sez. III, 3 settembre 2007, n. 18536; Cass. civ., sez. III, 6 maggio 2004, n. 8615).

Va all'uopo rimarcato che il sequestro conservativo si converte automaticamente in pignoramento quando il creditore sequestrante ottenga "sentenza di condanna esecutiva", ma solo nei limiti del credito per il quale è intervenuta la condanna e non anche per l'importo, eventualmente maggiore, fino al quale il sequestro è stato autorizzato, perché gli effetti che l'art. 2906 c.c. riconosce in favore del creditore sequestrante sono equiparati a quelli che lo stesso otterrebbe in caso di pignoramento (Cass. civ., sez. III, 28 giugno 2012, n. 10871).

Posto che il sequestro conservativo sui beni dell'imputato non perde automaticamente efficacia laddove il processo penale si concluda con una sentenza di condanna generica e con la rimessione delle parti davanti al giudice civile ai sensi dell'art. 539, comma 1, c.p.p., dovendo il giudizio ivi proseguire per la determinazione del quantum dell'importo dovuto alla parte civile, ad avviso della S.C. lo stesso non perde efficacia in caso di sentenza generica con riconoscimento di una provvisionale ai sensi del comma 2 dell'art. 539 c.p.p.; in tale ipotesi, il sequestro si converte in pignoramento nei limiti della condanna provvisionale, ma conserva i suoi effetti per l'importo residuo (Cass. civ., sez. III, 25 ottobre 2016, n. 21481).

Il pignoramento derivante dalla conversione di un sequestro conservativo non retroagisce, quanto ai suoi effetti, al momento della concessione della misura cautelare, sicché il creditore intervenuto nella successiva esecuzione - promossa dallo stesso sequestrante o da altri - non può opporre gli effetti del pignoramento, di cui agli artt. 2913 e ss. c.c., agli atti pregiudizievoli sui beni del debitore intervenuti tra la concessione del sequestro e il pignoramento, restando l'ipoteca iscritta sull'immobile dopo la trascrizione del sequestro conservativo inopponibile unicamente al creditore sequestrante e non anche ai creditori intervenuti nell'esecuzione (Cass. civ., sez. VI, 7 gennaio 2016, n.54; Cass. civ., sez. III, 5 agosto 1997, n. 7218).

I Giudici di legittimità hanno, inoltre, statuito che il creditore che abbia ottenuto la concessione di un sequestro conservativo su un bene immobile conserva l'interesse ad agire con azione revocatoria ex art. 2901 c.c., qualora il medesimo bene venga in seguito alienato dal debitore ad un terzo, atteso che tale azione consente di ottenere una tutela non equivalente e tendenzialmente più ampia rispetto a quella assicurata dal sequestro, in quanto ha ad oggetto l'intero immobile, senza soffrire dei limiti derivanti dall'importo fino a concorrenza del quale sia stata autorizzata la misura cautelare, esclude il concorso con gli altri creditori (che si realizza, invece, per effetto della conversione del sequestro in pignoramento), e non è condizionata dagli esiti del giudizio di merito sulla sussistenza del diritto cautelato (Cass. civ., sez. III, 29 maggio 2017, n. 22835).

Nel caso di sequestro conservativo o di pignoramento di crediti, il terzo sequestratario o pignorato, costituito ex lege custode delle somme pignorate, è tenuto alla corresponsione degli interessi nella misura e con le decorrenze previste dal rapporto da cui origina il credito pignorato, accrescendosi gli interessi così maturati al compendio sequestrato o pignorato ai sensi dell'art. 2912 c.c. quali frutti civili (cfr. Cass. civ., sez. III, 6 giugno 2019, n. 15308).

Revoca

L'art. 684 c.p.c. prevede che il debitore possa ottenere la liberazione del bene dal vincolo del sequestro conservativo offrendo idonea cauzione per il credito e le spese.

Secondo la dottrina maggioritaria non si tratta di una revoca in senso tecnico del provvedimento di autorizzazione al sequestro, quanto di una ipotesi di conversione del suo oggetto, assimilabile alla conversione del pignoramento, che non implica in alcun modo il riconoscimento della legittimità della misura cautelare ma solo il trasferimento del vincolo sulla somma determinata dal giudice.

Anche i giudici di legittimità hanno all'uopo evidenziato che l'art. 684 c.p.c., nel prevedere la revoca del sequestro in conseguenza della prestazione di idonea cauzione e nel commisurare quest'ultima all'ammontare del credito e delle spese (anche se in ragione delle cose sequestrate), realizza pur sempre - mediante il trasferimento del vincolo ai beni assertivi alla cauzione - la funzione primaria di garantire l'adempimento del credito azionato (cfr. Cass. civ., sez. I, 18 gennaio 1995, n. 520).

Già con riguardo all'assetto antecedente alla novella del 1990, la S.C. aveva più volte ribadito il principio in forza del quale la revoca del sequestro conservativo disposta su istanza del debitore e previa prestazione di idonea cauzione, incide solo sulle modalità di esecuzione della misura cautelare, sostituendone l'oggetto, e non esclude l'esigenza del giudizio di convalida del provvedimento cautelare, che rimane necessario, sempre che il sequestro sia stato autorizzato ed eseguito anteriormente all'entrata in vigore della predetta riforma, nonostante la sopravvenuta abrogazione dell'art. 680 c.p.c., che imponeva tale fase (cfr. Cass. civ., sez. II, 30 agosto 2007, n. 18278; Cass. civ., sez. I, 3 settembre 1999, n. 921).

Tale orientamento resta valido anche nell'assetto attuale pur dovendosi fare riferimento al giudizio di merito sul diritto cautelando.

In ordine alla individuazione del giudice competente a provvedere sulla istanza di revoca ex art. 684 c.p.c. si è ritenuto che, prima dell'inizio della causa di merito e nelle more della instaurazione di questa, la stessa spetti al giudice che ha concesso il sequestro conservativo (Trib. Roma 26/04/1993), mentre se la richiesta è formulata nel corso del giudizio di merito debba essere indirizzata al giudice istruttore (Trib. Modena 27 luglio 1998).

Guida all'approfondimento
  • Caprio, Le ipoteche iscritte dopo il sequestro non producono effetto nei confronti del (solo) creditore sequestrante, in www.ilProcessocivile.it, 21 marzo 2019;
  • Giordano, Esecuzione dei sequestri, in www.ilProcessocivile.it, 13 marzo 2018;
  • Martino, Sequestro conservativo e azione revocatoria: l'uno non esclude l'altra. Con qualche riserva, in Corriere Giur., 2018, 10, 1225 ss.;
  • Zagra, Il periculum in mora e il sequestro conservativo. Il commento, in Società, 2014, 12, 1405 ss.
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