Smart working al tempo del Coronavirus fra diritto alla disconnessione e poteri di controllo
01 Aprile 2020
Introduzione
Con il d.P.C.m. 1° marzo 2020 “Ulteriori disposizioni attuative del d.l. 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19”, l'art. 4, rubricato “Ulteriori misure sull'intero territorio nazionale”, alla lettera a) del comma 1 prevede che la modalità di lavoro agile, disciplinata dagli artt. da 18 a 23 della l. n. 81 del 2017, possa essere applicata sull'intero territorio nazionale, per la durata dello stato di emergenza di cui alla deliberazione del Consiglio dei ministri 31 gennaio 2020, dai datori di lavoro ad ogni rapporto di lavoro subordinato, nel rispetto dei principi dettati dalle menzionate disposizioni, anche in assenza degli accordi individuali ivi previsti; con la precisazione che gli obblighi di informativa di cui all'art. 22, l. n. 81 del 2017, sono assolti in via telematica anche ricorrendo alla documentazione resa disponibile sul sito dell'Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro.
In particolare, l'art. 39 del d.l. n. 18 del 2020 “Disposizioni in materia di lavoro agile” precisa che fino alla data del 30 aprile 2020, i lavoratori dipendenti disabili nelle condizioni di cui all'art. 3, comma 3, l. n. 104 del 1992 o che abbiano nel proprio nucleo familiare una persona con disabilità nelle condizioni di cui all'art. 3, comma 3, l. n. 104 del 1992, hanno diritto a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile ai sensi degli artt. da 18 a 23, l. n. 81 del 2017, a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione.
Ai lavoratori del settore privato affetti da gravi e comprovate patologie con ridotta capacità lavorativa è riconosciuta la priorità nell'accoglimento delle istanze di svolgimento delle prestazioni lavorative in modalità agile ai sensi degli artt. da 18 a 23, l. n. 81 del 2017. Prime riflessioni sulla disciplina del lavoro agile ai tempi del Coronavirus
Alla luce di quanto esposto, preme rilevare come in questo frangente, lo smart working, definito dall'art. 18, d.l. n. 9 del 2020 “quale ulteriore misura per contrastare e contenere l'imprevedibile emergenza epidemiologica”, risulta connotato da modalità applicative differenti rispetto a quelle previste dalla normativa ordinaria.
In via preliminare, è opportuno osservare che al fine di attuare il lavoro agile debbano sussistere le condizioni organizzative e tecnologiche che lo consentano, come si evince dal tenore letterale della disposizione di cui all'art. 1, comma 7, d.P.C.m. dell'11.03.2020, secondo cui “In ordine alle attività produttive e alle attività professionali si raccomanda che: a) sia attuato il massimo utilizzo da parte delle imprese di modalità di lavoro agile per le attività che possono essere svolte al proprio domicilio o in modalità a distanza”.
In particolare, mette conto evidenziare che una prima, ma molto significativa, semplificazione concerne l'applicabilità del lavoro agile “anche in assenza degli accordi individuali ivi previsti”. Si tratta di una deroga di non poco rilievo, - sol che si consideri che nella disciplina tradizionale di cui alla l. n. 81 del 2017 l'accordo fra le parti rappresenta il fulcro della normativa -, ma che, in questo contesto sembra trovare la sua giustificazione nell'esigenza di offrire una tutela più celere per i lavoratori.
Un'altra differenza importante attiene alla possibilità di assolvere gli “obblighi di informativa” sui rischi generali e specifici connessi al lavoro agile telematicamente anche ricorrendo alla documentazione resa disponibile sul sito dell'INAIL.
Inoltre è opportuno osservare che l'applicabilità di questa differente disciplina del lavoro agile risulta temporalmente limitata, come si ricava dalla lettura del combinato disposto dell'art. 4, lett. a) del comma 1, d.P.C.m. 1 marzo 2020 e della delibera del Consiglio dei ministri 31 gennaio 2020 “Dichiarazione dello stato di emergenza in conseguenza del rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili”. Invero, l'art. 4., lett. a) del comma 1, d.P.C.m. 1 marzo 2020 prevede che la modalità di lavoro agile, disciplinata dagli artt. da 18 a 23 l. n. 81 del 2017, possa essere applicata sull'intero territorio nazionale, per la durata dello stato di emergenza di cui alla deliberazione sopra richiamata che dichiara “per 6 mesi dalla data del presente provvedimento, lo stato di emergenza in conseguenza del rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili”. Quadro normativo dello smart working
La situazione attuale offre lo spunto per analizzare la disciplina dello smart working, quale modalità esecutiva del rapporto lavorativo capace di ridisegnare i tradizionali vincoli di orario e luogo di lavoro.
L'attenzione si concentrerà da un lato, sul tema della correlazione tra orario di lavoro e salute del lavoratore, con particolare riferimento al diritto alla disconnessione, dall'altro, all'aspetto che riguarda il rapporto fra luogo di svolgimento della prestazione lavorativa ed esplicazione dei poteri direttivi e di controllo datoriali.
Preliminarmente, sembra opportuno tratteggiare il quadro normativo in tema di lavoro agile, richiamando la l. n. 81 del 2017 recante “Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l'articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato”, che al Capo II, art. 18, si occupa di disciplinare lo smart working, concepito come strumento finalizzato ad incrementare la competitività e ad agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.
Il lavoro agile si sostanzia in una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell'attività lavorativa.
La prestazione lavorativa viene eseguita, in parte all'interno di locali aziendali e in parte all'esterno senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata massima dell'orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva.
Il datore di lavoro è responsabile della sicurezza e del buon funzionamento degli strumenti tecnologici assegnati al lavoratore per lo svolgimento dell'attività lavorativa.
Al riguardo, mette conto evidenziare che le disposizioni sul lavoro agile trovano applicazione, in quanto compatibili, anche nei rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, d.lgs. n. 165 del 2001, e successive modificazioni, secondo le direttive emanate anche ai sensi dell'art. 14, l. n. 124 del 2015, e fatta salva l'applicazione delle diverse disposizioni specificamente adottate per tali rapporti.
In particolare, l'art. 3-bis della l. n. 81 del 2017 prevede che i datori di lavoro pubblici e privati, che stipulano accordi per l'esecuzione della prestazione di lavoro in modalità agile, sono tenuti in ogni caso a riconoscere priorità alle richieste di esecuzione del rapporto di lavoro in modalità agile formulate dalle lavoratrici nei tre anni successivi alla conclusione del periodo di congedo di maternità previsto dall'art. 16 del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al d.lgs. n. 151 del 2001, ovvero dai lavoratori con figli in condizioni di disabilità ai sensi dell'art. 3, comma 3, l. n. 104 del 1992.
Il legislatore precisa altresì che gli incentivi di carattere fiscale e contributivo eventualmente riconosciuti in relazione agli incrementi di produttività ed efficienza del lavoro subordinato sono applicabili anche quando l'attività lavorativa sia prestata in modalità di lavoro agile.
Alla luce di quanto esposto fino ad ora, è opportuno evidenziare che alla base di questa particolare modalità organizzativa di lavoro che è lo smart working vi è l'accordo delle parti, quale espressione dell'autonomia negoziale che si aggiunge al contratto di lavoro per quanto attiene alla regolazione degli aspetti che la legge affida alla volontà delle parti per l'espletamento dell'attività in 'modalità agile'. Si tratta di un accordo che deve essere stipulato per iscritto ai fini della regolarità amministrativa e della prova, ed è teso a disciplinare l'esecuzione della prestazione lavorativa svolta all'esterno dei locali aziendali, anche con riguardo alle forme di esercizio del potere direttivo del datore di lavoro ed agli strumenti utilizzati dal lavoratore.
Sul punto il legislatore ha precisato che l'accordo di cui al comma 1, art. 19, l. n. 81 del 2017, può essere a termine o a tempo indeterminato; in tale ultimo caso, il recesso può avvenire con un preavviso non inferiore a trenta giorni. Tuttavia, merita rilevare che, nel caso di lavoratori disabili ai sensi dell'art. 1, l. n. 68 del 1999, il termine di preavviso del recesso da parte del datore di lavoro non può essere inferiore a novanta giorni, al fine di consentire un'adeguata riorganizzazione dei percorsi di lavoro rispetto alle esigenze di vita e di cura del lavoratore. In presenza di un giustificato motivo, ciascuno dei contraenti può recedere prima della scadenza del termine nel caso di accordo a tempo determinato, o senza preavviso nel caso di accordo a tempo indeterminato.
Per quanto attiene poi alla regolamentazione del versante economico, al fine di evitare ogni disparità di trattamento, l'art. 20 della l. n. 81 del 2017 al primo comma precisa che il lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile ha diritto ad un trattamento economico e normativo non inferiore a quello complessivamente applicato, in attuazione dei contratti collettivi di cui all'art. 51, d.lgs. n. 81 del 2015, nei confronti dei lavoratori che svolgono le medesime mansioni esclusivamente all'interno dell'azienda. Inoltre, al lavoratore impiegato in forme di lavoro agile può essere riconosciuto, nell'ambito dell'accordo di cui all'art. 19, il diritto all'apprendimento permanente, in modalità formali, non formali o informali, ed alla periodica certificazione delle relative competenze. Orario di lavoro agile e diritto alla disconnessione
L'accordo si occupa di individuare altresì i tempi di riposo del lavoratore nonché le misure tecniche ed organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro.
In proposito è interessante osservare la nascita di quello che a prima vista sembra essere un nuovo diritto, il diritto alla disconnessione, ma che, a ben vedere, altro non è che una species del più ampio genus del diritto al riposo giornaliero del lavoratore.
Invero, il diritto alla disconnessione, sostanziandosi nel diritto del lavoratore a disconnettersi in determinate ore della giornata, rientra nell'ambito di quella che è l'organizzazione dell'orario di lavoro, e, in particolare, afferisce al rispetto dei periodi minimi di riposo giornaliero.
Sul punto, parte della dottrina (G. Di Corrado) ha evidenziato la necessità che il lavoro agile assicuri che “venga arginato lo sconfinamento del tempo di lavoro nel tempo di vita, ovvero che la dimensione personale del lavoratore agile venga preservata dall'invasione di quella lavorativa”. Il rischio è altrimenti quello di una dilatazione smisurata della giornata lavorativa, capace di sfociare in una situazione di cd. tecnostress per il lavoratore.
La tematica dei tempi di riposo dal lavoro, che nel nostro ordinamento trova il relativo referente costituzionale nel combinato disposto degli artt. 36 e 32 Cost., rappresenta un aspetto estremamente delicato che è stato preso in considerazione anche dalla Corte di Giustizia, la quale, premesso “l'obiettivo principale della direttiva 93/04, che ha lo scopo di proteggere in modo efficace la sicurezza e la salute dei lavoratori”, ha evidenziato che “ognuno di essi deve, in particolare, beneficiare di periodi di riposo adeguati che, oltre ad essere effettivi, consentendo alle persone interessate di recuperare la fatica dovuta al lavoro, devono anche rivestire un carattere preventivo tale da ridurre il più possibile il rischio di alterazione della sicurezza e della salute dei lavoratori che l'accumulo di periodi di lavoro senza il necessario riposo può rappresentare” (CGUE, causa C-484/04 del 7 settembre 2006).
Invero, le disposizioni in tema di periodi minimi di riposo costituiscono parte della normativa sociale comunitaria e rivestono particolare importanza, trattandosi di norme di cui ogni lavoratore deve poter beneficiare quale prescrizione minima necessaria per garantire la tutela della propria sicurezza e salute. Luogo di lavoro e poteri di controllo del datore
Per quanto concerne il potere di controllo e disciplinare datoriale, sembra opportuno rilevare che l'accordo relativo alla modalità di lavoro agile si occupa di regolamentare l'esercizio del potere di controllo del datore di lavoro sulla prestazione resa dal lavoratore all'esterno dei locali aziendali nel rispetto di quanto disposto dall'art. 4 della l. n. 300 del 1970, e successive modificazioni.
Dunque, spetta al datore di lavoro ed al lavoratore concordare le modalità di esplicazione del potere direttivo, in un'ottica che non potrà non tener in considerazione l'esigenza di un bilanciamento fra il controllo a distanza dell'adempimento della prestazione lavorativa ed il diritto alla riservatezza del lavoratore.
Al riguardo, mette conto evidenziare che l'oggetto del controllo del datore di lavoro concerne da un lato, l'attività lavorativa ed il suo corretto adempimento, con riferimento anche alla valutazione dei risultati realizzati ed alla verifica della produttività; dall'altro, attiene alla verifica del corretto uso degli strumenti di lavoro nel limite delle disposizioni di cui alla l. 300 del 1970; non essendo dunque consentiti controlli occulti e controlli caratterizzati da modalità eccessivamente invasive.
Preme inoltre sottolineare che ai sensi dell'art. 21, comma 2, l. n. 81 del 2017, spetta all'accordo, e quindi alla volontà delle parti, individuare le condotte, connesse all'esecuzione della prestazione lavorativa all'esterno dei locali aziendali, che danno luogo all'applicazione di sanzioni disciplinari.
In questa prospettiva dovrà tenersi conto della rispondenza ai principi cardine in materia, primo fra tutti il canone di proporzionalità e adeguatezza tra l'infrazione del lavoratore e la sanzione da comminare ai sensi dell'art. 2106 c.c.
Giova rilevare che il tema della legittimità degli strumenti di controllo è stato affrontato anche dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo che, esprimendosi sul rapporto tra il diritto al rispetto della vita privata (art. 8 CEDU) e l'accesso del datore di lavoro alla posta elettronica aziendale, ha ribadito che lo strumento di controllo deve essere contenuto nella portata e proporzionato (Corte EDU, Barbulescu c. Romania, del 12 gennaio 2016). Osservazioni
Conclusivamente, sembra opportuno esaminare l'aspetto concernente la sicurezza sul lavoro.
In proposito, l'art. 22 della l. n. 81 del 2017 dispone che il datore di lavoro garantisce la salute e la sicurezza del lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile e, a tal fine, consegna al lavoratore ed al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, con cadenza almeno annuale, un'informativa scritta nella quale sono individuati i rischi generali ed i rischi specifici connessi alla particolare modalità di esecuzione del rapporto di lavoro.
Ne consegue che sul lavoratore incombe un obbligo di cooperazione per l'attuazione delle misure di prevenzione predisposte dal datore di lavoro al fine fronteggiare i rischi connessi all'esecuzione della prestazione all'esterno dei locali aziendali.
Merita inoltre osservare che l'accordo per lo svolgimento della prestazione lavorativa in modalità di lavoro agile e le sue modificazioni sono oggetto delle comunicazioni di cui all'art. 9-bis del d.l. n. 510 del 1996, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 608 del 1996, e successive modificazioni.
Il lavoratore riceve tutela sia contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dipendenti da rischi connessi alla prestazione lavorativa resa all'esterno dei locali aziendali, sia con riferimento agli infortuni sul lavoro occorsi durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello prescelto per lo svolgimento della prestazione lavorativa all'esterno dei locali aziendali, nei limiti ed alle condizioni di cui al terzo comma dell'art. 2 del testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, di cui al d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, e successive modificazioni, quando la scelta del luogo della prestazione sia dettata da esigenze connesse alla prestazione stessa o dalla necessità del lavoratore di conciliare le esigenze di vita con quelle lavorative e risponda a criteri di ragionevolezza.
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