La locazione ai tempi del coronavirus: possibili soluzioni per la ridefinizione del canone di locazione ad uso commerciale
03 Aprile 2020
In tempo di coronavirus e di chiusura "forzata" dei negozi e delle attività commerciali, sussistono i presupposti per sospendere il pagamento del canone locativo? Quali sono i rischi che corre il conduttore che sospende il pagamento del canone mensile o lo autoriduce? Il conduttore può comunicare al proprietario l'intenzione di sospendere il pagamento del canone a far data da aprile 2020?
Preliminarmente, occorre precisare che, ad oggi, non vi è nessuna norma che autorizzi espressamente il conduttore di un immobile commerciale a sospendere o a ridurre il canone di locazione nell'ipotesi in cui la cui l'attività dello stesso sia interdetta dai provvedimenti emergenziali. Detto ciò, ai fini di una possibile soluzione alla questione in esame, occorre soffermarsi sulle tutele previste dal Governo, in particolare, in ambito contrattuale. In proposito, sappiamo che il d.l. n. 18/2020 (c.d. Cura Italia) ha previsto: - (art. 65, d.l. n. 18/2020), in favore del conduttore un credito di imposta pari al 60% dell'ammontare del canone di locazione, relativo al mese di marzo 2020, di immobili rientranti nella categoria catastale C/1 (la ratio del provvedimento è orientata nella direzione che il pagamento del canone sia dovuto); - (art. 91, d.l. n. 18/2020), una norma (comma 6-bis) in base alla quale “il rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto è sempre valutata ai fini dell'esclusione, ai sensi e per gli effetti degli artt. 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all'applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti" (anche in questo caso, la ratio del norma è orientata alla valutazione – successiva – dell'eventuale inadempimento del debitore). Alla luce di quanto innanzi esposto, interpretando le citate disposizioni, il conduttore non è autorizzato a sospendere il canone di locazione; salvo poi, in ambito contrattuale, valutare le conseguenze dell'inadempimento/ritardo del debitore ai sensi degli artt. 1218 c.c. e 1223 c.c. Premesso ciò, a parere di chi scrive, al momento, possiamo solo interpretare le possibili tutele del conduttore anche alla luce degli altri istituti giuridici finalizzati alla tutela delle parti contrattuali. Innanzitutto, occorrono delle precisazioni sulle prestazioni delle parti, in particolare del conduttore: l'art. 1587 c.c., che sancisce le principali obbligazioni a carico del conduttore, prevede che, accanto al dovere di utilizzo diligente del bene secondo l'uso pattuito, deve corrispondere i canoni nei termini convenuti. Dunque, la principale obbligazione corrispettiva del conduttore rispetto alle concorrenti prestazioni del locatore, è il pagamento del canone locatizio. In questo periodo (Covid-19), quindi, ad essere impossibile (parzialmente, posto che trattasi di impedimento temporaneo) è l'esercizio dell'attività commerciale e non il pagamento del corrispettivo stabilito; al contrario, invece, ad essere divenuta temporaneamente impossibile, è l'obbligazione del locatore di mantenere il bene locato nel pacifico godimento del conduttore, secondo l'uso (l'attività commerciale dedotta in contratto) pattuito. Alla luce di tale riflessione, a favore del conduttore, è valida la tesi della c.d. impossibilità definitiva e impossibilità temporanea richiamata dall'art. 1256 c.c.? Da una prima analisi della norma, ritengo difficile condividere la tesi in esame che prevede che il debitore (conduttore) sia liberato dall'obbligazione quando questa sia divenuta impossibile per causa non imputabile allo stesso; come detto in precedenza, il godimento del bene non viene meno per il comportamento del locatore. Però, secondo una diversa lettura della norma (interpretata come un favor nei confronti del conduttore), l'impossibilità potrebbe essere interpretata attraverso un ragionamento come una mera difficoltà (momentanea) di pagare il canone, a causa della mancata operatività dell'azienda, ma non certo l'impossibilità. Seguendo tale ragionamento, dunque, il divieto (imposto dal Governo) di esercitare l'attività determina come diretta conseguenza: l'impossibilità per il conduttore di utilizzare l'immobile, quale prestazione dovuta dalla contro parte (locatore); l'impossibilità di adempiere alla propria obbligazione (pagamento del canone). Seguendo tale linea interpretativa, anche in base al citato art. 91, d.l. n. 18/2020, il conduttore non dovrebbe ritenersi responsabile del ritardo nell'adempimento (quindi posticipazione del pagamento, non dell'esclusione del pagamento). Questa soluzione richiederebbe sempre uno scenario di una valutazione successiva (giudizio) sulle conseguenze del mancato adempimento ai sensi degli artt. 1218 e 1223 c.c. Considerando l'attuale emergenza, al momento, più che una “seconda ipotetica lettura” dell'art. 1256 c.c., al fine di fornire risposte più immediate, consiglierei l'analisi di altri istituti che coinvolgono entrambe le parti: principi di buona fede e correttezza. Per meglio dire, secondo l'art. 1467, commi 1 e 3, c.c., nei contratti a esecuzione continuata o periodica, se la prestazione di una delle parti è divenuta eccessivamente onerosa (pagamento del canone) per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili (Covid-19) la parte che deve tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto; l'altra parte, invece, può evitarla offrendo una modifica atta a ricondurlo a equità. Secondo questo principio, il contratto di locazione, come ogni altro contratto a prestazioni corrispettive, deve necessariamente mantenersi un apprezzabile equilibrio nei rapporti di forza tra le parti, suscettibile di valutazione economica. E quindi, per un equilibrio contrattuale, l'obbligato conduttore potrebbe chiedere una riduzione della sua prestazione ovvero una modificazione delle modalità di esecuzione, sufficienti a ricondurla ad equità (art. 1468 c.c.). Va evidenziato, inoltre, che alla rideterminazione del canone soccorrerebbero anche molti altri principi generali quali la buona fede nell'esecuzione del contratto (art. 1375 c.c.) e l'equità quale mezzo di integrazione dello stesso (art. 1374 c.c.). In conclusione, in virtù della citata ricostruzione e, in particolare, dell'incertezza di una soluzione giuridica che soddisfi in pieno entrambe le parti, in assenza di uno specifico riferimento normativo, si consiglia al conduttore di provvedere a contattare quanto prima il locatore (per iscritto) ed invitarlo a rinegoziare, temporaneamente, il canone locatizio previsto nell'originario contratto di locazione, fino al perdurare della crisi economica.
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