A chi compete la legittimazione ad impugnare il decreto di nomina dell'amministratore di sostegno?
06 Aprile 2020
Massima
I beneficiari di amministrazione di sostegno sono dotati di autonoma legittimazione processuale non solo ai fini dell'apertura della procedura, ma anche per impugnare i provvedimenti adottati dal giudice tutelare nel corso della stessa, mentre è necessaria l'assistenza dell'amministratore di sostegno e la previa autorizzazione del giudice tutelare, a norma del combinato disposto dell'art. 374, n. 5, c.c., e dell'art. 411 c.c., per l'instaurazione di giudizi nei confronti di terzi estranei a tale procedura. Il caso
Il tribunale ha dichiarato inammissibile il reclamo avanzato dai beneficiari di amministrazione di sostegno avverso decreto del g.t. che ha stabilito la necessità dell'amministrazione anche per il compimento di atti di ordinaria amministrazione. Avverso il dictum, gli istanti hanno avanzato ricorso per cassazione assumendo invece di essere legittimati alla presentazione dell'impugnazione, avendo conservato sempre e comunque nell'ambito del procedimento volto alla nomina dell'amministratore di sostegno piena capacità di agire. La questione
La pronunzia in rassegna sottopone all'attenzione dell'interprete e del pratico la questione concernente l'individuazione dei soggetti legittimati ad impugnare il decreto di natura decisoria pronunziato dal g.t. in materia di amministrazione di sostegno, a fronte di dati normativi nè perspicui, nè trasparenti. Le soluzioni giuridiche
Accogliendo il ricorso per cassazione, la Corte ha giustificato l'assunto di cui a massima, concernente la legittimazione all'impugnazione in capo al beneficiario di a.d.s. senza necessità di assistenza dell'a.d.s. ed autorizzazione del g.t. a norma dell'art. 374, n. 5 c.c., in forza dei seguenti dati argomentivi. Anzitutto, richiamando la legittimazione processuale riconosciuta in capo al beneficiario di a.d.s. a norma dell'art. 406 c.c., ad avanzare istanza di apertura della procedura di amministrazione di sostegno che lo concerne, con la conseguenza che tale dato normativo lo legittimerebbe pure all'impugnazione del decreto del g.t. La Corte ha ricordato poi la previsione affidata all'art. 411, comma 4, c.c. laddove ammette che il g.t. possa estendere determinati «effetti, limitazioni o decadenze previste da disposizioni di legge per l'interdetto o per l'inabilitato». Evidenziando che tale provvedimento può essere assunto con decreto motivato, «a seguito di ricorso che può essere presentato anche dal beneficiario direttamente». Pertanto, la stessa ha sottolineato che tale legittimazione compete al beneficiario “direttamente”, senza il necessario ausilio dell' a.d.s. Si è osservato, ancora, che l'autonoma legittimazione all'impugnazione in capo al beneficiario, senza necessità di autorizzazione del g.t. (a norma dell'art. 374, n. 5, c.c.) pare conseguenziale al fatto che, diversamente opinando, il g.t. dovrebbe «valutare l'impugnabilità di provvedimenti dallo stesso emessi», così ponendosi in una situazione di conflitto di interessi. Osservazioni
I. La prima notazione al dictum cassazionale ha carattere temporale. A distanza di ormai sedici anni dall'entrata in vigore della l. n. 4/2004 (introduttiva dell'istituto dell'amministrazione di sostegno), non si rinvengono precedenti editi sullo specifico argomento, afferente l'individuazione dei soggetti legittimati all'impugnazione del decreto di a.d.s. La pronunzia in rassegna, a quanto consta la prima in materia, può consentire perciò di recare un poco di chiarezza in argomento, dato che i dati interpretativi non sono perspicui e neppure trasparenti. Si consideri che il nucleo essenziale dello statuto sostanziale dell'a.d.s. si rinviene nel codice civile (artt. 404-413 c.c.), mentre i profili processuali sono sparsi in modo disordinato; in parte nel codice di diritto sostanziale ed in parte delineati in quello di rito civile ecomunque sottoposti ad un preventivo vaglio interpretativo di compatibilità (artt. 712-720-bis c.p.c.) Premesso ciò, la disciplina processuale del procedimento di sostegno si caratterizza per “sciatteria e pressapochismo”, indice di disinteresse da parte del legislatore per questo profilo della materia; oltre che per la discutibile relatio instaurata col processo di interdizione ed inabilitazione, conformato quasi fosse una sorta di modello di riferimento rispetto ad un procedimento, strutturalmente di ben altra natura, in quanto di giurisdizione volontaria, non contenziosa («ai procedimenti in materia di amministrazione di sostegno si applicano, in quanto compatibili, gli artt. 712, 713, 716, 719 e 720»: art. 720-bis, comma 1, c.p.c.). Come si è notato, in realtà le disciplina processuali di interdizione/inabilitazione a cui il legislatore intenderebbe uniformare quella sull'amministrazione di sostegno appartengono a galassie lontane, a mondi lontanissimi, in quanto tali istituti sono espressione di fasi di sviluppo della coscienza collettiva e del pensiero umano assai diversi. In termini di protezione del disabile, le une rappresentano il passato, l'altra il presente ed il futuro. In ogni caso, da più parti è stato osservato che le disposizioni procedurali richiamate tramite relatio sono per la quasi totalità inapplicabili al procedimento di sostegno, dato che i relativi profili di disciplina trovano regolamentazione positiva in specifiche previsioni del c.c., oltre che del c.p.c., per lo più contenute nel capo V° del codice di rito, dedicato alle disposizioni comuni dettate per i procedimenti in camera di consiglio (quale l'art. 739). L'unica norma che disciplina la “legittimazione all'impugnazione” (della sentenza di interdizione) è l'art. 718, che tuttavia l'art. 720-bis c.p.c. ha omesso di richiamare tra quelle applicabili al procedimento di sostegno, mentre ha richiamato, nei limiti di compatibilità, gli artt. 719 e 720. Questa situazione di incertezza ha suscitato un contrasto interpretativo che si è riflesso, appunto, sull'individuazione dei legittimati alla proposizione del reclamo. Secondo autorevole impostazione (Tommaseo; Farolfi), nonostante l'art. 718 non sia stato richiamato, allo stesso disposto fanno riferimento gli artt. 719 e 720, che sono stati richiamati espressamente dall'art. 720-bis tra quelli applicabili al procedimento in oggetto. Cosicchè, si osserva, la prima norma risulterebbe nella specie applicabile alla procedura di nomina. Secondo questa interpretazione, si ammette l'impugnazione dei decreti del g.t. in tema di a.d.s. «a tutti coloro che avrebbero avuto diritto di proporre la domanda, anche se non parteciparono al giudizio, e al tutore o curatore nominato con la stessa sentenza». La tesi in oggetto renderebbe ammissibile l'impugnazione del decreto di accoglimento o di rigetto della richiesta di a.d.s. a favore di quanti potevano proporre la relativa domanda di protezione, anche se in concreto non l'abbiano proposta; e pertanto a tutti soggetti elencati nell'art. 406 c.c., compresi il PM, e pure ai responsabili dei servizi sanitari e sociali direttamente impugnati alla cura ed assistenza della persona. Inoltre, allo stesso amministratore di sostegno nominato con decreto di apertura della procedura è pure riconosciuta identica facoltà impugnatoria, argomentando dal fatto che a quest'ultimo sarebbe estensibile la regola, dettata dall'art. 718, ultima parte, c.p.c., «che attribuisce al tutore o curatore il potere di impugnare la sentenza di interdizione o di inabilitazione». La testè riferita impostazione ricostruttiva non appare indiscussa. Da parte di altri, non meno autorevolmente, si argomenta, invece, l'inapplicabilità dell'art. 718c.p.c. al procedimento di sostegno (Chizzini). Da una parte, si è sottolineata la natura eccezionale della norma in oggetto, che deroga al principio generale secondo cui la legittimazione all'impugnazione compete solo a chi è stato parte del giudizio di primo grado; dall'altro, si è evidenziato che, letteralmente, la norma neppure è stata richiamata dall'art. 720-bis tra quelle applicabili al procedimento in oggetto. D'altro canto, il giudizio di compatibilità sull'applicabilità dell'art. 719 al procedimento de quo viene giudicato negativamente, sulla base di argomenti letterali riscontrabili nel testo normativo, che chiaramente richiamano un processo contenzioso, laddove lo stesso si riferisce ai termini “sentenza” (non decreto) ed “impugnazione” (non reclamo), che suppongono la sussistenza di un processo, non un procedimento. Consegue quindi, che la legittimazione all'impugnazione viene riconosciuta esclusivamente a quanti parteciparono effettivamente, in qualità di parti, al procedimento di primo grado, dato che tale legittimazione, come ribadiscono i processualisti, non è altro che espressione dell'interesse ad agire in giudizio che qui si manifesta in termini di interesse ad impugnare, ovvero alla modifica del provvedimento del quale ci si dichiara, in tutto o in parte, insoddisfatti (Mandrioli). Applicando i principi generali al procedimento di sostegno discende che sicuramente al beneficiario della misura, in quanto soggetto passivo della protezione, oltre che legittimato alla proposizione del ricorso introduttivo (e sempre che l'abbia in concreto avanzato), compete la facoltà impugnatoria. In modo conseguenziale si nega ogni legittimazione all'impugnazione del decreto che l'ha nominato all'amministratore di sostegno (Chizzini, Masoni), che non è stato parte del procedimento di nomina. Essendo il p.m. parte necessaria dei procedimenti di sostegno (in quanto legittimato alla presentazione del ricorso; artt. 406, 417 e 70, n. 1, c.p.c.) a lui compete sempre facoltà impugnatoria. Tenuto conto della ritenuta incompatibilità dell'art. 719 c.p.c. rispetto al procedimento in oggetto, risulta applicabile il disposto affidato all'art. 739 c.p.c. (espressamente richiamato dall'art. 720-bis, comma 2, c.p.c.) che, nel suo secondo comma, dispone che il reclamo vada proposto entro dieci giorni dalla comunicazione del decreto, ovvero dalla notificazione, se lo stesso “è dato in confronti di più parti”. Dato che il procedimento di sostegno è strutturalmente configurabile come procedimento plurilaterale (essendo parti di esso il ricorrente, il beneficiario ed il p.m.; ovvero e necessariamente il beneficiario, se ricorrente, ed il p.m., il quale ultimo è litisconsorte necessario: Cass. civ., Sez. Un., 18 gennaio 2017, n. 1093), la decorrenza del termine perentorio di reclamo suppone l'intervenuta notificazione del decreto ad istanza di parte; non essendo sufficiente la mera comunicazione di cancelleria per la decorrenza del termine d'impugnativa. In difetto di notificazione del decreto, la dottrina concorda sull'applicabilità del termine lungo di sei mesi decorrente dalla pubblicazione del provvedimento (art. 327 c.p.c.).
II. Delineate le linee essenziali dettate in tema di legittimazione all'impugnazione dei decreti del g.t.,la pronunzia della Corte in rassegna afferma claris verbis il principio di impugnabilità del decreto da parte del beneficiario, senza peraltro affrontare la riferita vexata quaestio, afferente il coordinamento e l'applicazione del combinato disposto degli artt. 718 e 719 c.p.c. Opportunamente, la legittimazione all'impugnazione viene fatta discendere in forza del richiamo all'art. 406 c.c., laddove la norma legittima il beneficiario a proporre ricorso volto alla propria protezione. Cosicchè è trasparente che al ricorrente, da un punto di vista logico prima che giuridico, non possa non essere riconosciuta la legittimazione all'impugnazione, che costituisce esercizio dell'azione esercitata in giudizio, seppur in fase di gravame. La soluzione cui è pervenuta la Corte è apprezzabile. Va però rimarcata una non secondaria omissione. La pronunzia ha infatti tralasciato di richiamare il disposto affidato all'art. 716 c.p.c. (norma espressamente richiamata dall'art. 720-bisc.p.c., in quanto applicabile al procedimento in oggetto). La norma espressamente riconosce capacità processuale all'interdicendo ed all'inabilitando e, pertanto, anche all'amministrato di sostegno, pure con riguardo alla legittimazione all'impugnazione. La dispsizione normativa dispone in modo tranchant che tali soggetti, per quanto mentalmente disturbati, «possono stare in giudizio e compiere da soli tutti gli atti del procedimento comprese le impugnazioni, anche quando è stato nominato il tutore o il curatore provvisorio previsto dagli artt. 419 c.p.c.». Resta con ciò ribadita la capacità processuale in capo al beneficiario di a.d.s., che si può estrinsecare tramite autonoma impugnativa (da parte di quest'ultimo) del decreto istitutivo della misura, pur fatto sempre salvo l'onere del patrocinio difensivo per l'esperimento di tale iniziativa.
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