Il condominio ai tempi del coronavirus: il contagio e il rispetto della privacy
07 Aprile 2020
Vivo con la mia famiglia in un Condominio. La mia compagna, infermiera, ha contratto il virus in Ospedale, di conseguenza, dopo aver riscontrato la positività tramite tampone, è stata messa in isolamento domiciliare. Io e mia figlia di 3 anni non avendo sintomi non verremo sottoposti al tampone. La mia compagna ad oggi vive isolata in una stanza dell'appartamento. Sono obbligato per legge a comunicare all'Amministratore di Condominio la positività in famiglia? I condomini hanno il diritto, sempre in termini di legge, di sapere se c'è una famiglia in isolamento? Se comunico la positività all'Amministratore, in qualche modo può essere violata la privacy della mia famiglia?
Preliminarmente, giova ricordare che nei confronti delle persone positive al Codiv-19, l'Istituto Superiore di Sanità ha fornito alcune istruzioni. In particolare, per il caso in esame, si ribadiscono la n. 1) e la n. 4): secondo la prima regola, “il soggetto positivo al coronavirus deve rimanere in isolamento al proprio domicilio, mantenendosi a debita distanza dai propri familiari, possibilmente rimanendo in una stanza – senza ricevere visite (oppure riducendole al lumicino per necessità) – che deve essere ben areata. I suoi familiari, se in buona salute, devono soggiornare negli altri locali della casa, mantenendo dall'infetto almeno un metro di distanza e ovviamente, in caso di coniugi, dormire in letti separati”; la quarta regola, invece, raccomanda – in caso di isolamento domiciliare – “di sospendere la raccolta differenziata, per evitare l'accumulo di rifiuto e il proliferare del coronavirus”. Inoltre, il Governo con il d.l. n. 19/2020, pubblicato in G.U. del 25 marzo 2020, ha introdotto la nuova stretta contro le violazioni delle norme per prevenire il coronavirus: multe da 400 a 3.000 euro per chi aggira le misure per arginare la diffusione del Covid-19 e una pena massima di 5 anni per chi da positivo al virus viola la quarantena. Premesso quanto innanzi esposto, da quanto appreso dal quesito in esame, la famiglia sta rispettando le attuali disposizioni normative. Quanto al Condominio, invece, occorre analizzare la questione sulla base dei doveri “giuridici” e doveri “morali” alla luce delle attuali norme e della tutela della privacy. In argomento, sappiamo che in base all'art. 1130 c.c., l'Amministratore ha il dovere di disciplinare l'uso delle cose comuni e la fruizione dei servizi nell'interesse comune, in modo che ne sia assicurato il miglior godimento a ciascuno dei condòmini; ed ancora: l'Amministratore deve compiere gli atti conservativi relativi alle parti comuni. Alla luce del precetto in esame, non sembra possano rientrare competenze di tipo sanitario. Quindi, come già sostenuto dagli esperti in materia (Federprivacy), “non esiste alcuna ragione che possa consentire all'Amministratore di trattare i dati sanitari per finalità diverse da quelle limitate al suo incarico”. Attualmente, in mancanza di una specifica imposizione normativa, la persona positiva del Covid-19 non è tenuta a comunicarlo all'Amministratore, né ai singoli condomini; di conseguenza, anche l'Amministratore, in caso di conoscenza “informale” di un caso di Covid-19, non è tenuto a darne diffusione del condomino contagiato agli altri condomini. In caso contrario, l'Amministratore si esporrebbe ad eventuali conseguenze: azioni risarcitorie da parte della persona positiva al Covid- 19 e una sanzione da parte del Garante per trattamento illecito dei dati personali. Tuttavia, se il condomino, a suo insindacabile giudizio (morale), decide di comunicare all'Amministratore il suo stato, quest'ultimo, sempre nel rispetto della privacy, dovrebbe procedere con un intervento di sanificazione. Difatti, in argomento, i giudici di legittimità hanno evidenziato che “se l'Amministratore è legittimato ad agire senza una preventiva delibera al verificarsi di una situazione che richiede il compimento di un atto conservativo urgente, compreso anche il costo, questo non lo esime dalla eventuale successiva contestazione, adeguatamente motivata, della assenza di congruità della spesa sostenuta” (Cass. civ., sez. II, 28 febbraio 2020, n. 5522). Ed ancora, l'assemblea di Condominio può ratificare le spese ordinarie e straordinarie effettuate dall'Amministratore senza preventiva autorizzazione, anche se prive dei connotati di indifferibilità ed urgenza, surrogando in tal modo la mancanza di una preventiva di delibera autorizzativa (Cass. civ., sez.II, 28 febbraio 2018, n. 4668). Pertanto, laddove l'Amministratore intenda disporre la sanificazione, essendo attività urgente, non dovrebbe (in teoria) essere necessaria la ratifica alla luce della comunicazione scritta/denuncia del Covid-19 (con i dati oscurati della persona); fermo restando di produrre in assemblea la relativa fattura della ditta (specializzata). In caso di eventuale successiva contestazione del Condominio, l'Amministratore dovrebbe produrre in giudizio la comunicazione scritta del condomino positivo; solo in tale situazione, le norme sulla privacy subiscono una deroga: l'art. 9, comma 2, lett. f),Regolamento UE 2016/679, noto come GDPR, (Trattamento di categorie particolari di dati personali), prevede che il paragrafo 1 (divieto di trattare anche i dati della salute per l'identificazione del soggetto) non si applica se si verifica quando “il trattamento è necessario per accertare, esercitare o difendere un diritto in sede giudiziaria o ogni qualvolta le autorità giurisdizionali esercitino le loro funzioni giurisdizionali”. In conclusione, un comportamento arbitrario dell'Amministratore potrebbe causare solo episodi di panico; quanto alla sanificazione, questa, comunque, dovrebbe essere svolta secondo i parametri dell'Istituto Sanitario Nazionale. |