La provvisoria esecutività dei capi di condanna accessori all'accoglimento dell'azione revocatoria fallimentare
07 Aprile 2020
Massima
L'anticipazione in via provvisoria, ai fini esecutivi, degli effetti discendenti da statuizioni condannatorie contenute in sentenze costitutive, non è consentita, essendo necessario il passaggio in giudicato, soltanto nei casi in cui la statuizione condannatoria è legata all'effetto costitutivo da un vero e proprio nesso sinallagmatico; è invece consentita quando la statuizione condannatoria è meramente dipendente dall'effetto costitutivo, essendo detta anticipazione compatibile con la produzione dell'effetto costitutivo nel momento temporale successivo del passaggio in giudicato. (Nella specie, il Tribunale ha rigettato l'opposizione al precetto proposta, ritenendo valido titolo per l'esecuzione provvisoria del dictum giudiziale la condanna alla restituzione delle somme pronunciata contestualmente all'accoglimento della revocatoria fallimentare, in quanto meramente dipendente dall'effetto costitutivo prodotto dall'accoglimento dell'azione revocatoria). Il caso
Ricevuta la notificazione di atto di precetto per la restituzione di somme conseguente all'accoglimento di un'azione revocatoria fallimentare, il debitore proponeva opposizione pre-esecutiva ex art. 615, comma 1, c.p.c. e contestuale istanza di sospensione, assumendo l'inidoneità oggettiva del titolo azionato, conseguente alla circostanza che la condanna alla restituzione di somme era inscindibilmente collegata ad una pronuncia costitutiva, priva in quanto tale dell'efficacia esecutiva. La questione
Tramite l'opposizione viene posta all'attenzione del giudicante la questione concernente l'efficacia esecutiva dei capi condannatori accessori ad una pronuncia costitutiva. Le soluzioni giuridiche
Il tribunale respinge l'opposizione, osservando che, in virtù del costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, va sancita l'immediata esecutività del capo condannatorio accessorio ad una pronuncia di carattere costitutivo, come accade nel caso di condanna alla restituzione di somme conseguente all'accoglimento di un'azione revocatoria fallimentare. Precisa la decisione in commento che nel caso portato alla sua attenzione la statuizione condannatoria non è legata all'effetto esecutivo da un vero e proprio nesso sinallagmatico (come, invece, nel caso di condanna al pagamento del prezzo della compravendita nella sentenza costitutiva del contratto definitivo non concluso); l'assenza di un rapporto di pregiudizialità-dipendenza tra il capo costitutivo e quello condannatorio alla restituzione di somme, allora, permette di attribuire immediata efficacia esecutiva a quest'ultimo, senza dover attendere il passaggio in giudicato della parte di sentenza relativa alla revocatoria fallimentare. Osservazioni
Come è noto, la l. 26 novembre 1990, n. 353, nel generale processo di rivalutazione del giudizio di primo grado, ha sancito il principio generale della provvisoria esecutività della sentenza di primo grado, la quale, sin dal momento della sua pubblicazione, è in grado di permettere l'avvio del processo esecutivo. Il legislatore del 1990, tuttavia, ha preferito glissare sulla questione se l'esecutorietà della sentenza di primo grado si riferisca solo alle sentenze di condanna o se – più in generale – riguardi tutte le sentenze, indipendentemente dal loro contenuto (di mero accertamento, costitutivo o di condanna). Nella dottrina più tradizionale (Chiovenda, Istituzioni di diritto processuale civile, I, Napoli, rist. 1960, 219; Andrioli, Commento al codice di procedura civile, II, Napoli, 1956, 274; Attardi, Le nuove disposizioni sul processo civile, Padova, 1991, 117) prevale l'idea che l'esecutività di cui all'art. 282 c.p.c. vada circoscritta alle sole sentenze di condanna, sul rilievo che: 1) gli artt. 431 e 447-bisc.p.c. si riferiscono univocamente alla sola ipotesi di sentenza di condanna; 2) l'art. 283 c.p.c., dettato per regolare la sospensione dell'esecuzione provvisoria in generale sancita appunto nell'art. 282, prevede che l'inibitoria attiene proprio (e solo) alla «efficacia esecutiva» della sentenza di primo grado. A tale conclusione si giunge anche in virtù di una considerazione di carattere sistematico: la disciplina dell'esecuzione provvisoria ex art. 282 può trovare legittima attuazione solo con riferimento alla sentenza di condanna, poiché è l'unica che può, per sua natura, costituire titolo esecutivo. Il concetto stesso di esecuzione postula, infatti, una esigenza di adeguamento della realtà al decisum, che, evidentemente, manca sia nelle pronunce di natura costitutiva che in quelle di accertamento (App. Campobasso, 6 maggio 2005; Tar Puglia Bari 6 marzo 2008, n. 521). La maggior parte della dottrina che segue la tesi restrittiva in ordine alla portata oggettiva dell'art. 282 tende, però, ad ammettere che l'esecutività provvisoria, pur non potendo essere riconosciuta per le statuizioni costitutive, debba esserlo per gli eventuali capi di condanna accessori (Consolo, Il cumulo condizionale di domande, I, Padova, 1985, 291; Comoglio, Le riforme del processo civile, Torino, 2000, 442). Tale conclusione è da anni stata recepita anche dalla giurisprudenza, la quale, già a partire dei primi anni del nuovo secolo, ha riconosciuto efficacia esecutiva al capo di condanna alle spese del giudizio contenuta nella sentenza di primo grado, indipendentemente dalla natura - se di condanna, costitutiva o di mero accertamento - e dal contenuto (se di accoglimento, di rigetto o di altro tenore della domanda principale o riconvenzionale o del terzo) della decisione principale, cui la statuizione sulle spese accede (si v. tra le molte Cass. civ., n. 27090/2011; Cass. civ., n. 1283/2010; Cass. civ., n. 21367/2004; App. Roma 19 luglio 2007; Trib. Reggio Emilia, 6 settembre 2012; Trib. Milano, 14 aprile 2011; Trib. Monza, 6 settembre 2010). Sul punto, è stato precisato che il capo della sentenza che definisce le spese di lite costituisce corollario della decisione e non capo accessorio nel senso di cui all'art. 31, atteso che la pronuncia sulle spese non presuppone, affinché il giudice possa adottarla, una domanda di parte, ma essa ha il suo titolo esclusivamente nel contenuto della decisione sul merito della controversia, in applicazione del principio della soccombenza, di cui all'art. 91. In tal senso si è espressa la Corte costituzionale(Corte cost. 16 luglio 2004, n. 232), la quale, chiamata a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 282 e 474 c.p.c. in relazione agli artt. 3, 24 e 111, comma 2, Cost., nonché dell'art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, nella parte in cui prevede che sia titolo provvisoriamente esecutivo anche il capo della sentenza di primo grado, di condanna al pagamento delle spese di lite, quando è accessorio alla declaratoria di rigetto della domanda o di incompetenza, aveva rigettato la relativa questione, precisando che l'art. 282 c.p.c. non impedisce affatto che siano muniti di efficacia esecutiva immediata i capi condannatori “accessori” rispetto a quello non condannatorio relativo alla domanda principale dato che per essi, prescindendo dal fatto che siano o meno accessori, opera comunque pienamente il principio dell'anticipazione dell'efficacia della sentenza di merito (di condanna) rispetto al momento della definitività. Alcuni autori (Scarselli, La provvisoria esecuzione della condanna alle spese del giudizio (ovvero la parte che ha ragione non recupera le spese fino al passaggio in giudicato della sentenza?), in Foro it., 2001, I, 1, 161) hanno notato che la necessità di sganciare, ai fini della provvisoria esecuzione, il capo di sentenza di condanna alle spese dagli altri con i quali possa essere cumulato è consigliabile anche per evitare due ulteriori conseguenze: la prima, per la quale un'applicazione rigorosa del principio de quo impedirebbe la provvisoria esecuzione delle spese non solo alle sentenze di primo grado diverse da quelle di condanna, ma anche a quelle pronunciate dal giudice di appello, se nel frattempo viene interposto ricorso per cassazione; la seconda, per cui si dovrebbe asserire che nessuna sentenza è mai provvisoriamente esecutiva, poiché ogni capo di condanna dipende sempre da un accertamento, che v'è in tutte le sentenze, e che renderebbe esecutiva la condanna, pregiudicata da tale accertamento, solo con il suo passaggio in giudicato (Scarselli, op. cit., 162). L'apertura manifestata dalla giurisprudenza ha determinato il sorgere del più ampio problema relativo al riconoscimento o meno dell'efficacia esecutiva ad ogni capo condannatorio accessorio ad una statuizione principale di accertamento o costitutiva. Sul punto, la Cassazione, se in un primo momento aveva espresso la propria adesione all'orientamento favorevole a riconoscere immediata efficacia esecutiva alle statuizioni di condanna conseguenziali alle pronunce costitutive, sul presupposto che l'art. 282 c.p.c., nell'assegnare provvisoria esecutorietà alle sentenze di primo grado, si riferisce tout court alle statuizioni condannatorie contenute nella sentenza, indipendentemente dalla natura dell'azione (Cass. civ., 3 settembre 2007, n. 18512); successivamente, con la sentenza a Sezioni Unite 22 febbraio 2010, n. 4059, sconfessando il suo precedente orientamento, ha negato la provvisoria efficacia esecutiva relativamente alle statuizioni di condanna contenute nelle sentenze costitutive laddove fossero strettamente dipendenti dal capo principale. Più precisamente, secondo la giurisprudenza di legittimità, laddove il capo di condanna sia in rapporto sinallagmatico con la parte di sentenza avente contenuto costitutivo, non è possibile ammettere la provvisoria efficacia del primo, poiché opinare diversamente darebbe luogo ad una scissione, sul piano dell'efficacia, incompatibile con il nesso sinallagmatico intercorrente tra le due pronunce. Discorso contrario può invece condursi laddove il capo di condanna contenuto nella sentenza costitutiva sia meramente dipendente dal capo principale (Cass. civ., 29 luglio 2011, n. 16737). Tale ragionamento viene ripetuto anche con riguardo alle sentenze di accoglimento della domanda di revocatoria fallimentare. Sul punto, superando quella parte della giurisprudenza di merito secondo cui, stante la natura costitutiva della relativa sentenza, non trova applicazione l'art. 282 qualora vi siano capi di condanna consequenziali, e non autonomi, rispetto alla pronuncia costitutiva, la Cassazione, muovendo dalla duplice considerazione che l'art. 282 non opera distinzioni fra tipologie di sentenze e che la riforma della disciplina fallimentare contempera il credito della massa (che obbliga all'accantonamento di quanto restituito) con il credito del convenuto (ammesso con riserva), ha affermato che la sentenza di revocatoria fallimentare, anche se oggetto di impugnazione, costituisce titolo esecutivo, anticipatamente rispetto al suo passaggio in giudicato, per il capo di condanna alle restituzioni verso la massa dei creditori, cui sia tenuta la controparte, nonostante la natura di accertamento costitutivo in cui tale azione si sostanzia (Cass. civ, n.16737/2011). Tale principio viene ribadito anche dalla sentenza in commento, la quale, per i motivi appena riportati, rigetta l'opposizione proposta, confermando la piena esecutorietà del capo di condanna alla restituzione delle somme. La decisione è senz'altro da approvare: l'apertura della provvisoria esecutorietà ai capi di condanna accessori ad una pronuncia costitutiva risulta senz'altro soluzione condivisibile alla luce delle esigenze di effettività della tutela giurisdizionale (e del rischio, insito nell'opposta soluzione, di un uso dell'appello per dilazionare il pagamento di quanto disposto nella decisione). Sennonché, l'approccio "caso per caso" suggerito dalle Sezioni Unite per l'analisi delle relazioni intercorrenti tra capo principale e capi di condanna nelle varie pronunce costitutive è suscettivo di svelare nuovi (e problematici) scenari nell'ambito del dibattito mai sopito in ordine al tema della provvisoria esecutività della sentenza. Oltre a quelli già segnalati in un precedente breve scritto (Metafora, L'efficacia esecutiva dei capi condannatori accessori alle pronunce costitutive o di accertamento, su www.ilProcessocivile.it), può più in generale osservarsi che il metodo casistico inaugurato dal Supremo Consesso lascia la parte soccombente in uno stato di incertezza in ordine alla natura meramente dipendente o meno del capo condannatorio, con il rischio che quest'ultima viene a conoscere solo ex post se la statuizione consequenziale è provvisoriamente esecutiva, ossia in sede di inibitoria ex art. 283 o in sede di opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c. Alla luce di quanto osservato pare allora preferibile optare per l'orientamento più largheggiante secondo cui la provvisoria esecutorietà può riferirsi anche ad altri tipi di sentenza ed in modo particolare alle sentenze inibitorie ed a quelle di accertamento costitutivo (così già Carpi, La provvisoria esecutorietà della sentenza, Milano, 1972, 59; Impagnatiello, La provvisoria esecutorietà delle sentenze costitutive, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1992, 47): se è vero che la nozione di provvisoria esecutorietà correlata alle sentenze aventi contenuto diverse da quelle di condanna non coincide con l'idoneità a fondare l'esecuzione forzata, ma si risolve in una anticipazione degli effetti della sentenza, è logico dedurne che anche le sentenze costitutive siano suscettibili di esecutorietà provvisoria, come ogni altro tipo di sentenza (Carpi, op. cit., 74). A conferma della tesi favorevole a riconoscere la generale efficacia esecutiva a tutte le sentenze, vi è anche la seguente considerazione: si può desumere dal generico dettato dell'art. 282 che regola è l'esecutività della sentenza di primo grado ed eccezione è la non esecutività; dunque, il dibattuto problema dell'esecutività delle sentenze diverse da quella di condanna va risolto alla stregua della regola, sicché tutte le sentenze dovrebbero vedere riconosciuto il loro carattere di immediata esecutività.
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