L'ordinanza emessa a definizione del procedimento ex art. 15 d.lgs. n. 150/2011 è ricorribile per cassazione?

Giusi Ianni
08 Aprile 2020

In tema di compensi a periti, consulenti tecnici, interpreti o traduttori per operazioni eseguite a richiesta dell'autorità giudiziaria, l'ordinanza emessa dal tribunale a seguito di opposizione al decreto di pagamento delle spese di giustizia è ricorribile per cassazione?
Massima

In tema di compensi a periti, consulenti tecnici, interpreti o traduttori per operazioni eseguite a richiesta dell'autorità giudiziaria, l'ordinanza emessa dal tribunale è resa in camera di consiglio, in confronto di più parti, ed incide con carattere di definitività su diritti soggettivi. Pertanto, essa, non essendo altrimenti impugnabile, è soggetta a ricorso per cassazione, ai sensi dell'art. 111 Cost., il cui termine breve di proposizione decorre, a norma dell'art. 739 c.p.c., dalla notificazione dell'ordinanza e non dalla comunicazione eseguita a cura della cancelleria. In assenza, invece, di notificazione dell'ordinanza, deve reputarsi applicabile, per l'impugnazione, il termine lungo di cui all'art. 327 c.p.c.

Il caso

Nell'ambito di un procedimento ex art. 696 c.p.c., promosso da D.F.C. dinanzi al Tribunale di Crotone, veniva nominato quale CTU l'ing. F.R.A. in favore del quale, a completamento dell'incarico, veniva liquidato l'onorario di euro 2.345,58, per un totale di 269 vacazioni, reputandosi che fosse possibile ricorrere al criterio della liquidazione degli onorari a tempo, conformemente alla richiesta dello stesso ausiliario. Avverso il predetto decreto, DFC proponeva opposizione ex art. 15 d.lgs. n. 150/2011, che veniva rigettata dal Tribunale, il quale riteneva congrua la liquidazione effettuata nel provvedimento opposto. Anche l'ordinanza emessa a definizione del procedimento in questione era impugnata da DFC a mezzo di ricorso per cassazione, di cui il controricorrente eccepiva l'inammissibilità.

La questione

Prima questione esaminata dalla Suprema Corte nella pronuncia in commento è l'ammissibilità del ricorso per cassazione interposto dal ricorrente. Osservava, infatti, il controricorrente, che stante il richiamo operato dall'art. 170 d.P.R. n. 115/2002 al rito sommario di cognizione e, quindi, agli artt. 702-bis e ss.c.p.c., l'unico rimedio esperibile avverso l'ordinanza emessa a definizione del procedimento di opposizione doveva considerarsi l'appello, senza possibilità di ricorso per saltum. La parte eccepiva, altresì e in ogni caso, l'intempestività del ricorso, da proporsi entro sessanta giorni dalla comunicazione (avvenuta nella fattispecie in data 24/5/2017), con conseguente inapplicabilità del termine lungo di cui all'art. 327 c.p.c.

Le soluzioni giuridiche

Entrambe le censure erano disattese dai Giudici di legittimità. Sotto il primo profilo, infatti, osserva la Corte che, per come ritenuto anche dalla giurisprudenza formatasi sotto la vigenza della l. n. 319/1980 - cfr. Cass. civ., Sez. Un., sent., n. 1952/1996 - in tema di compensi a periti, consulenti tecnici, interpreti o traduttori per operazioni eseguite a richiesta dell'autorità giudiziaria, l'ordinanza emessa dal tribunale a definizione del procedimento è resa in camera di consiglio, in confronto di più parti, ed incide con carattere di definitività su diritti soggettivi. Pertanto, essa, non essendo altrimenti impugnabile, anche a seguito dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 150/2011 (art. 15, u.c., d.lgs. n. 150/2011), è soggetta a ricorso per cassazione, ai sensi dell'art. 111 Cost., il cui termine breve di proposizione decorre, a norma dell'art. 739 c.p.c., dalla notificazione dell'ordinanza e non dalla comunicazione eseguita a cura della cancelleria (in senso conforme, Cass. civ., sez. II, sent., n. 3935/2001). Sotto tale secondo profilo, in particolare, il riferimento fatto, anche dalla Corte Costituzionale (Corte cost.,sent., n. 106/2016) alla disciplina del procedimento sommario di cognizione per l'individuazione del termine entro il quale proporre l'opposizione avverso il decreto emesso dal giudice in tema di liquidazione delle spese di giustizia - a seguito dell'abrogazione, ad opera del d.lgs. 150/2011, del precedente termine di venti giorni previsto dal d.P.R. 115/2002 e al fine di impedire che l'opposizione fosse suscettibile di proposizione sine die – deve considerarsi limitato, ad avviso della Corte, alla sola individuazione del termine per proporre opposizione, ma, in assenza di una diversa espressa indicazione, non può considerarsi suscettibile di estensione anche al fine di individuare il diverso termine per la proposizione del ricorso straordinario avverso la decisione adottata all'esito del giudizio di opposizione. In assenza di notificazione dell'ordinanza impugnata, deve quindi reputarsi applicabile il termine lungo di cui all'art. 327 c.p.c., di cui si verificava il rispetto nel caso in esame (ordinanza pubblicata in data 17-5-2017 e ricorso notificato in data 10-11-2017).

Il ricorrente censurava, altresì, la violazione dell'art. 2697 c.c., assumendosi che fosse onere probatorio del CTU dimostrare lo svolgimento dell'attività professionale, anche per quanto concerne la quantificazione del compenso; la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 4 l. n. 319/1980, in tema di liquidazione degli onorari a vacazioni, assumendosi che la determinazione del numero di ore necessarie per l'espletamento dell'incarico, come compiuta dal giudice di merito, fosse eccessiva e non tenesse conto del concreto impegno richiesto all'ausiliario, che si era limitato a determinare i danni subiti dalla serra di proprietà del ricorrente, redigendo né più né meno che un preventivo di spesa; la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 132, n. 4 c.p.c. e dell'art. 2697 c.c., in quanto la motivazione del giudice di merito, nel considerare il tempo trascorso tra il conferimento dell'incarico e quello dell'invio delle bozze per la quantificazione delle vacazioni, aveva ipotizzato che tutto il tempo in esame corrispondesse ad attività lavorativa, violando in tal modo le norme sopra indicate. Anche i motivi predetti, congiuntamente esaminati, erano ritenuti infondati.

Premessa, infatti, l'applicabilità del criterio delle vacazioni non solo quando manca una specifica previsione della tariffa, ma altresì quando, in relazione alla natura dell'incarico ed al tipo di accertamento richiesti dal giudice, non sia logicamente giustificata e possibile un'estensione analogica delle ipotesi tipiche di liquidazione secondo il criterio della percentuale, con conseguente insindacabilità della relativa decisione in sede di legittimità ove congruamente motivata (cfr. Cass. civ.,sez. II, sent., n. 17685/2010), la Corte escludeva, nel caso di specie, la denunziata violazione dell'art. 2697 c.c., atteso che la prova dell'espletamento dell'attività oggetto della richiesta di compenso emergeva dallo stesso deposito dell'elaborato peritale, che attestava, per l'appunto, lo svolgimento delle prestazioni da parte dell'ausiliario e offriva gli elementi per poter correttamente pervenire alla determinazione dei compensi, sulla base del discrezionale apprezzamento del giudice del merito. Si osservava, altresì, che la determinazione del compenso al professionista col sistema delle vacazioni non comporta affatto il dovere per il giudice di operare una mera moltiplicazione dei compensi unitari stabiliti dalla tariffa per il numero delle vacazioni che l'interessato abbia dimostrato di avere effettuato, ma demanda al giudice di stabilire, con prudente apprezzamento, il numero delle vacazioni che, in considerazione delle difficoltà delle indagini, della loro durata, dell'entità della materia controversa, possono - sempre nei limiti fissati dalla tariffa - essere in concreto riconosciute e attribuite al professionista per l'incarico da lui espletato. La relativa valutazione, anche in questo caso, era considerata insindacabile in sede di legittimità ove sorretta da adeguata motivazione, sia pur sintetica.

Osservazioni

Il decreto di liquidazione del compenso in favore del CTU è opponibile nelle forme di cui agli artt. 170 d.P.R. n. 115/2002 e 15 d.lgs. n. 150/2011. In particolare, tale ultima norma dispone che le controversie in questione sono regolate dal rito sommario di cognizione, ove non diversamente disposto dal medesimo articolo. Tra le disposizioni peculiari dettate dalla norma vi è la previsione della competenza funzionale del Presidente del Tribunale o della Corte d'appello cui appartiene il magistrato che ha emanato il provvedimento di liquidazione oggetto di impugnazione, salva possibilità di delega ad altro giudice del medesimo ufficio, e della non appellabilità dell'ordinanza emessa a definizione del procedimento, a differenza di quanto previsto nel rito sommario di cognizione “puro” (art. 702-quaterc.p.c.) e nello stesso rito sommario “semplificato” o “generalizzato” di cui all'art. 3 del medesimo d.lgs. 150/2011. La scelta della non appellabilità, per come evincibile, dalla relazione illustrativa allo schema di d.lgs. n. 150/2011, va ricollegata alla particolare regola di competenza posta per la decisione, giacché trattasi di controversie in numerosi casi rimesse alla cognizione della Corte d'appello già in primo grado. Come, poi, chiarito dalla stessa giurisprudenza di legittimità, il ricorso avverso il decreto di liquidazione del compenso all'ausiliario del magistrato, nel regime introdotto dall'art. 170 del d.P.R. n. 115/2002, come modificato poi dall'art. 15 d.lgs. n. 150/2011, così come pure nella vigenza della l. n. 319/1980, non è atto di impugnazione, ma atto introduttivo di un procedimento contenzioso, nel quale il giudice adito ha il potere-dovere di verificare la correttezza della liquidazione in base ai criteri legali, a prescindere dalle prospettazioni dell'istante - con il solo obbligo di non superare la somma richiesta, in applicazione del principio di cui all'art. 112 c.p.c. - e di regolare le spese secondo il principio della soccombenza (cfr. Cass. civ., sez. VI-2, ord., n. 1470/2018). Trattandosi, quindi, di provvedimento che decide, con carattere di definitività, su diritti soggettivi di parti contrapposte, all'esito di procedimento contenzioso, l'ordinanza emessa a definizione del procedimento, espressamente qualificata come non appellabile, deve considerarsi ricorribile per cassazione, ai sensi dell'art. 111 Cost., come pacificamente ammesso anche sotto la precedente disciplina (cfr., per tutte, Cass. civ., Sez. Un., ord., n. 28267/2005). Qual è, tuttavia, il termine per proporre la predetta impugnazione? In generale, ai sensi degli artt. 325-326 c.p.c., il termine per la proposizione di ricorso per cassazione è di sessanta giorni dalla notificazione; in mancanza, di notifica, il termine lungo di impugnazione è di sei mesi dal deposito ai sensi dell'art. 327 c.p.c. La sentenza in commento si interroga sulla equiparabilità alla notificazione della comunicazione dell'ordinanza ex art. 15 d.lgs. 150/2011 da parte della cancelleria, ai fini della decorrenza del termine breve di cui all'art. 325 c.p.c.; al quesito, tuttavia, viene data risposta negativa, sulla base dei principi generali ricavabili dall'art. 739 c.p.c., il quale dà rilevanza alla comunicazione, a fini di impugnazione, solo se il provvedimento è dato in confronto di una sola parte, dovendosi fare, invece, riferimento alla notificazione ad istanza della parte interessata se è dato in confronto di più parti. In mancanza, quindi, di notificazione su impulso di parte, il termine per proporre ricorso per Cassazione avverso l'ordinanza ex art. 15 d.lgs. n. 150/2011 deve identificarsi con quello “lungo” di cui all'art. 327 c.p.c. Non vengono, invece, considerati pertinenti, ai fini dell'individuazione del termine per la proposizione del ricorso per cassazione, i principi dettati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 106/2016 che, quale pronuncia interpretativa di rigetto, indicava in giorni trenta il termine per la proposizione dell'opposizione al decreto di liquidazione delle spese di giustizia, nel parallelo con l'art. 702-quaterc.p.c. e al fine di evitare che la mancata previsione di un termine nell'art. 15 d.lgs. n. 150/2011, a differenza della formulazione previgente dell'art. 170d.P.R. n. 115/2002, potesse rendere l'opposizione proponibile sine die: trattasi, infatti, di intervento limitato alla sola individuazione del termine per la proposizione del ricorso in opposizione, che, in assenza di una diversa espressa indicazione, non può considerarsi suscettibile di estensione anche al fine di individuare il diverso termine per la proposizione del ricorso straordinario avverso la decisione adottata all'esito del giudizio di cui all'art. 15 d.lgs. n. 150/2011.

Riferimenti

Buffone, Curtò, Ianni, Disposizioni generali e rito del lavoro e Rito sommario e ordinario di cognizione, collana Semplificazione dei riti civili, a cura di Emilio Curtò, nel commento agli artt. 3 e 15 d.lgs. 150/2011, Milano, 2013.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.