La mancata omologa del concordato preventivo non qualifica come cessione un contratto di affitto di azienda

10 Aprile 2020

In caso di mancata omologa del concordato preventivo, un contratto di affitto di azienda, con patto di futura vendita, non può essere qualificato come cessione di azienda.
Massima

In caso di mancata omologa del concordato preventivo, un contratto di affitto di azienda, con patto di futura vendita, non può essere qualificato come cessione di azienda.

Il caso

La Commissione Tributaria Provinciale di Vicenza, con sentenza del 13 novembre 2019, n. 439/19, si è occupata di una contestazione effettuata dall'Agenzia delle Entrate in merito ad un'operazione di affitto di ramo d'azienda.

In particolare, una società, in concordato preventivo, aveva stipulato tale contratto con un'altra società, neocostituita, la quale era partecipata dalle figlie dell'amministratore dell'affittante e gestita dalla moglie di quest'ultimo.

Nel contratto, era previsto che la società affittuaria avrebbe dovuto irrevocabilmente acquistare l'azienda, nel caso in cui il concordato fosse stato omologato, ad un prezzo fissato, al netto dei canoni di affitto pagati fino a quel momento.

A seguito della dichiarazione di fallimento della dante causa, il trasferimento non è avvenuto, ma la società avente causa, che aveva preso in locazione un immobile dalla stessa affittante, è riuscita ad acquistare alcuni beni in occasione dell' asta fallimentare.

L'Agenzia delle Entrate ha riqualificato l'operazione come trasferimento di azienda, recuperando l'iva pagata alla società cedente per l'affitto, oltre la quota ammortizzabile, i costi di affitto e di acquisto dei beni mobili.

Prima, però, di procedere ad esaminare le conclusioni a cui è arrivata la Commissione di Vicenza, si ritine opportuno soffermarsi sulla normativa tributaria.

La questione

Per capire i motivi per cui i giudici di Vicenza abbiamo accolto il ricorso della parte contribuente, è necessario verificare la normativa tributaria che riguarda il passaggio di proprietà delle aziende.

Infatti, la contestazione dell'Agenzia si basa di fatto su tale aspetto.

Per i fini che qui interessano, si ricorda che l'art. 109 del TUIR sancisce, alla lettera a) del comma 2, che i corrispettivi delle cessioni si considerano conseguiti, e le spese di acquisizione dei beni si considerano sostenute, alla data della consegna o spedizione per i beni mobili e della stipulazione dell'atto per gli immobili e per le aziende, ovvero, se diversa e successiva, alla data in cui si verifica l'effetto traslativo o costitutivo della proprietà o di altro diritto reale. Non si tiene conto delle clausole di riserva della proprietà. La locazione con clausola di trasferimento della proprietà vincolante per ambedue le parti è assimilata alla vendita con riserva di proprietà.

Pertanto, da quanto si evince da tale dispositivo, il legislatore ha individuato specifici ambiti temporali, in relazione ai quali si intende realizzata la cessione.

Per le aziende, tale momento è individuato con riferimento alla data della stipulazione dell'atto ovvero al momento in cui si verifica l'effetto traslativo, se ciò si verifica successivamente alla sottoscrizione del documento contrattuale.

Pertanto, nel caso in cui il trasferimento sia subordinato al verificarsi di alcune condizioni sospensive, è in tale momento che la cessione ha rilevanza tributaria.

Il trasferimento ha effetto immediato nel caso in cui nel contratto siano inserite le clausole di riserva di proprietà, o, qualora si tratti di locazione, se è previsto che il trasferimento sia vincolante per entrambe le parti.

Una disposizione simile è contenuta anche nelle disposizioni IVA ai sensi del combinato disposto dell'art. 2, comma 2, punti 1) e 2), e dell'art. 6, comma 1, del d.P.R. 633/1972, tenendo presente che, ai fini di tale imposta, le cessioni di aziende sono considerate fuori campo (art. 2, comma 3, lettera b).

Al contrario, relativamente al contratto di affitto, i corrispettivi hanno rilevanza alla data della loro maturazione, ai fini delle imposte dirette (art. 109, comma 2, lettera b), mentre, ai fini IVA, si considerano effettuate all'atto del pagamento o al momento dell'emissione della fattura se antecedente (art. 6 del d.P.R. n. 633/1972).

La soluzione giuridica

A questo punto, è necessario verificare se i rilievi dell'Ufficio siano fondati o meno.

Da quanto si evince dalla motivazione della sentenza, questi non possono considerarsi fondati, in quanto l'acquisto dell'azienda era chiaramente subordinato all'omologa del concordato preventivo da parte dell'affittante.

Pertanto, non è neppure possibile sostenere che vi fosse un intento elusivo da parte delle due società di rinviare il momento impositivo.

In merito a tale rischio, si ricorda che l'Agenzia delle Entrate, con Risoluzione 01/08/2008, n. 338/E, ha precisato che , relativamente ad un contratto di vendita con riserva della proprietà o di un contratto di locazione con clausola di trasferimento della proprietà vincolante per ambedue le parti, il verificarsi dell'effetto traslativo, differito a mero scopo di garanzia, è voluto da entrambi i contraenti già al momento della conclusione del negozio: è a tale ultima data, quindi, che occorre fare riferimento per individuare il momento in cui ai fini della redazione del bilancio e ai fini fiscali rileva il trasferimento del bene.

Ad ulteriore precisazione di quanto appena sostenuto, l'Ufficio osserva come l'intento che ha spinto il legislatore ad introdurre - ai fini dell'individuazione dell'esercizio di competenza fiscale - una previsione specifica per la vendita con riserva di proprietà e per la locazione con patto di futura vendita vincolante per entrambe le parti, sia quello di porre un freno a possibili iniziative dei contribuenti (connotate da evidenti profili di elusività) che mediante la locazione di un bene immobile con patto di futura vendita vincolante per entrambe le parti (seguita dalla eliminazione del bene stesso dall'attivo del bilancio), intendano rilevare la plusvalenza emergente dall'operazione solo al momento del successivo trasferimento formale della proprietà, al termine della durata del contratto di locazione.

Così operando, in altri termini, secondo l'Agenzia delle Entrate, verrebbe indebitamente postergato il concorso alla formazione dell'imponibile della plusvalenza conseguita ad esito di una cessione la cui efficacia, si ripete, è differita per mere finalità di garanzia del venditore.

È evidente che, nel caso in esame, tale intento elusivo non era possibile, considerato che l'operazione è stata effettuata nell'ambito di una procedura concorsuale che si è conclusa con il fallimento, e, quindi, con l'intervento del Tribunale, della società affittante.

Osservazioni

La Commissione Tributaria Provinciale di Vicenza ha accolto il ricorso, ritenendo che l'operazione non poteva qualificarsi come cessione, essendo chiaro che era di affitto di azienda.

In particolare, viene respinta la tesi dell'Ufficio secondo il quale il trasferimento sarebbe provato dal fatto che l'avente causa ha continuato a svolgere l'attività, rivolgendosi alla medesima clientela, nello stesso luogo ed avvalendosi degli stessi marchi, macchinari e degli stessi dipendenti della società cedente.

Del resto, come osservato dai giudici, non si può, infatti, pensare di prendere in affitto un'azienda senza poter continuare l'attività negli stessi locali, con gli stessi beni strumentali dell'azienda e con la clientela acquisita.

Oltretutto, come nel caso in esame, dove l'affitto era stato stipulato in relazione ad un concordato in continuità per tenere in vita l'azienda e per conservare, per quanto possibile, il suo valore, non è possibile intravedere una violazione connessa con l'abuso del diritto ai sensi dell'art. 10-bis dello Statuo del Contribuente.

Infatti, la soluzione dell'affitto è dettata solitamente dalla necessità di un intervento immediato volto a garantire la continuità dell'attività di impresa o di rami di essa in capo ad un soggetto terzo, tentando così di contrastare i potenziali effetti pregiudizievoli derivanti da situazioni di crisi.

In ambito fallimentare, l'affitto si pone, quindi, come strumento di conservazione della funzionalità dell'azienda alternativo rispetto all'esercizio provvisorio da parte dello stesso curatore e finalizzato a una più proficua vendita dell'azienda o di parti di essa.

Tale tesi sarebbe coerente con quanto sancito dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia (sentenza del 17 giugno 2008 n. 52/20/08) la quale, proprio in un caso in cui le parti si erano impegnate, nel contratto di affitto originario, a cedere e ad acquistare l'azienda, subordinando ciò all'ammissione al concordato preventivo, ha sancito che, nonostante il patto di futura cessione, la causa del contratto rimane l'affitto di azienda.

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