Decesso del legale costituito, riassunzione del processo e principio della libertà delle forme
09 Aprile 2020
Una vicenda peculiare. In una controversia bancaria pendente in appello i clienti della banca, già soccombenti in primo grado, propongono al giudice un'istanza di anticipazione di udienza, che è accolta e che, unitamente al decreto di anticipazione, gli istanti tentano di notificare al difensore della banca: ma l'istanza e il decreto vengono restituiti non notificati perché il difensore è morto, sicché la notificazione è infine nuovamente effettuata direttamente alla banca, ossia alla parte personalmente. All'udienza anticipata le parti compaiono ed il giudice, preso atto della morte del difensore della banca, dichiara interrotto il processo. I clienti notificano allora il ricorso per riassunzione: ma la banca ne eccepisce la tardività, per essere trascorso il termine all'epoca semestrale (oggi trimestrale) contemplato dall'art. 305 c.p.c. La corte d'appello, però, disattende l'eccezione, e lo fa — con l'adozione di una soluzione che nemmeno i clienti avevano prospettato — osservando che, tutto considerato, l'istanza di anticipazione di udienza ben poteva valere come istanza di riassunzione, dal momento che, al secondo tentativo, essa era stata notificata personalmente alla banca con la precedente relata di notificazione negativa, da cui risultava il decesso del difensore.
La libertà delle forme. Premesso che le questioni di esclusiva rilevanza processuale non rientrano tra quelle che, se rilevate d'ufficio, vanno sottoposte alle parti (lettura minimale del secondo comma dell'art. 101 c.p.c. in effetti più volte ribadita dalla S.C.), la sentenza in commento osserva anzitutto che, in caso di morte del difensore, l'effetto interruttivo si produce automaticamente, indipendentemente dalla dichiarazione, sicché, nel caso in esame, il processo, al momento della notificazione alla banca dell'istanza di anticipazione di udienza era già interrotto. Dopo di che fa leva sul basilare principio stabilito dall'art. 156 c.p.c. secondo cui la nullità per inosservanza di forme non può essere dichiarata se non è comminata dalla legge, a meno che l'atto manchi dei requisiti indispensabili per il raggiungimento dello scopo, e, in ogni caso, non può mai essere pronunciata se lo scopo sia stato raggiunto.
E, sebbene il provvedimento del giudice di fissazione dell'udienza anticipata fosse stato emanato prima del decesso del difensore della banca e non avesse quindi lo scopo di consentire la riassunzione, ritiene la pronuncia che «nel mutato contesto poteva adeguatamente assolvere la stessa funzione di individuare l'udienza per la ripresa del processo», tantopiù — aggiunge la S.C. — che il termine dilatorio era ampio. Insomma la banca doveva capire che l'istanza di anticipazione di udienza era in effetti un ricorso per riassunzione, sebbene nell'istanza non si facesse menzione dell'evento interruttivo né si chiedesse la riattivazione del processo, per il solo fatto della presenza di una prima relata di notificazione negativa.
Habent sua sidera lites. Sarà vero, se la S.C. dice così. Rimane però un mistero: se l'istanza di anticipazione di udienza aveva già determinato la riattivazione del processo interrotto ipso iure per il decesso del difensore della banca, perché mai all'udienza anticipata la corte d'appello ne aveva dichiarato l'interruzione, così inducendo le parti a dibattere poi se il successivo (inutile?) atto di riassunzione fosse o meno tempestivo? |