Cessione di azienda e accordo di ristrutturazione del debito: esclusa la responsabilità tributaria in capo al cessionario

13 Aprile 2020

In caso di cessione di azienda nell'ambito di un accordo di ristrutturazione del debito, è possibile escludere la responsabilità tributaria in capo al cessionario.
Premessa

A seguito di una richiesta di consulenza giuridica, l'Agenzia delle Entrate, con la risposta n. 21/2019, ha fornito chiarimenti circa l'ambito temporale di applicazione dell'articolo 14,comma 5-bis, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, che, introdotto a decorrere dal 1° gennaio 2016 dall'articolo 16, comma 1, lett. g), del decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 158, esclude la responsabilità solidale a carico del cessionario di un'azienda (o di un ramo di azienda) per il pagamento di imposte e sanzioni imputabili al cedente qualora la cessione intervenga, tra l'altro, nell'ambito di un accordo di ristrutturazione dei debiti di cui all'articolo 182-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267.

In particolare, è stato chiesto di chiarire se l'esclusione dettata dal citato articolo 14, comma 5-bis, del decreto legislativo n. 472/1997 possa configurarsi anche nel caso in cui la cessione di un'azienda (o di un ramo di azienda) sia posta in essere in esecuzione di un accordo di ristrutturazione dei debiti presentato ed omologato prima della data del 1° gennaio 2016.

Quadro normativo

A questo punto è doveroso ricordare che, a norma dell'art. 14, co. 1, del D.Lgs. n. 472/1997, il cessionario dell'azienda (o del ramo d'azienda) è responsabile in solido per il pagamento dell'imposta e delle sanzioni riferibili alle violazioni commesse nell'anno in cui è avvenuta la cessione e nei due precedenti.

Inoltre, tale responsabilità solidale si estende alle sanzioni già irrogate e contestate nel medesimo periodo anche se riferite a violazioni commesse in epoca anteriore.
Essa ha carattere generale, quindi opera con riferimento a qualsiasi tributo, a prescindere dall'ente impositore, e non viene meno qualora il contratto di cessione sia poi risolto per inadempimento (Corte di Cassazione del 9 giugno 2015, n. 11972).
La responsabilità solidale non può eccedere il valore dell'azienda o del ramo d'azienda acquisito.

Prima di rivalersi sull'acquirente, l'Amministrazione ha l'obbligo di esperire l'azione esecutiva nei confronti del cedente (la responsabilità è “sussidiaria”). Chiusa questa fase, il credito (residuo) può essere fatto valere nei confronti del cessionario.

Il comma 2 prevede un'ulteriorelimitazione alla responsabilità del cessionario, disponendo che la sua obbligazione è limitata al debito risultante, alla data del trasferimento, dagli atti degli Uffici dell'Amministrazione finanziaria e degli enti preposti all'accertamento dei tributi di loro competenza.

Ai sensi del comma 3 è possibile fare richiesta all'Amministrazione finanziaria di una certificazione che attesti la presenza o meno di pendenze fiscali a carico del cedente.

Tutte le limitazioni della responsabilità, previste nell'art. 14, vengono meno, ai sensi del comma 4, nel caso in cui l'Agenzia possa provare (anche in via presuntiva) che il trasferimento è avvenuto in frode ai crediti di natura tributaria, ossia proprio con il fine di evitare il pagamento di imposte, interessi e sanzioni.

In base al comma 5, la frode si presume, salvo prova contraria, se il trasferimento è effettuato nei sei mesi successivi alla contestazione di una violazione penalmente rilevante in capo al cedente. In questa evenienza, quindi, il cessionario risponderà in solido con il cedente, senza la necessità della preventiva escussione di quest'ultimo, e senza limitazioni di responsabilità, quindi anche oltre il valore dell'azienda ceduta e per tutte le violazioni commesse fino alla data di trasferimento anche se non ancora contestate.

Infine, con il D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158, è stato introdotto il comma 5-bis, il quale, a decorrere dal 1° gennaio 2016, prevede una causa di disapplicazione della norma quando la cessione avviene nell'ambito di una procedura concorsuale, di un accordo di ristrutturazione dei debiti, di un piano attestato o di un procedimento di composizione della crisi da sovraindebitamento o di liquidazione del patrimonio.

Il comma 5-ter, invece, anch'esso di nuova introduzione, estende l'applicazione della disciplina dettata dalla norma, in quanto compatibile, anche con riferimento alla fattispecie di conferimento di azienda e a tutte le ipotesi di trasferimento d'azienda (così C.T. Reg. Firenze 6.3.2017 n. 598/8/17).

Natura della modifica normativa

La principale problematica affrontata dall'Agenzia delle Entrate è quella relativa alla natura della modifica normativa, considerato che solo a decorrere dal primo gennaio 2016 sono state specificatamente citate le procedure concorsuali tra le operazioni nell'ambito delle quali è possibile escludere la responsabilità del cessionario.

È evidente che, qualora venisse negata tale possibilità, vi sarebbe una violazione della normativa fallimentare che vieta di iniziare o proseguire azioni individuali sul patrimonio del fallito.

Partendo da questi presupposti, la parte istante ha sostenuto che la suddetta esclusione di responsabilità tributaria dell'acquirente dovrebbe operare retroattivamente per i seguenti motivi.

In primo luogo, alla responsabilità solidale dettata dall'articolo 14 del decreto legislativo n. 472del 1997 deve riconoscersi natura di sanzione impropria (in caso contrario, infatti, il decreto legislativo n. 158/2015 avrebbe introdotto una modifica a detta disposizione al di fuori dei poteri e dei principi stabiliti dalla legge 11 marzo 2014, n.23). Di conseguenza, l'esimente dettata dal successivo comma 5-bis del medesimo articolo 14 dovrebbe applicarsi anche alle cessioni intervenute prima della data del 1°gennaio 2016 in virtù del principio del favor rei di cui all'articolo 3 del D.Lgs. n. 472/1997.

Inoltre, giustamente è stato osservato che sarebbe contrario alla finalità dell'istituto di cui all'articolo 182-bis del regio decreto n. 267/1942 ipotizzare che il cessionario possa incorrere nella responsabilità solidale dell'articolo 14 del D.Lgs. n. 472/1997 (verrebbe, infatti, posto nel nulla il principio di intangibilità degli atti esecutivi dell'accordo).

In conclusione

L'Agenzia delle Entrate, nella risposta in esame, ritiene che la norma in commento abbia carattere ricognitivo di un principio che si poteva desumere già in via interpretativa, come fatto dall'Amministrazione finanziaria, la quale, con la R.M. n. 112/E-6-84670 del 12 luglio 1999, aveva escluso la responsabilità del cessionario in caso di fallimento del cedente

Tale istituto si applicherebbe anche alle altre procedure, diverse dal fallimento, quali il concordato preventivo con liquidazione, la liquidazione coatta amministrativa, e gli accordi di ristrutturazione del debito.

In merito alla natura di tali accordi, l'Agenzia ricorda il recente orientamento della Corte di cassazione che, nella recente sentenza del 10 aprile 2019, n. 10106, ha confermato la tesi secondo la quale «l'accordo di ristrutturazione dei debiti di cui alla "appartiene agli istituti del diritto concorsuale" - ovvero, più esplicitamente, rientra "tra le procedure concorsuali", "come è dato desumere dalla disciplina alla quale nel tempo è stato assoggettato dal legislatore; disciplina che, in punto di condizioni di ammissibilità, deposito presso il tribunale competente, pubblicazione al registro delle imprese e necessità di omologazione, da un lato, e meccanismi di protezione temporanea, esonero dalla revocabilità di atti, pagamenti e garanzie posti in essere in sua esecuzione, dall'altro, (v. la , nei suoi vari commi, e la L. Fall., art. 67, comma 3, lett. e)) suppone realizzate, nel pur rilevante spazio di autonomia privata accordato alle parti, forme di controllo e pubblicità sulla composizione negoziata, ed effetti protettivi, coerenti con le caratteristiche dei procedimenti concorsuali».

Pertanto, anche per gli accordi di ristrutturazione dei debiti la modifica operata dall'articolo 16, comma 1, lett. g), del decreto legislativo n. 158/2015 all'art. 14 del decreto legislativo n. 472 del 1997 non ha portata innovativa e, come tale, trova applicazione agli atti di cessione di azienda (o di ramo di azienda) posti in essere anteriormente al 1° gennaio 2016.

Nella risposta viene precisato che la responsabilità del cessionario rimane nel caso di atti posti in frode alla legge.

Infatti, come stabilito dalla stessa Agenzia delle Entrate (Ris. n. 91/E del 13 ottobre 2016), la norma in esame, che è norma speciale rispetto all'articolo 2560, comma 2, del codice civile, introduce misure antielusive a tutela dei crediti tributari, ad evitare che, attraverso il trasferimento dell'azienda, sia dispersa la garanzia patrimoniale del contribuente in pregiudizio dell'interesse pubblico.

Sulla base di tali presupposti, alcuni giudici di merito (CTP di Latina con sentenza del 26 febbraio 2019, n. 190/06/19) hanno ritenuto che tale pregiudizio si fosse verificato, in quanto, attraverso una mascherata cessione di singoli beni, di fatto la parti avevano proceduto al trasferimento dell'intera azienda.

Tale tesi si fonda sul presupposto che il soggetto cessionario è responsabile in solido con quello cedente quando il trasferimento dell'azienda o di un ramo d'azienda, od anche il trasferimento frazionato di singoli beni appartenenti al complesso aziendale, riduce l'originaria generale garanzia patrimoniale del debitore nei confronti dell'Erario; e questo in quanto il complesso dei beni destinati all'esercizio di una attività economica organizzata assume importanza rispetto alla generale responsabilità patrimoniale cui il debitore è tenuto ai sensi dell'art. 2741 c.c. (Cass.14 marzo 2014, n. 5979).

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