La vicenda. Una società in accomandita semplice, ex amministratrice di un Condominio, propone ricorso per cassazione avverso la sentenza di secondo grado con cui la Corte d'Appello rigettava la domanda della società volta a conseguire la condanna del Condominio a rimborsare una somma di circa 9.000 euro per pretese anticipazioni operate nel corso della gestione (in particolar modo riferite all'anno 2004), sostenendo poi di essersi accordata in tal senso con la nuova amministratrice condominiale, subentrata nel 2005. In particolar modo, i Giudici di seconde cure sostenevano che dalle risultanze probatorie erano emerse irregolarità gestorie della società amministratrice e che l'approvazione del rendiconto non dimostrava le suddette anticipazioni; non era quindi stata raggiunta la prova del credito relativo a queste ultime.
La (non) sussistenza della prova delle anticipazioni. Con il motivo di ricorso, pertanto, la società amministratrice chiede ai Supremi Giudici di rivalutare la sussistenza della prova, nella contabilità condominiale, delle anticipazioni da ella effettuate. Si tratta, in realtà, di un accertamento demandato al giudice del merito, incensurabile in Cassazione.
A tal proposito, è orientamento consolidato nella giurisprudenza di legittimità quello secondo cui, posto che il credito dell'amministratore per il recupero del denaro anticipato nell'interesse del condominio si fonda sul contratto di mandato con rappresentanza che intercorre con i condomini, spetta all'amministratore medesimo l'onere di provare gli esborsi effettuati, mentre i condomini, tenuti a rimborsargli le anticipazioni da lui effettuate, con gli interessi legali dal giorno in cui sono state fatte, devono dimostrare di aver adempiuto all'obbligo di «tenere indenne l'amministratore da ogni diminuzione patrimoniale in proposito subita».
Nel caso in esame , spettava, dunque, alla società amministratrice provare la sussistenza dei fatti su cui fondare la propria pretesa di recupero delle somme anticipate, spettando invece all'assemblea il potere di approvare il consuntivo. Neppure l'accettazione da parte del nuovo amministratore dei documenti contabili fornitegli dal precedente costituiva prova idonea del debito nei confronti di quest'ultimo da parte dei condomini per l'importo corrispondente al disavanzo tra le rispettive poste contabili. Ed infine anche la deliberazione assembleare di approvazione del rendiconto consuntivo, pur ove evidenzi un disavanzo tra le entrate e le uscite, non consente di ritenere dimostrato che la differenza sia stata versata dall'amministratore con denaro personale «in quanto la ricognizione di debito postula un atto di volizione da parte dell'organo collegiale in relazione a poste passive specificamente indicate».
Sulla base di tali principi e considerazioni, il ricorso della società amministratrice va, pertanto, rigettato.