Conseguenze della caducazione del titolo esecutivo nel corso del giudizio di opposizione
14 Aprile 2020
La III sezione della Corte di cassazione ha ritenuto di rimettere gli atti al Primo Presidente al fine di valutare la possibile assegnazione della questione posta al vaglio alle Sezioni Unite, tanto alla luce del contrasto venutosi a creare sulla materia.
Il fatto. La vicenda posta al vaglio della III sezione della Corte di cassazione trae origine da un'intimazione di sfratto per morosità cui era seguita un'ordinanza di convalida resa in assenza dell'intimato. Quest'ultimo aveva proposto opposizione tardiva alla convalida, la domanda era rigettata nel merito dal Tribunale. Iniziata l'esecuzione da parte del proprietario dell'immobile locato, il conduttore aveva intrapreso giudizio di opposizione all'esecuzione, pure rigettata in primo grado. In sede di appello, la decisione che aveva statuito l'infondatezza l'opposizione tardiva veniva ribaltata, con conseguente declaratoria di nullità dell'ordinanza di convalida dello sfratto.
La decisione della Corte territoriale. Frattanto il conduttore aveva pure appellato la decisione di rigetto dell'opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c.; nel corso del relativo giudizio aveva allegato, evidentemente quale fatto sopravvenuto, il venir meno del titolo esecutivo per effetto della riforma della sentenza di primo grado, medio tempore intervenuta. Ciò, tuttavia, non era ritenuto sufficiente dalla Corte d'appello, investita della questione, che considerava la sentenza un fatto estintivo successivo, non valutabile ai fini dell'opposizione all'esecuzione, laddove potevano avere rilevanza solo i fatti sopravvenuto idonei a determinare l'inesistenza del titolo esecutivo. In altri termini perché l'esecuzione fosse illegittima lo doveva essere sin dalla sua origine.
Il motivo d'impugnazione principale. Per quanto in questa sede preme mettere in luce, la decisione era impugnata dinanzi alla Corte di cassazione dall'inquilino, in via principale, e dal proprietario, in via incidentale. In buona sostanza il ricorrente principale evidenziava come la successiva caducazione dell'ordinanza di convalida di sfratto, intervenuta nelle more del giudizio di appello relativo alla fase esecutiva, ben potesse essere dedotto in appello, ove, come nel caso di specie, fosse intervenuta nel corso del giudizio di opposizione. Sicché la Corte avrebbe dovuto prendere atto della caducazione del titolo esecutivo utilizzando la sentenza al fine dell'adozione della decisione finale.
Il contrasto nella giurisprudenza di legittimità. Sul punto la terza sezione della Corte di cassazione ha evidenziato l'esistenza di un recente e consapevole contrasto nella giurisprudenza di legittimità, al punto da ritenere opportuna la rimessione degli atti al Primo Presidente per le decisioni del caso. Si discute della rilevanza della pronuncia di caducazione del titolo esecutivo intervenuta nel corso del giudizio di opposizione all'esecuzione, anche al fine delle ricadute pratiche in termini di liquidazione delle spese di causa. Il Giudice del merito in sede di appello aveva sostanzialmente ritenuto che solo la pronuncia d'inesistenza del titolo esecutivo fosse idonea a determinare ab origine l'ingiustizia della esecuzione. Preliminare era quindi, ai fini della valutazione della legittimità dell'azione esecutiva, l'accertamento dell'idoneità del titolo a fondare l'esecuzione, anche nell'ipotesi in cui fossero intervenute vicende estintive dello stesso nel corso del giudizio di opposizione ed anche per motivazioni differenti da quelle dedotte con il giudizio di opposizione. A tale proposito la giurisprudenza di legittimità, pur partendo dal medesimo presupposto, giunge a delle conclusioni differenti. Un primo orientamento (Cass. civ., n. 1005/2020) ha ritenuto che la sopravvenuta caducazione del titolo esecutivo, in conformità del principio generale della domanda, non comporti la fondatezza dell'opposizione ed il suo accoglimento bensì la cessazione della materia del contendere; tanto per difetto di interesse, con conseguente ricaduta pratica in termini di regolazione delle spese di causa che non possono essere liquidate con certezza in favore dell'opponente, dovendosi all'uopo utilizzare il principio della soccombenza virtuale, secondo il principio di causalità e nella considerazione dell'intera vicenda processuale. Nel 2019 con la sentenza n. 21240 la Seconda Sezione della Corte di cassazione è entrata in aperto contrasto con il precedente orientamento prevalente, riprendendo risalenti arresti giurisprudenziali; in questo contesto ha affermato il principio di diritto secondo cui la caducazione del titolo esecutivo, nelle more del giudizio di opposizione, ancorché intervenuto per motivi differenti da quelli posti a sostegno del giudizio di opposizione all'esecuzione, pur portando ad una cessazione della materia del contendere, presuppone una sostanziale fondatezza dell'opposizione, con la conseguente impossibilità per il giudice di merito di porre le spese del giudizio a carico della parte opponente. Sostanzialmente i Giudici, con il citato arresto giurisprudenziale hanno ritenuto che, intervenuta la caducazione del titolo, l'opposizione deve ritenersi fondata, per qualunque motivo proposta, sicché il Giudice non può, in violazione del principio di soccombenza, condannare l'opponente al pagamento delle spese processuali, sulla scorta dei motivi proposti risultando gli stessi assorbiti dalla caducazione del titolo, con conseguente illegittimità ab origine dell'esecuzione. È evidente come l'adesione all'uno o all'altro principio di diritto comporta evidenti ricadute pratiche soprattutto in termini di regolamentazione delle spese di causa. Da qui la necessità di rimettere la questione al Primo Presidente per le opportune valutazioni del caso.
*Fonte: www.dirittoegiustizia.it
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