Spettanza esclusiva della gestione dell’impresa in capo agli amministratori e poteri dei soci nelle s.r.l.

Francesca Maria Bava
14 Aprile 2020

Il Codice della crisi dell'impresa e dell'insolvenza (D.Lgs.12 gennaio 2019, n. 141) ha previsto, tra le altre, anche norme sugli assetti organizzativi dell'impresa individuale e collettiva, in vigore già dal 16 marzo 2019, aventi la finalità di responsabilizzare gli organi di gestione ad adottare misure volte a prevenire i rischi dell'insolvenza. In particolare, l'art. 377...

Il Codice della crisi dell'impresa e dell'insolvenza (D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14) ha previsto, tra le altre, anche norme sugli assetti organizzativi dell'impresa individuale e collettiva, in vigore già dal 16 marzo 2019, aventi la finalità di responsabilizzare gli organi di gestione ad adottare misure volte a prevenire i rischi dell'insolvenza.

In particolare, l'art. 377 ha introdotto negli artt. 2257, 2380 bis, 2409 novies e 2475 c.c. la previsione per la quale “la gestione dell'impresa si svolge nel rispetto della disposizione di cui all'articolo 2086, secondo comma, c.c. e spetta esclusivamente agli amministratori, i quali compiono le operazioni necessarie per l'attuazione dell'oggetto sociale”.

La suddetta disposizione è di significativo rilievo nell'ambito delle s.r.l., da sempre caratterizzate per la centralità dei soci e per la possibilità di riservare agli stessi competenze gestionali: ciò emerge, in particolare, dall'art. 2479, comma 1, c.c., che riconosce ai soci il potere di decidere sulle materie statutariamente riservate alla loro competenza o che vengono sottoposte alla loro approvazione, dall'art. 2468, comma 3, c.c. che riconosce la possibilità di attribuire ai singoli soci particolari diritti anche relativi ad operazioni gestorie ed, infine, dall'art. 2476, comma 7, c.c. che concerne la responsabilità solidale con gli amministratori dei soci che hanno deciso o autorizzato il compimento di atti dannosi per la società, i soci e i terzi.

Il Consiglio Notarile di Milano, con la massima n. 183, si è pronunciato sul problema del coordinamento tra la modifica apportata all'art. 2475 c.c. e gli ampi poteri riconosciuti ai soci non amministratori dalle norme sopra richiamate.

Una prima opzione interpretativa potrebbe condurre a ritenere che vi sia un'abrogazione implicita delle norme incompatibili con la nuova previsione, e quindi una necessaria limitazione dei poteri dei soci a mere autorizzazioni come già previsto nelle s.p.a. all'art. 2364, comma 1, n. 5 c.c.

Secondo un'altra interpretazione, sostenuta dal Consiglio Nazionale del Notariato nello studio n. 58/2019, si dovrebbe ritenere che la nuova previsione dei poteri di gestione in capo ai soli amministratori sia da riferire al riformato art. 2086 c.c. e quindi esplicante effetti solo sul piano “organizzativo” dell'impresa, ossia dell'adozione di adeguati assetti organizzativi, rimanendo invariata la disciplina concernente la gestione “operativa”, ossia delle decisioni di “business”.

Il Consiglio di Milano critica sia la tesi dell'abrogazione implicita delle norme incompatibili, che inevitabilmente condurrebbe a ritenere la disciplina introdotta dal D.Lgs. n. 14/2019 viziata per eccesso di delega, sia la tesi della distinzione tra profili organizzativi ed operativi, che determinerebbe rilevanti inconvenienti pratici: nella massima n. 183 si afferma,pertanto, che debba operarsi una ripartizione tra poteridecisionali”, ancora attribuibili ai soci- quali diritti collettivi ex art. 2479 c.c. o quali diritti particolari ex art. 2468 c.c. o diritti di categoria (ammessi nelle s.r.l. PMI) - e poteriesecutivi”, spettanti in via esclusiva agli amministratori che hanno la rappresentanza della società e che ne rispondono ex art. 2476 c.c.

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