Costituisce titolo esecutivo il contratto di mutuo perfezionato dall'atto di erogazione del denaro e dalla relativa quietanza

15 Aprile 2020

La Corte di cassazione è chiamata a verificare se il complesso di atti posti a base dell'azione esecutiva in commento possano essere qualificati nei termini di titolo esecutivo (stragiudiziale).
Massima

Al fine di accertare se un contratto di mutuo possa essere utilizzato quale titolo esecutivo occorre verificare, attraverso la sua interpretazione integrata con quanto previsto nell'atto di erogazione e quietanza, se esso contenga pattuizioni volte a trasmettere con immediatezza la disponibilità giuridica della somma mutuata, e che entrambi gli atti, di mutuo ed erogazione, rispettino i requisiti di forma imposti dalla legge.

Il caso

Dopo aver ricevuto, da parte dell'istituto di credito mutuante, la notificazione dell'atto di precetto, il debitore proponeva opposizione ex art. 615, comma 1, c.p.c.

L'opposizione veniva accolta dal Tribunale, il quale rilevava come il contratto azionato fosse un preliminare di mutuo privo di efficacia esecutiva.

L'istituto di credito proponeva appello, il quale veniva accolto dalla Corte distrettuale. La stessa, in particolare, rilevava come il mutuo si fosse perfezionato con i due atti di erogazione e quietanza, posti a base del precetto, nei quali erano stati specificati modi e tempi di restituzione delle somme, oltre alla misura degli interessi dovuti. Inoltre, il mutuo era sì stato condizionato alla circostanza che il debitore ottenesse determinate certificazioni dal Ministero per le risorse agricole, ma tale condizione avrebbe dovuto ritenersi avverata, ex art. 1359 c.c., stante la mancata attivazione del debitore medesimo al fine di ottenere detti certificati.

Avverso tale pronuncia – che, in definitiva, rigettava l'opposizione a precetto -, il debitore proponeva ricorso per cassazione lamentando, in particolare, violazione e falsa applicazione degli artt. 474 c.p.c., 1813, 1822 e 1353 c.c., nella parte in cui la sentenza della Corte d'Appello aveva riconosciuto efficacia esecutiva a un contratto che, in quanto mero preliminare di mutuo, non poteva esserne dotato.

La questione

La Corte di cassazione è dunque chiamata a verificare se il complesso di atti posti a base dell'azione esecutiva in commento possano essere qualificati nei termini di titolo esecutivo (stragiudiziale): solo in tal caso, infatti l'esecuzione in discorso potrà dirsi validamente intrapresa – con conseguente infondatezza del ricorso per cassazione proposto -, mentre, nell'eventualità contraria, non potrà che concludersi per l'ingiustizia della sentenza di seconde cure, per aver erroneamente rigettato nel merito l'opposizione a precetto proposta.

Da quanto risulta dal testo del provvedimento in commento, lo si ricorda, le parti avevano concluso, nel caso di specie, un contratto preliminare di mutuo; successivamente, a base del notificato atto di precetto venivano altresì posti l'atto di erogazione della somma mutuata e la relativa quietanza, nei quali erano stati specificati modi e tempi di restituzione delle somme, oltre alla misura degli interessi dovuti. Tali due atti, secondo la Corte d'appello, sarebbero stati idonei a condurre al perfezionamento del contratto definitivo di mutuo.

Le soluzioni giuridiche

La Suprema Corte dichiara l'infondatezza del motivo proposto e conseguentemente rigetta il ricorso per cassazione, in tal modo confermando la sentenza di appello che aveva, a sua volta, rigettato l'opposizione a precetto.

Anzitutto, la Cassazione chiarisce come, nel caso di specie, il titolo esecutivo azionato fosse rappresentato dal contratto di finanziamento, redatto nelle forme dell'atto pubblico, unitamente ai due atti di erogazione e quietanza, parimenti rogati da notaio, attestanti l'effettiva elargizione delle somme mutuate. A tale rilievo, il provvedimento fa seguire il richiamo al precedente di cui a Cass. civ., 27 agosto 2015, n. 17194, dove si è chiarito che, al fine di accertare se un contratto di mutuo possa essere utilizzato quale titolo esecutivo occorre verificare, attraverso la sua interpretazione integrata con quanto previsto nell'atto di erogazione e quietanza, se esso contenga pattuizioni volte a trasmettere con immediatezza la disponibilità giuridica della somma mutuata, e che entrambi gli atti, di mutuo ed erogazione, rispettino i requisiti di forma imposti dalla legge.

Si tratterebbe, secondo il provvedimento in esame, di quanto esattamente compiuto dalla Corte distrettuale: la quale, preso atto della redazione per atto pubblico del contratto preliminare di mutuo e degli atti di erogazione e quietanza, nonché della circostanza che, dal tenore di questi ultimi, emergeva con chiarezza la trasmissione di denaro da mutuante a mutuatario, ha riconosciuto l'idoneità del contratto a costituire titolo esecutivo.

Osservazioni

Il richiamo effettuato dalla Suprema Corte al precedente del 2015 richiede qualche precisazione. Il principio di diritto ivi affermato, infatti, aveva riguardo a un contratto di mutuo condizionato il quale, essendo privo dei requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità di cui all'art. 474 c.p.c., non poteva costituire titolo esecutivo e si perfezionava esclusivamente con i successivi atti di erogazione e quietanza, subordinati all'avveramento delle condizioni pattuite. In tale contesto, la presenza degli atti di erogazione e quietanza, posti a base dell'atto di precetto, erano senz'altro idonei a perfezionare il contratto di mutuo condizionato e munirlo di efficacia esecutiva.

Nella fattispecie in esame ci troviamo di fronte a una fattispecie differente, ossia a un contratto preliminare di mutuo.

A tal riguardo, occorre allora precisare come anche il contratto preliminare di mutuo, di per sé, non costituisca titolo esecutivo (nella giurisprudenza di merito, Trib. Roma, 18 luglio 1998, in Dir. fall., 1999, 150; più recentemente, Trib. Roma, 15 maggio 2015, in www.ilcaso.it). Al contempo, occorre ricordare come il mutuo sia un contratto reale, ossia un contratto il cui perfezionamento è collegato alla consegna della cosa (nel caso di specie, della somma di denaro mutuata). Sul punto, la giurisprudenza è granitica nell'affermare come il contratto (definitivo) di mutuo, appunto in quanto contratto reale, si perfezioni con la consegna della somma mutuata, e che da tale momento sorga l'obbligo di rimborso in capo al mutuatario, con la conseguenza per cui tale contratto possa costituire titolo esecutivo, ai sensi dell'art. 474 c.p.c., solo qualora risulti l'effettiva dazione della somma mutuata (tra le tantissime, Cass. civ., 27 ottobre 2017, n. 25632; Trib. Roma, 12 dicembre 2019; Trib. Palermo, 3 ottobre 2019). Ne discende, allora, che, da un punto di vista logico, la Corte distrettuale – con un ragionamento che evidentemente ha trovato l'avallo della Cassazione – ha dapprima, esplicitamente o meno, rilevato l'idoneità della dazione del denaro, risultante dai distinti atti di erogazione della somma mutuata e di quietanza, a condurre al perfezionamento del contratto definitivo di mutuo; e poi ha riconosciuto a quest'ultimo l'efficacia di titolo esecutivo ex art. 474 c.p.c.

Sul punto, è necessaria un'ultima precisazione, riguardo alla quale è opportuno richiamare un recente arresto (Trib. Avezzano, 8 febbraio 2019), dove si è ulteriormente precisato, a completamento dei principi richiamati poc'anzi, come debba escludersi che possa costituire titolo esecutivo il contratto di mutuo in cui l'erogazione della somma sia condizionata all'adempimento di una serie di formalità da parte del mutuatario, di cui non venga fornita la prova nella forma dell'atto pubblico, mancando in tali ipotesi la prova del requisito della traditio necessario per il perfezionamento del mutuo e la conseguente insorgenza dell'obbligazione di restituzione della somma mutuata. Nella fattispecie in commento, il perfezionamento del contratto di mutuo risultava in effetti condizionato all'ottenimento, da parte del debitore, di alcune certificazioni: certificazioni che, lo si ricorda, non sono state ottenute a causa della condotta inadempiente del debitore medesimo. La questione – con un ragionamento ritenuto corretto dai giudici di legittimità – viene liquidata dalla Corte d'appello mediante l'applicazione del principio di cui all'art. 1359 c.c., ossia identificando nel debitore il soggetto avente interesse contrario all'avveramento della condizione e qualificando la sua condotta ostativa nei termini di evento idoneo a realizzare la condizione medesima. Qualche dubbio su tale conclusione può forse essere sollevato, se solo si consideri che, nella generalità dei casi, il debitore è in realtà un soggetto che è assolutamente interessato al positivo perfezionamento del contratto di mutuo al fine di realizzare gli scopi per i quali ha scelto di richiedere un finanziamento: in tal caso, allora, venendo meno la possibilità di ricorrere alla norma di cui al richiamato art. 1359 c.c., al mancato ottenimento delle certificazioni conseguirebbe l'impossibilità di perfezionare il contratto definitivo di mutuo e, con ciò, l'assenza di efficacia esecutiva degli atti posti a base della presente vicenda.

Guida all'approfondimento
  • Caprio, Validità del contratto di mutuo come titolo esecutivo e rimedi all'abuso del cumulo dei mezzi di espropriazione, in REF, 2019;
  • Monica, Il mutuo condizionato non è titolo esecutivo idoneo per l'esecuzione forzata ex art. 474 c.p.c., in Il Quotidiano giuridico, 12.3.2019;
  • Trinchi, sub art. 474, in Consolo (diretto da), Codice di procedura civile. Commentario, III, Milano, 2018;
  • Vaccarella, Titolo esecutivo, in EGT, Roma, 1994.

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