La spettanza del potere di controllo ex art. 2476, comma 2, c.c. in caso di pegno e usufrutto sulle partecipazioni sociali nelle s.r.l.
22 Aprile 2020
Introduzione
L'art. 2352 c.c. detta la disciplina che governa l'esercizio dei diritti sociali in caso di partecipazioni gravate da vincoli. Si tratta di regole dettate in relazione alle società per azioni, applicabili anche alle società a responsabilità limitata attraverso il richiamo contenuto nell'art. 2471 bis c.c. La disciplina in questione è relativa sia ai vincoli derivanti dalla costituzione di diritti di pegno o usufrutto sulle partecipazioni, che ai vincoli giudiziali (sequestri e pignoramenti), parimenti idonei a limitare le prerogative del socio. La regola vuole che i diritti attribuiti dalle partecipazioni sociali spettino al socio, che li esercita in quanto titolare. Il socio può, però, costituire sulle partecipazioni diritti reali parziari di pegno e usufrutto, la cui esistenza comprime il complesso delle facoltà che sono di regola sua prerogativa, traducendosi in un vincolo sulle partecipazioni. Scopo della disciplina di cui all'art. 2352 c.c. è determinare a chi competa l'esercizio delle varie categorie di diritti sociali in tali ipotesi, se al socio o al titolare del vincolo, o ad entrambi. Gli interessi in gioco sono quello del socio a coltivare la partecipazione alla vita della società, quello dei soggetti nell'interesse dei quali il vincolo sorge (creditore garantito dal pegno e usufruttuario) alla tutela della propria posizione e quello, più ampio, della società al perseguimento del suo scopo e ad un efficiente funzionamento delle sue dinamiche interne. In alcuni casi il bilanciamento tra tali interessi è chiaro in quanto espressamente effettuato dalla legge che, ad esempio, attribuisce il diritto di voto al titolare del vincolo sulla partecipazione. Più complesso è il bilanciamento ove manchi una previsione di legge, come ad esempio accade nel caso del diritto di recesso, attribuito in via interpretativa al socio, indiscusso titolare del rapporto sociale. Altrettanto complesso è il bilanciamento degli interessi in relazione agli “altri diritti amministrativi” diversi dal voto, in ordine ai quali la legge stabilisce una legittimazione disgiunta sia del socio che del titolare del diritto parziario, così indicando un principio generale che si presta ad applicazioni differenziate e che, quindi, necessita di una specificazione in via interpretativa in relazione ai singoli diritti amministrativi. Tra questi, il presente contributo si sofferma sul diritto del socio non amministratore di s.r.l. al controllo sull'andamento sociale ai sensi dell'art. 2476 comma 2 c.c. Esercizio dei diritti amministrativi e vincoli sulle partecipazioni
L'art. 2352 c.c. prevede una disciplina differenziata per il diritto di voto e per “gli altri diritti amministrativi”. Quanto al diritto di voto, il comma 1 stabilisce la regola, derogabile pattiziamente, della sua spettanza al titolare del diritto parziario. In questo modo la legge riconosce che il creditore garantito dal pegno e l'usufruttuario sono titolari di un proprio interesse, rilevante nell'ambito della vita della società. Tale interesse va però bilanciato con quello del socio titolare della partecipazione e quello della società stessa. Si ritiene, infatti, che i titolari del diritto parziario non possano abusare del diritto di voto loro attribuito dalla legge, danneggiando la posizione del socio titolare della partecipazione o l'interesse della società. Il diritto di voto dovrà essere esercitato dai titolari del vincolo con diligenza e in maniera tale da preservare il valore economico della partecipazione, nonché attenendosi al perseguimento dell'interesse sociale (ex multis, Cass. 10 marzo 1999, n. 2053). Ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 2352 c.c., invece,gli altri diritti amministrativi spettano sia al socio sia al creditore pignoratizio o usufruttuario, salvo che dal titolo o da un provvedimento del giudice risulti diversamente. Trattasi di quei diritti amministrativi diversi dal voto, come il diritto di intervenire in assemblea, quello di impugnare le delibere assembleari e quello, oggetto di specifico interesse, di“informazione” e “accesso”alla documentazione sociale nelle s.r.l. A fronte di una legittimazione disgiunta stabilita dalla legge, si pone il problema del contemperamento tra l'interesse del socio e quello del titolare del diritto parziario. Inoltre, è necessario garantire una coerenza nell'agire dei legittimati, pena il rischio di compromissione del sereno ed efficiente funzionamento delle dinamiche societarie. Quanto all'esercizio dei diritti amministrativi concernenti l'attività assembleare, ossia del diritto di intervenire in assemblea edi impugnazione delle delibere, la posizione maggioritaria in giurisprudenza (ad es.,Cass. 18 giugno 2005, n. 13169; Cass. 2 agosto 1977, n. 3422) è assestata su un principio di necessario collegamento di tali diritti con il diritto di voto, che spetta ex lege al titolare del vincolo sulla partecipazione sociale. A fronte di più legittimati ex lege, dunque, il bilanciamento degli interessi è governato dalla finalità di garantire il sereno ed efficiente funzionamento delle dinamiche sociali. La norma in esame prevede il diritto dei soci di s.r.l. che non partecipano all'amministrazione di esercitare un penetrante controllo sull'operato degli amministratori e sull'andamento della gestione della società. Ciò in ossequio alla caratterizzazione in chiave personalistica del modello della s.r.l., che il legislatore ha voluto accentuare predisponendo una struttura organizzativa che favorisca la partecipazione dei soci alla gestione dell'attività. Quanto al contenuto di tale diritto, si articola in chiave di “informazione” e “consultazione”. I soci che non partecipano all'amministrazione hanno, infatti, diritto di ottenere dagli amministratori notizie sullo svolgimento degli affari sociali, nonché di consultare, anche tramite professionisti di loro fiducia, i libri sociali e i documenti relativi all'amministrazione. Un potere di controllo così articolato, che non ha equivalente nella disciplina delle s.p.a., è strumentale ad un esercizio pieno ed informato delle prerogative inerenti allo status di socio. In primo luogo, è strumentale all'effettività del diritto all'esercizio dell'azione di responsabilità contro gli amministratori, alla quale nella s.r.l. è legittimato ciascun socio indipendentemente dalla quota sociale di cui è titolare, ai sensi dell'art. 2476 comma 3 c.c. La stessa strumentalità sussiste rispetto al diritto di ciascun socio di chiedere un provvedimento cautelare di revoca degli amministratori, nel caso di gravi irregolarità nella gestione. Le implicazioni connesse al potere di controllo vanno, però, anche oltre i diritti dei soci connessi al tema della responsabilità degli amministratori e, dunque, ai problemi relativi ad una cattiva gestione della società. La conoscenza dell'andamento della gestione è, infatti, fondamentale affinché il socio possa consapevolmente esercitare il diritto di voto in assemblea, nonché diritti come quello di recesso, di opzione in relazione ad un aumento di capitale, o di alienazione della partecipazione, nell'ottica della migliore tutela e massimizzazione del suo investimento. Per sottolineare la portata del diritto in questione, in giurisprudenza si utilizza ampiamente la categoria del diritto potestativo (ad es., Trib. Venezia 20 giugno 2018; Trib. Milano 19 gennaio 2017; Trib. Roma 15 gennaio 2015; Trib. Biella 18 maggio 2005). Si noterà come l'argomento trattato è oggetto di attenzione, prevalentemente, da parte della giurisprudenza di merito. Trattasi di un diritto molto ampio, poiché non è condizionato dall'esistenza del collegio sindacale o del revisore, né dalla titolarità di una quota qualificata e non sussistono limiti quanto alla consultazione/accesso alla documentazione sociale. La consultazione può, infatti, riguardare tutta la documentazione afferente la gestione della società e tutti i libri sociali e contabili. Ciò in virtù dell'ampia dizione contenuta nella norma. Al socio non amministratore spetta anche il diritto all'ostensione, a sue spese, della documentazione relativa alla gestione della società. La facoltà di estrarre copia costituisce, d'altronde, uno strumento indispensabile per l'efficace esercizio del diritto riconosciuto dall'art. 2476 comma 2 c.c. I diritti di avere notizie sullo svolgimento degli affari sociali, nonché di consultare e trarre copia della relativa documentazione, sono azionabili in via cautelare ai sensi dell'art. 700 c.p.c. (ex multis, Trib. Milano 28 ottobre 2016; Trib. Taranto 13 luglio 2007; Trib. Ivrea 4 luglio 2005). Data l'importanza del diritto in questione, non si ritiene derogabile pattiziamente in peius (al riguardo, Trib. Venezia 12 gennaio 2016; Trib. Bari 10 maggio 2004). Nella giurisprudenza si è, infatti, consolidato un orientamento piuttosto rigoroso nel ritenere che il socio abbia un diritto di controllo, secondo quanto sopra descritto, ampio e incondizionato al fine della piena esplicazione delle sue prerogative. Per quanto ampio ed incondizionato, però, il socio non può abusarne, esponendosi ove lo faccia a responsabilità. L'unico vero limite che si ritiene sussistente all'esercizio del diritto di controllo di cui all'art. 2476 comma 2 c.c. è, infatti,quello che deriva dal canone della buona fede e correttezza (si vedano ad esempio, Trib. Venezia 20 giugno 2018; Trib. Torino 21 maggio 2015; Trib. Roma 9 luglio 2009; Trib. Taranto 13 luglio 2007; Trib. Bologna 6 dicembre 2006). Il potere di controllo non può essere esercitato ove sia preordinato a soddisfare finalità extrasociali, ad arrecare pregiudizio all'attività sociale, o a fini ostruzionistici per ostacolarne lo svolgimento e il socio non può divulgare a terzi le informazioni ricevute. Addirittura si arriva ad affermare che gli amministratori siano tenuti ad opporsi alle richieste dei soci, laddove sussista il rischio concreto che questi, in violazione dei principi di buona fede e correttezza, si avvalgano del diritto di informazione e consultazione dei documenti della società per cagionarle un pregiudizio (al riguardo, Trib. Roma 9 luglio 2009). Inoltre, la giurisprudenza si è mostrata sensibile alla tutela delle esigenze di riservatezza della società, che vanno bilanciate con il dovere di trasparenza correlato al potere di controllo del socio. Si è, dunque, evidenziato che il diritto di controllo può trovare specifiche limitazioni, mediante opportuni accorgimenti o restrizioni come il mascheramento preventivo, nelle fatture, dei nomi dei clienti, dei fornitori e dei prezzi. Chiaramente, le esigenze di riservatezza fatte valere dalla società non devono essere pretestuose (si vedano sul tema, Trib. Milano29 settembre 2015; Tribunale Milano 13 aprile 2018, la seconda particolarmente eloquente, secondo cui: “Il diritto di accesso alla documentazione sociale è espressamente riconosciuto ai soci non amministratori di s.r.l., ex art. 2476, comma 2, c.c. (…). Il diritto di accesso del socio può incontrare un limite nelle esigenze di riservatezza della società, e può dunque trovare specifica attuazione con l'accorgimento del mascheramento preventivo dei "dati sensibili" presenti nella documentazione”). In conclusione, i limiti al potere di controllo imposti dal principio di buona fede implicano che questo venga utilizzato soltanto per fini legati al controllo sulla gestione (si veda, Trib. Milano 24 dicembre 2013) o comunque in relazione all'esercizio delle prerogative del socio, nel rispetto della riservatezza della società e in modo congruo e senza abusi, che potranno legittimamente e doverosamente essere rilevati dagli amministratori. Quanto alla legittimazione all'esercizio del diritto cui all'art. 2476 comma 2 c.c., pur non essendo possibile in questa sede addentrarsi nelle specifiche problematiche che si pongono, è utile dare atto che, secondo la giurisprudenza più recente, questo può essere riconosciuto anche al socio amministratore di s.r.l. rispetto a tutto quanto attenga alla gestione societaria compiuta dagli altri amministratori, cui egli non abbia in tutto o in parte partecipato(al riguardo, Cass. 26 gennaio 2018, n.2038). In caso di pegno e usufrutto sulle partecipazioni, si riconosce in modo pacifico la legittimazione concorrente e disgiunta sia del socio che del creditore pignoratizio o dell'usufruttuario, nonché del custode in caso di vincoli giudiziari (si vedano,Trib. Milano, ord. R.G. 36832/2019, in giurisprudenzadelleimprese.it; Trib. Firenze 27 aprile 2019, che, pronunciandosi su altra questione, mette in evidenza come le utilità che il socio nudo proprietario vorrebbe trarre dall'intervento in assemblea, a lui precluso dall'orientamento maggioritario, possono essere conseguite attraverso altri strumenti che restano a sua disposizione, come il diritto di informazione e consultazione dei libri sociali e dei documenti relativi all'amministrazione stabilito dall'art. 2476 comma 2 c.c.). Si dà luogo, dunque, ad un'applicazione letterale di quanto disposto dall'art. 2352 ultimo comma c.c. in relazione alla spettanza degli “altri diritti amministrativi” in caso di vincoli sulle partecipazioni. In assenza di diversa disciplina pattizia o di provvedimento del giudice che disponga altrimenti, il diritto di cui all'art. 2476 comma 2 c.c. segue la sorte della legittimazione disgiunta del socio e del titolare del vincolo, senza che sia possibile individuare in giurisprudenza un indirizzo che riconosca prevalenza all'interesse di una delle due categorie di legittimati, guidando in concreto l'applicazione della norma e l'attribuzione del diritto, come accade per i diritti amministrativi “strumentali” al voto. Soci e titolari dei vincoli potranno, allora, entrambi avvalersi dei penetranti poteri di controllo sulla gestione delle s.r.l. sopra illustrati. Si può, però, ritenere che le medesime limitazioni individuate dalla giurisprudenza, quanto all'esercizio del diritto del socio in maniera congrua rispetto alle sue prerogative e secondo buona fede e correttezza, debbano trovare, a maggior ragione, applicazione ove il diritto al controllo sia esercitato dal creditore titolare del pegno o dall'usufruttuario. Costoro dovranno agire in maniera tale da non abusare della legittimazione loro spettante ai sensi dell'art. 2352 ultimo comma c.c., esercitando il potere di controllo ex art. 2476 comma 2 c.c. in modo tale da non danneggiare l'interesse del socio e quello della società, senza ostacolare lo svolgimento dell'attività sociale e tenendo conto della finalità “conservativa” del valore della partecipazione che deve ispirare l'esercizio delle loro prerogative, come evidenziato dalla giurisprudenza consolidata sull'esercizio del diritto di voto. In conclusione
La trattazione appena svolta conferma come, in caso di pegno o usufrutto sulle partecipazioni, sia riconosciuto ai titolari del diritto parziario un peso rilevante nelle dinamiche sociali. A costoro spetta il diritto di voto, nonché la legittimazione ad esercitare i diritti amministrativi di intervento in assemblea e di impugnazione delle delibere assembleari (secondo la ricostruzione maggioritaria). Spetta loro, inoltre, il potere di cui all'art. 2476 comma 2 c.c., anche se con legittimazione concorrente e disgiunta del socio titolare. In ogni caso, i poteri riconosciuti a creditore pignoratizio e usufruttuario vanno esercitati da costoro senza danneggiare la posizione del socio e l'interesse della società, con lo specifico limite dato dal canone di buona fede e correttezza, come sopra declinato, quanto all'esercizio del potere di cui all'art. 2476 comma 2 c.c.
G. F. Campobasso, Diritto Commerciale, Volume II, Diritto delle Società, 2015; F. Galgano, Trattato di Diritto Civile, Volume IV, 2015; M. Cian (a cura di), Diritto Commerciale, III, Diritto delle Società, 2017; G. Cian e A. Trabucchi, Commentario breve al Codice Civile, 2018; G. Cian e A. Trabucchi, Codice Civile e Leggi Collegate, Commento Giurisprudenziale Sistematico, 2016; G. Carletti, Nota a Tribunale Bologna, 12 ottobre 2017, in Giur. Comm., fasc.6, 2018, 1035, in Ius Explorer – Giuffrè; O. Civitelli, Pegno e usufrutto di partecipazioni sociali nelle società di capitali ed esercizio dei diritti, in questo portale. |