Procedura di selezione per "Capo Servizio Treno": la (bassa) statura può portare all'esclusione

La Redazione
22 Aprile 2020

Per i Giudici va valutata in concreto la funzionalità del requisito richiesto rispetto alle mansioni. In questo caso, però, sarà necessario un nuovo processo d'Appello, poiché la prima decisione, sfavorevole alla candidata estromessa dalla selezione, si è basata su una consulenza tecnica d'ufficio volta a sancire in via generale ed astratta l'inidoneità fisica del soggetto gravato del deficit staturale.

Per i Giudici va valutata in concreto la funzionalità del requisito richiesto rispetto alle mansioni. In questo caso, però, sarà necessario un nuovo processo d'Appello, poiché la prima decisione, sfavorevole alla candidata estromessa dalla selezione, si è basata su una consulenza tecnica d'ufficio volta a sancire in via generale ed astratta l'inidoneità fisica del soggetto gravato del deficit staturale.

A rischio il posto di lavoro a causa della statura fisica non eccezionale. Come già in passato, a finire sotto i riflettori è una procedura di selezione avviata da Trenitalia e che ha portato all'esclusione di una candidata a causa della altezza inferiore a quella minima prevista nel bando.
Per i giudici, però, va fornita dimostrazione in concreto della congruità tra la statura minima e i compiti della figura professionale, e in questa ottica va anche certificata in modo chiaro l'inidoneità fisica del soggetto escluso dalla selezione a causa del suo deficit staturale e alla luce delle mansioni previste (Cassazione, ordinanza n. 7982 del 2020, sez. Lavoro, depositata il 21 aprile).

Statura. A dare torto alla candidata esclusa dalla procedura di selezione avviata da Trenitalia provvedono i giudici di merito. Nello specifico, prima in Tribunale e poi in Appello viene respinta la domanda della donna, domanda finalizzata a vedere riconosciuta l'esistenza di «un contratto di lavoro a tempo indeterminato con inquadramento nel profilo di ‘Capo Servizio Treno'» a seguito della procedura selettiva realizzata da Trenitalia e che aveva visto esclusa la donna «solo perché dichiarata non idonea per deficit staturale».


Per i giudici di secondo grado «non è imputabile alla società alcun comportamento discriminatorio», essendo evidente «la ragionevolezza del requisito dell'altezza, posto a presidio di esigenze di sicurezza». E in aggiunta viene osservato che si è accertata tramite relazione tecnica disposta in un altro giudizio «l'estrema difficoltà del compimento di operazioni comprese nelle mansioni non in possesso del requisito» previsto per il dato della statura.

Verifica. Inevitabile l'ulteriore azione della donna esclusa dalla selezione. Ecco spiegato il ricorso in Cassazione, centrato innanzitutto sull'osservazione che tra primo e secondo grado si è «dato rilievo a disposizioni regolamentari risalenti e come tali non riferibili al caso di specie in ragione della diversità del regime giuridico del soggetto datore, alla novità del profilo professionale del ‘Capo Servizio Treno', al rinnovamento tecnologico del materiale rotabile, così disconoscendo l'irragionevolezza del limite ed il suo carattere discriminatorio».


Allo stesso tempo, il legale della donna contesta il fatto che i giudici abbiano fatto riferimento a una relazione tecnica disposta in un altro giudizio per «mutuarne il giudizio a valenza generale reso circa l'inidoneità fisica di un qualsiasi soggetto gravato da deficit staturale», senza invece approfondire la questione anche attraverso il parere di un consulente di parte.


La prima obiezione non convince i giudici della Cassazione, i quali chiariscono che «in tema di requisiti per l'assunzione, qualora in una norma secondaria sia prevista una statura minima identica per uomini e donne, in contrasto con il principio di uguaglianza, perché presupponga erroneamente la non sussistenza della diversità di statura mediamente riscontrabile tra uomini e donne e comporti una discriminazione indiretta a sfavore di queste ultime, il giudice ordinario ne apprezza, incidentalmente, la legittimità ai fini della disapplicazione, valutando in concreto la funzionalità del requisito richiesto rispetto alle mansioni». Di conseguenza, «il carattere risalente del limite staturale ed il riferimento ad un profilo professionale non coincidente con quello attuale qui considerato valgono ad indurre soltanto un maggior rigore nella dimostrazione in concreto della congruità tra statura minima e mansioni».


In questa vicenda sarà però necessario un nuovo processo d'Appello, poiché la decisione che ha dato torto alla donna si è basata «su una consulenza tecnica d'ufficio volta a sancire in via generale ed astratta l'inidoneità fisica del soggetto gravato del deficit staturale» mentre «la verifica della congruità tra condizione fisica e mansioni da espletare» va effettuata in concreto.

(Fonte: Diritto & Giustizia)

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