Sindacato esterno sulla giurisdizione e rinvio pregiudiziale
28 Aprile 2020
Massima
Il controllo di giurisdizione rimesso alle Sezioni Unite della Corte di cassazione dall'art. 111, comma 8, Cost. ha ad oggetto, esclusivamente, l'osservanza dei limiti esterni della giurisdizione in relazione ai quali non sono ravvisabili norme di diritto dell'Unione europea che consentano di ipotizzare un rinvio pregiudiziale. Ne discende che la Corte di cassazione, adita ai sensi dell'art. 111, comma 8, Cost., non può proporre il rinvio pregiudiziale con riferimento ad una questione che attiene all'esercizio interno della giurisdizione speciale. Il caso
Atral s.c.r.l., gestore uscente del servizio di trasporto pubblico locale del Comune di Latina, impugna, chiedendone l'annullamento, gli atti ed i provvedimenti relativi alla gara per l'affidamento del servizio di trasporto pubblico locale mediante autobus indetta dal Comune di Latina, assumendo la natura escludente ed impeditiva della partecipazione alla procedura di alcune clausole della lex specialis. Avverso la decisione con la quale il Tar Lazio – Sezione distaccata di Latina dichiara il ricorso inammissibile per carenza di interesse (non avendo la ricorrente partecipato alla gara e non essendo stata ravvisata la natura escludente o impeditiva delle clausole impugnate) Atral s.c.r.l. propone impugnazione innanzi al Consiglio di Stato. Il giudice amministrativo di secondo grado conferma la decisione impugnata ritenendola conforme al consolidato e condiviso orientamento secondo il quale l'interesse da parte del concorrente non partecipante alla gara ad impugnarne il bando è ravvisabile solo in presenza di clausole di natura escludente (tali non potendo considerarsi, anche all'esito dell'attività istruttoria svolta in primo grado, quelle impugnate) e non, invece, di clausole meramente illegittime. La sentenza del Consiglio di Stato è da Atral s.c.r.l. impugnata mediante ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 111, cmma. 8, Cost. La ricorrente lamenta (per quanto qui di interesse) che l'omesso esercizio della giurisdizione avrebbe comportato violazione del diritto ad un ricorso effettivo tutelato dagli artt. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e 6 e 13 della C.E.D.U. e chiedendo la proposizione, al riguardo, di rinvio pregiudiziale. La questione
Quali sono gli spazi del sindacato sulla giurisdizione riservato alla Corte di cassazione ai sensi dell'art. 111, comma 8, Cost.? Sussiste, entro tali spazi, un potere per la Corte di proporre rinvio pregiudiziale? Le soluzioni giuridiche
La Suprema Corte dichiara inammissibile il ricorso ritenendo che l'art. 111, comma 8, Cost., 362 c.p.c. e l'art. 110 c.p.a. precludano la possibilità di ricondurre ai motivi inerenti la giurisdizione, conoscibili da parte delle Sezioni Unite, sia le eventuali violazioni del diritto dell'Unione europea, sia la violazione dell'obbligo di proporre rinvio pregiudiziale (violazioni che, nella prospettazione della ricorrente, sarebbero ravvisabili nella decisione del Consiglio di Stato). Ed infatti, proseguono i Giudici, già nella prospettazione di parte la mancata applicazione della disciplina eurounitaria è conseguenza della qualificazione dell'oggetto della procedura quale appalto di servizi e non quale concessione. Ne discende che i profili del dedotto diniego di giustizia si risolvono nella denunzia di corrispondenti errores in iudicando i quali, in quanto tali, «restano all'interno dei limiti della giurisdizione del giudice speciale anche alla stregua dell'interpretazione dell'art. 111, comma 8, Cost. formatasi in tempo anteriore alla richiamata sentenza della Corte cost., n.6/2018». Il controllo che le Sezioni Unite sono chiamate a svolgere ai sensi dell'art. 111, comma 8, Cost., lungi dal poter avere ad oggetto pretese violazioni di legge sostanziale o processuale concernenti il modo di esercizio della giurisdizione speciale, è infatti circoscritto alla sola verifica del rispetto dei limiti esterni della giurisdizione. Posto tale limite, deve quindi escludersi che la Corte di cassazione possa, quale giudice adito ai sensi della disposizione costituzionale da ultimo citata, proporre rinvio pregiudiziale, non essendo ravvisabili, nell'ambito del controllo di giurisdizione così delimitato, norme dell'Unione europea sulle quali possano ipotizzarsi quesiti interpretativi. Osservazioni
Secondo l'opinione tradizionale ed assolutamente maggioritaria, l'“eccesso di potere giudiziario” denunziabile con il ricorso in Cassazione ai sensi dell'art. 111, comma 8, Cost. è solo quello riconducibile al “difetto assoluto di giurisdizione” che ricorre «quando il Consiglio di Stato o la Corte dei conti affermi la propria giurisdizione nella sfera riservata al legislatore o all'amministrazione (cosiddetta invasione o sconfinamento), ovvero, al contrario, la neghi sull'erroneo presupposto che la materia non può formare oggetto, in via assoluta, di cognizione giurisdizionale (cosiddetto arretramento)» o al “difetto relativo di giurisdizione” ravvisabile «quando il giudice amministrativo o contabile affermi la propria giurisdizione su materia attribuita ad altra giurisdizione o, al contrario, la neghi sull'erroneo presupposto che appartenga ad altri giudici» (Corte cost., 18 gennaio 2018, n. 6). L'importanza di una simile, rigorosa delimitazione dell'eccesso di potere giudiziario discende dalla necessità di assicurare, per un verso, la differenza organica delle giurisdizioni, ferma l'unità funzionale delle stesse accolta dalla Costituzione (Corte cost., 18 gennaio 2018, n. 6; Corte cost.,6 luglio 2004, n. 204) e, per altro e collegato verso, la distinzione tra i rimedi contemplati ai commi 7 ed 8 dell'art. 111 Cost. Del resto, proprio sulla base di una simile diversità, la Consulta (Corte cost., 12 marzo 2007, n. 77) ha ritenuto che con la pronuncia resa sul ricorso ex art. 111, comma 8, Cost., la Suprema Corte possa vincolare il Consiglio di Stato e la Corte dei conti solo a ritenersi legittimate a decidere la controversia, ma non possa invece porre alcun vincolo al contenuto (di merito o di rito) della decisione che il giudice speciale è chiamato ad adottare. Accogliendo un simile perimetro del sindacato esercitabile ai sensi dell'art. 111, comma 8, Cost., la sentenza che si annota giunge facilmente (e condivisibilmente) ad affermare che la doglianza svolta dalla ricorrente (la quale aveva dedotto che la censurata, mancata applicazione della norma eurounitaria era stata conseguenza di una determinata qualificazione della procedura amministrativa) attiene ad una questione tutta interna alla giurisdizione amministrativa, risolvendosi in un error in iudicando; l'esito non può, quindi, che essere quello del rigetto del ricorso. La decisione risulta in continuità con quella giurisprudenza di legittimità per la quale ove il preteso error in iudicando non si risolva in un rifiuto di esercitare la giurisdizione, ma in un preteso cattivo esercizio della giurisdizione, non v'è spazio per il rimedio dell'art. 111, comma 8, Cost., essendovi solo un ipotetico errore all'interno della giurisdizione che ha comportato una (pur sempre esistente, anche se, in tesi, erronea) valutazione di infondatezza della richiesta di tutela (tra le tante, Cass. civ., Sez. Un., 6 giugno 2017, n. 13976); in un caso del genere potrebbe, al più, residuare una responsabilità dello Stato per violazione del diritto dell'Unione (sulla quale, tra i tanti, si veda Di Marco). Così delimitato l'oggetto del giudizio instaurato mediante il ricorso ai sensi dell'art. 111, comma 8, Cost., le Sezioni Unite, anche sotto questo profilo condivisibilmente, escludono la possibilità di proporre il rinvio pregiudiziale pur invocato dalla ricorrente. La decisione, per il profilo qui in esame, si pone in continuità con l'orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo il quale il controllo del limite esterno della giurisdizione non comporta anche una verifica della conformità della decisione impugnata al diritto dell'Unione europea (tra le altre, Cass. civ., Sez. Un., 8 luglio 2016, n. 14042). Un simile orientamento risulta fondato sulla corretta (ed ormai da tempo affermata) natura del rinvio pregiudiziale che, strumento di collaborazione tra ordinamenti (Cortese, 54 ss.), è teso a far sì che la Corte di giustizia (custode ed interprete qualificato del diritto dell'Unione ed organo estraneo al riparto di giurisdizione) offra la corretta interpretazione del diritto dell'Unione (sulla rilevanza del rinvio pregiudiziale ai fini dell'evoluzione dell'ordinamento dell'Unione europea, tra i tanti, v. Adinolfi, 441 ss.), fermo il potere esclusivo del giudice nazionale di risolvere il caso concreto. Posta una simile natura del rinvio pregiudiziale, la censura relativa alla mancata proposizione dello stesso si traduce in una censura della decisione resa dal giudice nazionale sulla base di un'interpretazione, in tesi, non conforme al diritto dell'Unione; in una censura relativa cioè al limite interno della giurisdizione e, in quanto tale, sottratta all'ambito del sindacato riservato alla Suprema Corte ai sensi dell'art. 111, comma. 8, Cost. Proprio l'oggetto del ricorso ex art. 111, comma 8, Cost. induce la Cassazione, in modo radicale, ad escludere la possibilità, ove adita ai sensi della disposizione da ultimo citata, di proporre rinvio pregiudiziale, non sussistendo norme dell'Unione europea relative ad una tale attribuzione di controllo sui limiti della giurisdizione in ordine alle quali possano ipotizzarsi quesiti interpretativi alla Corte di giustizia (così già Cass. civ., Sez. Un., 8 luglio 2016, n. 14042). La conclusione cui giunge l'ordinanza risulta, per il profilo qui in esame, in linea con la giurisprudenza costituzionale secondo la quale (si veda, tra le altre, la già citata sentenza Corte cost., 18 gennaio 2018, n. 6) l'effettività della tutela ed il giusto processo sono valori che vanno indubbiamente garantiti, ma tale garanzia deve essere apprestata dagli organi giurisdizionali che, secondo la Costituzione, sono investiti della controversia e non, anche, in sede di controllo sulla giurisdizione. Nel richiamare la decisione della Corte costituzionale da ultimo citata, la Suprema Corte compie tuttavia un passaggio incidentale di estremo interesse. La sentenza n. 6/2018 costituisce infatti momento di netta chiusura (Tomaiuoli) nei confronti di quella c.d. “giurisdizione dinamica” la quale (secondo un orientamento di legittimità fondato sugli artt. 24, comma 1, 111, comma 1 e 113, commi 1 e 2 Cost.) consentirebbe di sindacare non solo le norme che individuano «i presupposti dell'attribuzione del potere giurisdizionale», ma anche quelle che stabiliscono «le forme di tutela» attraverso cui la giurisdizione si estrinseca (in proposito si vedano Cass. civ., Sez. Un., 27 dicembre 2017, n. 31226 – coeva alla citata decisione della Consulta – e Cass. civ., Sez. Un., 6 febbraio 2015, n. 2242; critico verso tale nozione di giurisdizione è, tra gli altri, Villata, 106 ss.). L'ordinanza che si annota, tuttavia, lungi dal prendere le distanze – alla luce della sopravvenuta sentenza della Corte costituzionale – dal precedente assunto con la decisione (espressamente citata) del 27 dicembre 2017, n. 31226, si limita ad osservare come non vi sia, avuto riguardo al caso concreto, la necessità di valutare se le conclusioni cui la Suprema Corte è pervenuta con la sentenza del 2017 siano ancora praticabili nonostante la posizione assunta dalla Consulta nel 2018. Non è pertanto escluso che possano ancora registrarsi posizioni parzialmente dissonanti in relazione a quella giurisdizione dinamica che costituisce espressione (interessante, pur se, in vero, non poco problematica) dell'esigenza di un'integrazione tra i diversi ordinamenti (nazionale e sovranazionale) che è in costante evoluzione.
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