Responsabilità penale della guardia medica che non effettua la visita a seguito di chiamata
29 Aprile 2020
Massima
Integra il reato di cui all'art. 328 c.p. la condotta della guardia medica che viola l'obbligo di effettuare la visita domiciliare, limitandosi a indicare di rivolgersi al 118, per valutare di persona la situazione e verificare un possibile diverso immediato trattamento per alleviare il dolore, anche praticando iniezioni, che rientravano nella sua competenza, con farmaco in fiale diverso dalla morfina, pur a fronte di una situazione di emergenza rappresentata dall'utente. Il caso
Il caso in esame aveva ad oggetto la condotta di una guardia medica in servizio che non aveva effettuato una visita domiciliare ad una paziente, malata oncologica terminale, a seguito della chiamata del figlio dalla donna che ne aveva chiesto l'intervento per sedare gli atroci dolori che la madre lamentava. Il medico, invece, si era limitato ad indicare di chiamare il 118. Il personale del 118 era intervenuto ed aveva praticato della morfina. La donna era poi deceduta un'ora dopo la chiamata.
Al medico in turno di guardia medica veniva quindi contestato il reato di omissione di atti d'ufficio di cui all'art. 328 c.p.
Il sanitario veniva assolto in primo grado con la formula “perché il fatto non costituisce reato”, mentre la Corte d'Appello, in riforma della sentenza di prime cure, lo assolveva ritenendo applicabile l'art. 131 bis c.p. ossia riconoscendo la particolare tenuità del fatto. Secondo la Corte d'Appello, infatti, nel caso di specie la visita domiciliare da parte dell'imputato sarebbe stata necessaria per verificare quale fosse il rimedio più adeguato per alleviare il dolore della paziente. La mera indicazione di rivolgersi al 118, quindi, sarebbe stata indebita.
Avverso tale sentenza proponeva ricorso per Cassazione l'imputato. La questione
Nella sentenza in oggetto viene esaminata la problematica relativa al potere-dovere di intervento da parte del medico di turno nel servizio di guardia medica di rispondere alle chiamate ed effettuare le visite domiciliari. È rimessa, infatti, al singolo operatore sanitario la valutazione dell'opportunità e dell'urgenza di ciascuna chiamata ricevuta nonché la sua scelta di effettuare o meno le conseguenti visite. Tale scelta però viene rimessa al sindacato del giudice che è tenuto a valutare se l'omessa effettuazione della visita domiciliare trovi giustificazioni sulla base di tutte le circostanze del caso concreto, tanto relative alla situazione del paziente quanto alle condizioni organizzative del servizio.
Le soluzioni giuridiche
Nella sentenza in esame la Corte è chiamata a valutare i limiti del sindacato del medico di turno presso la guardia medica di effettuare o non effettuare una visita a domicilio a seguito della ricezione di una chiamata. Nel caso di specie, infatti, era emerso che il medico di turno in guardia medica seguito di una chiamata telefonica non si era recato presso l'abitazione di una paziente, malata oncologica terminale, per somministrarle dei farmaci antidolorifici (quale la morfina) ma aveva invitato il figlio della paziente a rivolgersi direttamente al 118. Poiché la paziente si trovava ormai uno stadio terminale, il personale del 118 recatosi sul posto, le aveva somministrato della morfina per attenuarne il dolore. La paziente era infatti poi deceduta poco dopo. Rilevano i supremi giudici come nel caso di specie fosse condivisibile la valutazione effettuata dalla Corte d'Appello in merito alla responsabilità dell'imputato per il reato a lui ascritto. Secondo la Corte, infatti, l'imputato avrebbe avuto, date le circostanze del caso, l'obbligo di effettuare le visita domiciliare per valutare di persona la situazione e verificare un possibile diverso immediato trattamento per alleviare il dolore, anche praticando iniezioni che rientrassero nella sua competenza, con un farmaco diverso dalla morfina. Il medico di guardia, infatti, può fare iniezioni a domicilio con i farmaci a propria disposizione. Inoltre, lo stesso medico di guardia può attivare direttamente il 118 o può indicare al paziente di rivolgersi al pronto soccorso o all'ospedale, però ciò presuppone una visita al paziente stesso. Secondo la Corte, inoltre, la stessa indicazione data telefonicamente dall'imputato di rivolgersi al 118 sarebbe stata indice del fatto che lo stesso medico si era reso conto della necessità di un tempestivo intervento medico. A fronte di una situazione di emergenza rappresentata dall'utente, la scelta del medico di non effettuare la visita a domicilio, in assenza di altre esigenze di servizio idonee a determinare un conflitto di doveri e in considerazione delle peculiari condizioni del paziente, rappresenta per la Corte una violazione dei suoi obblighi professionali e quindi determina la responsabilità dello stesso per il reato di omissione di atti di ufficio di cui all'art. 382 c.p. Osservazioni
Il caso in esame riguardava la condotta di un medico di turno presso la guardia medica che a seguito di chiamata si era rifiutato di recarsi alla visita domiciliare, trattandosi di paziente in fin di vita che necessitava di trattamento antidolorifico, indicando invece di far intervenire il 118. Il medico veniva pertanto imputato e riconosciuto colpevole per il reato di omissione di atti di ufficio ex art. 328 c.p., sebbene poi assolto per l'applicazione dell'istituto previsto dall'art. 131-bis c.p. del riconoscimento della particolare tenuità del fatto.
L'art. 13, comma 3, del d.P.R. 41/1990 che disciplina l'attività del sanitario prevede che il medico di turno debba effettuare al più presto o comunque entro al fine del turno gli interventi richiesti dall'utente. Obbligo che naturalmente deve conciliarsi con le condizioni di urgenza della singola chiamata e le altre esigenze di servizio. La valutazione in merito alla rilevanza, alla gravità ed all'urgenza della chiamata è naturalmente rimessa al singolo medico. La scelta di non effettuare la visita a domicilio ed il rifiuto di intervenire privi di qualsiasi giustificazione potrebbero però integrare il reato di rifiuto di atti di ufficio di cui all'art. 328 c.p. Secondo la giurisprudenza costante, infatti, rappresenta l'esercizio del potere-dovere del medico la valutazione in merito alla necessità della visita domiciliare, tuttavia tale valutazione è pienamente sindacabile da parte del giudice sulla base degli elementi di prova acquisiti.
Nel caso di specie due aspetti erano stati ritenuti rilevanti. In primo luogo era stata evidenziata dalla Corte la possibilità per la guardia medica di effettuare direttamente alla paziente un trattamento per alleviare il dolore praticando l'iniezione di un farmaco tra quelli a sua disposizione anche diverso dalla morfina, poi somministrata dal personale del 118 intervenuto. In secondo luogo era stato ritenuta significativa la circostanza che il sanitario imputato avesse invitato il figlio della paziente, che lo aveva contattato, a chiamare il 118. Secondo la Corte tale circostanza era indice del fatto che lo stesso medico avesse valutato la situazione come urgente e quindi come necessario un intervento sanitario (sul punto la sentenza richiama analogo principio espresso nella pronuncia della Cassazione penale, Sez. IV, n. 35344 del 28.05.2008).
Tra l'altro a nulla rileva per la configurabilità del reato in esame la circostanza che il paziente non abbia subito alcun danno effettivo dalla mancata effettuazione della visita domiciliare da parte del medico di guardia medica, come accaduto nel caso di specie ove la terapia per alleviare il dolore era comunque stata somministrata dal tempestivo intervento del 118. Il reato di rifiuto di atti d'ufficio, infatti, è un reato di pericolo che postula semplicemente la potenzialità del rifiuto di produrre un danno o una lesione La giurisprudenza, ad esempio, ha ritenuto integrato il reato di cui all'art. 328 c.p. nel caso di un medico di guardia in sevizio presso una casa di cure che aveva omesso di effettuare la visita di una paziente ivi ricoverata sebbene fosse stato richiesto il suo intervento da parte del personale infermieristico per il progressivo aggravarsi delle condizioni della paziente stessa. La Corte aveva infatti ritento irrilevante la circostanza che la signora fosse comunque assistita dal personale infermieristico. (Cass. pen., Sez. VI, n. 21631/2017). Allo stesso modo è stato ritenuto integrato il reato in esame nella condotta del sanitario in servizio presso la guardia medica che non aveva aderito alla richiesta di recarsi al domicilio di un paziente malato terminale per la prescrizione di un antidolorifico per via endovena ma si era limitato a formulare per via telefonica le sue valutazioni tecniche ed a consigliare la somministrazione di un altro farmaco di cui il paziente già disponeva. Si trattava infatti di un intervento improcrastinabile che in assenza di altre esigenze di servizio idonee a determinare un conflitto di doveri, doveva essere attuato con urgenza, valutando specificatamente le peculiari condizioni del paziente (Cass. pen., Sez. VI n.43123 del 12.07.2017).
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