Sul discrimine fra giurisdizione tributaria e ordinaria sull'attuazione di una pretesa tributaria

29 Aprile 2020

Sulla illegittimità del pignoramento presso terzi per la sussistenza di possibili vizi formali decide il giudice dell'esecuzione. Successivamente, solo se necessario, interverrà il giudice tributario per la valutazione nel merito della pretesa. In tema di giurisdizione, per il pignoramento presso terzi, priorità al giudice dell'esecuzione mentre la commissione tributaria interviene in via subordinata. Tale assunto è stato precisato dalle Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione con l'ordinanza 7822/20, del 14 aprile.

La vicenda in esame è scaturita dal conflitto di giurisdizione insorto su un atto di pignoramento presso terzi ad istanza dell'Agenzia delle Entrate-Riscossione.

In particolare, il provvedimento era stato notificato ad un contribuente a fronte del mancato pagamento di due cartelle per canoni su concessioni demaniali. Il contribuente ha impugnato il pignoramento presso terzi dinanzi al Giudice dell'esecuzione eccependo, in sostanza, l'inammissibilità perché riferito ad un terzo pignorato inesistente e, nel merito, la nullità in quanto gli atti presupposti erano già stati pagati o illegittimi. Il giudice dell'esecuzione ha declinato la propria competenza, concedendo un termine per l'instaurazione della causa dinanzi alla commissione tributaria. La Ctp adita ha appurato la propria estraneità alla causa per assenza di contestazioni nel merito della pretesa; la contestazione riguardava la sola asserita insussistenza dei presupposti per proporre il pignoramento. Configurandosi, quindi, un conflitto di giurisdizione, il giudice tributario ha rimesso gli atti alle Sezioni Unite della Corte di cassazione.

Gli Ermellini, con la pronuncia citata, hanno precisato i seguenti criteri per discriminare la giurisdizione tributaria da quella ordinaria in ordine all'attuazione della pretesa erariale. Alla giurisdizione tributaria spetta la cognizione e la verifica della sussistenza dei presupposti della pretesa in senso sostanziale. Alla giurisdizione ordinaria spetta invece la cognizione delle questioni riguardanti la legittimità formale dell'atto esecutivo. Nella vicenda in esame il contribuente ha proposto, in via pregiudiziale, al tribunale l'accertamento dell'improcedibilità o inammissibilità del pignoramento presso terzi, essendoci insussistenza delle ragioni di credito presupposte. Solo in via subordinata esso ha richiesto una valutazione di merito. Gli Ermellini hanno concluso che, trattandosi di distinte domande, occorre individuare giurisdizioni differenti per ciascuna di esse. Nel caso specifico la questione deve essere esaminata prioritariamente dal giudice ordinario. Successivamente, considerata l'eccezione, invia subordinata, sul merito della pretesa, il primo giudice deve devolvere eventualmente alle altre giurisdizioni (quella tributaria) l'esame della vicenda.

Il discrimine fra giurisdizione tributaria e giurisdizione ordinaria in ordine all'attuazione della pretesa tributaria che si manifesta con un atto esecutivo segue i termini seguenti :

  1. alla giurisdizione tributaria spetta la cognizione di ogni questione con cui si reagisce di fronte all'atto esecutivo adducendo fatti incidenti sulla pretesa tributaria che si assumano verificati fino alla notificazione della cartella esattoriale o dell'intimazione di pagamento, se validamente avvenute, o fino al momento dell'atto esecutivo, qualora la notificazione sia mancata, sia avvenuta in modo inesistente o sia avvenuta in modo nullo, e ciò, tanto se si tratti di fatti inerenti ai profili di forma e di contenuto degli atti in cui è espressa la pretesa, quanto se si tratti di fatti inerenti all'esistenza ed al modo di essere di tale pretesa in senso sostanziale, cioè di fatti costitutivi, modificativi od impeditivi di essa;
  2. alla giurisdizione ordinaria spetta la cognizione delle questioni inerenti alla forma e dunque alla legittimità formale dell'atto esecutivo come tale, sia se esso fosse conseguito ad una valida notifica della cartella o della intimazione, non contestate come tali, sia se fosse conseguito in situazioni di mancanza, inesistenza o nullità di tali atti (non deducendosi come vizio dell'atto esecutivo tale situazione ), nonché dei fatti incidenti sulla pretesa sostanziale tributaria azionata in excutivis successivi al momento della valida notifica della cartella o dell'intimazione, o successivi nell'ipotesi di nullità, mancanza o inesistenza della detta notifica all'atto esecutivo che avesse assunto la funzione di mezzo di conoscenza della cartella o dell'intimazione.

L'art. 57 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, nella parte in cui stabilisce che non sono ammesse le opposizioni regolate dall'art. 617 c.p.c. riguardanti la regolarità formale e la notificazione del titolo esecutivo, deve essere interpretato nel senso che tale inammissibilità comporta solo il divieto di proporre tali opposizioni davanti al giudice ordinario, senza però che ciò impedisca di proporre la questione al giudice tributario, facendo valere l'invalidità del pignoramento per la mancata notificazione della prodromica cartella di pagamento, se contestualmente anch'essa impugnata.

In materia di esecuzione forzata tributaria, l'opposizione agli atti esecutivi, riguardante l'atto di pignoramento mobiliare posto in essere dall'Agente della Riscossione, che si assume viziato per omessa o invalida notifica della cartella di pagamento, è ammessa e dev'essere proposta davanti al giudice speciale tributario. L'atto di pignoramento non preceduto dalla notificazione della cartella di pagamento posta a suo preteso fondamento integra il primo atto in cui si manifesta al contribuente la volontà di procedere alla riscossione di un ben individuato credito tributario e pertanto, in quanto idoneo a far sorgere l'interesse ad agire ai sensi dell'art. 100 c.p.c., rientra nell'ambito degli atti impugnabili davanti al giudice tributario in forza dell'art. 19 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 (Cass. civ. Sez. Unite, 05/06/2017, n. 13913).

In materia di esecuzione forzata per la riscossione di entrate di natura tributaria, anche dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 114 del 2018, che ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 57 del D.P.R. n. 602/1973 nella parte in cui esclude l'ammissibilità dell'opposizione regolata dall'art. 615 c.p.c. in relazione agli atti della procedura successivi alla notifica della cartella o dell'avviso di pagamento, le opposizioni cd. "recuperatorie", ossia con le quali l'opponente intenda contestare il diritto dell'ente impositore o dell'agente di riscossione di agire in executivis per ragioni riferibili agli atti prodromici, di cui egli non abbia avuto conoscenza per omessa o viziata notificazione, devono proporsi, ai sensi degli artt. 2 e 19 del D.Lgs. n. 546 del 1992, innanzi al giudice tributario nel termine di rito ivi previsto (Cass. civ. Sez. VI - 3 Ord., 07/05/2019, n. 11900).


Il pignoramento del credito presso terzi previsto dall'art. 72-bis del d.P.R. 602/1973, è una forma speciale di esecuzione, con procedimento semplificato interamente stragiudiziale, che non prevede neppure l'intervento del giudice dell'esecuzione se al comando segue l'adempimento del terzo pignorato, il quale ha immediato effetto satisfattivo del credito. E tuttavia, come per tutti i procedimenti esecutivi, anche ad esso va applicato il principio di diritto secondo cui in materia di esecuzione forzata tributaria l'opposizione agli atti esecutivi avverso l'atto di pignoramento asseritamente viziato per omessa o invalida notificazione della cartella di pagamento (o di altro atto prodromico al pignoramento), è ammissibile e va proposta, ai sensi degli artt. 2 comma 1, e 19, del D.Lgs. n. 546/1992, dell'art. 57, del d.P.R. n. 602/1973 e dell'art. 617 c.p.c., davanti al giudice tributario, risolvendosi nell'impugnazione del primo atto in cui si manifesta al contribuente la volontà di procedere alla riscossione di un ben individuato credito tributario (Cass. civ. Sez. V, 10/12/2019, n. 32203).

Fonte: www.dirittoegiustizia.it

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