Sul discrimine fra giurisdizione tributaria e ordinaria sull'attuazione di una pretesa tributaria
29 Aprile 2020
La vicenda in esame è scaturita dal conflitto di giurisdizione insorto su un atto di pignoramento presso terzi ad istanza dell'Agenzia delle Entrate-Riscossione. In particolare, il provvedimento era stato notificato ad un contribuente a fronte del mancato pagamento di due cartelle per canoni su concessioni demaniali. Il contribuente ha impugnato il pignoramento presso terzi dinanzi al Giudice dell'esecuzione eccependo, in sostanza, l'inammissibilità perché riferito ad un terzo pignorato inesistente e, nel merito, la nullità in quanto gli atti presupposti erano già stati pagati o illegittimi. Il giudice dell'esecuzione ha declinato la propria competenza, concedendo un termine per l'instaurazione della causa dinanzi alla commissione tributaria. La Ctp adita ha appurato la propria estraneità alla causa per assenza di contestazioni nel merito della pretesa; la contestazione riguardava la sola asserita insussistenza dei presupposti per proporre il pignoramento. Configurandosi, quindi, un conflitto di giurisdizione, il giudice tributario ha rimesso gli atti alle Sezioni Unite della Corte di cassazione.
Gli Ermellini, con la pronuncia citata, hanno precisato i seguenti criteri per discriminare la giurisdizione tributaria da quella ordinaria in ordine all'attuazione della pretesa erariale. Alla giurisdizione tributaria spetta la cognizione e la verifica della sussistenza dei presupposti della pretesa in senso sostanziale. Alla giurisdizione ordinaria spetta invece la cognizione delle questioni riguardanti la legittimità formale dell'atto esecutivo. Nella vicenda in esame il contribuente ha proposto, in via pregiudiziale, al tribunale l'accertamento dell'improcedibilità o inammissibilità del pignoramento presso terzi, essendoci insussistenza delle ragioni di credito presupposte. Solo in via subordinata esso ha richiesto una valutazione di merito. Gli Ermellini hanno concluso che, trattandosi di distinte domande, occorre individuare giurisdizioni differenti per ciascuna di esse. Nel caso specifico la questione deve essere esaminata prioritariamente dal giudice ordinario. Successivamente, considerata l'eccezione, invia subordinata, sul merito della pretesa, il primo giudice deve devolvere eventualmente alle altre giurisdizioni (quella tributaria) l'esame della vicenda.
Il discrimine fra giurisdizione tributaria e giurisdizione ordinaria in ordine all'attuazione della pretesa tributaria che si manifesta con un atto esecutivo segue i termini seguenti :
L'art. 57 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, nella parte in cui stabilisce che non sono ammesse le opposizioni regolate dall'art. 617 c.p.c. riguardanti la regolarità formale e la notificazione del titolo esecutivo, deve essere interpretato nel senso che tale inammissibilità comporta solo il divieto di proporre tali opposizioni davanti al giudice ordinario, senza però che ciò impedisca di proporre la questione al giudice tributario, facendo valere l'invalidità del pignoramento per la mancata notificazione della prodromica cartella di pagamento, se contestualmente anch'essa impugnata. In materia di esecuzione forzata tributaria, l'opposizione agli atti esecutivi, riguardante l'atto di pignoramento mobiliare posto in essere dall'Agente della Riscossione, che si assume viziato per omessa o invalida notifica della cartella di pagamento, è ammessa e dev'essere proposta davanti al giudice speciale tributario. L'atto di pignoramento non preceduto dalla notificazione della cartella di pagamento posta a suo preteso fondamento integra il primo atto in cui si manifesta al contribuente la volontà di procedere alla riscossione di un ben individuato credito tributario e pertanto, in quanto idoneo a far sorgere l'interesse ad agire ai sensi dell'art. 100 c.p.c., rientra nell'ambito degli atti impugnabili davanti al giudice tributario in forza dell'art. 19 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 (Cass. civ. Sez. Unite, 05/06/2017, n. 13913). In materia di esecuzione forzata per la riscossione di entrate di natura tributaria, anche dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 114 del 2018, che ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 57 del D.P.R. n. 602/1973 nella parte in cui esclude l'ammissibilità dell'opposizione regolata dall'art. 615 c.p.c. in relazione agli atti della procedura successivi alla notifica della cartella o dell'avviso di pagamento, le opposizioni cd. "recuperatorie", ossia con le quali l'opponente intenda contestare il diritto dell'ente impositore o dell'agente di riscossione di agire in executivis per ragioni riferibili agli atti prodromici, di cui egli non abbia avuto conoscenza per omessa o viziata notificazione, devono proporsi, ai sensi degli artt. 2 e 19 del D.Lgs. n. 546 del 1992, innanzi al giudice tributario nel termine di rito ivi previsto (Cass. civ. Sez. VI - 3 Ord., 07/05/2019, n. 11900).
Fonte: www.dirittoegiustizia.it
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