Morosità incolpevole ed emergenza da coronavirus
04 Maggio 2020
Il quadro normativo
Uno degli effetti di grande rilievo della situazione generale di difficoltà che si è prodotta - e si sta producendo in misura crescente - in conseguenza dell'epidemia del coronavirus è il moltiplicarsi dei casi di morosità nelle locazioni: condizione che ha una portata assai ampia e che se in un primo tempo ha interessato principalmente (se non solamente) le locazioni non abitative (anche in conseguenza della chiusura di molte attività commerciali, artigianali ed industriali disposta dai provvedimenti volti a contenere la diffusione dell'epidemia) attualmente (con il progressivo prodursi delle generali difficoltà di carattere economico che interessano tutti) sta riguardando in misura crescente anche le locazioni abitative. Appunto con riferimento alle locazioni abitative presenta interesse l'esame delle disposizioni in tema di “morosità incolpevole” le quali sembrano destinate - per la loro specifica finalità - ad avere sempre maggiore applicazione in relazione ad una situazione quale quella ora ricordata: cercheremo dunque qui di seguito di analizzare le disposizioni anzidette e di verificare le condizioni per la loro applicabilità nella situazione propria dall'emergenza da coronavirus ponendo in rilievo i problemi applicativi che si presentano. La figura della “morosità incolpevole” è stata introdotta dal comma 5 dell'art. 6, d.l. 31 agosto 2013, n. 102, convertito con modificazioni dalla l. 28 ottobre 2013, n. 124. La norma dispone la costituzione presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di un “fondo destinato agli inquilini morosi incolpevoli” da assegnare ai Comuni ad alta tensione abitativa che prima dell'entrata in vigore della legge di conversione del decreto avessero “avviato” dei “bandi” o “altre procedure amministrative” dirette ad erogare contributi agli inquilini “morosi incolpevoli”. Per il riparto del fondo tra le Regioni si prevede che debbano essere emanati dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti decreti che dispongano l'assegnazione delle somme destinate ai contributi in base al principio per cui “le risorse” devono essere assegnate “prioritariamente” alle Regioni che abbiano “emanato norme per la riduzione del disagio abitativo, che prevedono percorsi di accompagnamento sociale per i soggetti sottoposti a sfratto, anche attraverso organismi comunali”. Viene disposto inoltre che i decreti stabiliscano “i criteri e le priorità” da rispettarsi nei provvedimenti comunali che definiscano “le condizioni di morosità incolpevole che consentono l'accesso ai contributi”. Il decreto-legge in questione dispone anche che i Prefetti adottino “a tal fine … misure di graduazione programmata dell'intervento della forza pubblica nell'esecuzione dei provvedimenti di sfratto”. Il contenuto del d.m. 30 marzo 2016
Le concrete modalità applicative della fattispecie (e “i criteri e le priorità” da seguirsi nei provvedimenti comunali diretti a fissare i requisiti per la concreta configurazione della “morosità incolpevole”) sono state individuate dunque - in base a quanto dispone il decreto-legge ora ricordato - attraverso una serie di decreti emanati di anno in anno, a far tempo dall'anno 2014, dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Il decreto ministeriale che trova attualmente applicazione per la definizione dei caratteri propri della “morosità incolpevole” e per l'individuazione delle diverse fattispecie in relazione alle quali è disposta l'attribuzione dei relativi contributi è il decreto emanato il 30 marzo 2016 le cui disposizioni sono state poi richiamate - esplicitamente o implicitamente - dai successivi decreti ministeriali intervenuti in argomento. Ricordiamo dunque brevemente ciò che prevede il decreto anzidetto del 2016 circa le caratteristiche della “morosità incolpevole” e circa le fattispecie per le quali è prevista l'erogazione dei contributi. La prima disposizione da ricordare ai fini indicati è quella dell'art. 2, d.m. 30 marzo 2016, che è diretto a fornire la definizione della “morosità incolpevole”: viene detto che questa è la “situazione di sopravvenuta impossibilità a provvedere al pagamento del canone locativo a ragione della perdita o consistente riduzione della capacità reddituale del nucleo familiare”. Gli eventi che fanno ritenere incolpevole la morosità secondo quanto prevede l'articolo ricordato - che contiene al proposito una precisa elencazione (avente peraltro - è detto espressamente - portata meramente “esemplificativa e non esaustiva”) - sono i seguenti:
L'art. 3, d.m. 30 marzo 2016, poi, fissa i requisiti per l'accesso ai contributi. Il conduttore deve:
A quelli elencati si aggiunge l'ulteriore requisito di carattere negativo costituito dal non avere il conduttore o un suo familiare la proprietà (o il diritto di uso, di abitazione o di usufrutto) relativamente ad altro immobile “fruibile” “adeguato” alle esigenze del nucleo familiare del conduttore sito nella provincia di residenza. È titolo “preferenziale” per la concessione del contributo la presenza nella famiglia del conduttore di un ultrasettantenne, di un minore o di un soggetto gravemente invalido (in misura di almeno il 74%) o di un soggetto in carico ai servizi sociali o in regime di assistenza da parte delle aziende sanitarie. L'art. 4, d.m. 30 marzo 2016, (“Dimensionamento dei contributi”) dispone che il contributo concedibile non possa “superare l'importo di euro 12.000”. Da sottolineare che questa disposizione precisa anche che il contributo è concesso “per sanare la morosità incolpevole accertata”, il che è importante perché il d.l. n. 102/2013 non diceva esplicitamente che la somma da erogarsi deve essere destinata a sanare la morosità (sì che in sede di primo commento ci si era chiesti se ciò comportasse violazione dei principi dell'uguaglianza e della ragionevolezza sanciti dall'art. 3 Cost.). Alla luce della precisazione fornita dalla disposizione ricordata deve dunque ritenersi che le previsioni che stiamo esaminando siano dirette proprio a cercare di “salvare” il contratto in corso ed a consentire che il conduttore continui ad occupare l'immobile locato. Secondo quanto dispone l'art. 5 del decreto (“Finalizzazione dei contributi”) i Comuni devono disporre l'erogazione dei contributi in quattro specifiche ipotesi descritte nello stesso articolo. Si tratta delle seguenti fattispecie: “a) fino a un massimo di 8.000,00 euro per sanare la morosità incolpevole accertata dal comune, qualora il periodo residuo del contratto in essere non sia inferiore ad anni due, con contestuale rinuncia all'esecuzione del provvedimento di rilascio dell'immobile”; “b) fino a un massimo di 6.000,00 euro per ristorare la proprietà dei canoni corrispondenti alle mensilità di differimento qualora il proprietario dell'immobile consenta il differimento dell'esecuzione del provvedimento di rilascio dell'immobile per il tempo necessario a trovare un'adeguata soluzione abitativa all'inquilino moroso incolpevole”; “c) assicurare il versamento di un deposito cauzionale per stipulare un nuovo contratto di locazione”; “d) assicurare il versamento di un numero di mensilità relative a un nuovo contratto da sottoscrivere a canone concordato fino alla capienza del contributo massimo complessivamente concedibile di euro 12.000,00”. Da segnalare che “i contributi di cui alle lett. c) e d) del comma 1 possono essere corrisposti dal comune in un'unica soluzione contestualmente alla sottoscrizione del nuovo contratto”. In sede di analisi di tali fattispecie (che sono diverse da quelle che erano state individuate dal precedente decreto ministeriale del 14 maggio 2014) sono state manifestate numerose perplessità. Si è osservato come le ipotesi previste - ad eccezione della sola ipotesi di cui alla lett. a) - non abbiano nella realtà il fine di sanare la “morosità incolpevole” ma invece quello di consentire al conduttore che sia stato sfrattato per morosità di stipulare un nuovo e diverso contratto di locazione - ciò vale quanto alle ipotesi di cui alle lett. c) e d) - o quello di ritardare l'esecuzione del provvedimento di rilascio - quanto all'ipotesi di cui alla lett. b) - con il pagamento del canone solamente per il periodo della dilazione dell'esecuzione (e non già per il periodo in relazione al quale si è formata la morosità). Si è osservato inoltre come la possibilità di erogazione dell'importo massimo del contributo (12.000 euro) sia incongruamente limitata alle sole ipotesi di cui alle lett. c) e d) (ipotesi per le quali peraltro l'importo indicato appare obiettivamente assai elevato) e come non si comprenda la ragione per cui per l'ipotesi di cui alla lett. a) - che è l'unica ipotesi in cui il contributo è destinato a pagare i canoni il cui mancato pagamento abbia integrato la “morosità incolpevole” del conduttore - l'importo massimo erogabile sia invece limitato. Né si comprende la ragione per cui requisito per la richiesta del contributo nelle ipotesi di cui alle lett. a) e b) è l'intervenuta convalida dello sfratto per morosità e non la semplice intimazione dello sfratto al conduttore. Sulla base di queste osservazioni si è notato che le disposizioni relative alla “morosità incolpevole” avrebbero potuto svolgere un ruolo più efficace e comunque più coerente con la loro funzione (indicata nel decreto ministeriale in questione quale “sanatoria della morosità incolpevole”) ove essere avessero previsto un importo massimo erogabile di entità inferiore ai 12.000 euro (consentendo così la loro utilizzabilità in un più ampio numero di casi) e fossero state destinate alla salvezza ed al mantenimento in vita del contratto di locazione consentendo al conduttore di porre rimedio alla morosità prima che fosse dichiarata la risoluzione del contratto e di rimanere pertanto nell'appartamento locato in forza del vecchio contratto di locazione di cui si fosse in tal modo evitata la dichiarazione di risoluzione. Sta di fatto però che il contenuto del decreto ministeriale del 2016 è stato invece poi mantenuto ed è stato anzi richiamato integralmente da tutti i decreti ministeriali che sono stati emessi negli anni successivi: lo stesso d.m. 23 dicembre 2019 (l'ultimo decreto emesso in materia) pur non richiamando esplicitamente il decreto del 2016 non ne ha modificato le disposizioni, il che fa ritenere che queste - non essendo prevista una scadenza della loro validità - siano a tutt'oggi vigenti e debbano trovare applicazione anche nella situazione attuale. In primo luogo, va sottolineato che le disposizioni relative alla “morosità incolpevole” hanno un ambito che è limitato alla luce degli elementi e dei requisiti che abbiamo segnalato. Esse infatti possono trovare applicazione solamente: - nel caso di locazione abitativa; - nel caso di conduttore che abbia un reddito inferiore alle soglie previste; - nel caso di conduttore che sia residente nell'immobile locato da più di un anno; - nel caso in cui il conduttore (o alcuno dei suoi familiari) non sia titolare del diritto di proprietà o di usufrutto (o di uso o abitazione) relativamente ad un alloggio “fruibile” “adeguato” alle esigenze del nucleo familiare sito nella provincia di residenza; - nel caso in cui sia stato promosso nei confronti del conduttore un procedimento di sfratto per morosità. E' solamente entro i limiti segnati dagli elementi ora ricordati che le disposizioni in tema di morosità incolpevole possono operare: da sottolineare che tali limiti valgono anche nella situazione di attuale emergenza. Ne deriva che restano dunque escluse dalla possibilità di applicazione delle disposizioni in esame non soltanto tutte le locazioni commerciali (o comunque tutte le locazioni non abitative) ma anche - nell'ambito delle locazioni abitative - le locazioni di immobili nei quali il conduttore non sia residente (caso questo - deve ritenersi - delle locazioni per studenti universitari ed anche delle locazioni transitorie). Non solo: ulteriore elemento che restringe l'ambito di possibile applicazione delle disposizioni in esame è il requisito negativo dell'assenza in capo al conduttore o ad un suo familiare della proprietà (o di altro diritto reale della natura indicata) relativamente ad un alloggio che sia disponibile ed idoneo a soddisfare le necessità abitative del conduttore e della sua famiglia e che si trovi nel territorio della provincia in cui il conduttore risieda. Da sottolineare che - richiedendo la disposizione che l'immobile sia “fruibile” da parte del conduttore - deve ritenersi che osti alla possibilità di beneficiare del contributo per la “morosità incolpevole” solo la presenza di un immobile di cui il conduttore abbia la piena e libera disponibilità mentre la proprietà di un immobile che non sia disponibile (perché, per esempio, locato a terzi) non integrerebbe il requisito negativo qui in considerazione. Altro elemento che limita l'applicabilità delle disposizioni in parola deriva dal fatto che nei confronti del conduttore deve essere stato promosso un procedimento di sfratto per morosità: da notare però che - come già si è detto - per alcune delle fattispecie previste non è necessario che lo sfratto sia stato convalidato, essendo sufficiente che il procedimento sia stato soltanto promosso. Quelli indicati sono dunque gli elementi che restringono - peraltro in misura considerevole - il campo di applicazione delle disposizioni in tema di “morosità incolpevole” anche nella situazione attuale di emergenza derivata dal coronavirus. Come si è visto, l'art. 2, d.m. 30 marzo 2016 fornisce la definizione della “morosità incolpevole”: deve trattarsi di una “situazione di sopravvenuta impossibilità a provvedere al pagamento del canone locativo a ragione della perdita o consistente riduzione della capacità reddituale del nucleo familiare”. Si tratta di una condizione che appare assai vicina a molti dei casi determinati dagli effetti dell'emergenza: questa infatti - anche a prescindere dalle gravissime ed in molti casi irreparabili conseguenze sulla salute e sulla stessa vita di molti - ha comportato per una parte dei conduttori condizioni personali ed economiche tali da non consentire il pagamento del canone di locazione. Sulla base di quanto dispone l'art. 2, d.m. 30 marzo 2016, citato, come si è visto, gli eventi che fanno ritenere incolpevole la morosità sono la perdita del lavoro per licenziamento; gli effetti di “accordi aziendali e sindacali con consistente riduzione dell'orario di lavoro”; gli effetti della “cassa integrazione ordinaria o straordinaria che limiti notevolmente la capacità reddituale”; il “mancato rinnovo di contratti a termine o di lavoro atipici”; le “cessazioni di attività libero-professionali o di imprese registrate, derivanti da cause di forza maggiore o da perdita di avviamento in misura consistente”; la “malattia grave, infortunio o decesso di un componente del nucleo familiare che abbia comportato o la consistente riduzione del reddito complessivo del nucleo medesimo o la necessità dell'impiego di parte notevole del reddito per fronteggiare rilevanti spese mediche e assistenziali”. Come si vede, l'elenco tracciato dalla disposizione sembra riferirsi in modo diretto ed immediato proprio a molte delle vicende che si hanno in questo momento quali conseguenze dell'emergenza: la perdita del lavoro, la cessazione dell'attività professionale o imprenditoriale, la soggezione alla cassa integrazione con limitazione in misura notevole della capacità reddituale, la malattia o il decesso di un componente il nucleo familiare che comporti una riduzione consistente del reddito della famiglia, ecc., sono tutte fattispecie che attualmente ed in molti casi sono proprio la diretta conseguenza sulle condizioni personali, economiche e sociali dell'emergenza. Da osservare poi che l'elenco contenuto nell'art. 2, d.m. 30 marzo 2016, è solo una rassegna “esemplificativa e non esaustiva”: il che significa che in tutti casi in cui l'emergenza da coronavirus provochi effetti che pregiudichino la possibilità per il conduttore di fare fronte al suo obbligo di pagamento del canone questa situazione, anche se non coincidesse esattamente con alcuna delle fattispecie elencate, potrebbe essere presa in considerazione ai fini della sua riconduzione alla figura della “morosità incolpevole” e dare luogo alla possibilità di fruizione dei benefici previsti ove essa presentasse i caratteri propri della definizione in via generale della “morosità incolpevole”. Va, poi, notato che il conduttore, per potere richiedere il contributo per la “morosità incolpevole”, deve dimostrare - secondo le modalità che siano stabilite dai singoli Comuni attraverso i bandi emanati in materia - di trovarsi nelle condizioni previste per potere fruire dei benefici e di possedere i requisiti prescritti: ciò vale tanto per i requisiti positivi quanto anche per quelli negativi (tra i quali - come si è visto - vi è quello relativo all'inesistenza di un diritto di proprietà o di altro diritto reale che dia al conduttore la disponibilità di un alloggio idoneo ad essere utilizzato dallo stesso conduttore e dalla sua famiglia). La necessità della prova (da fornirsi con le modalità fissate nei diversi casi dai Comuni) degli elementi ora ricordati costituisce un onere posto a carico del conduttore in via generale in tutti i casi di richiesta di contributo in relazione alla “morosità incolpevole”. Da sottolineare che pertanto l'onere in questione dovrà essere assolto con l'indicazione e la produzione di elementi precisi relativi alla singola specifica situazione di difficoltà nella quale il conduttore versi. Ciò deve ritenersi che valga anche nei casi in cui la condizione di difficoltà derivi dalle vicende legate all'emergenza ed al contagio da coronavirus: pare chiaro infatti che non possa ritenersi sufficiente in questo caso un generico richiamo alle generali difficoltà prodotte dall'emergenza. Un rilievo con riguardo al fondo destinato ai conduttori morosi incolpevoli - nell'ottica della sua utilizzazione in relazione agli effetti dell'emergenza da epidemia di coronavirus - deve essere formulato con riguardo all'entità del fondo ed alla sua ripartizione. Sulla base di quanto è stato disposto dal d.m. 23 dicembre 2019 l'importo complessivo del fondo destinato ai contributi per i conduttori morosi incolpevoli è risultato nell'anno 2019 di 46 milioni di euro. Si tratta di un importo sostanzialmente analogo a quello che era stato stanziato per il medesimo fine nell'anno 2018. Il fondo in questione - sulla base di quanto dispone il decreto del dicembre 2019 - è stato ripartito con attribuzione in via prioritaria della quota del 30% a 11 Regioni che avrebbero presentato i caratteri di cui al comma 5 dell'art. 6, d.l. 31 agosto 2013, n. 102 e della quota del 70% a tutte le Regioni, comprese le prime. Per la ripartizione dei fondi tra le Regioni, si è utilizzato un criterio basato sulla proporzionalità riferita al numero dei provvedimenti di sfratto per morosità emessi nelle diverse Regioni nell'anno 2018 secondo i dati resi noti dal Ministero dell'Interno. Orbene, pare che gli elementi che ora si sono ricordati dovrebbero essere riconsiderati in relazione alla possibilità dell'applicazione delle disposizioni in materia di “morosità incolpevole” alle situazioni conseguenti all'emergenza da coronavirus. Si renderebbero infatti opportuni - a quanto può ritenersi - almeno due interventi in questo senso:
Come si è visto, il decreto ministeriale del 2016 prevede quattro distinte fattispecie in relazione alle quali può essere disposta l'erogazione del contributo per la “morosità incolpevole”. A proposito del rapporto tra ciascuna di tali ipotesi e l'attuale situazione di emergenza possono essere formulate le seguenti prime osservazioni.
Si noti che l'ipotesi che viene così configurata è quella di un conduttore che sia incorso in morosità e nei cui confronti non soltanto sia stata promossa dal locatore la procedura di sfratto per morosità ma sia stata già pronunciata l'ordinanza di convalida dello sfratto (o l'ordinanza di rilascio con riserva delle eccezioni del convenuto prevista dall'art. 665 c.p.c. o la sentenza che definisca il giudizio diretto alla dichiarazione della risoluzione del contratto di locazione per la morosità del conduttore). Da segnalare che il fatto che la vicenda processuale che si considera debba essere giunta a questo stadio si ricava dalla previsione della necessità della rinuncia da parte del locatore all'esecuzione del provvedimento di rilascio, provvedimento che dunque a quel momento deve essere già stato pronunciato. In questa situazione il conduttore - ove possieda i requisiti che abbiamo ricordato supra - potrà proporre l'istanza diretta all'ottenimento del contributo per sanare la morosità (peraltro con il limite che abbiamo già segnalato: al massimo potrà essere erogato un contributo di 8.000 euro) condizionatamente alla dichiarazione del locatore di rinuncia a porre in esecuzione il provvedimento di rilascio. Condizione ulteriore perché possa concretarsi la fattispecie in esame è che il contratto di locazione abbia una durata residua non inferiore a due anni. Vi è da chiedersi se la previsione della rinuncia all'esecuzione del rilascio - rinuncia in conseguenza della quale il conduttore dovrà potere continuare ad occupare l'immobile - significhi che il contratto di locazione venga a riacquisire validità. Ancorché la disposizione non sia formulata in modo chiaro sembra che la risposta al quesito debba essere affermativa poiché pare evidente che in questo caso la rinuncia del locatore debba avere una portata non temporanea ma definitiva (pur limitatamente allo specifico provvedimento di rilascio a quel momento esistente: è chiaro infatti che ove il conduttore, nel prosieguo della locazione, si rendesse nuovamente moroso il locatore potrebbe promuovere nei suoi confronti una nuova procedura di sfratto). Che nel caso debba trattarsi di rinuncia definitiva si ricava anche dalla considerazione che all'ipotesi della temporanea sospensione dell'esecuzione del rilascio è dedicata altra fattispecie, quella di cui alla successiva lett. b). Ciò che è certo - come già si è detto - è che perché possa realizzarsi la fattispecie che stiamo considerando non soltanto deve essere stato promosso dal locatore il procedimento di sfratto ma questo deve essere già sfociato in un provvedimento di rilascio. Si tratta di soluzione che appare davvero poco opportuna: soprattutto in una situazione quale la presente in cui lo stato di difficoltà è generale e la “morosità incolpevole” si prospetta quale situazione sempre più diffusa appare davvero irragionevole che la richiesta del contributo per la “morosità incolpevole” sia soggetta alla condizione che sia stato preventivamente pronunciato il provvedimento di convalida dello sfratto. Tanto più che - come noto - le disposizioni emanate per evitare il diffondersi del contagio hanno comportato la sospensione fino all'11 maggio 2020 dell'attività giudiziaria ordinaria civile e la sospensione fino al 30 giugno 2020 dell'esecuzione forzata dei provvedimenti di rilascio: previsioni alla luce delle quali la scelta che lega alla conclusione del procedimento di sfratto (e non alla semplice promozione di questo) la possibilità del ricorso alle provvidenze per la “morosità incolpevole” appare inidonea a rendere effettivamente utile nel caso presente la disciplina dettata per la “morosità incolpevole”. Da notare, poi, che il fatto che si richieda - quale condizione per l'ottenimento del contributo - che il provvedimento di rilascio sia già stato pronunciato conduce anche ad escludere che l'ipotesi in esame possa essere utilizzata nel corso del procedimento di sfratto e collegata alla fattispecie della concessione del termine di grazia per la sanatoria della morosità prevista dall'art. 55, l. n. 392/1978. Ciò appare davvero irragionevole poiché la ratio delle due ipotesi è nella sostanza assai simile se non proprio la stessa: il termine di grazia infatti può essere concesso dal giudice “dinanzi a comprovate condizioni di difficoltà del conduttore”, situazione che (consistendo nelle “difficoltà di ordine economico, determinanti l'impossibilità di sanare la morosità nel termine ordinario ossia, a norma del comma 1 dello stesso articolo, nella prima udienza”: Cass. civ., sez. III, 29 gennaio 2003, n. 1264) è assai vicina a quella che è posta alla base delle disposizioni in tema di “morosità incolpevole”.
Quanto alle ipotesi di cui alle lett. c) e d) dell'art. 5, d.m. 30 marzo 2016, queste sono dirette - come già si è detto - a consentire la stipulazione di un nuovo contratto di locazione ma non prevedono affatto che sia sanata la morosità maturata relativamente al vecchio contratto di locazione. Esse dunque potranno forse consentire al conduttore in difficoltà di trovare un nuovo alloggio in locazione in cui trasferirsi ma non potranno certo evitare al conduttore (ed ai suoi familiari) il disagio collegato al rilascio dell'immobile costituente attualmente la sua (la loro) abitazione né potranno consentire al locatore di vedere soddisfatto il suo credito per i canoni non pagati dal conduttore incolpevolmente moroso. Questi sono peraltro limiti intrinseci alle previsioni delle lett. c) e d) dell'art. 5, d.m. 30 marzo 2016, e (previsioni che - come già si è segnalato - non sono affatto idonee a conseguire l'effetto della sanatoria della morosità incolpevole).
Si tratta dunque di una disposizione che non prevede affatto che siano pagati i canoni per cui si sia avuta la “morosità incolpevole” e che in ogni caso appare inidonea - appunto perché indirizzata a dare al problema una soluzione meramente temporanea - ad essere vista quale strumento volto alla realizzazione di un rimedio che abbia realmente utilità ed efficacia rispetto alle situazioni di difficoltà derivanti dall'emergenza. In conclusione
Possiamo tirare le fila delle considerazioni che abbiamo svolto fino ad ora. In esito ai rilievi che abbiamo tracciato dobbiamo notare che:
Masoni, Profili processuali e di analisi economica del diritto concernenti la sanatoria della morosità, in Giur. merito, 2009, 1244 Sforza Fogliani, Morosità incolpevole, percorso su misura, in Il Sole 24 Ore, 14 gennaio 2014 Scalettaris, La morosità incolpevole, in Arch. loc. e cond., 2014, 143 Scripelliti, La morosità incolpevole e nuove possibili frontiere del diritto civile, in Arch. loc. e cond., 2015, 356 |