Inefficacia del pignoramento per tardiva iscrizione a ruolo

Claudia Masciopinto
Claudia Masciopinto
04 Maggio 2020

A norma dell'art. 497 c.p.c., il pignoramento perde efficacia decorsi quarantacinque giorni (l'originario termine di novanta giorni è stato dimidiato dal d.l. 27 giugno 2015, n. 83) dal suo compimento, senza che siano state chieste la vendita o l'assegnazione dei beni pignorati.
Inquadramento

Il pignoramento è l'atto iniziale dell'espropriazione, destinato ad assumere diversi connotati in funzione delle diverse forme di circolazione dei diritti sui beni oggetto dello stesso. Si distinguono, pertanto, tre forme di pignoramento: mobiliare, immobiliare e dei crediti presso terzi.

In via generale, da un punto di vista strutturale, esso consiste in un'ingiunzione ad istanza dell'esecutante effettuata dall'ufficiale giudiziario ed indirizzata al debitore, affinché quest'ultimo si astenga da qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito, portato dal titolo esecutivo, beni specificamente individuati e relativi frutti (art. 2912 c.c.), che vengono assoggettati all'espropriazione (art. 492 c.p.c.).

Con il pignoramento la garanzia patrimoniale generica, che ex art. 2740 c.c. grava sull'intero patrimonio del debitore per l'adempimento delle sue obbligazioni, si concretizza nell'assoggettamento di uno o più beni all'esecuzione in favore del creditore procedente e degli altri eventuali creditori che interverranno in quella particolare esecuzione.

Dal punto di vista funzionale, il pignoramento determina un vincolo di destinazione sui beni pignorati che non cessano di appartenere al debitore, il quale non perde, rispetto ad essi, neppure il potere di disporne. Eventuali atti di alienazione da parte del debitore fino alla vendita o all'assegnazione, saranno non invalidi, cioè nulli, ma affetti da inefficacia relativa, nel senso che non potranno essere opposti all'esecutante e agli eventuali intervenienti nel processo esecutivo (art. 2913 c.c.).

La norma generale che disciplina il pignoramento è l'art. 492 c.p.c. profondamente modificata dalla riforma del 2006. In particolare, è stata dedicata grande attenzione all'individuazione di meccanismi che consentano di reperire nuovi e ulteriori beni da sottoporre a pignoramento. Innanzitutto, qualora si registri l'insufficienza dei beni pignorati o appaia manifesta la lunga durata della liquidazione, ovvero, a seguito dell'intervento di altri creditori, i beni pignorati divengano insufficienti, l'ufficiale giudiziario invita il debitore a rendere nota l'esistenza di altri beni pignorabili. L'omessa o falsa dichiarazione del debitore costituisce un illecito penale ex art. 388c.p. Se il debitore risponde, dichiara l'esistenza di ulteriori beni, il pignoramento si considera fin da quel momento efficace nei suoi confronti, sia agli effetti penali sia della custodia; tuttavia il pignoramento potrà considerarsi perfezionato, ai fini della sua opponibilità ai terzi, solo dopo il compimento delle ulteriori attività previste dalle varie forme di pignoramento (art. 492, commi 4-6, c.p.c.). È altresì previsto che l'ufficiale giudiziario, nomini, qualora il debitore sia un imprenditore commerciale, un professionista per l'esame delle scritture contabili e l'individuazione di elementi attivi non dichiarati (art. 492, comma 8, c.p.c.) e possa comunque richiedere, di sua iniziativa e senza autorizzazioni preventive, l'assistenza della forza pubblica. Il verbale di pignoramento, unitamente al titolo esecutivo e al precetto, viene a formare, a cura del cancelliere, il fascicolo dell'esecuzione. La procedura viene, quindi, affidata ad un giudice del tribunale, il quale svolgerà le funzioni di giudice di quella esecuzione.

Il pignoramento può essere evitato dal debitore, in extremis, giusto pagamento della somma di danaro per la quale si procede, nonché dell'importo delle spese, nelle mani dell'ufficiale giudiziario (art. 494, comma 1, c.p.c.), il quale consegnerà il tutto al creditore con effetto liberatorio. Una volta soddisfatto quest'ultimo, viene a mancare la stessa ragione di procedere all'esecuzione forzata. Anche nel caso disciplinato dall'art. 494, comma 3, c.p.c. il debitore consegna del denaro all'ufficiale giudiziario che effettua il pignoramento, onde evitare il pignoramento di “cose” (mobili, immobili o crediti). Diverso è il caso in cui il pignoramento già eseguito su alcuni beni del patrimonio del debitore, prima che sia disposta la vendita o l'assegnazione, venga convertito in pignoramento di una somma equivalente di denaro, con le modalità di cui all'art. 495 c.p.c. In tal caso, il pignoramento persiste, ma muta il suo oggetto per la volontà del debitore di evitare che determinati beni siano assoggettati al vincolo. Lo svantaggio, rispetto alle precedenti ipotesi, sta nel fatto che, se sono intervenuti altri creditori, la somma da versare dovrà corrispondere, oltre alle spese di esecuzione, ai crediti sia del creditore procedente sia dei creditori intervenuti. Il vantaggio della conversione consiste, invece, nell'evitare la fase della vendita e le relative spese, poiché l'oggetto del pignoramento, ossia la somma versata, è già liquido.

Nell'espropriazione forzata, la disciplina degli effetti del pignoramento è regolata dal codice civile e, in particolare, dagli artt. 2912-2918 c.c. Si è già detto che lo scopo principale del pignoramento è quello di impedire che la circolazione del diritto o bene pignorato pregiudichi il creditore che lo ha richiesto. Pertanto, tali effetti vengono definiti conservativi. Occorre comunque mettere in evidenza, innanzitutto, che il pignoramento non trasferisce il possesso del bene, né in capo al creditore procedente né, più in generale, all'ufficio esecutivo. Nel momento in cui viene effettuata la vendita forzata e il bene viene consegnato all'aggiudicatario, quest'ultimo ottiene il possesso corrispondente al diritto sostanziale acquistato in sede di vendita forzata. Ne consegue che, come si è detto, il debitore non perde il potere di disporre del bene pignorato, ma gli eventuali atti di alienazione dei beni pignorati non hanno effetto in pregiudizio del creditore procedente e degli eventuali creditori che intervengano nell'esecuzione (art. 2913 c.c.; c.d. inefficacia relativa dell'atto di disposizione). In questa ottica, il codice, all'art. 2914 c.c., detta le regole che stabiliscono la priorità fra l'atto di pignoramento e l'atto di alienazione, individuando criteri sostanzialmente analoghi a quelli previsti per risolvere i conflitti fra due aventi causa dello stesso dante causa. Tuttavia, con riferimento ai beni mobili, l'acquirente di un bene dal debitore esecutato prevarrà sul creditore procedente non solo qualora consegua il possesso del bene mobile prima del pignoramento, ma anche se il suo acquisto, con effetto traslativo immediato con consegna differita, risulti da un atto avente data certa anteriore al pignoramento sia pure (art. 2914, n. 4, c.c.). Nei confronti del creditore pignorante non trova, invece, applicazione la regola “possesso di buona fede vale titolo” (artt. 1153 e 1155 c.c.), in quanto il pignorante non acquista il possesso del bene, avendo il suo diritto natura processuale e non sostanziale. Solo l'aggiudicatario ottiene, infatti, il possesso del bene ed anche un titolo prevalente ex art. 1155 c.c.

Inefficacia del pignoramento

A norma dell'art. 497 c.p.c., il pignoramento perde efficacia decorsi quarantacinque giorni (l'originario termine di novanta giorni è stato dimidiato dal d.l. 27 giugno 2015, n. 83) dal suo compimento, senza che siano state chieste la vendita o l'assegnazione dei beni pignorati.

Si discute, in dottrina, se al predetto termine si applichi la sospensione feriale in applicazione della l. n. 742/1969, che andrebbe circoscritta, secondo alcuni, ai soli giudizi di cognizione; in giurisprudenza si ritiene, peraltro, applicabile la sospensione. Del resto, tale soluzione è in consonanza, per un verso, con la ratio della legge citata e, per altro verso, con l'orientamento che esige la difesa tecnica anche nel processo di esecuzione forzata.

Nel caso di pignoramento immobiliare, il giudice, dichiarando il pignoramento inefficace, deve disporre che sia cancellata la trascrizione dell'atto ex art. 555 c.p.c. Ciò significa che, quantomeno nell'espropriazione immobiliare, il legislatore ha dato per scontato che il termine di efficacia del pignoramento inizi a decorrere soltanto quando la fattispecie dell'atto si sia completata in tutti i suoi elementi.

L'inefficacia può essere rilevata d'ufficio dal giudice, che deve rifiutarsi di provvedere sulla vendita a fronte di un pignoramento divenuto ormai inefficace; e il relativo provvedimento potrà formare oggetto di opposizione ex art. 617 c.p.c.

Sia il caso in cui l'esecuzione del pignoramento non segua il deposito della istanza di vendita, sia il caso in cui l'istanza di vendita venga depositata fuori termine sono strutturalmente assimilabili alla vicenda dell'estinzione del processo; ne consegue che in entrambi i casi la situazione può essere definita con l'ordinanza di cui all'art. 630 c.p.c., avente come contenuto il diretto accertamento dell'inefficacia del pignoramento e la conseguente declaratoria di estinzione del processo esecutivo, che sarà soggetta, in base al combinato disposto degli artt. 630, comma 3, e 130 disp. att. c.p.c., al sistema di controllo costituito dal reclamo avverso l'ordinanza, deciso con sentenza, al quale potrà far seguito l'appello e, quindi, il ricorso per cassazione. Pertanto, al fine di far dichiarare l'inefficacia del pignoramento e l'estinzione dell'esecuzione, il debitore non ha l'onere di proporre opposizione agli atti esecutivi nei venti giorni da quello in cui ha ricevuto l'avviso di fissazione di udienza ex art. 569, comma 1 c.p.c., ma deve proporre istanza di estinzione nella sua prima difesa successiva al verificarsi del fatto estintivo, ovvero nell'udienza per la fissazione della vendita.

Oltre alla fattispecie di inefficacia qui descritta, vi è un'altra ipotesi di inefficacia del pignoramento, che è prevista all'interno di tre diverse disposizioni inserite nella disciplina dettata con riguardo alle tre tipologie di pignoramento; essa sarà dunque trattata separatamente in relazione a ciascuna delle tre tipologie di pignoramento.

Pignoramento mobiliare presso il debitore

Ai sensi dell'art. 513 c.p.c., l'espropriazione mobiliare ha ad oggetto: i beni mobili che si trovano in un bene immobile appartenente al debitore (casa, ufficio, ecc.); su ricorso del creditore, autorizzato dal giudice, i beni che non si trovano in luoghi appartenenti al debitore, ma dei quali egli può direttamente disporre (ad es., i valori nella cassetta di sicurezza della banca); le cose del debitore che il terzo possessore consente di esibirgli. In quest'ultimo caso, il debitore non ha la disponibilità materiale della cosa mobile, perché questa si trova nel possesso o nella detenzione di un terzo e, qualora il terzo rifiuti il consenso al pignoramento diretto, diverrà necessario ricorrere al pignoramento presso terzi. Concetto centrale è quello dell'appartenenza, che si ricava dalla relazione tra uno o più beni mobili dislocati o collocati in beni immobili di cui il debitore esecutato abbia la disponibilità. L'appartenenza costituisce un criterio di semplificazione, che consente di individuare i beni sottoponibili ad espropriazione, evitando di esperire, prima del pignoramento, indagini incerte e difficoltose circa la proprietà dei beni. Sono, comunque, esclusi dall'esecuzione i beni considerati assolutamente o relativamente impignorabili per esigenze di particolare valore morale o sociale, ovvero in considerazione dell'interesse generale, in quanto beni destinati alla produzione (artt. 514 e 515 c.p.c.).

In questa sede, va rilevato che, nell'espropriazione mobiliare, l'ufficiale giudiziario provvede in generale ad individuare le cose ed i crediti da pignorare; in particolare, quest'ultimo rintraccia i beni del debitore, nella casa di lui o negli altri luoghi noti come a lui appartenenti, dovendo preferire i beni di maggior valore e più sicura realizzazione (denaro, oggetti preziosi, titoli di credito) e, al di fuori di tali beni, deve scegliere ciò che possa essere liquidato più facilmente (art. 517 c.p.c.). La quantità di beni pignorati deve corrispondere ad un presumibile valore di realizzo pari all'entità del credito indicato nel precetto, aumentato della metà e dovrà risultare dal verbale di pignoramento, che va trasmesso, senza ritardo, al creditore procedente. Qualora, peraltro, i beni pignorati si dovessero rivelare insufficienti a soddisfare le ragioni dei creditori, al fine di evitare la proliferazione dei procedimenti, il giudice, ad istanza di uno dei creditori, può disporre l'integrazione del pignoramento (art. 540-bis c.p.c.), aprendo così un sub-procedimento nel quale l'ufficiale giudiziario sarà tenuto a riprendere le operazioni di ricerca dei beni. Trattandosi di cose nell'immediata disponibilità dell'esecutato, oltre al normale effetto giuridico, segnare il dies a quo dell'inefficacia relativa di ogni eventuale atto di disposizione, il pignoramento implica problemi di custodia del compendio pignorato. Il predetto viene, infatti, sottratto al possesso dell'esecutato e affidato ad un custode, quale ausiliare del giudice, con obblighi e diritti ben definiti (artt. 520-522 c.p.c.). Con il consenso di controparte custode può essere designato lo stesso creditore procedente o il debitore esecutato.

Venendo a trattare ciò che è qui di interesse, occorre rappresentare che il d.l. 12 settembre 2014, n. 132, convertito in legge 10 novembre 2014, n. 162, ha modificato il sesto comma dell'art. 518 c.p.c., il quale adesso prevede un'ipotesi di inefficacia del pignoramento. Prevede, infatti, l'onere per il creditore procedente di depositare nella cancelleria del tribunale competente per l'esecuzione la nota di iscrizione a ruolo, con copie conformi del processo verbale, del titolo esecutivo e del precetto entro quindici giorni decorrenti dall'avvenuta consegna degli stessi da parte dell'ufficiale giudiziario. La sanzione che la norma fa conseguire al mancato assolvimento del suddetto onere è la perdita di efficacia del pignoramento. Infatti, solo a seguito dell'iniziativa del creditore la cancelleria procede alla formazione del fascicolo dell'esecuzione. Prima della modifica, il richiamato disposto prevedeva che il processo verbale con il titolo esecutivo e il precetto dovessero essere depositati in cancelleria entro le ventiquattro ore dal compimento delle operazioni e che il cancelliere al momento del deposito formasse il fascicolo dell'esecuzione.

La ratio della modifica intervenuta è quella di razionalizzare il lavoro di cancelleria ed evitare una serie di attività sostanzialmente superflue, che determinavano solo un inutile dispendio di energie lavorative. Infatti, nella prassi giurisprudenziale precedente alla riforma, il personale amministrativo doveva spendere una non irrilevante parte del proprio tempo di lavoro per procedere alle formalità necessarie alla formazione dei fascicoli relativi a tutti gli atti di pignoramento che gli ufficiali giudiziari depositavano, indipendentemente da una qualsiasi richiesta del creditore procedente, il quale, avvenuta la notifica dell'atto, poteva decidere, per le più diverse ragioni (il pagamento del debito, un accordo con il debitore etc.), di non coltivare la procedura.

Pignoramento presso terzi

L'espropriazione mobiliare presso terzi ha per oggetto crediti del debitore verso terzi (si pensi ai depositi in banca o alla quota pignorabile, ex art. 545, commi 3 e 5 c.p.c., alla retribuzione dovuta al lavoratore dal datore di lavoro), ovvero cose mobili di proprietà del debitore in possesso di terzi (si pensi al bene concesso dal debitore in comodato). In questa fattispecie (artt. 543 ss. c.p.c.), l'atto di pignoramento (art. 543 c.p.c.) assume una forma ben distinta da quella finora esaminata. Esso consiste in uno scritto proveniente dal creditore istante e notificato dall'ufficiale giudiziario al debitore esecutato e al terzo. Tale atto deve contenere, oltre all'ingiunzione al debitore ex art. 492 c.p.c., l'indicazione del titolo esecutivo e precetto, nonché del credito per cui si procede e dei beni e crediti su cui si agisce. Inoltre, nell'atto di pignoramento, va riportata l'intimazione al terzo di non disporre dei beni pignorati senza ordine del giudice e la sua citazione affinché renda la cd. dichiarazione di terzo (art.543, comma 2 c.p.c.), cioè specifichi di quali cose o di quali somme è debitore o si trovi in possesso e quando ne deve eseguire il pagamento o la consegna (art. 547 c.p.c.). Due sono le modalità di tale dichiarazione, ossia la comunicazione a mezzo raccomandata inviata al creditore procedente o trasmessa a mezzo di posta elettronica certificata. Nell'ipotesi in cui tale dichiarazione sia conforme a quanto dichiarato nell'atto di pignoramento, essa ha natura confessoria e vale tanto ad accertare in modo definito l'esistenza del diritto, quanto a perfezionare e consolidare gli effetti del pignoramento. Il creditore, già all'udienza, potrebbe chiedere l'assegnazione della cosa dovuta o del credito (artt. 552 e 553 c.p.c.).

Quando all'udienza il creditore afferma di non aver ricevuto la dichiarazione, il giudice, con ordinanza, fissa un'udienza successiva e, se questi non compare alla nuova udienza o, comparendo, rifiuta di rendere la dichiarazione, il credito pignorato o il possesso del bene di appartenenza del debitore, nei termini indicati dal creditore, si considera non contestato ai fini del procedimento in corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione se l'allegazione del creditore consente l'identificazione del credito o dei beni di appartenenza del debitore in possesso del terzo. Il terzo può impugnare, nelle forme e nei termini di cui all'articolo 617 c.p.c., l'ordinanza di assegnazione di crediti, se prova di non averne avuto tempestiva conoscenza per irregolarità della notificazione o per caso fortuito o forza maggiore Se sulla dichiarazione sorgono contestazioni o se, a seguito della mancata dichiarazione di terzo, non è possibile l'esatta identificazione del credito o dei beni del debitore in possesso del terzo, il giudice dell'esecuzione, su istanza di parte, provvede con ordinanza, compiuti i necessari accertamenti nel contraddittorio tra le parti e con il terzo. L'ordinanza produce effetti ai fini del procedimento in corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione ed è impugnabile nelle forme e nei termini di cui all'articolo 617 c.p.c. (artt. 548 e 549 c.p.c.).

Con il d.l. n. 132/2014, anche per il pignoramento presso terzi è stato inserito l'onere per il creditore procedente di iscrizione a ruolo del pignoramento dopo la notifica dell'atto al debitore e al terzo. Infatti, è stato modificato il comma 4 dell'art 543 c.p.c., in cui adesso è disposto che, eseguita l'ultima notificazione, l'ufficiale giudiziario consegni senza ritardo l'originale dell'atto di citazione al creditore. Quest'ultimo è tenuto a depositare nella cancelleria del tribunale competente per l'esecuzione la nota di iscrizione a ruolo, con copie conformi dell'atto di citazione, del titolo esecutivo e del precetto così che il cancelliere al momento del deposito possa formare il fascicolo dell'esecuzione. Come accade nel pignoramento mobiliare, il pignoramento perde efficacia se la nota di iscrizione a ruolo e le copie degli atti menzionati siano depositati oltre un termine previsto ex lege, che nella tipologia di pignoramento in esame corrisponde a trenta giorni dalla consegna al creditore. Il legislatore però non prevede da quale atto o adempimento risulti tale consegna, se l'inefficacia sia rilevabile anche d'ufficio e in che modo possa il debitore avere accesso ai registri dell'ufficiale giudiziario, da cui dovrebbe risultare l'avvenuta consegna, onde verificare la tempestività dell'iscrizione a ruolo.

Pignoramento immobiliare

L'espropriazione immobiliare è un processo che ha per oggetto l'esecuzione sulla proprietà o su altri diritti reali concernenti beni immobili del debitore e loro pertinenze. Nell'esecuzione immobiliare, il pignoramento (art. 555 c.p.c.) assume decisamente carattere di atto complesso nel quale, oltre alla ingiunzione ex art.492 c.p.c., confluisce anche un atto predisposto e sottoscritto dal creditore pignorante (art. 170 disp. att. c.p.c.), in cui quest'ultimo, e non l'ufficiale giudiziario, identifica i beni e i diritti immobiliari che intende sottoporre ad esecuzione. Gli effetti del pignoramento verso il debitore decorrono dalla notifica di tale atto al debitore esecutato, mentre l'opponibilità del pignoramento ai terzi decorre dalla trascrizione dell'atto di pignoramento notificato nel registro immobiliare. La disciplina della custodia dei beni pignorati presenta aspetti peculiari, in quanto, normalmente, la custodia è affidata al debitore, che sia, però, nel possesso del bene (art. 559, comma 1, c.p.c.). Tuttavia, il g.e. può nominare custode persona diversa (art. 559, comma 2, c.p.c.) e può sostituire il custode in caso di inosservanza degli obblighi di legge. In particolare, il custode amministra e gestisce l'immobile pignorato, rendendolo visitabile dagli interessati all'acquisto e, sempre previa autorizzazione del giudice, esercita le azioni previste dalla legge ed occorrenti a conseguirne la disponibilità (art. 560, comma 5, c.p.c.).

Come nelle altre forme di pignoramento, anche in questa la riforma intervenuta con il d.l. n. 132/2014 ha imposto l'iscrizione a ruolo a cura del creditore procedente. Attraverso l'integrale sostituzione dell'art. 557 c.p.c., infatti, è stato previsto che, eseguita l'ultima notificazione, l'ufficiale giudiziario consegni senza ritardo l'atto di pignoramento e la nota di trascrizione restituitagli dal conservatore dei registri immobiliari al creditore. Quest'ultimo, pertanto, deve depositare entro quindici giorni, nella cancelleria del tribunale competente per l'esecuzione, la nota di iscrizione a ruolo con copie conformi del titolo esecutivo, del precetto, dell'atto di pignoramento e della nota di trascrizione affinché il cancelliere formi il fascicolo dell'esecuzione. Al comma 3 dello stesso articolo, è disposto che il pignoramento perda efficacia quando la nota di iscrizione a ruolo e le copie dell'atto di pignoramento, del titolo esecutivo e del precetto siano depositate oltre il termine di quindici giorni dalla consegna al creditore. Tale ultima norma ha fatto sorgere nella giurisprudenza incertezze con riguardo alla sua interpretazione. Ci si è domandati infatti se le copie dell'atto di pignoramento, del titolo esecutivo e del precetto da depositare nel termine di quindici giorni debbano essere munite dell'attestazione di conformità o se sia sufficiente il deposito di copie carenti dell'attestazione di conformità. Non sussiste alcuna pronuncia della Cassazione sul tema, ma esclusivamente pronunce della giurisprudenza di merito, che da ultimo si è espressa affermando che il tardivo deposito delle copie conformi del titolo esecutivo, del precetto e dell'atto di pignoramento, così come disposto dall'art. 557 c.p.c., comporti l'inefficacia del pignoramento (Trib. Milano, sez. III, sent. 29 giugno 2016). Si è escluso, pertanto, che l'omissione dell'attestazione di conformità dei detti atti agli originali dia luogo ad una mera irregolarità, idonea ad essere sanata giusta successivo deposito degli atti in originale, soprattutto in assenza di formale contestazione sulla effettiva conformità da parte del debitore (cfr. Trib. Bologna, ordinanza 22 ottobre 2015; Trib. Bari, ordinanza 4 maggio 2016; Trib. Caltanissetta, ordinanza 1 giugno 2016).

Riferimenti
  • Bove, Pignoramento e custodia di autoveicoli, motoveicoli e rimorchi, in Giurisprudenza Italiana, 2015, pp. 1758 ss.;
  • Capponi, Manuale di diritto dell'esecuzione civile, Torino, 2016;
  • Marino, L'iscrizione a ruolo nel processo esecutivo riformato, in Rivista di Diritto Processuale, 3, 2016, pp. 753 ss.;
  • Picardi, Manuale del processo civile, Milano, 2013;
  • Pilloni, L'iscrizione a ruolo nel processo esecutivo e l'inefficacia del pignoramento effettuato in violazione della relativa disciplina: le novità introdotte nel c.p.c. e nelle disposizioni di attuazione, in Le Nuove Leggi Civili Commentate,3, 2015, pp. 481 ss.