Osservazioni sparse sulla giustizia civile al tempo del COVID-19

05 Maggio 2020

L'autrice, dopo aver sinteticamente riportato l'originaria disciplina normativa emergenziale in tema di processo civile, illustra le principali modifiche apportate all'art. 83, d.l. n. 18/2020 da parte della l. 24 aprile 2020, n. 27 e del d.l. 30 aprile 2020, n. 28.
Breve riepilogo delle puntate precedenti. A) La sospensione delle attività giudiziarie dal 9 al 22 marzo (poi al 15 aprile e poi ancora all'11 maggio)

Piena di colpi di scena e quasi più appassionante di una fiction, la storia della giustizia all'epoca del COVID-19 sembra non avere mai fine.

Siamo giunti ad un nuovo capitolo della vicenda, assai intricata, che merita, prima di essere raccontata, un brevissimo riepilogo delle puntate precedenti.

Il d.l. 8 marzo 2020 n. 11 ha introdotto «Misure straordinarie ed urgenti per contrastare l'emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenere gli effetti negativi sullo svolgimento dell'attività giudiziaria». Stando all'art. 1 del d.l. citato, le udienze dei procedimenti civili (e penali) pendenti presso gli uffici giudiziari, con le eccezioni indicate dal successivo art. 2, comma 2, lett. g), erano rinviate d'ufficio dal 9 al 22 marzo 2020.

In base al secondo comma del medesimo articolo, per lo stesso periodo di tempo erano altresì sospesi «i termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti indicati al comma 1, ferme le eccezioni richiamate. Ove il decorso abbia inizio durante il periodo di sospensione, l'inizio stesso è differito alla fine di detto periodo».

Sciogliendo un dubbio sorto dalla formulazione delle norme contenute nel decreto, la Relazione illustrativa del disegno di legge di conversione del d.l. n. 11/2020 precisava che oggetto della sospensione (in senso lato) in esso prevista fossero tutti i processi civili (e penali) pendenti e non soltanto quelli pendenti con udienza già fissata e da rinviare d'ufficio.

Il 17 marzo, poi, è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il d.l. 17 marzo 2020, n. 18, il cui art. 83 ha sostanzialmente riprodotto le disposizioni contenute negli artt. 1 e 2 d.l. n. 11/2020, i quali sono stati abrogati (art. 83, comma 22).

Disponeva il primo comma dell'art. 83 che tutte le udienze relative ai procedimenti civili fissate dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020 incluso erano rinviate d'ufficio ad una data successiva al 15 aprile 2020.

Nella realtà, le udienze soggette a rinvio non erano solo quelle ricadenti nel periodo di sospensione, ma anche quelle che era necessario rinviare per il rispetto delle scadenze processuali (i.e. dei termini perentori stabiliti dal codice di rito per il compimento di alcune attività).

A tale regola faceva da pendant il secondo comma dello stesso articolo, che disponeva la sospensione del decorso di tutti i termini procedurali per il compimento di qualsiasi atto relativo ai procedimenti civili in generale, così definitivamente chiarendo il dubbio interpretativo sorto all'indomani dell'entrata in vigore degli artt. 1 e 2 del d.l. n. 11/2020.

Pertanto, qualora il decorso del termine per il compimento di qualsiasi atto avesse avuto inizio nel periodo di sospensione, questo termine avrebbe dovuto cominciare a decorrere dopo la cessazione del periodo di sospensione, fissata al 16 aprile 2020.

Ove invece il termine fosse cominciato a decorrere prima del 9 marzo 2020, questo era da ritenersi sospeso fino al 15 aprile 2020.

L'art. 83, al comma 20, inoltre, prevedeva (e prevede tuttora) che la sospensione aveva riguardo anche i procedimenti di mediazione di cui al d.lgs. n. 28/2010, i procedimenti di negoziazione assistita di cui alla l. n. 162/2014 e i procedimenti di risoluzione stragiudiziale, purché il procedimento fosse già pendente al 9 marzo 2020 e fosse condizione di procedibilità della domanda giudiziale.

Il sesto comma dell'art. 83, poi, prevedeva (e continua a prevedere) che per il periodo successivo alla sospensione e fino al 30 giugno fossero adottate dai capi degli uffici giudiziari ulteriori misure (contemplate dall'art. 83, comma 7) volte ad «evitare assembramenti all'interno dell'ufficio giudiziario e contatti ravvicinati tra le persone».

Il comma 11 del medesimo articolo, infine, stabiliva (e stabilisce tuttora) che per il periodo intercorrente dal 9 marzo 2020 al 30 giugno 2020, negli uffici che hanno la disponibilità del servizio di deposito telematico anche gli atti processuali e i documenti informatici diversi da quelli depositati dalle parti già costituite in giudizio per i quali l'obbligo di deposito telematico è già prescritto dal comma 1 dell'art. 16-bis, d.l. n. 179/2012 fossero depositati telematicamente.

Del pari, nello stesso comma era (ed è) previsto che gli obblighi di pagamento del contributo unificato di cui all'articolo 14 del d.P.R. n. 115/2002, nonché l'anticipazione forfettaria di cui all'articolo 30 del medesimo decreto, connessi al deposito degli atti con le modalità previste dal periodo precedente, fossero assolti con sistemi telematici di pagamento anche tramite la piattaforma tecnologica di cui all'articolo 5, comma 2, del d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82.

Qualche settimana dopo, con il d.l. 8 aprile 2020, n. 23, il Governo disponeva, all'art. 36, l'ulteriore proroga all'11 maggio 2020 della sospensione delle udienze e dei termini processuali civili (oltre che dei procedimenti di mediazione, negoziazione assistita e di risoluzione stragiudiziale delle controversie), già fissata al 15 aprile 2020, nonché il differimento al 12 maggio 2020 dell'inizio del periodo cuscinetto.

Stando al decreto in questione, dunque, le udienze di tutti i procedimenti civili sono rinviate d'ufficio a data successiva all'11 maggio 2020 (art. 36, comma 1, primo alinea, d.l. 8 aprile 2020, n. 23). Analogamente, i termini processuali di tutti i procedimenti civili sono sospesi dal 9 marzo 2020 all'11 maggio 2020 e riprendono a decorrere alla fine del periodo di sospensione e, cioè, dal 12 maggio 2020.

Con il decreto in questione, il Governo interveniva solo sulla fase uno, aumentandola fino a quasi due mesi, senza modificare il termine finale anche della fase cd. cuscinetto, così di fatto riducendola.

La scelta compiuta, dettata sicuramente dall'incerto andamento dell'epidemia, è stata aspramente criticata, osservandosi che se il blocco delle attività giudiziarie era pienamente giustificato nei primi giorni dell'esplosione della pandemia, quando era necessario paralizzare la giustizia allo scopo di prevenire l'impennata dei contagi, molto meno comprensibile era la successiva scelta di prorogare tale situazione di sospensione, così impedendo l'utilizzazione di strumenti più flessibili per permettere una ripresa sia pur parziale delle attività processuali.

Segue. B) La legge di conversione del d.l. 18/2020 e il successivo d.l. 28/2020

Con legge 24 aprile 2020, n. 27, il d.l. n. 18/2020 è stato convertito in legge.

La conversione in legge ha determinato la trasformazione dell'art. 83, che allo stato si compone di 32 commi.

L'esito è una disciplina farraginosa, di difficile lettura.

A tale difficoltà si aggiunge, come se non bastasse, l'adozione di un altro decreto legge, il n. 28 del 30 aprile, che, oltre a correggere alcune piccole inesattezze compiute in sede di conversione dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, prevede significative novità, non tutte invero condivisibili, tra cui spicca la previsione secondo cui «le udienze, anche se da remoto, avvengano sempre con la presenza in ufficio del giudice, introducendo un remoto temperato che è sostanzialmente un remoto inutile o un ossimoro di remoto ovvero una contradictio in adiecto, vanificando in poche parole le enormi potenzialità positive degli strumenti tecnologici per la funzionalità e l'efficienza della Giustizia in un momento per di più così delicato anche per le difficoltà operative e concrete delle Cancellerie» (De Stefano).

Per poter illustrare le ultime novità concernenti la giustizia civile in epoca di Covid-19, pare opportuno effettuare prima una rapida elencazione delle stesse, per poi passare ad analizzarle.

La legge n. 27/2020, in primo luogo, è intervenuta su istituti già previsti dal d.l. 18/2020, parzialmente modificandoli. In particolare agisce:

a) sull'elenco dei procedimenti esclusi dal rinvio della fase uno, precisandone l'ambito di applicazione ed estendendolo ai procedimenti elettorali di cui agli artt. 22, 23 e 24 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150 (comma 3, lett. a);

b) sul possibile svolgimento da remoto delle udienze civili durante la fase “cuscinetto”, prevedendo l'estensione di questa modalità alle attività di tutti gli ausiliari dei giudici (comma 7, lett. f);

c) sulla sospensione dei termini nei procedimenti di mediazione o risoluzione stragiudiziale delle controversie e sulla possibilità di tenere in ogni caso con modalità a distanza gli incontri di mediazione, previo preventivo consenso delle parti coinvolte (commi 20 e 20-bis).

Inoltre, la legge di conversione introduce specifiche novità, relative:

a) alla possibilità di procedere al deposito telematico degli atti e dei documenti nei procedimenti civili in Cassazione (comma 11-bis);

b) alla possibilità di assumere le deliberazioni collegiali in camera di consiglio tramite collegamenti da remoto nell'ambito dei procedimenti civili non sospesi (comma 12-quinquies);

c) alla modalità di conferimento della procura in ogni procedimento civile (comma 20-ter).

Infine, il comma 21 estende le disposizioni contenute nell'art. 83 non solo alle giurisdizioni speciali non contemplate nel decreto legge n. 18/2020, ma anche agli arbitrati rituali.

Come accennato, il giorno successivo alla pubblicazione in gazzetta ufficiale della legge è stato emanato un altro decreto legge, il d.l. 30 aprile 2020, n. 28, il quale, con riferimento precipuo al processo civile prevede (art. 3):

a) il differimento della fase cd. di lockdown fino all'11 maggio;

b) la proroga del periodo cuscinetto al 31 luglio 2020;

c) alcune modifiche di carattere meramente formale, resesi necessarie per la cattiva formulazione degli emendamenti disposti in sede di conversione del d.l. n. 18/2020 ad opera della legge n. 27/2020;

d) la previsione (cui si è già accennato) dell'obbligo della presenza del magistrato in ufficio durante lo svolgimento delle udienze da remoto.

L'udienza telematica pubblica e la trattazione scritta

Tra le numerose novità, particolare interesse suscita la possibilità, già riconosciuta dal d.l. 18/2020, dello svolgimento dell'udienza in forma telematica.

Recita l'art. 83, comma 7, lett. f) che è possibile lo «svolgimento delle udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori e dalle parti e dagli ausiliari del giudice, anche se finalizzate all'assunzione di informazioni presso la pubblica amministrazionemediante collegamenti da remoto individuati e regolati con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia».

Precisa la norma nella sua attuale formulazione che lo «svolgimento dell'udienza deve in ogni caso avvenire con la presenza del giudice nell'ufficio giudiziario econ modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l'effettiva partecipazione delle parti. Prima dell'udienza il giudice fa comunicare ai procuratori delle parti e al pubblico ministero, se è prevista la sua partecipazione, giorno, ora e modalità di collegamento. All'udienza il giudice dà atto a verbale delle modalità con cui si accerta dell'identità dei soggetti partecipanti e, ove trattasi di parti, della loro libera volontà. Di tutte le ulteriori operazioni è dato atto nel processo verbale».

A tale previsione fa da contraltare quella contenuta nel medesimo comma alla lettera h), che prevede la possibilità dello «svolgimento delle udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti mediante lo scambio e il deposito in telematico di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni, e la successiva adozione fuori udienza del provvedimento del giudice».

Tali norme sono state già oggetto di contrastanti valutazioni da parte degli operatori della giustizia, sembrando prevalere su tutte un atteggiamento di cauta apertura (forse più dagli avvocati che) da parte dei magistrati. Pare condivisibile il rilievo che il principio dell'oralità e dell'immediatezza del processo civile imponga lo svolgimento delle udienze in presenza e che l'alternativa offerta dalle piattaforme informatiche costituisca un valido surrogato in situazioni emergenziali come quella attuale, restando tuttavia pur sempre un surrogato per nulla paragonabile con il processo in udienza svolto attraverso il confronto con gli avvocati o con le deliberazioni (anche in camera di consiglio) collegiali, in cui solo il confronto dialettico tra i giudicanti è in grado di far emergere la decisione migliore possibile (Simonetti, Il giudice civile, l'emergenza Covid 19 e le prospettive future, in www.questionegiustizia.it).

Ora, l'udienza in presenza è imprescindibile a fini conciliativi e in quelle lato sensu di discussione (come quelle di discussione CTU), ma è certamente inutile in altre tipologie di udienze, quali quelle di precisazione delle conclusioni, quella ex art. 183 c.p.c. o quella per la decisione ai sensi dell'art. 281-sexiesc.p.c. laddove emessa in contumacia di una delle parti, le quali potrebbero anche in futuro essere sostituite con udienze cartolari.

In futuro, poi, potrebbe ipotizzarsi l'utilizzazione delle udienze da remoto per le testimonianze di soggetti residenti magari in altre regioni o per soggetti che a cagione delle loro condizioni di salute hanno difficoltà ad essere presenti in udienza, i quali potrebbero essere sentiti in videoconferenza senza essere costretti a compiere viaggi lunghi ed economicamente onerosi.

È allora auspicabile che il legislatore, in sede di conversione del d.l. n. 28/2020, provveda a generalizzare l'adottabilità di tali strumenti alternativi, onde poter permettere al giudice e alle parti di gestire in modo più efficiente il processo, evitando così di ritornare alla prassi delle udienze di mero rinvio o dispensatrici di termini.

Tornando alla disamina delle norme oggetto delle presenti riflessioni, può affermarsi che nella fase cd. cuscinetto perché si possa procedere alla sostituzione delle udienze in presenza con la trattazione scritta e lo svolgimento da remoto occorre vi sia la richiesta delle parti, nel senso che la strada maestra è quella di procedere in via cartolare, salvo la diversa preferenza manifestata da una delle parti di avvalersi del sistema dell'udienza pubblica telematica.

Tale è stata l'opzione di recente compiuta dal Presidente della Corte costituzionale, per la quale «la partecipazione dei giudici alle camere di consiglio e alle udienze pubbliche può avvenire anche mediante collegamenti da remoto», laddove una delle parti manifesti la sua preferenza in tal senso.

Dunque, con le necessarie precisazioni, le modalità appena descritte appaiono pienamente condivisibili.

È chiaro che siamo in presenza di un sistema frutto di un intervento urgente e, dunque, di scelte non adeguatamente ponderate come dimostrano le seguenti riflessioni.

In primis vi è da chiedersi cosa accada laddove nel corso di un processo a trattazione cd. scritta, nessuna delle parti depositi le proprie note contenenti le istanze e conclusioni nel termine stabilito dal giudice.

Sul presupposto che la trattazione scritta sostituisca (nell'udienza figurata) la trattazione orale, dovrebbe ricavarsene che il mancato deposito di note scritte entro il termine stabilito dal giudice equivalga alla mancata comparizione delle parti ai fini e per gli effetti di cui agli artt. 181 e 309 c.p.c. e ciò in virtù della considerazione che nell'udienza a trattazione scritta le note scritte non sono solo atti difensivi, ma anche atti di comparizione.

In taluni tribunali, ci si è orientati per questa soluzione, esplicitamente affermando che il mancato deposito delle note scritte produce gli effetti di cui all'art. 309 c.p.c.

La soluzione parrebbe persuasiva: si consideri che la mancata applicabilità dell'art. 309 c.p.c. alla fattispecie appena descritta costringerebbe il giudice, in assenza di note scritte per l'udienza fissata, a rinviare più volte per assenza delle note, senza possibilità di pervenire all'estinzione del giudizio se non abbandonando il sistema della trattazione scritta e fissando udienza con presenza fisica delle parti o con collegamento da remoto.

Sennonché, manca una norma che legittimi siffatta conclusione, per cui appare più prudente e perciò condivisibile la soluzione adottata dalla Presidente del Tribunale di Pisa, a mente della quale, laddove «disposta la trattazione scritta, nessuna delle parti provveda al deposito di note/conclusioni – dando luogo ad una situazione assimilabile a quella prevista dagli artt. 181 e 309 c.p.c. nel processo ordinario di cognizione, il giudice fissa udienza di comparizione per data successiva al 31 maggio 2020» (Misure organizzative per la trattazione degli affari giudiziari nel periodo 16 aprile - 30 giugno 2020, in http://www.ordineavvocati.pisa.it/newsletter/elenco-art-3-linee-guida-emergenza-virus/)

Del pari suscita perplessità la previsione che impone la presenza del giudice civile nell'ufficio giudiziario, soprattutto laddove si consideri che l'art. 4 dello stesso d.l. 30 aprile 2020, n. 28, in riferimento al processo amministrativo, stabilisce che «il luogo da cui si collegano i magistrati, gli avvocati e il personale addetto è considerato udienza a tutti gli effetti di legge». Come è stato autorevolmente notato, «non vi è alcuna obiettiva ragione per la quale i giudici civili debbano recarsi in ufficio per la trattazione in streaming, mentre i giudici amministrativi possano rimanere a casa. La scelta tra l'una o l'altra soluzione potrebbe dipendere dalla natura della controversia, dalla qualità delle parti; non sembra, invece, possa essere collegata allo status del giudice» (Costantino).

La deliberazione collegiale in camera di consiglio tramite collegamento da remoto

Un'altra norma che merita di essere applicata anche successivamente alla fine dell'emergenza COVID-19 è l'art. 83, comma 12-quinquies, come formulato dalla legge n. 27/2020 ed emendato dal d.l. n. 28/2020, il quale prevede che «nei procedimenti civili e penali non sospesi, le deliberazioni collegiali in camera di consiglio» possono essere assunte «mediante collegamenti da remoto individuati e regolati con provvedimento del direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia. Il luogo da cui si collegano i magistrati è considerato Camera di consiglio a tutti gli effetti di legge».

Ora a prescindere dalla cattiva fattura della norma che discorre di procedimenti sospesi, dimenticando che non vi sono processi sospesi, giacché la sospensione opera solo sui termini, va rilevato che la ratio della stessa appare lodevole, giacché permette la deliberazione collegiale mediante collegamento da remoto.

I procedimenti civili (e penali) “urgenti” (i.e. non rinviati e senza termini sospesi sin dal 9 marzo in poi) hanno visto così riconoscersi dal comma 12-quinquies una modalità di assunzione della deliberazione collegiale da remoto ma solo fino al 31 luglio 2020, e quindi anche oltre la durata del periodo della sospensione, essendo probabile che nella fase c.d. cuscinetto le misure per il contenimento del contagio possano indurre a prudenza e, dunque, a limitare la presenza di uno o più dei giudici del collegio alla camera di consiglio tenuta presso l'ufficio giudiziario.

Pare invero discutibile che detta misura debba considerarsi operativa solo fino al 31 luglio, come se la camera di consiglio telematica non potesse essere più utilizzata dai giudici civili italiani dopo la fine dell'attuale emergenza epidemiologica.

Il sistema, laddove utilizzato, ha infatti dato buona prova di sé, come dimostra la recente decisione del Tribunale di Vibo Valentia dello scorso 27 marzo (in www.expartecreditoris.it), resa all'esito di una camera di consiglio virtuale svoltasi tramite il sistema applicativo Microsoft Teams messo a disposizione dal DGSIA.

Dunque, sia con riguardo ai procedimenti “urgenti e non rinviati” della fase 1 (in via di conclusione), sia con riguardo ai processi civili in generale durante lo svolgimento della fase 2, piuttosto che rinviare a tempi lunghi i procedimenti, pare preferibile, onde evitare di incappare in un diniego di giustizia, celebrare le udienze e svolgere le camere di consiglio da remoto.

La praticabilità del modello telematico nel giudizio in Cassazione

Oltre alla possibilità per gli avvocati di depositare gli atti e i documenti in modalità telematica (art. 83, comma 11-bis), facoltà prorogata per effetto del d.l. n. 28/2020 sino al 31 luglio 2020 e sperabilmente anche oltre quella data (sul punto, si v. il Protocollo di intesa Cassazione, Procura Generale e CNF: format per l'invio degli atti) la norma che interessa i procedimenti civili dinanzi alla Corte di cassazione è quella relativa alla possibilità per i capi degli uffici giudiziari di prevedere per il periodo successivo all'11 maggio 2020 lo svolgimento delle udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori e dalle parti e dagli ausiliari del giudicemediante collegamenti da remoto individuati e regolati con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia”, prevedendosi ora (per effetto della modifica operata dal d.l. n. 28/2020) che «lo svolgimento dell'udienza deve in ogni caso avvenire con la presenza del giudice nell'ufficio giudiziario».

L'udienza pubblica “da remoto” deve comunque svolgersi (ça va sans dire) con modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l'effettiva partecipazione delle parti e con la presenza fisica del Collegio, a causa della incomprensibile e non condivisibile previsione di cui al comma 7, lett. f.

Si può allora ipotizzare che prima dell'udienza il presidente del collegio debba disporre che ai procuratori delle parti e al procuratore generale siano comunicati giorno, ora e modalità del collegamento con i mezzi informatici messi a disposizione dall'infrastruttura ministeriale. All'udienza telematica, poi, il presidente dovrà dare atto a verbale anche delle modalità prescelte per accertare l'identità dei difensori delle parti che sono collegati da remoto; una di queste potrebbe essere l'esibizione a video del documento di riconoscimento.

Naturalmente all'udienza da remoto in Cassazione dovrebbe partecipare anche il procuratore generale, che oggi interviene per primo in tutte le pubbliche udienze, ai sensi del novellato art. 379 c.p.c.; non essendo componente del Collegio, la sua presenza non essere necessariamente fisica, ma potrebbe essere effettuata anche tramite collegamento telematico. Le parti private che si trovano fuori dall'aula, nei rispettivi studi professionali, dovranno quindi essere poste in condizione di ascoltare, ovviamente sempre tramite i programmi informatici ministeriali messi a disposizione, anche le sue conclusioni orali.

Allo stato, avendo il Primo Presidente disposto il rinvio di tutte le udienze pubbliche a data successiva al 30 giugno 2020 (con preferenza per quelle cd. urgenti, le quali, «previa individuazione, saranno rifissate con priorità» [decreto n. 55/2020]) la praticabilità dell'udienza telematica appare puramente teorica. Va tuttavia evidenziata la sua concreta utilità, giacché essa costituisce un valido strumento anche al di fuori del periodo emergenziale, trattandosi di una modalità – di certo meno sacrale, ma – elastica e, comunque, capace di assicurare l'effettivo dispiegamento del contraddittorio. La sua utilizzazione avrebbe potuto evitare il rinvio delle udienze e così l'inevitabile formarsi dell'arretrato.

Al contrario, anche alla luce del citato decreto 55 reso il 10 aprile scorso dal Primo Presidente della S.C., pare possibile applicare l'art. 83, comma 12-quinquies alle “deliberazioni collegiali in camera di consiglio” rese dalla Corte di cassazione.

Come è noto, gran parte dei procedimenti in cassazione seguono il rito camerale di cui agli artt. 380-bis ss. c.p.c.: si tratta di un giudizio la cui trattazione avviene senza la presenza fisica dei difensori e delle parti, sulla base degli atti da queste depositati (ricorso, controricorso, memorie), dunque di un processo interamente cartolare.

Tale considerazione permette allora di poter affermare che grazie alla facoltà di cui all'art. 83, comma 11-bis oggi riconosciute alle parti, il deposito delle memorie ed ancor prima il deposito del ricorso e del controricorso con le relative notifiche, in formato telematico, renderebbero immediatamente operativo il fascicolo telematico in cui far confluire gli atti da mettere a disposizione del Consigliere.

Del pari, la possibilità riconosciuta dal comma 12-quinquies permetterà al Collegio di assumere le proprie deliberazioni tramite «collegamenti da remoto individuati e regolati con provvedimento del direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia».

Sussiste, come è evidente, un problema di segretezza e di trattamento dei dati divulgato nel corso dell'adunanza camerale. Si potrebbe ipotizzare che al termine dell'adunanza il “canale” telematico costituito per il “team di udienza”, venga eliminato per evitare possibili incursioni che compromettano la segretezza della discussione camerale svolta (così Di Florio–Leone, § 4.2.).

L'art. 83, comma 12-quinquies potrebbe perciò già essere in grado di funzionare dal 12 maggio 2020; si consideri, peraltro, che interpretando restrittivamente il nuovo comma 7, lett. f), come riferito alle sole udienze pubbliche, si potrebbe ammettere che le decisioni camerali possano essere interamente compiute da remoto.

La disciplina speciale per la sottoscrizione della procura di cui all'art. 83, comma 20-ter

Come è noto, la sottoscrizione della procura alle liti deve essere autenticata dall'avvocato alla presenza di quest'ultimo. Il distanziamento sociale, come è evidente, impedisce che ciò possa avvenire.

A tal proposito, il comma 20-ter dell'art. 83 provvede a inserire una disciplina speciale per la sottoscrizione della procura nei procedimenti civili destinato ad operare fino alla cessazione delle misure emergenziali.

Stando alla norma citata, «nei procedimenti civili la sottoscrizione della procura alle liti può essere apposta dalla parte anche su un documento analogico trasmesso al difensore, anche in copia informatica per immagine, unitamente a copia di un documento di identità in corso di validità, anche a mezzo di strumenti di comunicazione elettronica. In tal caso, l'avvocato certifica l'autografia mediante la sola apposizione della propria firma digitale sulla copia informatica della procura. La procura si considera apposta in calce, ai sensi dell'art. 83 c.p.c., se è congiunta all'atto cui si riferisce mediante gli strumenti informatici individuati con decreto del Ministero della giustizia».

Pertanto, il cliente ha la possibilità di conferire la procura alle liti e alla mediazione, sottoscrivendo la procura a lui trasmessa, fotografandola ed inviandola telematicamente, persino via WhatsApp, insieme alla foto di un documento d'identità in corso di validità.

La procura si considera apposta in calce, ai sensi dell'art. 83 c.p.c., se è congiunta all'atto cui si riferisce mediante gli strumenti informatici individuati con decreto del Ministero della giustizia. Si tratta di norma che, quindi, per potere concretamente operare necessita di un atto di normazione secondaria peculiare, quale appunto il decreto ministeriale; è stato tuttavia affermato che «ogni relativa irregolarità (tra cui l'adozione con modalità in parte difformi, se non forse anche l'applicazione di simili modalità prima della formale pronuncia del Ministro), tranne il solo caso delle procure speciali previste per peculiari giudizi (come quello di legittimità), deve potersi sanare ai sensi dell'art. 182 c.p.c., configurandosi al riguardo una potestà del giudice (e, quindi, un suo autentico potere-dovere in tal senso)» (De Stefano).

Guida all'approfondimento
  • Costantino, La giustizia da remoto: adelante… con juicio – seconda parte, in www.giustiziainsieme.it;
  • De Stefano, La giustizia dall'animazione sospesa passa in terapia intensiva: gli sviluppi della legislazione d'emergenza nel processo civile, in www.giustiziainsieme.it;
  • Di Florio–Leone, Il processo di carta: dal “telematico” all'udienza da remoto, in www.questionegiustizia.it.

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