La negoziazione assistita e la compatibilità con il diritto europeo

07 Maggio 2020

Il Tribunale di Verona disapplica la disciplina sulla negoziazione assistita obbligatoria ritenuta in contrasto con l'art.47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea e rigetta l'eccezione di improcedibilità, sollevata dalla parte convenuta ai sensi dell'art. 3, comma 1, del d.l. 12 giugno 2014, conv. in l. 10 novembre 2014 n. 162.
Massima

La disciplina nazionale sulla negoziazione assistita, non potendo prescindere dall'intervento di un difensore, comporta dei costi non contenuti per le parti, tenuto conto dei criteri di determinazione del compenso degli avvocati attualmente vigenti ed è perciò incompatibile con il principio comunitario della tutela giurisdizionale effettiva, sancito dagli artt. 6 e 13 della CEDU e dall'art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea.

Il caso

Il Tribunale di Verona, in una controversia avente ad oggetto una richiesta risarcitoria per opere abusivamente realizzate, per somme non eccedenti 50.000,00 euro, ha respinto l'eccezione di improcedibilità della domanda sollevata dal convenuto ai sensi dell'art.3, comma 1, del d.l.12 giugno 2014, n. 132, conv. in l. 10 novembre 2014 n.162 in quanto l'azione non era stata preceduta dalla procedura di negoziazione assistita. Il giudice, ritenendo applicabili al caso sottoposto al suo esame le considerazioni espresse dalla Corte di Giustizia Ue (CGUE sent. n. 457 del 14 giugno 2017) in tema di controversie che coinvolgono consumatori, ha disapplicato la norma nazionale sulla negoziazione assistita, ritenendo l'imposizione alle parti di costi non contenuti, indotti dalla necessaria assistenza di un difensore, in contrasto con i principi europei in tema di ADR.

La questione

Il Tribunale di Verona è giunto alla determinazione di disapplicare la normativa italiana in tema di negoziazione assistita – d.l. n.132/2014 conv. in l. n.162/2014 – in quanto ritenuta in contrasto con i principi europei in tema di alternative dispute resolution, in particolare, quelli fissati dalla Corte di Giustizia UE nella sentenza n.457 del 14 giugno 2017 – causa C-75/16.

Nella predetta decisione la Corte, ai paragrafi 61, 64 e 66 ha individuato i requisiti in base ai quali una procedura di “mediazione”, quale condizione di procedibilità di un ricorso giurisdizionale, possa dirsi compatibile con il principio della tutela giurisdizionale effettiva. Ciò avviene, secondo l'organo giudiziario europeo, quando tale procedura: 1) non conduca a una decisione vincolante per le parti; 2) non comporti un ritardo sostanziale per la proposizione di un ricorso giurisdizionale; 3) sospenda la prescrizione o la decadenza dei diritti in contestazione; 4) non generi costi, ovvero generi costi non ingenti per le parti, a patto che la via elettronica non costituisca l'unica modalità di accesso a detta procedura di conciliazione; 5) sia possibile disporre provvedimenti provvisori nei casi eccezionali in cui l'urgenza della situazione lo impone; 6) non imponga l'assistenza obbligatoria di un avvocato; 7) consenta di ritirarsi dalla procedura anche senza addurre giustificato motivo.

Le soluzioni giuridiche

L'ambito di applicazione del precedente Europeo

La Corte di giustizia nella citata sentenza n. 457/2017, richiamata nella decisione in commento, era stata adìta, su rinvio pregiudiziale sempre del Tribunale di Verona, per prendere posizione sul rapporto tra il sistema di ADR previsto per le controversie dei consumatori dal d.lgs. n. 130/2015 (attuativo nel nostro Paese della direttiva 2013/11/UE del 21 maggio 2013) e le norme in tema di mediazione che nel nostro Ordinamento impongono nelle controversie civili B2C (business to consumer) - a pena di improcedibilità del giudizio di merito - il preventivo esperimento del procedimento di mediazione, caratterizzato dall'assistenza necessaria di un avvocato e senza possibilità per le parti di ritirarsi se non per giustificato motivo.

In quell'ambito, l'Avvocato Generale aveva affermato l'incompatibilità tra la normativa italiana dettata dagli articoli 5, comma 1-bis e 8, comma 1,d.lgs. n. 28/2010 - che prevedono in via generale l'assistenza obbligatoria da parte di un avvocato nel corso del procedimento di mediazione - e l'articolo 8, lettera b) della direttiva 2013/11/UE, che esclude invece espressamente che gli Stati possano obbligare le parti a farsi assistere da un avvocato nel corso di una mediazione di una lite, quando questa sia insorta tra un professionista e un consumatore.

Secondo la Corte le norme di cui agli artt. 5, comma 1-bis, 8, comma 1 e 8, comma 4-bisd.lgs. n. 28/2010 contrastano l'effettività del diritto di accesso al giudice sancito dall'art. 1 della direttiva 2013/11 nella parte in cui impongono al Consumatore che prende parte a una procedura ADR di essere assistito necessariamente da un avvocato e prevedono, sotto altro profilo, che dal ritiro del consumatore dalla procedura ADR, con o senza un giustificato motivo, possano derivare conseguenze processuali sfavorevoli nei suoi confronti nelle successive fasi della controversia.

Con l'occasione la Corte ha inoltre ribadito le condizioni necessarie ad assicurare, in via generale, la compatibilità tra la normativa comunitaria in tema di ADR consumeristiche e la legislazione degli Stati Membri in tutti i casi in cui il ricorso alla mediazione costituisca nell'ordinamento interno condizione di procedibilità della domanda giudiziale, rimettendo al giudice nazionale il compito di verificarne il rispetto nel caso concreto.

In questo ambito, ovvero con riferimento alle controversie consumeristiche (cd. B2C o business to consumer), cui fosse applicabile la direttiva 2013/11, la Corte ha elencato le condizioni in presenza delle quali una procedura di mediazione, posta da un ordinamento come condizione di accesso alla giustizia possa dirsi compatibile con i principi fondamentali in tema di effettività della tutela giurisdizionale. Tra queste la condizione che «il Consumatore non debba sopportare costi, o quantomeno "costi ingenti", per accedere alla procedura».

Ciò in perfetta coerenza con le indicazioni contenute all'art. 8 della direttiva 2013/11 (sulle controversie consumeristiche), redatta nei seguenti termini:

«Gli Stati membri garantiscono che le procedure ADR siano efficaci e rispettino i seguenti requisiti:

a) la procedura ADR è disponibile e facilmente accessibile online e offline per entrambe le parti, a prescindere dalla loro ubicazione;

b) le parti hanno accesso alla procedura senza essere obbligate a ricorrere a un avvocato o consulente legale senza che la procedura precluda alle parti il loro diritto di ricorrere al parere di un soggetto indipendente o di essere rappresentate o assistite da terzi in qualsiasi fase della procedura;

c) la procedura ADR è gratuita o disponibile a costi minimi per i consumatori».

Infatti, la Direttiva 2013/11/UE si prefigge l'obiettivo di pervenire ad un'armonizzazione, ancorché

minima, dei sistemi nazionali di Consumer ADR sottoponendoli a principi comuni in particolare circa i requisiti e gli standards di qualità delle procedure e degli organismi incaricati della loro gestione. La predetta direttiva si proponeva quale misura finalizzata al rafforzamento del mercato interno, laddove l'esistenza di strumenti di risoluzione delle liti accessibili, efficaci e a basso costo per consumatori ed utenti è considerata fattore fondamentale di accrescimento della fiducia degli stessi nel funzionamento del mercato stesso. In questa logica, il legislatore europeo prefigurava un sistema di ADR disponibile per tutte le controversie nazionali e transfrontaliere in materia di contratti di vendita o di servizi, della cui esistenza consumatori e professionisti fossero adeguatamente informati e le cui procedure rispettassero requisiti di qualità uniformi. Tra questi il principio (anche questo collocato tra i requisiti di efficienza) per cui le procedure di ADR devono essere gratuite o disponibili a costi minimi.

Pertanto, nella citata sentenza n. 457/2017 la Corte di Giustizia ha avuto modo di puntualizzare, con riferimento alle controversie di consumo, per le quali vigono dei criteri di tutela per così dire rafforzata, i limiti entro i quali le ADR obbligatorie non costituiscono ostacolo all'accesso al giudice, affermando che, entro questi limiti, esse costituiscono strumento per il legittimo perseguimento di obiettivi di interesse generale.

La applicazione generalizzata dei principi affermati dal Corte di Giustizia Europea per le sole controversie consumeristiche

Il Tribunale di Verona ha trasposto i principi, affermati dalla Corte di Giustizia Europea nella citata sentenza n. 457/2017 per le controversie cd. consumeristiche, alle ADR in generale giungendo alla conclusione che la legislazione italiana sulla negoziazione assistita, imponendo l'assistenza del difensore e, quindi, costi che, tenuto conto dei criteri di determinazione del compenso di avvocato attualmente vigenti, non possono ritenersi non ingenti.

Bisogna dire che ad analoga decisione è pervenuto anche il Tribunale di Genova con ordinanza emessa in data 28.04.2017: ma in quella sede il Tribunale si occupava di una controversia consumeristica.

Il Tribunale genovese ha, infatti, respinto l'eccezione di improcedibilità dell'azione di classe sollevata dalla convenuta compagnia aerea per il mancato esperimento del procedimento di negoziazione assistita, ritenendola contraria ai principi comunitari. La compagnia aerea, in particolare, aveva invocato l'art. 1, comma 249, l. n. 190/2014 (Legge di Stabilità 2015), che prevede la negoziazione assistita come condizione di procedibilità per l'esercizio di azioni relative a controversie in materia di contratto di trasporto; sosteneva, altresì, la stessa che la norma si poneva in termini abrogativi dell'art. 3 d.l. n. 132/2014 che esclude espressamente l'obbligo di esperire la negoziazione assistita in tutte le controversie concernenti obbligazioni contrattuali derivanti da contratti conclusi tra professionisti e consumatori.

Esaminata la questione, il Tribunale ha rilevato che l'applicabilità del procedimento di negoziazione assistita ai contratti di trasporto coinvolgenti consumatori si pone in contrasto con quanto disposto a tutela dei consumatori, dalla direttiva 2013/11/EU del Parlamento Europeo e del Consiglio del 21.05.2013 sulla risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori, in particolare l'art. 8 della predetta direttiva che prevede che i consumatori possano accedere alle procedure di risoluzione extragiudiziale delle controversie “senza essere obbligati a ricorrere a un avvocato o consulente legale”: situazione che non può evidentemente verificarsi nel caso della procedura di negoziazione assistita, la quale richiede, per sua stessa definizione, la presenza di avvocati iscritti all'albo.

Le condizioni per cui una procedura ADR, e la negoziazione assistita in particolare, possa considerarsi compatibile con il diritto dell'unione Europea

Da parte della Corte di Giustizia non vi è stato, né poteva esserci giacchè la questione non è stata sottoposta al suo esame, una interlocuzione in ordine alla compatibilità della normativa italiana sulla negoziazione assistita con la normativa europea.

Infatti lanegoziazione assistita non è condizione di procedibilità della domanda giudiziale per le controversie concernenti obbligazioni contrattuali derivanti da contratti conclusi tra professionisti e consumatori (art. 3 l.n. 162/2014) sicchè i principi comunitari da porre come base di riferimento non possono essere quelli dettati per le controversie consumeristiche – espressamente escluse dall'alveo di applicazione della negoziazione assistita come condizione di procedibilità - ma quelli generali dettati dalla normativa europea in tema di alternative dispute resolution.

La compatibilità della negoziazione assistita con i principi europei va valutata, quindi, con riferimento a quelli sanciti dalla Convenzione Europea per i Diritti dell'Uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 e dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea.

L'art. 6 CEDU recita: «Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge, il quale sia chiamato a pronunciarsi sulle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile o sulla fondatezza di ogni accusa penale formulata nei suoi confronti (…)».

L'art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 (GU C 364, pag. 1), come adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007 (GU C 303, pag. 1), intitolato «Diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale», così dispone: «Ogni persona i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell'Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste nel presente articolo. Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge. Ogni persona ha la facoltà di farsi consigliare, difendere e rappresentare. A coloro che non dispongono di mezzi sufficienti è concesso il patrocinio a spese dello Stato, qualora ciò sia necessario per assicurare un accesso effettivo alla giustizia».

Le norme sulla negoziazione assistita non sembrano essere in contrasto con i detti principi.

Certamente non contrasta con i principi europei la previsione del previo esperimento di un tentativo di composizione stragiudiziale della lite quale condizione di procedibilità dell'azione giurisdizionale, giacchè lascia impregiudicata il ricorso alla giurisdizione e la inibisce per un tempo limitato oltre che fissato per legge. Sappiamo, infatti, che, nei casi in cui la procedura di negoziazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale la parte deve, tramite il suo avvocato, invitare la controparte a stipulare una convenzione di negoziazione assistita. Comunque, la condizione si considera avverata se l'invito non è seguito da adesione o è seguito da rifiuto entro trenta giorni dalla sua ricezione ovvero quando è decorso il periodo concordato dalle parti per l'espletamento della procedura, comprensivo di eventuale proroga. Affinché il giudice possa ritenere correttamente assolta la condizione di procedibilità basta che i difensori producano in causa la dichiarazione di mancato accordo, certificata dai difensori medesimi, ovvero che l'avvocato che introduce la lite provi l'avveramento della condizione di procedibilità producendo, quindi, un invito contenutisticamente idoneo.

Nel caso di mancato previo esperimento del procedimento di negoziazione assistita, anche il non idoneo svolgimento dello stesso comporta l'improcedibilità della domanda giudiziale, che deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza, al termine della quale il giudice assegna alle parti il termine di 15 giorni per la comunicazione dell'invito a stipulare la convenzione e, contestualmente, fissa la successiva udienza (nella cui determinazione il giudice dovrà tenere conto della possibilità che le parti utilizzino per intero il termine massimo di tre mesi nonché la proroga di 30 giorni)..

Con riferimento ai costi le fonti europee hanno fissato dei principi solo, come abbiamo visto, per le adr inerenti controversie consumeristiche.

Per queste ultime la Direttiva 2013/11/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013, sulla risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori, che modifica il regolamento (CE) n. 2006/2004 e la direttiva 2009/22/CE (GU 2013, L 165, pag. 63) pur non imponendo la gratuità, richiede che le procedure alternative siano «convenienti» (considerando 6).

Tuttavia, la voce “costi” è fondamentale in tutte le ADR giacchè questi costituiscono uno dei parametri su cui può valutarsi la possibilità effettiva concessa ad un soggetto di adìre l'autorità giudiziaria.

Se i costi della procedura ADR posta come condizione di procedibilità della tutela giudiziaria sono “non convenienti” di fatto si mina in radice il principio della effettività della tutela giudiziaria, giacchè si preclude o rende gravoso per un soggetto adirla dovendo preliminarmente assolvere alla condizione di procedibilità.

I costi del procedimento di negoziazione

Sul punto – che è quello che ha indotto il Giudice veneto a disapplicare la normativa sulla negoziazione – va innanzitutto tenuto conto del fatto che la negoziazione assistita non coinvolge direttamente la macchina giudiziaria né prevede l'intervento di organi terzi e imparziali. Di conseguenza, essa non comporta il pagamento delle spese di giustizia né di quei costi richiesti da quelle procedure che prevedono l'intervento di organismi di supporto nelle trattative (come ad es. la mediazione obbligatoria ai sensi del d.lgs. n. 28/2010 per la quale sono previsti degli oneri da sborsare per il coinvolgimento del mediatore).

Le sole somme da pagare per la negoziazione, quindi, sono gli onorari degli avvocati coinvolti, proprio perchè tale procedimento prevede la partecipazione necessaria di un legale per ognuna delle parti coinvolte (o comunque almeno uno, per alcuni).

Vi è da precisare, innanzitutto, che quando il procedimento di negoziazione assistita è condizione di procedibilità della domanda, all'avvocato non è dovuto compenso dalla parte che si trova nelle condizioni per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato ai sensi dell'articolo 76 del d.P.R. n. 115/2002 (T.U. spese di giustizia). La parte è comunque tenuta in questo caso a depositare all'avvocato un'apposita dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà, la cui sottoscrizione può essere autenticata dal medesimo avvocato, nonché a produrre, se l'avvocato lo richiede, la documentazione necessaria a comprovare la veridicità di quanto dichiarato (norma aspramente criticata dalla dottrina sin dalla sua approvazione in quanto riecheggia il principio del c.d. patrocinio dei poveri come «ufficio onorifico ed obbligatorio della classe degli avvocati e dei procuratori» (R.d. 30 dicembre 1923, n. 3282).

Con particolare riferimento agli onorari dei difensori che partecipano alla negoziazione assistita il giudice veronese li ha valutati come “non contenuti” per le parti “tenuto conto dei criteri di determinazione del compenso di avvocato attualmente vigenti”; avuto riguardo, in difetto di un accordo delle parti sul punto, degli importi dei valori medi di liquidazione fissati dal d.m. n. 37/2018, precisando, poi, che anche la possibilità che vige di riduzione dei parametri comporta sempre risultati onerosi anche se la procedura di negoziazione prevede una durata e un impegno molto contenuti.

Secondo il giudice si dovrebbero fissare importi fissi inderogabili come previsto per le spese di mediazione nel d.m. n.180/2010, nelle quali sono stabilite riduzioni del compenso per i mediatori quando la procedura costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziale. Tenuto anche conto del fatto che il d.m. n. 37/2018, che fissa le modalità per determinare onorari e compensi dei difensori delle parti, non ha in previsione nessuna diminuzione del compenso per l'avvocato che assiste la parte nella fase iniziale della negoziazione assistita.

Sempre secondo il giudice, la considerazione che la parte risultata vittoriosa in giudizio potrebbe in seguito recuperare i costi per l'assistenza difensiva, neanche sarebbe determinante, comprendendo tra i costi quelli della negoziazione assistita nella fase preliminare, perché l'esito della causa non è sicuro, in relazione al momento di sostenimento della spesa, mentre la Corte di giustizia impone, si sostiene nella sentenza in commento, di evitare subito che sia la parte a sostenere oneri che possano pregiudicare o condizionare il suo accesso alla giustizia.

I costi della negoziazione assistita, alla luce del d.m. n. 37/2018, non appaiono precludere il ricorso alla Giustizia

In precedenza non vi erano dei punti di riferimento precisi per la determinazione delle parcelle degli avvocati in materia di mediazione e negoziazione, convenzionalmente ricomprese nella generica ed onnicomprensiva dizione “assistenza stragiudiziale” (artt. 18 e seguenti, tabella 25 allegata al d.m. n. 55/2014) per la quale l'art. 20 del decreto 55/2014 disponeva: «Art. 20. Prestazioni stragiudiziali svolte precedentemente o in concomitanza con attività giudiziali – 1. L'attività stragiudiziale svolta prima o in concomitanza con l'attività giudiziale, che riveste una autonoma rilevanza rispetto a quest'ultima, è di regola liquidata in base ai parametri numerici di cui alla allegata tabella». In virtù dell'art. 19, comma 1, i valori medi indicati in tabella potevano essere aumentati, su valutazione del giudice o dello stesso avvocato, fino all'80% o diminuiti fino al 50% tenuto conto «delle caratteristiche, dell'urgenza, del pregio dell'attività prestata, dell'importanza dell'opera, della natura, della difficoltà e del valore dell'affare, della quantità e qualità delle attività compiute, delle condizioni soggettive del cliente, dei risultati conseguiti, del numero e della complessità delle questioni giuridiche e in fatto trattate» (art. 19, comma 1, d.m. 55/2014). Sul punto è intervenuto il d.m. n. 37/2018, pubblicato in G.U. n. 96 del 26/4/18 e in vigore dal 27/4/18, che ha modificato il d.m. n. 55/2014 sulle tariffe forensi.

Tra le modifiche apportate l'introduzione di una tabella con parametri ad hoc per l'attività svolta dell'avvocato nelle procedure di mediazione e negoziazione assistita, oltre che la previsione di limiti al potere giudiziale di riduzione dei compensi.

L'art. 5 del nuovo decreto ha aggiunto il comma 1-bis all'articolo 20 del d.m. n. 55/2014 e introdotto la nuova tabella 25-bis. Procedimento di mediazione e nella procedura di negoziazione assistita.

I valori contenuti nella nuova tabella trovano applicazione per tutte le tipologie di mediazione e negoziazione, volontarie e obbligatorie L'attività svolta dal difensore nelle due procedure di risoluzione dei conflitti alternative alla giurisdizione viene dal decreto suddivisa in tre fasi, quella di attivazione (ricomprendente lo studio del caso, la presentazione della istanza/adesione alla mediazione o presentazione/accettazione dell'invito alla negoziazione assistita, nonché la partecipazione al primo incontro di mediazione); quella di negoziazione vera e propria - partecipazione effettiva alla procedura di mediazione, negli incontri successivi al primo, e concreto svolgimento della negoziazione - e quella di conciliazione, raggiungimento dell'accordo e sua stesura).

Ovviamente sarà più semplice definire esattamente le fasi in cui effettivamente si è concretata l'assistenza defensionale in mediazione, rispetto ad una procedura di negoziazione assistita, decisamente più indefinita nel suo svolgersi.

Nell'ambito dell'attività stragiudiziale, inoltre, il nuovo decreto limita il potere discrezionale del giudice nella determinazione del compenso, che non potrà essere ridotto in ogni caso in misura inferiore al 50% (cfr. comma 1, art. 19, d.m. n. 55/2014).

Questi i valori tabellari:

Si può notare, dalla tabella sopra riportata, che il compenso spettante all'avvocato è raddoppiato ad ogni nuova fase delle procedure di mediazione e negoziazione, in un'ottica palesemente premiale, incentivante al raggiungimento dell'accordo.

Come può notarsi, se la negoziazione assistita si ferma alla sola fase iniziale l'esborso è contenuto; se si completa, l'esborso è comunque notevolmente inferiore a quello che la parte avrebbe sostenuto se avesse proseguito nel giudizio sino alla decisione finale.

Osservazioni

L'articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, con gli articoli 6 e 13 della CEDU, che stabiliscono il principio inderogabile della “tutela giurisdizionale effettiva” costituisce il metro di valutazione per giudicare l'applicabilità delle norme nazionali in tema di negoziazione assistita.

Norme che, va detto, hanno già superato il vaglio di costituzionalità. Infatti, con pronuncia del 7 luglio 2016, n. 162, la Corte costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, d.l. n. 132/2014, ritenendo che l'istituto consenta un ragionevole bilanciamento tra l'esigenza di tutela e quella di contenimento del contenzioso, nell'ottica della ragionevole durata delle liti.

Va del resto tenuto sempre conto del fatto che il “ritorno economico” per il difensore nello svolgimento di una professionale assistenza nelle procedure di ADR, immediato e non svilente economicamente, dovrebbe indurre gli avvocati ad una migliore padronanza degli strumenti alternativi alla giurisdizione: tanto più che la celere soluzione del conflitto è apprezzata certamente dalla parte, valorizza il ruolo del difensore che da sempre ha svolto una attività di agevolatore di trattative e contribuisce alla deflazione del contenzioso.

Guida all'approfondimento
  • G. Buffone, Processo civile: tutte le novità (d.l. 132/2014, conv. con mod., in l. 162/2014), in Il Civilista, Giuffré, 2014;
  • F. Ferraris, Nuova giur. Civ. 2017, pag. 1631;
  • M. Marinaro, Guida al diritto 2017, fasc. 28, pag.92;
  • A. Trinchi, Profili di incostituzionalità della negoziazione assistita obbligatoria, in Riv. dir. proc., 2017, 268.

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