Protezione internazionale: in sede di opposizione alla revoca del gratuito patrocinio il giudice deve valutare la manifesta infondatezza

08 Maggio 2020

Il giudice del patrocinio ha l'onere di verificare la fondatezza del decreto di revoca ai soli fini della colpa grave e non in relazione al merito dell'azione giudiziaria proposta.

Il caso. Un uomo, provvisoriamente ammesso al patrocinio a spese dello Stato, impugnava davanti al Tribunale competente il provvedimento con cui la Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale aveva disatteso la sua domanda di protezione internazionale e/o umanitaria. Il Tribunale però rigettava il ricorso, giudicandolo manifestamente infondato, e contestualmente revocava l'ammissione del medesimo ricorrente al patrocinio a spese dello Stato. L'uomo, così, proponeva opposizione ex art. 170 del Testo Unico in materia di giustizia, d.P.R. n. 115/2002, al provvedimento di revoca dell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato ma il Tribunale con ordinanza rigettava l'opposizione. Per questa ragione, avverso detta pronuncia l'uomo proponeva ricorso per cassazione denunciando, oltre agli altri motivi, l'errore in cui il Tribunale sarebbe incorso giudicando manifestamente infondata la sua domanda, ancorché tale valutazione di infondatezza manifesta della sua richiesta di protezione internazionale e/o umanitaria non fosse stata operata dalla Commissione territoriale; nonché l'errore in cui lo stesso Tribunale, quale giudice dell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, sarebbe incorso omettendo di operare una propria valutazione in ordine alla 'manifesta' infondatezza della domanda azionata dalla parte ammessa a tale patrocinio. Dal proprio canto, la Suprema Corte di Cassazione, dopo aver esaminato congiuntamente -data la loro intima connessione- due dei quattro motivi del ricorso, conclude per la loro fondatezza, tale da assorbire le altre ragioni di impugnativa. In particolare, gli Ermellini osservano che l'impugnata ordinanza ha deciso sulla scorta della regula iuris secondo cui, nella specifica materia, l'integrale rigetto del ricorso implica la manifesta infondatezza dello stesso che, a sua volta, determina la revoca dell'ammissione al patrocinio, cosicché le ragioni del rigetto nel merito sono sufficienti a determinare automaticamente la revoca dell'ammissione. Tuttavia, per la Suprema Corte questa regola di diritto è erronea, con tutte le conseguenze del caso.

La decisione della Corte di cassazione. I Giudici ricordano di avere affermato più volte in precedenti proprie pronunce che la revoca dell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, in sé, non comporta alcuna statuizione nel merito ma postula la verifica della sussistenza della colpa grave. Colpa grave, d'altra parte, che si risolve nella infondatezza manifesta delle ragioni della pretesa. Quindi, per massima chiarezza, la Suprema Corte opportunamente rammenta che in altre pronunce, relative a fattispecie sostanzialmente sovrapponibili a quella oggetto del presente giudizio, dopo aver sottolineato la distinzione tra la decisione sul merito della vicenda - il cui esame è effettivamente precluso al giudice dell'opposizione- e l'accertamento della sussistenza del presupposto per la revoca dell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato - che in sè non comporta alcuna statuizione nel merito ma impone di verificare se ci sia colpa grave che giustifica la revoca- ha già avuto modo di evidenziare come l'assunto secondo cui l'opposizione ex art. 170 del Testo Unico sulle spese di giustizia alla revoca dell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, adottata per manifesta infondatezza della domanda, deve giudicarsi inammissibile perché al giudice del patrocinio è preclusa qualunque possibilità di cognizione circa il merito della decisione. Il Collegio rimarca, infatti, il principio di diritto secondo cui il giudice del patrocinio ha l'onere di verificare la fondatezza del decreto di revoca ai soli fini della colpa grave e non in relazione al merito dell'azione giudiziaria proposta dalla parte. Il rifiuto di esperire il controllo sollecitatogli con il ricorso finisce con il sovrapporre indebitamente la problematica relativa al gratuito patrocinio con quella relativa alla domanda di protezione internazionale.
Né, d'altro canto, detti principi vengono incisi in alcun modo dalla disposizione dettata dall'art. 35-bis, comma 17, d.lgs. n. 25/2008, afferente alle controversie in materia di riconoscimento della protezione internazionale, giacché tale disposizione ha natura meramente processuale, avendo ad oggetto il contenuto della motivazione dei decreti di pagamento in relazione al patrocinio a spese dello Stato nei giudizi di impugnativa delle decisioni delle Commissioni territoriali. Dunque, si tratta di una norma che è rivolta al giudice, gravandolo di uno specifico dovere motivazionale, che non riguarda la disciplina sostanziale del diritto soggettivo al gratuito patrocinio, il cui perimetro - anche nella specifica materia dei giudizi di impugnativa delle decisioni adottate dalle Commissioni territoriali sulle richieste di protezione internazionale e/o umanitaria - resta definito dalla disciplina generale dettata dal Testo Unico sulle spese di giustizia. In conclusione, per questi motivi il Collegio ha inteso dare conferma e sèguito ai suindicati principi, cassando l'ordinanza impugnata e rinviando la causa al Tribunale competente, in persona di altro magistrato, il quale dovrà attenersi ai sopra enunciati principi di diritto, regolando anche le spese del giudizio di cassazione.

*Fonte: www.dirittoegiustizia.it

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