La pubblicità (ingannevole) ai tempi del Coronavirus

Miriam Loro Piana
13 Maggio 2020

La comunicazione commerciale non deve indurre in inganno il consumatore, pregiudicando così il suo comportamento economico. Tale assunto vale a maggior ragione in un'epoca storica come quella che il mondo sta affrontando oggi, caratterizzata dalla diffusione del virus Covid-19, in cui il pubblico raggiunto dal messaggio pubblicitario è maggiormente sensibile e vulnerabile a causa della situazione emergenziale e della paura del contagio.
La pubblicità ingannevole: inquadramento normativo

Le istituzioni più importanti cui è stato devoluto il compito di vigilare sulla correttezza delle comunicazioni commerciali sono l'Istituto dell'Autodisciplina Pubblicitaria (IAP) e l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM).

Lo IAP è l'ente rappresentativo dell'autodisciplina pubblicitaria. Quest'ultimo, nato come un'associazione non riconosciuta ai sensi dell'art. 36 c.c. nel 1966 e divenuto nel 2001 soggetto dotato di personalità giuridica, si occupa della tutela degli interessi dei soggetti destinatari della pubblicità, attraverso l'applicazione delle disposizioni del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale (c.a.) che includono, tra l'altro, il divieto di diffondere comunicazioni commerciali ingannevoli, ed a cui sono soggetti tutti quegli operatori del mercato (ormai numerosi) che decidono volontariamente di aderirvi.

Il potere di intervento dello IAP si limita all'applicazione di ordini di inibitoria/sospensione della diffusione di quei messaggi pubblicitari ritenuti dai suoi organi (Giurì o Comitato di Controllo), in contrasto con le disposizioni del c.a. Al contrario, lo IAP non ha facoltà di irrogare sanzioni pecuniarie.

L'AGCM è, invece, un'autorità amministrativa indipendente a cui dal 1992 è stato affidato il compito di svolgere attività volte alla repressione della pubblicità ingannevole, diffusa con qualsiasi mezzo.

Più recentemente, con il d.lgs. 2 agosto 2007, n. 145 (Decreto sulla pubblicità ingannevole) è stato riconosciuto all'AGCM il potere di imporre sanzioni pecuniarie.

Sempre dal 2007, inoltre, l'AGCM è preposta all'attività di protezione dei consumatori mediante la repressione di pratiche commerciali scorrette in quanto contrastanti con le disposizioni del d.lgs., 6 settembre2005, n. 206 (Codice del Consumo), il cui scopo è quello di garantire al consumatore la possibilità di esercitare le proprie scelte economiche in maniera consapevole, stimolando al contempo una sana e corretta dinamica concorrenziale tra gli operatori.

E' ora opportuno chiarire che cosa si intenda per “pubblicità ingannevole”.

Per quanto riguarda il sistema autodisciplinare, andrà preso in considerazione il contenuto dell'art. 2 del c.a., secondo cui “La comunicazione commerciale deve evitare ogni dichiarazione o rappresentazione che sia tale da indurre in errore i consumatori, anche per mezzo di omissioni, ambiguità o esagerazioni non palesemente iperboliche, specie per quanto riguarda le caratteristiche e gli effetti del prodotto, il prezzo, la gratuità, le condizioni di vendita, la diffusione, l'identità delle persone rappresentate, i premi o riconoscimenti. Nel valutare l'ingannevolezza della comunicazione commerciale si assume come parametro il consumatore medio del gruppo di riferimento.”.

Con riferimento alla normativa statale (applicata dall'AGCM) si dovrà far riferimento all'art. 2. lett. b) del Decreto sulla pubblicità ingannevole, in cui è stato interamente trasposto il corpus del d.lgs. n. 74/1992 (con cui l'Italia ha introdotto per la prima volta nel proprio sistema normativo una norma generale sulla pubblicità ingannevole) e dove è riproposta l'originaria definizione di pubblicità ingannevole fornita dal Codice del Consumo nell'edizione del 2006, secondo cui costituisce pubblicità ingannevole ‘‘qualsiasi pubblicità che in qualunque modo, compresa la sua presentazione sia idonea ad indurre in errore le persone fisiche o giuridiche alle quali è rivolta o che essa raggiunge e che, a causa del suo carattere ingannevole, possa pregiudicare il loro comportamento economico ovvero che, per questo motivo, sia idonea ledere un concorrente''.

In aggiunta, l'AGCM dovrà tenere in considerazione anche quanto disposto dagli artt. 20, 21 e 22 del Codice del Consumo (ove è confluito il disposto del d.lgs. 2 agosto 2007, n. 146) in cui vengono fornite le definizioni di pratiche commerciali ingannevoli e di omissioni ingannevoli, nonché l'elenco di trentuno pratiche considerate ‘‘in ogni caso'' ingannevoli, mutuate dall'allegato 1 della Direttiva 2005/29/CEE (relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno).

Ferme le differenze tra le definizioni di pubblicità ingannevole fornite dall'ordinamento autodisciplinare e da quello statuale, dall'analisi delle stesse emergono comunque due denominatori comuni da tenere in considerazione. Da una parte, l'irrilevanza dell'intenzionalità dell'inserzionista nel diffondere informazioni mendaci al fine di qualificare una pubblicità come ingannevole. Dall'altra, la necessità che la condotta (attiva od omissiva) tenuta dall'inserzionista sia idonea ad ‘‘indurre in errore i consumatori'', assumendo come riferimento il ‘‘consumatore medio''.

Le autorità di controllo nella “Covid-era” e i primi provvedimenti

E' innegabile che sia l'AGCM che lo IAP si siano mossi tempestivamente per assumere provvedimenti idonei a contrastare le pericolose conseguenze della circolazione di comunicazioni commerciali ingannevoli circa prodotti divenuti di particolare interesse in questo specifico periodo, necessari per difendersi dal Covid-19 e/o per l'autodiagnosi.

Dal 27 febbraio ad oggi l'AGCM:

- ha emesso una richiesta di informazioni, rivolta alle piattaforme di e-commerce eBay e Amazon, con riferimento alle modalità di commercializzazione di prodotti igienizzanti per le mani e di mascherine monouso di protezione delle vie respiratorie (27 febbraio);

- ha avviato due procedimenti istruttori, il primo (12 marzo) nei confronti di eBay e Amazon - a seguito della richiesta di informazioni di cui sopra - e il secondo (31 marzo) nei confronti della nota piattaforma statunitense Wish, ove erano offerti in vendita kit per la diagnosi e strumenti protettivi, come mascherine, accompagnati da claim esaltanti la specifica (ma non comprovata) efficacia degli stessi in termini di protezione e/o di contrasto nei confronti del virus Covid-19 ed i cui prezzi avevano registrato incrementi elevati nelle ultime settimane. Con riferimento a quest'ultima piattaforma, l'Autorità ha deciso, con delibera dell'8 aprile (Provvedimento n. 28218) di non dar seguito all'applicazione di misure cautelari previste dal Codice del Consumo, alla luce delle iniziative assunte dalla piattaforma al fine di contrastare la diffusione di messaggi analoghi rispetto a quelli segnalati. Nello specifico, risulta che Wish abbia istituito gruppi di lavoro e task force dedicate al Covid-19, sono state adottate specifiche policy volte alla verifica e rimozione di annunci potenzialmente scorretti, sono stati eseguiti controlli sempre più mirati e frequenti sulle offerte afferenti a prodotti rilevanti in relazione al Covid-19, sono state adottate apposite misure tecniche volte a limitare la presentazione ai consumatori in Italia dei suddetti prodotti con modalità scorrette.

- ha emesso una serie di richieste di informazioni ad un gruppo di strutture sanitarie e laboratori di analisi romani che hanno pubblicizzato l'offerta di test sierologici per l'identificazione di anticorpi diretti verso il virus Covid-19, a seguito di una comunicazione ricevuta dalla Regione Lazio in cui l'Amministrazione affermava di aver ricevuto a sua volta segnalazioni circa l'offerta “a prezzi esorbitanti”, da parte di strutture private, di tali test sierologici (17 aprile).

- ha deliberato di coinvolgere i gestori dei principali motori di ricerca e browser (Google, Apple, ItaliaOnline, Microsoft , Verizon - Yahoo, Mozilla, DuckDuckGo) nel contrasto delle pratiche commerciali scorrette che fanno leva sull'emergenza sanitaria in atto. Sono stati loro segnalati circa 361 URL corrispondenti a pagine web, banners o collegamenti ipertestuali introdotti malevolmente in siti riconducibili ad attività lecite (spesso di carattere medico o paramedico) e relativi ad una sessantina di “farmacie abusive” - sprovviste della necessaria autorizzazione alla vendita di farmaci on line - che promuovono e vendono medicinali con obbligo di ricetta, vantando una funzione curativa nei confronti del “Coronavirus”. L'Autorità ha richiesto ai provider di rimuovere dai risultati di ricerca le URL segnalate e di non indicizzare le URL contenenti collegamenti ai siti individuati come “farmacie abusive” (21 aprile).

Nel medesimo periodo di riferimento, l'AGCM ha pronunciato una serie di provvedimenti d'urgenza sospensivi, con cui è stato ordinato l'oscuramento di siti web e/o la rimozione di riferimenti ivi presenti in cui veniva data enfasi all'efficacia “anti-Covid” dei prodotti pubblicizzati. Più precisamente:

- il 17 marzo l'AGCM ha sospeso la commercializzazione di un farmaco contenente i principi attivi propri di un antivirale per il trattamento delle infezioni da HIV,venduto a più di 600 euro, reclamizzato come l'“unico farmaco contro il Coronavirus (COVID-19)” e l'“unico rimedio di combattere il Coronavirus (COVID-19)” e, contestualmente, ha disposto l'oscuramento del sito farmacocoronavirus.it su cui il farmaco in questione veniva offerto in vendita (Provvedimento n. 28173). Il provvedimento è stato confermato in data 16 aprile (Provvedimento n. 28226);

- il 22 marzo, l'Autorità ha disposto l'eliminazione di ogni riferimento all'efficacia preventiva contro il Covid-19 dei detergenti, prodotti cosmetici e integratori pubblicizzati e commercializzati sul sito carlitashop.com e sulla relativa pagina Instagram CarlitaDolce (#coronavirus): ”Olio Essenziale di Manuka Antivirale Purificante Antibatterico Optima Naturalis”, l'”Integratore antivirale Manuka Defense Plus Optima Naturals”.I claim utilizzati, infatti, decantavano infondate capacità “antivirali”, antibatteriche e antisettiche dei prodotti, nonché di rafforzamento del sistema immunitario e di protezione delle vie respiratorie, grazie a principi attivi che combatterebbero i microorganismi in grado di scatenare infiammazioni nelle vie respiratorie e nei polmoni. Dal Provvedimento n. 28216, ricompreso nel Bollettino n. 17/2020 (27 aprile), risulta che siano già stati rimossi dal sito carlitashop.com e dal profilo Instagram carlitashop_online, nonché dal profilo Instagram @carlitadolce, i messaggi ingannevoli che attribuivano, a integratori, detergenti e prodotti cosmetici capacità antivirali, disinfettanti, di prevenzione di infezioni respiratorie e del contagio da coronavirus;

- il 24 marzo è stato ordinato l'oscuramento del sito testcoronavirus.shop/itattraverso il quale veniva commercializzato un test per l'autodiagnosi del contagio da Covid-19 (“Rapid test Covid 19”). Il prodotto veniva presentato come un dispositivo medico diagnostico destinato ad essere utilizzato a domicilio, da parte di persone non esperte di test diagnostici, al fine di auto-diagnosticare in maniera rapida ed affidabile l'eventuale contagio da Covid-19. L'AGCM ha ritenuto di censurare il portale sia perché venivano fornire informazioni ambigue, confuse e oscure sul test, sulla sua affidabilità e sulla sua natura sperimentale, sia – soprattutto – perché la pubblicizzazione del prodotto veniva veicolata sfruttando l'allarme suscitato dal costante aumento del numero dei soggetti contagiati dal Covid-19, la paura connessa al rischio di mortalità conseguente alla contrazione del virus, nonché il timore legato alle presunte difficoltà di approvvigionamento di “tamponi” per l'esecuzione dei test da parte delle autorità sanitarie (Provvedimento n. 28202). Con Bollettino 19/2020 dell'11 maggio, l'Autorità ha reso noto che il titolare del dominio contestato si è impegnato ad assumere provvedimenti rienuti idonei a far venir meno il periculum in mora contestato nell'ingiunziona cautelare, ovvero a cessare la vendita sul sito del prodotto “Rapid test COVID-2019” e a mantenere oscurato il sito testcoronavirus.shop.it e i relativi contenuti (Provvedimento n. 28231);

- il 27 marzo sono poi stati oscurati i siti web, farmaciamaschile.it e farmacia-generica.it, ove venivano utilizzati claim, inseriti in un contesto narrativo che enfatizzaval'asseritacomprovata efficacia del farmaco facendo leva sulla tragica pandemia in atto in Italia, idonei a suggerire che il medicinale posto in vendita attraverso i siti fosse adatto, contrariamente al vero, a combattere il Coronavirus (Covid-19) (Provvedimenti n. 28206 en. 28207). I provvedimenti d'urgenza sono stati confermati il 22 aprile (Provvedimento n. 28221);

- sempre il 27 marzo, l'AGCM ha disposto l'eliminazione di ogni riferimento all'efficacia preventiva contro il Covid-19 dei prodotti pubblicizzati e commercializzati sul sito oxystore.it (Provvedimento n. 28205). Risulta che i gestori del relativo sito internet siano già intervenuti apportando modifiche ritenute dall'Autorità “idonee a evitare il rischio che, nelle more del procedimento, le pratiche commerciali oggetto di contestazione continuino a produrre effetti pregiudizievoli per i consumatori” (Provvedimento n. 28217 emesso a seguito di delibera dell'8 aprile);

- l'8 aprile è stata disposta l'immediata sospensione della promozione e vendita, attraverso il sitotigershop.it, di dispositivi individuali di protezione (in particolare, mascherine di categoria FFP2) aventi caratteristiche qualitative e tecniche, certificazioni/validazioni e provenienza, difformi da quelli dei prodotti pubblicizzati sulla piattaforma, non disponibili per la consegna entro i tempi indicati e presentati facendo leva sulla asserita scarsità/progressivo esaurimento delle scorte ("ultimi pezzi disponibili”) (Provvedimento n. 28219);

Dall'esame dei provvedimenti, risulta che l'AGCM si sia attivata in media in un periodo ricompreso tra otto e dieci giorni dalla ricezione delle segnalazioni da cui sono scaturiti verifiche e provvedimenti, un lasso di tempo piuttosto breve, considerando le normali tempistiche di intervento dell'AGCM.

Come anticipato, anche lo IAP è intervenuto più volte.

Il Comitato di Controllo ha, infatti, ad oggi già emesso due ingiunzioni relative a messaggi pubblicitari ritenuti ingannevoli perché enfatizzanti, in modo eccessivo, le asserite proprietà curative/immunizzanti dei prodotti sponsorizzati.

Con ingiunzione del 28 febbraio 2020 il Comitato di Controllo ha censurato un messaggio relativo a un prodotto disinfettante per le mani caratterizzato dal claim: «Leccati le dita in tutta sicurezza, da noi puoi farlo! Nei negozi ODSTORE abbiamo disponibile… Gel mani disinfettante Primagel 50ml. Prodotto specifico contro il CORONAVIRUS – SARS» (Ingiunzione n. 14/2020).

Secondo il Comitato di Controllo, il messaggio, accreditando il gel igienizzante Primagel come “prodotto specifico contro il Coronavirus”, a causa del particolare contesto nel quale viene diffuso, lascia intendere che si tratti di una formulazione creata appositamente per far fronte alla diffusione del virus Covid-19. Sempre secondo l'organo di controllo, l'ingannevolezza è altresì rafforzata dai claimTestato dall'ospedale San Raffaele di Milano” e “Certificato dal Ministero della Salute con decreto 29/11/2010”, che risultano del tutto inopportuni e scorretti, in quanto accreditano autorevolmente l'efficacia vantata.

Il messaggio è stato così censurato sia ai sensi dell'art. 2 c.a., sia ai sensi dell'art. 8 c.a. in quanto l'impostazione comunicazionale è stata considerata tale da rendere il messaggio particolarmente insidioso, in quanto idoneo a sfruttare la paura dei consumatori creando ambiguità e confusione.

Oggetto della secondaingiunzione del Comitato di Controllo, emessa in data 27 marzo (Ingiunzione n. 18/2020), sono stati due messaggi associati ai prodotti della linea “La dieta Tisanoreica”.

Il primo messaggio, un video diffuso su Facebook in data antecedente all'evoluzione della pandemia, promuoveva le capacità dei prodotti della linea “La dieta Tisanoreica” paragonando il coronavirus a un raffreddore (“raffreddore da Coronavirus, perché tecnicamente è un raffreddore”), informazione ritenuta scorretta anche da un punto di vista scientifico ed idonea a fuorviare gli utenti che ancor oggi si imbattessero nel suddetto video, dato che è ormai pacifico che il coronavirus non è un semplice “raffreddore”.

Nel secondo dei messaggi censurati non veniva, invece, fatto alcun riferimento esplicito al coronavirus. Veniva, tuttavia, dato particolare risalto a studi scientifici eseguiti sui suddetti prodotti presso l'università di Padova, che avrebbero dimostrato l'effetto anti-infiammatorio degli stessi, nonché la loro capacità di conferire giovamento per il sistema immunitario: “In questo momento è fondamentale rinforzare le proprie difese immunitarie con Dolce Respiro …. Potrai favorire il benessere delle prime vie respiratorie e stimolare le naturali difese dell'organismo”.

Benché in questo secondo messaggio, come detto, non vi fosse un esplicito riferimento al virus, il Comitato di Controllo ha ritenuto che le comunicazioni fossero comunque inopportune e scorrette in quanto facevano leva sullo stato emotivo del consumatore, richiamando l'attuale situazione di emergenza sanitaria, che colpisce soprattutto proprio le vie respiratorie. In particolare, è stato ritenuto fuorviante il fatto di (i) presentare l'integratore “Dolce Respiro” come prodotto “fondamentale” in questo momento, (ii) sottolineare le sue capacità di “rinforzare le difese immunitarie”, (iii) affermare che l'integrazione a base di echinacea, pino ed eucalipto offerta fosse necessaria e che essa (contrariamente al vero) avesse come effetto quello di aumentare le difese immunitarie.

Inoltre, le comunicazioni diffuse sono state ritenute idonee ad attribuire ai prodotti caratteristiche ed effetti tali da generare nel consumatore una percezione ambigua, ad accreditare i prodotti come strumento di prevenzione e, conseguentemente, ad abbassare il senso di vigilanza da parte del pubblico.

Insomma, nonostante il mancato esplicito riferimento al coronavirus, il Comitato di Controllo ha ritenuto che il messaggio, con richiami indiretti e impliciti agli effetti del virus, facesse leva sullo stato emotivo del consumatore in modo scorretto.

Va precisato che un'ingiunzione di desistenza del Comitato di Controllo, come quella analizzata sopra, consiste in un provvedimento emesso d'ufficio, all'esito di un procedimento sommario di carattere abbreviato, comunicato alle parti dalla Segreteria dello IAP e verso la quale, nei successivi dieci giorni di calendario (non prorogabili), può essere presentata – senza particolari formalità - motivata opposizione da parte del soggetto raggiunto dall'ingiunzione. Nel caso di specie, non risulta che sia stata presentata alcuna opposizione avverso le decisioni del Comitato di Controllo sopra citate.

L'indebito sfruttamento della paura

Comune denominatore degli esempi di intervento riportati sopra è il fatto che le comunicazioni commerciali sanzionate e/o al vaglio delle autorità siano risultate essere non corrette, ambigue e/o comunque portatrici di informazioni non veritiere/certificate rispetto ai prodotti sponsorizzati.

Nondimeno, va specificato che molto spesso messaggi pubblicitari veicolati con modalità ingannevoli potrebbero essere, al contempo, sanzionati anche poiché strutturati in maniera tale da far leva e sfruttare il sentimento di paura associato ad un evento, come quello della diffusione del virus Covid-19, a cui il prodotto è direttamente o indirettamente riconducibile da parte del potenziale acquirente.

L'art. 25 del Codice del Consumo prevede, ad esempio, come indizio di scorrettezza di una pratica commerciale, lo sfruttamento da parte del professionista di qualsivoglia evento tragico o circostanza specifica di gravità tale da alterare la capacità di valutazione del consumatore, al fine di influenzarne la decisione relativa al prodotto.

L'art. 8 del c.a. prevede che la comunicazione commerciale debba evitare ogni forma di sfruttamento della superstizione, della credulità e, salvo ragioni giustificate, della paura.

Non sorprende, quindi, che il Comitato di Controllo abbia ritenuto il messaggio “Leccati le dita in tutta sicurezza, da noi puoi farlo! Nei negozi ODSTORE abbiamo disponibile… Gel mani disinfettante Primagel 50ml. Prodotto specifico contro il CORONAVIRUS – SARS” (di cui all'Ingiunzione n. 14/2020, già citato supra), oltre che in contrasto con l'art. 2 c.a., anche con l'art. 8 c.a. in quanto idoneo a sfruttare la paura dei consumatori per il diffondersi del virus.

Per fornire al lettore un parametro di confronto sul punto, basti pensare che in passato il Giurì dell'Autodisciplina Pubblicitaria ha censurato, ai sensi dell'art. 8 del c.a., una pubblicità di un corso di sopravvivenza accompagnato dall'offerta di maschere antigas, diffuso negli anni in cui era in corso la Guerra del Golfo, in quanto considerata “alla stregua di elemento di spinta che fa leva sulla paura della guerra chimica in un momento storico caratterizzato da eventi bellici” (Giurì 32/1991).

Parimenti, il Comitato di Controllo ha censurato uno spot pubblicitario relativo alle uova “Ovito” diffuso in concomitanza con il diffondersi dell'aviaria in cui veniva affermato: “no fipronil, no aviaria, filiera garantita, alimentazione vegetale, 100% italiano. Nelle Ovito non ci sono sorprese” (Ingiunzione 12/2018). L'organo di controllo ha ritenuto che il claim sfruttasse indebitamente il sentimento di pressione psicologica e suggestiva legati agli allora recenti casi di cronaca.

Il ruolo delle piattaforme nella lotta alla diffusione di messaggi ingannevoli

Gli enti di controllo hanno lasciato chiaramente intendere che per riuscire ad approntare delle efficaci misure di contenimento di quello che potrebbe diventare un pericoloso side effect della già dilagante problematica legata alla diffusione del virus, è essenziale responsabilizzare gli inserzionisti, destinatari dei provvedimenti emessi dall'AGCM e/o dal Comitato di Controllo.

È, però, evidente che un ruolo nella diffusione di messaggi ingannevoli che sfruttano la paura dei consumatori è giocato dalle piattaforme di e-commerce e dai social network, i cui utenti possono fungere da amplificatore del messaggio.

Così, molte piattaforme, pur potendo beneficiare, al ricorrere di determinate condizioni, dell'esenzione di responsabilità in relazione ai contenuti caricati dagli utenti (v. post sui social network o inserzioni sulle piattaforme di commercio elettronico), negli ultimi mesi si sono attivate (alcune in modo del tutto spontaneo) vietando completamente la pubblicazione di inserzioni e pubblicità relative al coronavirus e la vendita di dispositivi di protezione (v. mascherine) o di test di autodiagnosi.

A distanza però di due mesi dall'inizio della diffusione dell'epidemia in Italia e in Europa alcune piattaforme – preso atto della necessità di “convivere” con il virus – hanno deciso di rimuovere il blocco generalizzato degli annunci/messaggi aventi ad oggetto il Covid-19 e/o argomenti correlati a quest'ultimo azionato in precedenza, implementando una “ads policy for Covid-19” (che gli utenti devono rispettare). È questo ad esempio il caso di Twitter la cui policy adesso prevede alcune restrizioni tra cui:

- “distasteful references to COVID-19 (or variations) are prohibited;

- content may not be sensational or likely to incite panic;

- prices of products related to COVID-19 may not be inflated;

- the promotion of certain products related to COVID-19 may be prohibited

- the mention of vaccines, treatments and test kits is permitted, only in the form of information, from news publishers which have been exempted under the Political Ads Content policy”.

In conclusione

La pandemia in corso e la conseguente paura dei consumatori nei confronti del contagio e delle conseguenze dello stesso, ha reso i consumatori più vulnerabili.

È naturale, infatti, che in un periodo come questo i consumatori siano più portati a credere (o forse meglio ad aggrapparsi) a promesse, talvolta anche chiaramente false e poco attendibili, relative alla particolare efficacia di farmaci e kit per la diagnosi e che con l'aumento del tempo passato su Internet a causa del lockdown siano maggiormente inclini a condividere via social con i propri contatti tali informazioni.

L'intervento delle autorità di controllo è, dunque, essenziale. Lo è stato e lo sarà.

Va chiarito che nonostante il parametro di riferimento da assumere per valutare l'ingannevolezza di un messaggio sia quello del consumatore medio, il divieto di sfruttamento della paura finisce per alzare l'asticella e consente di censurare messaggi che in assenza di tale condizionamento emotivo potrebbero superare il vaglio delle autorità.

Nonostante sia necessario esserlo, la normativa non richiede ai consumatori, viste le circostanze, di essere più attenti e scaltri.

Infine, vale la pena osservare che per quanto la responsabilità delle inserzioni rimanga sugli inserzionisti (e al ricorrere di alcune condizioni sui gestori di social network e di piattaforme di commercio elettronico) e non ricada sugli utenti che – in buona fede – condividono informazioni sui propri social/canali personali, è innegabile che anche la condotta del singolo possa, oggi più che mai, fare la differenza per evitare e/o limitare la diffusione di messaggi pubblicitari ingannevoli e finalizzati a sfruttare come leva commerciale la paura dell'epidemia.

Guida all'approfondimento

Per un approfondimento sulla disciplina della pubblicità ingannevole e, più in generale, del diritto della pubblicità, cfr. A.A., a cura di G. De Cristofaro, Il diritto della pubblicità – Tutele e contenzioso, Giuffrè 2020.

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