Il risarcimento del danno a seguito della violazione dell'obbligo di offerta pubblica di acquisto totalitaria

13 Maggio 2020

Il Decreto Competitività (L. n. 116/2014), modificando chirurgicamente il Testo Unico della Finanza, ha introdotto rilevanti novità in tema di società quotate in borsa contemplando, tra l'altro, la possibilità che queste possano prevedere, nei loro statuti, la maggiorazione dei diritti di voto. In conseguenza di ciò l'obbligo di offerta pubblica d'acquisto scatta, oltre che per il caso di acquisti che comportino una partecipazione superiore al trenta per cento, anche quando a seguito di maggiorazione dei diritti di voto si venga a disporre di diritti di voto in misura superiore al trenta per cento dei medesimi. L'autore analizza l'istituto dell'offerta pubblica d'acquisto totalitaria obbligatoria soffermandosi sull'aspetto risarcitorio legato alla violazione degli obblighi ad essa connessi.
Premessa

Il Decreto Competitività (L. 116/2014), modificando chirurgicamente il Testo Unico della Finanza, ha introdotto rilevanti novità in tema di società quotate in borsa contemplando, tra l'altro, la possibilità che queste possano prevedere, nei loro statuti, la maggiorazione dei diritti di voto. In conseguenza di ciò l'obbligo di offerta pubblica d'acquisto scatta, oltre che per il caso di acquisti che comportino una partecipazione superiore al trenta per cento, anche quando a seguito di maggiorazione dei diritti di voto si venga a disporre di diritti di voto in misura superiore al trenta per cento dei medesimi.

L'autore analizza l'istituto dell'offerta pubblica d'acquisto totalitaria obbligatoria soffermandosi sull'aspetto risarcitorio legato alla violazione degli obblighi ad essa connessi.

Offerta Pubblica d'acquisto totalitaria

L'articolo 106 del Testo Unico della Finanza (D.L.vo 24 febbraio 1998, n. 58 e successive modificazioni) prevede che l'Offerta Pubblica di Acquisto, cioè l'offerta di acquisto in denaro di prodotti finanziari, sia obbligatoria qualora, a seguito di acquisti o di maggiorazione dei diritti di voto, si venga a detenere una partecipazione superiore alla soglia del trenta per cento o a disporre di diritti di voto in misura superiore al trenta per cento dei medesimi (Opa totalitaria). La Corte di Cassazione ha chiarito che la proposizione dell'offerta pubblica d'acquisto non configura un mero onere per l'acquirente del pacchetto azionario che superi la soglia del 30%, ma integra invece un vero e proprio obbligo. Ne fa fede non solo la terminologia adoperata dallo stesso legislatore, ma anche il carattere manifestamente sanzionatorio (sia pure in termini di sanzioni civili) della previsione contenuta nell'articolo 110 del Testo Unico della Finanza relativo all'inadempimento degli obblighi relativi alle offerte pubbliche d'acquisto obbligatorie, per non dire delle ulteriori sanzioni amministrative e penali previste, rispettivamente, dai successivi articoli 192 e 173 (Cass. Civ., Sez. I, 10 agosto 2012, n. 14392).

L'Opa è rivolta a tutti i possessori di titoli sulla totalità dei titoli ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato in loro possesso ed è irrevocabile. Chi decide di lanciarla deve dare prima apposita comunicazione alla Consob, allegando un documento contenente le informazioni necessarie per mettere il pubblico in condizione di essere informato sulle condizioni dell'offerta.

Nelle società diverse dalle PMI l'Opa è promossa anche da chiunque, a seguito di acquisti, venga a detenere una partecipazione superiore alla soglia del venticinque per cento in assenza di altro socio che detenga una partecipazione più elevata. Tuttavia gli statuti delle PMI possono prevedere una soglia diversa dal venticinque per cento, ma in ogni caso mai inferiore a tale limite né superiore al quaranta per cento.

Violazione degli obblighi relativi alle offerte pubbliche di acquisto obbligatorie

In caso di violazione degli obblighi relativi alle offerte pubbliche di acquisto obbligatorie, l'articolo 110 del Testo Unico della Finanza prevede che il diritto di voto inerente all'intera partecipazione detenuta non possa essere esercitato e i titoli eccedenti le percentuali indicate negli articoli 106 (offerta pubblica d'acquisto totalitaria) e 108 (obbligo di acquisto) devono essere alienati entro dodici mesi. Nel caso in cui il diritto di voto venga esercitato, si applica il comma 5 dell'articolo 14, il quale prevede che non possono essere esercitati i diritti di voto e gli altri diritti che consentono di influire sulla società, inerenti alle partecipazioni eccedenti le soglie previste dall'articolo 15, comma 1, in tema di acquisizione e cessione di partecipazioni.

L'impugnazione può essere proposta anche dalla CONSOB. Questa, in alternativa all'alienazione può, con provvedimento motivato ed avuto riguardo anche alle ragioni del mancato adempimento, agli effetti che conseguirebbero all'alienazione stessa e alle modifiche intervenute nella compagine azionaria, imporre la promozione dell'offerta totalitaria al prezzo da essa stabilito, anche tenendo conto del prezzo di mercato dei titoli. Sia l'alienazione che la promozione dell'offerta fanno venire meno la sospensione del diritto di voto.

Risarcimento per inadempimento dell'obbligo di offerta pubblica di acquisto totalitaria

In tema di società per azioni quotate nei mercati regolamentati, la Corte di Cassazione ha da ultimo statuito che, qualora sia inadempiuto l'obbligo di offerta pubblica di acquisto totalitaria, ai sensi dell'art. 106 del D.lgs n. 58/1998, gravante a carico dell'acquirente del pacchetto azionario che superi la soglia del 30 per cento, compete agli azionisti, cui l'offerta avrebbe dovuto essere rivolta, il risarcimento del danno patrimoniale che dimostrino di avere sofferto in conseguenza della perdita di “chance” di disinvestimento che l'Opa avrebbe assicurato loro. Detto danno – aggiunge la Suprema Corte - va determinato raffrontando il prezzo di rimborso delle azioni in caso di Opa con il loro valore effettivo, ritratto dalle risultanze di borsa, secondo il successivo andamento del titolo nell'arco temporale intercorrente tra il giorno in cui si è consumato l'inadempimento dell'obbligo e quello del disinvestimento, se vi è stato, o, in caso contrario, della proposizione della domanda risarcitoria (Cass. civ., Sez. I, 25 luglio 2018, n. 19741).

I Giudici di legittimità avevano già chiarito che la responsabilità per inadempimento dell'obbligo di promuovere l'offerta pubblica d'acquisto sia da ricondurre non già al generale principio del neminem laedere, bensì nell'alveo della responsabilità da contratto (o eventualmente ex lege) perché essa deriva dalla violazione di un obbligo preesistente, che la legge fa scaturire da un comportamento volontario (l'acquisto di azioni di società quotata che porta a detenere una partecipazione superiore alla soglia prevista dalle legge) con cui taluno entra in contatto con una cerchia ben definita di soggetti (gli azionisti di minoranza) nell'interesse specifico dei quali la prestazione rimasta inadempiuta (consistente nel promuovere l'offerta) era dovuta (Cass. Civ., Sez. I, 10 agosto 2012, n. 14392).

Va da sé – hanno specificato i supremi Giudici – che l'azionista di minoranza che si sia visto illegittimamente privato della possibilità di aderire ad un'offerta di acquisto delle sue azioni – offerta in realtà non proposta – ha quindi il diritto di ottenere il risarcimento del danno subito. Danno che, peraltro, pare arbitrario far coincidere in modo necessario ed automatico con il risultato economico della vendita azionaria che si sarebbe verificata se l'offerta vi fosse stata e fosse stata accettata, perché un conto è la possibilità di stipulare un contratto, altro conto è l'averlo effettivamente stipulato.

La lesione subita, in simili casi, consiste nell'aver perso una possibilità (o meglio, un'opzione d'acquisto) che l'offerta pubblica avrebbe dovuto assicurare e che, proprio in quanto l'offerta non v'è stata, non è mai invece venuta ad esistenza. Si tratta non di una mera aspettativa di fatto, ma di un interesse giuridicamente protetto che ha ad oggetto un'entità patrimoniale a sé stante, suscettibile di autonoma valutazione economica; fermo restando che grava sul danneggiato l'onere di provare gli elementi in base ai quali possa riconoscersi a quell'opzione un valore economico effettivo, in relazione ai diversi fattori che possono aver influenzato l'andamento della quotazione di borsa delle azioni nel periodo considerato, tenendo conto dei criteri di determinazione del prezzo dell'offerta pubblica obbligatoria che avrebbe dovuto essere promossa (Cass. Civ., Sez. I, 10 agosto 2012, n. 14392).

In conclusione

La violazione delle norme sull'Opa totalitaria obbligatoria, e quindi il non lanciare un'offerta pubblica in caso di acquisto di prodotti finanziari che comporti una partecipazione superiore al trenta per cento o a disporre di diritti di voto superiori al trenta per cento dei medesimi, è fonte di danno per coloro (gli azionisti) ai quali l'offerta non è stata rivolta. Il danno è ovviamente tutto da dimostrare ed è legato alla perdita di chance, cioè, della possibilità di disinvestimento, che l'Opa avrebbe potuto garantire.

Tuttavia la Corte di Cassazione ha già da tempo precisato che la chance non è una mera aspettativa di fatto ma un'entità patrimoniale a sé stante, giuridicamente ed economicamente suscettibile di autonoma valutazione (Cass. 11 dicembre 2003, n. 18945).

Pertanto ben si giustifica la tutela risarcitoria nei confronti degli azionisti, evidentemente di minoranza, altrimenti vincolati ad un investimento per loro non più conveniente e comunque mutato nei suoi presupposti.

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