La violazione del contraddittorio è deducibile in sede di regolamento necessario di competenza

14 Maggio 2020

La Suprema Corte, nella pronuncia in esame, si trova ad affrontare due questioni di estremo interesse, ossia: 1) la deducibilità, in sede di regolamento necessario di competenza, di doglianze relative alla violazione del principio del contraddittorio, verificatasi nel procedimento sfociato nell'ordinanza di incompetenza poi impugnata; 2) la sussistenza del dovere del giudice adito di verificare la regolare instaurazione del contraddittorio in via prioritaria rispetto ad ogni altra questione processuale.
Massima

In sede di regolamento necessario di competenza possono essere dedotte anche questioni inerenti alla violazione del contraddittorio per essere stata la statuizione declinatoria della competenza adottata senza il preventivo ordine di rinnovo della notifica dell'atto introduttivo, non perfezionatasi verso una delle parti convenute, rientrando tali questioni tra quelle che attengono in modo diretto e necessario alla competenza, posto che l'esame di quest'ultima da parte del giudice adito non può non presupporre la verifica della preventiva corretta instaurazione del contraddittorio stesso, a sua volta diretto a garantire il rispetto dei principi del giusto processo e di ragionevole durata del processo di cui all'art. 111 Cost.

Il caso

Il tribunale di Napoli Nord dichiarava la propria incompetenza per materia e per territorio a favore della sezione specializzata in materia di impresa del tribunale di Napoli, ritenendo che l'eccezione di incompetenza sollevata dai convenuti fosse assolutamente preliminare rispetto a tutte le altre istanze sollevate dalle parti, compresa quella degli attori volta ad ottenere l'autorizzazione alla chiamata in causa di un terzo o, in subordine, il rinnovo della notifica dell'atto di citazione, atteso il mancato perfezionamento della prima notifica, nei confronti di un convenuto non costituitosi.

Gli attori proponevano regolamento necessario di competenza, deducendo, con il primo motivo, in riferimento all'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dei principi del “giusto processo” e del contraddittorio, nonchè del diritto di difesa, atteso che la verifica della regolarità del contraddittorio avrebbe dovuto precedere l'esame dell'eccezione di incompetenza sollevata dai convenuti; con il secondo motivo gli attori contestavano nel merito la ricorrenza della dichiarata competenza della sezione specializzata in materia di impresa del tribunale di Napoli.

La questione

La Suprema Corte, nella pronuncia in esame, si trova ad affrontare due questioni di estremo interesse, ossia: 1) la deducibilità, in sede di regolamento necessario di competenza, di doglianze relative alla violazione del principio del contraddittorio, verificatasi nel procedimento sfociato nell'ordinanza di incompetenza poi impugnata; 2) la sussistenza del dovere del giudice adito di verificare la regolare instaurazione del contraddittorio in via prioritaria rispetto ad ogni altra questione processuale.

Le soluzioni giuridiche

Sulla seconda delle predette questioni si riscontra una giurisprudenza di legittimità pressochè costante, essendosi ripetutamente sottolineato che la questione relativa alla nullità, e relativa sanatoria, della notificazione della citazione introduttiva del giudizio, attenendo alla regolare costituzione del rapporto processuale, deve essere esaminata prima della stessa questione di giurisdizione, poichè anche tale ultima questione, che ha carattere preliminare rispetto ad ogni altra di rito o di merito, presuppone pur sempre l'instaurazione di un valido contraddittorio tra le parti (Cass. civ., Sez. Un., 4 febbraio 2016, n. 2201; Cass. civ., Sez. Un., 28 aprile 1976, n. 1492; Cass. civ., 11 maggio 1968, n. 1446). Analogamente si è sostenuto che l'esame della questione di giurisdizione, ancorché pregiudiziale a quello di ogni altra questione, di rito o di merito, presuppone pur sempre l'instaurazione di un contraddittorio effettivo, e non meramente apparente, per essere stato il rapporto processuale costituito fra i soggetti investiti della qualità di parte in relazione alla natura del rapporto sostanziale (Cass. civ., Sez. Un., 12 dicembre 2012, n. 22776; Cass. civ., Sez. Un., 14 febbraio 1980, n. 1056). Inoltre, più recentemente ancora, si è sostenuto che la verifica, da parte del giudice investito del tema della corretta instaurazione del contraddittorio, quanto alla chiamata in giudizio dei litisconsorti necessari, riguardando la valida costituzione del rapporto processuale, ha carattere preliminare rispetto all'esame dei motivi di impugnazione, anche nel caso in cui questi ultimi attengano alla regolare costituzione del contraddittorio nel grado precedente e non sia stata devoluta questione relativa alla individuazione dei litisconsorti necessari medesimi, come stabilita nei precedenti gradi di giudizio (Cass. civ., sez. L, 16 agosto 2019, n. 21443).

È, dunque, consolidato l'orientamento secondo cui la questione dell'integrità del contraddittorio, di natura processuale, ha carattere pregiudiziale rispetto ad ogni altra questione, finanche a quella di giurisdizione, che di per sé è comunque prioritaria, sotto il profilo logico-giuridico, rispetto alle altre questioni di rito e di merito. Se il contraddittorio non viene prima regolarmente instaurato, non può quindi procedersi all'esame di alcuna questione, e se ciò vale rispetto alla giurisdizione, non può “a fortiori” che applicarsi anche rispetto alla questione della competenza del giudice adito (che non può a sua volta prescindere dalla sussistenza della giurisdizione in capo a quest'ultimo), la cui verifica deve necessariamente seguire l'accertamento della costituzione del contraddittorio.

Ne consegue l'erroneità dell'impugnata ordinanza nella parte in cui il tribunale adito ha ritenuto che la sollevata eccezione di incompetenza fosse assolutamente preliminare rispetto a tutte le altre istanze sollevate dalle parti, sebbene gli attori avessero chiesto di poter sanare il vizio del mancato perfezionamento della notifica dell'atto introduttivo del giudizio ad uno dei convenuti non costituitosi.

A questo punto, tuttavia, si pone un'ulteriore problematica, invero di non così pacifica soluzione, inerente all'utilizzabilità del regolamento di competenza per far valere la mancata integrazione del contraddittorio.

Secondo, infatti, l'orientamento tradizionale della giurisprudenza di legittimità, nel regolamento di competenza possono essere sollevate solo questioni relative alla competenza, e non anche alla violazione di norme, sostanziali e processuali, che non siano direttamente e necessariamente pertinenti alla competenza stessa (tra le più recenti, cfr. Cass. civ., 13 giugno 2016, n. 12126; Cass. civ., 21 luglio 2011, n. 15996; Cass. civ., 13 luglio 2004, n. 12983). In particolare, tale pertinenza “diretta e necessaria” è stata intesa come pertinenza teleologica, ossia riferita alle sole norme che possono fornire al giudicante «elementi utili al fine di statuire sulla propria competenza» (Cass. civ., 6 giugno 2008, n. 15019), e ciò anche in riferimento allo stesso principio del contraddittorio, essendosi recentemente sostenuto che nel regolamento di competenza «la emissione della decisione senza previa instaurazione del contraddittorio può assumere rilevanza non quale violazione in sé considerata, ma solo ove la parte ricorrente evidenzi e dimostri che detta violazione abbia avuto effetto di impedirle di apportare al giudice elementi utili al fine di statuire sulla propria competenza, tali da condurre a diversa decisione» (Cass. civ., 12 luglio 2016, n. 14245).

Tale orientamento, tuttavia, come sottolineato dalla Suprema Corte nella pronuncia in commento, si è sviluppato tralatiziamente, partendo da un'epoca lontana (lo ritroviamo, infatti, già in Cass. civ., 11 luglio 1974, n. 2052, secondo cui il compito della Corte di cassazione, in sede di regolamento, è limitato alla sola designazione del giudice competente a decidere la controversia) in cui il principio della ragionevole durata del processo era compresso in quello di economia processuale, e non aveva una propria autonoma valenza costituzionale né sovranazionale.

In ragione della successiva riforma dell'art. 111 Cost., e della creazione di un'inscindibile endiadi tra ragionevole durata del processo e giusto processo, appare allora opportuno procedere ad una revisione di tale orientamento ed, in particolare, del concetto di pertinenza “diretta e necessaria”, che tenga conto di una visione sistemica del processo civile come strumento volto a garantire alle parti la tutela dei propri diritti in maniera agevole e funzionale, in un'ottica di equilibrio tra interessi pubblici e privati. Alla luce di tale rinnovata impostazione si è, ad es., esclusa la necessità di procedere all'integrazione del contraddittorio nei gradi successivi al primo qualora il soggetto non evocato nuovamente in sede di impugnazione non abbia concreto interesse a partecipare al giudizio, già emergendo un esito a suo favore (cfr. Cass. civ., 21 maggio 2018, n. 12515, secondo cui, in caso di ricorso per cassazione prima facie infondato, appare superfluo, pur potendone sussistere i presupposti, disporre la fissazione di un termine per l'integrazione del contraddittorio ovvero per la rinnovazione di una notifica nulla o inesistente, atteso che la concessione di esso si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei termini per la definizione del giudizio di cassazione senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell'effettività dei diritti processuali delle parti; cfr. anche Cass. civ., 20 gennaio 2016, n. 895, per l'affermazione di tale principio per l'appello).

In sostanza, il rispetto del diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo impone al giudice (ai sensi degli artt. 175 e 127 c.p.c.) di evitare e impedire comportamenti che siano di ostacolo ad una sollecita definizione dello stesso, tra i quali rientrano quelli che si traducono in un inutile dispendio di attività processuali e formalità superflue perché non giustificate dalla struttura dialettica del processo e, in particolare, dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio, da effettive garanzie di difesa e dal diritto alla partecipazione al processo, in condizioni di parità, dei soggetti nella cui sfera giuridica l'atto finale è destinato a produrre i suoi effetti (Cass. civ., 17 giugno 2019, n. 16141).

E tuttavia, il principio del contraddittorio, pur essendo “elastico” perché rapportabile alla concreta vicenda processuale (come si desume anche da Cass. civ., 22 ottobre 2018, n. 26631, secondo cui «Nell'ipotesi in cui il litisconsorte necessario pretermesso intervenga volontariamente in appello, accettando la causa nello stato in cui si trova, e nessuna delle altre parti resti privata di facoltà processuali non già altrimenti pregiudicate, il giudice di appello non può rilevare d'ufficio il difetto di contraddittorio, né è tenuto a rimettere la causa al giudice di primo grado, ai sensi dell'art. 354 c.p.c., ma deve trattenerla e decidere sul gravame, risultando altrimenti violato il principio fondamentale della ragionevole durata del processo, il quale impone al giudice di impedire comportamenti che siano di ostacolo ad una sollecita definizione della controversia»), costituisce pur sempre il “pilastro del processo”, in quanto la potestas iudicandi del giudice insorge legittimamente solo quando esiste una controversia, ossia allorquando sussistono parti che si contrappongono, pur nei limiti di un'eventuale contumacia di una di esse.

Se questo è vero, la questione della corretta instaurazione del contraddittorio, ossia della completa strutturazione della funzionalità del processo entro cui il giudice deve operare, non può ritenersi astratta, estranea e scindibile rispetto all'esame della competenza da parte del giudice adito, e dunque non attinente «in modo diretto e necessario alla competenza» stessa, in quanto «mettere da parte il contraddittorio per occuparsene dopo che la competenza è stata regolata significherebbe deprivare del suo diritto di difesa la parte che non ha tempestivamente potuto entrare nel contraddittorio».

Deve, quindi, ritenersi proponibile mediante regolamento necessario di competenza il vizio relativo al contraddittorio, con conseguente accoglimento del primo motivo del ricorso ed assorbimento del secondo, inerente alla determinazione del giudice competente, posto che tale ultima questione potrà essere valutata dal giudice del merito, una volta riassunto il processo, solo dopo la risoluzione della questione relativa all'instaurazione del contraddittorio.

La Suprema Corte ha, quindi, dichiarato la caducazione dell'ordinanza impugnata, rimettendo le parti dinanzi al giudice a quo ex art. 49 c.p.c.

Osservazioni

La pronuncia in commento appare interamente condivisibile in ordine ai principi, anche innovativi, in essa affermati.

Da un lato, infatti, premesso che, ai sensi dell'art. 276, comma 2, c.p.c., il giudice «decide gradatamente le questioni pregiudiziali proposte dalle parti o rilevabili d'ufficio e quindi il merito della causa», non può che ribadirsi, a conferma della priorità che assume la verifica della corretta instaurazione del contraddittorio tra le parti, che finanche l'esame della questione di giurisdizione, ancorché pregiudiziale a quello di ogni altra questione, di rito o di merito (compresa quella di competenza: Cass. civ., Sez. Un., 5 gennaio 2016, n. 29), presuppone pur sempre l'instaurazione di un contraddittorio effettivo, sicchè vanno esaminate in via preventiva, rispetto a quella di giurisdizione, le questioni inerenti al difetto dello jus postulandi (Cass. civ., 18 luglio 2002, n. 10434), alla nullità della notificazione della citazione introduttiva del giudizio (Cass. civ., Sez. Un., 4 febbraio 2016, n. 2201), al difetto di rappresentanza processuale (Cass. civ., Sez. Un., 4 marzo 2016, n. 4248), al difetto di integrità del contraddittorio ex art. 102 c.p.c. (Cass. civ., Sez. Un., 12 dicembre 2012, n. 22776; contra Cass. civ., Sez. Un., 23 aprile 2008, n. 10462).

Per quanto attiene, poi, all'oggetto del regolamento di competenza, è innegabile che, in un'ottica costituzionalmente orientata, il contraddittorio miri a garantire anche il rispetto dei principi del giusto processo e della ragionevole durata del processo valorizzati dagli artt. 24 e 111 Cost., ma presidiati anche dall'art. 101 c.p.c. e dall'art. 6, par. 1, CEDU, atteso che la violazione del contraddittorio ingenera un vizio processuale che, riverberandosi su tutta l'attività giudiziale successiva, rischia di pregiudicare il raggiungimento, in tempi ragionevoli, di una statuizione di merito e, quindi, la tutela dei diritti e delle posizioni giuridiche fatte valere dalle parti.

Le fondamenta del processo si costruiscono partendo da una corretta instaurazione del contraddittorio, senza la quale non può discorrersi di partecipazione delle parti al processo in condizioni di parità (art. 111, comma 2, Cost.), ed anzi non può neppure configurarsi il potere del giudice di verificare la propria giurisdizione e competenza, mancando una lite che generi contrasto di posizioni tra i soggetti nella cui sfera giuridica la decisione finale è destinata ad esplicare i suoi effetti.

Pertanto, come la sussistenza di un effettivo contraddittorio va verificata in via preventiva rispetto all'esame della giurisdizione (come costantemente ritenuto dalla giurisprudenza), così analogamente, essendo la competenza ricompresa nella giurisdizione (di cui rappresenta un minus), non può non ritenersi che la questione della corretta ed integrale instaurazione del contraddittorio rientri nel vaglio della competenza da parte del giudice, e dunque tra le questioni che attengono “in modo diretto e necessario” alla competenza stessa, con conseguente deducibilità di tale questione in sede di regolamento necessario di competenza.

Va, infine, rammentato che, per pronuncia sulla competenza, ai fini dell'esperibilità del regolamento di competenza, deve intendersi non solo quella che abbia deciso direttamente in ordine all'individuazione del giudice della controversia, sia in riferimento ai normali criteri di competenza (cioè per materia, per valore e per territorio) che alle ipotesi di litispendenza, continenza e connessione di cause, ma anche quella che abbia statuito in ordine all'ammissibilità e tempestività dell'eccezione di incompetenza, o sul tempestivo rilievo d'ufficio della medesima (Cass. civ., 28 febbraio 2020, 5516; Cass. civ., 4 agosto 2015, n. 16359; Cass. civ., 18 dicembre 2008, n. 29572, che però circoscrive al solo regolamento di competenza ad istanza di parte la possibilità di far valere vizi relativi al rilievo dell'incompetenza; Cass. civ., Sez. Un., 19 ottobre 2007, n. 21858).

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