Il caso. La sentenza in commento trae origine dal giudizio di merito a suo tempo promosso avanti al Tribunale di Firenze al fine di ottenere una sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c. che disponesse in favore dell'attore il trasferimento della proprietà di due appartamenti oggetto di un contratto preliminare di compravendita (il convenuto, infatti, contestava di aver ricevuto il saldo del prezzo degli immobili).
La decisione del Tribunale – che aveva integralmente accolto le richieste attoree – è stata confermata in appello in considerazione della declaratoria di inammissibilità dell'impugnazione proposta dal soccombente e la Corte di cassazione successivamente adita ha dichiarato l'improcedibilità del gravame in conseguenza del mancato deposito della copia autentica della sentenza secondo grado.
L'intervento delle Sezioni Unite. La sentenza della Corte di cassazione è stata impugnata per revocazione, sorretta da un unico motivo.
Secondo il ricorrente (erede del soccombente defunto nelle more del primo giudizio di cassazione), infatti, la copia della sentenza di appello prodotta fosse regolarmente provvista dell'attestazione di conformità all'originale e della relazione di notificazione, denunciando, ai sensi dell'art. 391-bis c.p.c., in relazione all'art. 395, n. 4, c.p.c., l'errore di fatto commesso dalla Corte di cassazione.
La causa è stata trattata con rito camerale con proposta di inammissibilità del ricorso per essere stato proposto oltre il termine semestrale ex art. 391-bis, comma 1, ultimo periodo, c.p.c., così come modificato dal decreto legge n. 168/2016, convertito con modificazioni dalla legge n. 197/2016, applicabile al caso di specie, secondo il relatore, in virtù della disposizione transitoria di cui all'art. 2 del citato decreto legge.
La Corte ha rimesso la questione al Primo Presidente per l'eventuale rimessione alle Sezioni Unite avendo riscontrato un contrasto nella giurisprudenza di legittimità in ordine alla questione relativa all'applicabilità della riduzione a sei mesi del termine per la proposizione del ricorso per revocazione delle sentenze della Corte di cassazione ai soli provvedimenti pubblicati dopo l'entrata in vigore della legge di riforma ovvero a tutti i ricorsi depositati in data successiva all'entrata in vigore della novella.
I Supremi Giudici, dopo aver dato compiutamente conto dei precedenti giurisprudenziali citati dal relatore, formatisi a seguito della citata modifica dell'art. 391-bis c.p.c. (sostanzialmente costituiti da due ordinanze emesse nel 2018), ha composto il contrasto evidenziando come, tenuto conto che la norma sopravvenuta è inerente alle modalità di esercizio del diritto di proporre il ricorso per revocazione delle decisioni della Suprema Corte e, in particolare, al termine (più breve) per proporre tale ricorso.
Al riguardo, secondo i Giudici di legittimità, considerato che il dies a quo di un termine processuale costituisce un elemento della fattispecie di decadenza per inosservanza di detto termine, deve ritenersi che in mancanza di un'espressa norma transitoria la novella dispone solo per l'avvenire e, quindi, essendo il termine per proporre l'impugnazione in oggetto ancorato alla pubblicazione del provvedimento revocando, lo stesso può applicarsi solo all'impugnazione delle sentenze pubblicate dopo l'entrata in vigore della norma di cui all'art. 391-bis c.p.c.
Per tale ragione le Sezioni Unite hanno elaborato il principio di diritto secondo cui il termine semestrale per la proposizione del ricorso per revocazione delle sentenze della Corte di Cassazione, così ridotto, in sede di conversione del decreto legge 31 agosto 2016, n. 168, dalla legge 25 ottobre 2016, n. 197, si applica in relazione ai soli provvedimenti pubblicati dopo l'entrata in vigore della stessa (30 ottobre 2016), in difetto di specifica disposizione transitoria e in applicazione della regola generale di cui all'art. 11 disp. prel. c.c.
*Fonte: www.dirittoegiustizia.it