Quanti animali è possibile tenere nel proprio appartamento?

Redazione scientifica
19 Maggio 2020

Esiste un limite legale al numero di animali domestici in una casa all'interno di un condominio?

Nel mio condominio, il vicino del piano di sopra possiede 2 cani che vivono con lui nell'appartamento. Di recente, ha preso anche un altro cane. Com'era prevedibile, gli animali litigano in continuazione e fanno rumore. Abbiamo posto all'attenzione del proprietario l'eccessivo numero di animali. Quest'ultimo si è limitato ad affermare che può ospitare tutti gli animali che vuole. Esiste un limite legale al numero di animali domestici in una casa all'interno di un condominio? Quali tutele per gli altri condomini?

In argomento, giova ricordare che la legge di riforma n. 220/2012 ha fornito un'apertura verso quei condomini che vogliono tenere gli animali in appartamento. In particolare, l'ultimo comma dell'art. 1138 c.c. prevede che “le norme del regolamento non possono vietare di possedere o detenere animali domestici”.

Ai fini di una corretta interpretazione della norma, è importante precisare che nella stesura finale del nuovo testo dell'art. 1138 c.c., il termine animali “da compagnia” è stato sostituito con quello di animali “domestici” dai confini più incerti sotto il profilo del relativo inquadramento, al fine di estenderne la definizione ad un più ampio genus di animale “di affezione”. Infatti, sebbene la legge non definisca la nozione di animale domestico, in mancanza di una precisazione normativa, ai fini dell'applicazione della nuova norma, per animale domestico va inteso l'animale che ragionevolmente e per consuetudine è tenuto in appartamento per ragioni affettive.

Premesso ciò, ad oggi, non esiste alcuna norma di legge che ponga un numero massimo di animali che si possono tenere in un appartamento condominiale. Allo stesso modo, il regolamento di condominio non può fissare un limite di tale tipo, salvo che ci sia il consenso unanime di tutti: se così fosse, la clausola sarebbe annullabile dal giudice. Difatti, quanto agli aspetti “regolamentari”, secondo un'opinione emersa in dottrina e in giurisprudenza, se è pur vero che l'intero dettato dell'art. 1138 c.c. sembra innegabilmente riferirsi al solo regolamento assembleare, la rubrica della suddetta norma non riporta alcuna indicazione circa la natura del regolamento, talché la nuova norma inciderebbe anche sui regolamenti condominiali vigenti, determinando l'immediata caducazione delle clausole che vietano o limitano la detenzione degli animali domestici. In proposito, è stato evidenziato che il regolamento condominiale, stabilente il divieto di tenere animali domestici, è affetto da nullità sopravvenuta per effetto dell'introduzione del comma 5 all'art. 1138 c.c. secondo cui le norme del regolamento non possono vietare di possedere o detenere animali domestici (Trib. Cagliari 22 luglio 2016).

È chiaro però che questa libertà deve comunque far sempre i conti da un lato con i diritti degli animali a vivere in condizioni di benessere, e dall'altro con i diritti degli altri condomini che non possono perciò subire un pregiudizio alle rispettive proprietà, come quelli derivanti dai rumori (per i versi degli animali) o dai cattivi odori per le esalazioni di escrementi lasciati nel giardino privato o condominiale.

Va poi considerato che l'uso degli spazi comuni di un edificio in condominio, facendovi circolare il proprio cane senza le cautele richieste dall'ordinario criterio di prudenza, può costituire una limitazione non consentita del pari diritto che gli altri condomini hanno sui medesimi spazi, se risulti che la mancata adozione delle suddette cautele impedisce loro di usare e godere liberamente degli spazi comuni.

In conclusione, i condomini devono ridurre al minimo le occasioni di disturbo e prevenire le possibili cause di agitazione dell'animale, soprattutto nelle ore notturne; occorre, però, tenere presente che la natura del cane non può essere coartata al punto da impedirgli del tutto di abbaiare e che episodi saltuari di disturbo da parte dell'animale possono e devono essere tollerati dai vicini, in nome dei principi del vivere civile. Al contrario le immissioni di rumore provocate dall'abbaiare continuo del cane non occasionale, ma continuo sia di giorno che di notte, anche fino a tarda ora, può risultare intollerabile (Trib. Lucca, 10 gennaio 2014, n. 40). Inoltre, affinché l'abbaiare di un cane possa avere rilevanza penale per il proprietario, è necessario che le emissioni sonore moleste siano idonee ad arrecare disturbo ad un numero indeterminato di persone in presenza di un luogo abitato; diversamente, non c'è reato se il disturbo è limitato ai soli vicini di casa (Cass. pen., sez. I, 11 aprile 2012, n. 15230). In caso di richiesta di danni, occorre tenere presente che non si possono escludere i danni alla salute in quanto l'esposizione prolungata ai latrati del cane, soprattutto se questi si avvertono nelle ore notturne, può anche creare dei danni permanenti alla salute psicofisica (in tal caso basterà dimostrare il nesso di causalità tra il danno subito e l'esposizione prolungata rumore per ottenere anche un ristoro di tale componente del danno).

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