Dalla pubblicazione della sentenza definitiva decorre il termine di prescrizione delle competenze dovute all'avvocato

Roberta Metafora
20 Maggio 2020

Con la decisione in commento, la Corte di cassazione ribadisce il principio secondo cui il termine di prescrizione per le competenze dovute agli avvocati deve individuarsi nell'esaurimento dell'affare per il cui svolgimento fu conferito l'incarico, momento che coincide con la pubblicazione della sentenza definitiva.
Massima

In materia di onorari di avvocato, la conclusione della prestazione, prevista dall'art. 2957, comma 2, c.c., quale dies a quo del decorso del termine di prescrizione, deve individuarsi nell'esaurimento dell'affare per il cui svolgimento fu conferito l'incarico, momento che coincide con la pubblicazione del provvedimento decisorio definitivo.

Il caso

Un avvocato riceveva da un'associazione incarico per l'assistenza in una controversia giudiziale, che si concludeva regolarmente con sentenza nel 2004. Prima dell'emissione del provvedimento, il difensore chiedeva al competente Consiglio dell'Ordine degli avvocati un parere di congruità sulla parcella relativa ai compensi a lui dovuti dall'associazione e, sulla base di questo parere, otteneva decreto ingiuntivo nei confronti dell'associazione. Sulla base del titolo esecutivo ottenuto, iniziava l'esecuzione forzata, che però risultava infruttuosa. A quel punto l'avvocato decideva di convenire in giudizio i segretari dell'associazione, invocandone la responsabilità sussidiaria di cui all'art. 38 c.c., per avere essi agito in nome e per conto di essa nel conferire l'incarico professionale.

Sennonché, la domanda veniva rigettata sia in primo grado che nel giudizio di appello. Secondo i giudicanti, l'attore risultava decaduto dal proprio diritto di credito per non aver coltivato la domanda nei confronti dei rappresentanti dell'associazione entro il termine previsto dall'art. 2957 c.c., decorrente, ad avviso del tribunale, dal giorno in cui l'Ordine degli avvocati aveva emesso il proprio parere di congruità sulla parcella presentata dall'avvocato.

Contro la sentenza d'appello l'avvocato proponeva ricorso per cassazione.

La questione

Oltre a denunciare la nullità della sentenza, ex art. 132, comma 2, c.p.c., per essere fondata su una motivazione tanto stringata da scendere al di sotto del "minimo costituzionale", il ricorrente lamenta che la Corte territoriale non avrebbe preso in esame il "fatto decisivo" rappresentato dalla circostanza che il termine di prescrizione di cui all'art. 2957 c.c. si sarebbe dovuto far decorrere dalla data della sentenza conclusiva del giudizio nel quale il ricorrente aveva prestato la propria opera professionale a favore dell'associazione.

Denuncia infine la violazione e falsa applicazione degli artt. 2225 e 2233 c.c., giacché ad avviso del ricorrente il diritto dell'avvocato al pagamento del compenso professionale sorge solo quando la sua prestazione è esaurita e ciò avverrebbe solo nel momento in cui il giudice dinanzi al quale ha svolto il patrocinio deposita la sentenza conclusiva del giudizio.

Le soluzioni giuridiche

La Corte di cassazione ritiene inammissibile il primo motivo di ricorso attinente alla nullità della sentenza, in virtù delle seguenti considerazioni: 1) non è censurabile il semplice difetto di "sufficienza" della motivazione (v. ex multis, Cass. civ., Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053); 2) nel caso di specie la motivazione della sentenza d'appello era ben comprensibile.

Quanto al secondo motivo di ricorso, osserva che la circostanza che il giudice d'appello abbia condiviso la ricostruzione operata dal giudice di primo grado impedisce di denunciare il vizio dell'omesso esame di un fatto decisivo, a causa del disposto dell'art. 348-ter c.p.c.; soprattutto, fa notare l'errore commesso dal ricorrente nella qualificazione del motivo di ricorso, trattandosi non di mancato esame di un fatto, ma di errore nella interpretazione del dies a quo del termine di cui all'art. 2957 c.c.

Ciò nonostante, la Corte accoglie il ricorso, accogliendo l'ultimo motivo di doglianza; partendo dalla premessa che solo dal momento in cui scade l'obbligazione il creditore può pretendere l'adempimento del credito che ne formava oggetto, osserva che poiché per le competenze dovute agli avvocati l'art. 2957, comma 2, c.c. fa decorrere il termine di prescrizione dalla decisione del giudizio per il quale l'opera professionale venne svolta, ciò significa che è solo da tale momento che l'obbligazione può dirsi scaduta, ed il relativo diritto può essere fatto valere.

Osservazioni

Secondo l'art. 2956, n. 2 c.c., si prescrive in tre anni il diritto del professionista per il compenso dell'opera prestata e per il rimborso delle correlative spese. Per la giurisprudenza, rientrano nella categoria dei professionisti assoggettati a siffatta disciplina tutti coloro che esercitano «una professione intellettuale di antica o recente tradizione nei cui confronti è ravvisabile il presupposto della prassi del pagamento senza dilazione […]» (Cass. civ., 29 giugno 1985, n. 3886): dunque, senza alcun dubbio anche gli avvocati.

Merita di essere precisato che la prescrizione relativa al diritto al compenso dell'avvocato non opera se il credito trae origine da un contratto stipulato per iscritto. Tale norma, infatti, opera solo nei rapporti che si svolgono senza formalità, ove il pagamento avviene senza dilazione (Cass. civ., 13 gennaio 2017, n. 763; Cass. civ., 8 maggio 2014, n. 9930).

Il termine di prescrizione previsto per i crediti professionali diverge da quello ordinario, giacché è fondato sulla presunzione che un determinato credito sia stato pagato o che si sia estinto per altra causa, nei termini (in questo caso di tre anni) previsti dalla legge.

Rispetto alla prescrizione ordinaria, quella presuntiva si fonda su di una presunzione iuris tantum, che può essere vinta dimostrando il contrario. Il debitore è esonerato dall'onere di provare l'avvenuto adempimento, mentre spetta al creditore allegare che la prestazione non sia stata effettuata. Tale prescrizione, quindi, non opera sul piano del diritto sostanziale, ma su quello processuale. Per vincere la praesumptio non è adducibile qualsiasi mezzo di prova, ma si può ricorrere solo alla confessione giudiziale (art. 2959 c.c.) e al deferimento di giuramento decisorio (art. 2960 c.c.).

Inoltre, «la prescrizione presuntiva non si fonda sull'inerzia del creditore e sul decorso del tempo - come invece la prescrizione ordinaria - ma sulla presunzione che, in considerazione della natura dell'obbligazione e degli usi, il pagamento sia avvenuto nel termine previsto» (Cass. civ., 5 giugno 2019, n. 15303).

Quanto al dies a quo del termine di prescrizione, il codice civile, in deroga alla regola generale prevista dall'art. 2957, comma 1 c.c., prevede che per le competenze degli avvocati la prescrizione presuntiva decorre: a) dalla decisione della lite; b) dalla conciliazione delle parti; c) dalla revoca del mandato; d) dall'ultima prestazione in caso di affari non terminati (art. 2957, comma 2, c.c.).

In sostanza, il principio che si ricava dal secondo comma dell'art. 2957, comma 2 c.c. è che laprescrizione decorre dall'esaurimento dell'incarico e non dal compimento delle singole prestazioni.

Laddove l'avvocato si sia limitato a prestazioni particolari, che non sono in relazione immediata e diretta con uno specifico giudizio, torna ad applicarsi la regola prevista dal primo comma del medesimo articolo, secondo cui il termine di prescrizione incomincia a decorrere dal compimento della singola prestazione.

Ora, se il problema della cessazione della prestazione non si pone quando la prestazione riguardi un'attività occasionale o isolata (ad esempio l'assistenza alla stipulazione di un contratto o la formulazione di un parere o il compimento di un'opera), molto più difficile è stabilire quando si possa ritenere conclusa l'attività professionale o autonoma che si svolga continuativamente per lungo tempo e riguardi in ipotesi una pluralità di incarichi o abbia ad oggetto un giudizio che si svolga per più gradi.

In merito, è stato affermato che è sicuramente cessato il rapporto quando il professionista manifesta «l'intendimento di considerare cessate le proprie prestazioni» e «la volontà di ricevere le retribuzioni a queste relative» (Trib. Chiavari 13 aprile 1978, in Giur. it., 1978, I, 2, 308). È ugualmente da considerare cessata la prestazione quando sia stato raggiunto il risultato, ovvero sia stato revocato o rinunciato l'incarico o sia venuto meno il rapporto tra professionista e cliente per una causa oggettiva o soggettiva, indipendentemente dall'avvenuta richiesta di pagamento (Cass. civ., 22 aprile 1964, n. 965).

Quanto al caso che ci occupa, cioè l'ipotesi in cui l'avvocato abbia svolto attività di patrocinio in giudizio, da tempo la Cassazione afferma che «l'unitarietà dell'opera difensiva va rapportata ai singoli gradi attraverso i quali si è svolto il giudizio, e quindi al momento della pronuncia che chiude ciascun grado del giudizio medesimo» (Cass. civ., 8 luglio 1974, n. 1986).

Dunque, con la decisione in commento, la Cassazione ribadisce un principio già da tempo affermato dalla giurisprudenza di legittimità e più volta ribadito, come compravano le recenti decisioni della S.C. secondo cui «la conclusione della prestazione, che l'art. 2957, comma 2, c.c. individua quale dies a quo del decorso del termine triennale di prescrizione delle competenze dovute agli avvocati, deve individuarsi nell'esaurimento dell'affare per il cui svolgimento fu conferito l'incarico, momento che coincide con la pubblicazione del provvedimento decisorio definitivo» (Cass.civ., 2 settembre 2019, n. 21943; Cass. civ., 30 giugno 2015, n. 13401; Cass. civ., 22 luglio 2004, n. 13774).

Guida all'approfondimento
  • Azzariti-Scarpello, Della prescrizione e della decadenza, in Comm. Scialoja, Branca, sub artt. 2934-2969, 2a ed., Bologna-Roma, 1977;
  • Balena, Ancora sul procedimento di liquidazione degli onorari di avvocato (dopo l'auspicato intervento delle Sezioni unite), in Giusto processo civile, 2018, 639;
  • Gallo, Art. 2957 c.c., in Bonilini-Chizzini, Della tutela dei diritti, in Gabrielli (diretto da), Commentario del codice civile, III, Torino, 2016, 809;
  • Roselli-Vitucci, La prescrizione e la decadenza, in Tratt. Rescigno, 20, Torino, 1998.
  • Metafora, Le Sezioni Unite fanno il punto sui procedimenti esperibili per la liquidazione dei compensi degli avvocati, in www.ilprocessocivile.it;
  • Vaccari, Procedimento per la liquidazione degli onorari dell'avvocato,in www.treccani.it.
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