La produzione di nuove prove in appello
21 Maggio 2020
Come posso produrre in grado di appello del procedimento ordinario (siamo nell'imminenza dell'udienza di precisazione delle conclusioni) un documento indispensabile da solo in grado di definire il giudizio?
Per rispondere adeguatamente al quesito, con riferimento al rito “ordinario”, si deve analizzare il disposto degli artt. 345 e 347 c.p.c. Iniziando dall'art. 347 c.p.c., si rileva che «la costituzione in appello avviene secondo le forme e i termini per i procedimenti davanti al tribunale». Con ciò si vuole affermare che il rito prescritto in secondo grado ricalca quanto disposto per il rito in primo grado con le limitazioni proprie del giudizio di appello. Tali limitazioni, per quanto qui ci occupa, sono bene evidenti nel disposto dell'art. 345 c.p.c. ove si afferma, fra le altre cose, che «non sono ammessi nuovi mezzi di prova e non possono essere prodotti nuovi documenti, salvo che la parte dimostri di non aver potuto produrli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile». Innanzitutto, bisogna affermare che sono prove nuove non soltanto quelle che vertono su fatti diversi da quelli oggetto di prova in primo grado, ma anche le prove diverse, fermi i fatti da provare, rispetto ai fatti stessi dedotti in primo grado. Dopo l'ultima riforma del 2012 è caduto il limite all'inammissibilità consistente nell'indispensabilità del mezzo di prova (d.l. n. 83/2012 conv. nella legge n. 134/2012); di conseguenza la nuova prova dedotta in appello rimane inammissibile, quantunque indispensabile, ove non sussista la non imputabilità della mancata produzione. Sul punto si è espressa la giurisprudenza affermando che la "prova nuova indispensabile", ai fini del superamento dello sbarramento in appello, «è quella di per sé idonea ad eliminare ogni possibile incertezza circa la ricostruzione fattuale accolta dalla pronuncia gravata, smentendola o confermandola senza lasciare margini di dubbio oppure provando quel che era rimasto non dimostrato o non sufficientemente dimostrato, a prescindere dal rilievo che la parte interessata sia incorsa, per propria negligenza o per altra causa, nelle preclusioni istruttorie del primo grado» (Cass. civ., Sez. Un., 4 maggio 2017, n. 10790). In altri termini si è ritenuta indispensabile la prova dotata di un'attitudine probatoria particolarmente pregnante: «In tema di giudizio di appello, l'art. 345, comma 3, c.p.c., come modificato dalla l. 26 novembre 1990 n. 353, nell'escludere l'ammissibilità di nuovi mezzi di prova, ivi compresi i documenti, consente al giudice di ammettere, oltre alle nuove prove che le parti non abbiano potuto produrre prima per causa ad esse non imputabile, anche quelle da lui ritenute, nel quadro delle risultanze istruttorie già acquisite, indispensabili, perché dotate di un'influenza causale più incisiva rispetto a quella che le prove rilevanti hanno sulla decisione finale della controversia; tale facoltà va peraltro esercitata in modo non arbitrario, in quanto il giudizio di indispensabilità, positivo o negativo, deve comunque essere espresso in un provvedimento motivato» (Cass. civ., sez. trib., 16 ottobre 2009, n. 21980). Con la sentenza delle sezioni unite (così come con Cass. civ., n. 21980/2009) viene fornita l'interpretazione dell'articolo 345, comma 3, c.p.c. nella versione precedente alla modifica apportata dal d.l. n. 83/2012, tuttavia essa può ritenersi ancora attuale con riferimento al concetto di indispensabilità della prova nuova in appello, che resta immutato negli artt. 437, comma 2, c.p.c. e 702-quater c.p.c. ed inoltre, a parere di chi scrive, mantiene la sua validità circa i requisiti che deve possedere la nuova prova. Infatti, si deve ritenere che il requisito della indispensabilità, non più presente nella formulazione dell'art. 345 c.p.c., mantenga la sua funzione in merito alla pregnanza probatoria nel giudizio di appello essendo evidente, anche se non palesato, che la nuova prova debba avere un'importanza tale da incidere profondamente sul giudizio; in questo modo il legislatore, a parere di chi scrive, non ha voluto rinunciare alla valutazione circa l'effettiva importanza della nuova prova ai fini della decisione della controversia e, al contempo, ha voluto mantenere il sindacato di ammissibilità sulla stessa, pur considerata indispensabile, ove la mancata produzione sia derivata da negligenza della parte. Altro requisito essenziale consiste, poi, nell'impossibilità di averla prodotta in primo grado, che si ricollega al disposto dell'art. 153, comma 2, c.p.c. (che richiama l'art. 294 commi 2 e 3, c.p.c. dettato per il contumace) che regolamenta la cosiddetta rimessione in termini, qualora la parte dimostri «di essere incorsa in decadenze per causa ad essa non imputabile». Quanto alla definizione di “causa non imputabile”, nelle diverse opinioni sia dottrinali che giurisprudenziali, si può affermare che questa sia caratterizzata da un certo tasso di elasticità, dovendo consistere, in sostanza, in un fatto, pur considerato nella sua obbiettività, che abbia riguardato la sfera della parte incorsa in decadenza tanto da escludere ogni suo profilo di colpa, anche se non mancano pronunce recenti estremamente rigide che assimilano la non imputabilità al caso fortuito o alla forza maggiore: «L'unico caso in cui la produzione documentale (nuova) è tuttora ammissibile in appello, è costituito da una causa non imputabile alla parte, ossia dal caso fortuito o dalla forza maggiore. La formulazione del terzo comma dell'art. 345 c.p.c. sottolinea ed accentua la natura del giudizio d'appello come mera revisio prioris instantiae anziché come iudicium novum» (Cass. civ., 6 febbraio 2020, n. 2764). Al di fuori dell'ambito di applicazione della rimessione in termini si collocano, quindi, le decadenze derivate da comportamenti negligenti della parte interessata. Diverso è il caso, ma ciò non si evince dal quesito, in cui il documento si sia formato in un momento successivo all'introduzione del giudizio di appello, come rileva correttamente la giurisprudenza: «Il documento, di formazione successiva alla proposizione del giudizio di impugnazione si sottrae al divieto di nuove prove posto dall'art. 345 comma 3 c.p.c. essendo sempre consentita alla parte la produzione di documenti non depositati in primo grado senza sua colpa» (App. Palermo, 3 luglio 2019, n. 1414). Tuttavia, anche la nuova produzione, qualora ammissibile, incontrerà il limite processuale del giudizio, tanto che si considera che la nuova produzione non possa essere proposta in sede di deposito della comparsa conclusionale dopo che la causa sia stata trattenuta in decisione (come si evince da Cass. civ., 10 maggio 2019, n. 12574 anche se con evidente riferimento alla formulazione dell'art. 345 c.p.c. anteriore alla riforma del 2012): «La produzione di nuovi documenti in appello è ammissibile, ai sensi dell'art. 345, comma 3, c.p.c. nella formulazione successiva alla novella attuata mediante la l. n. 69/2009, a condizione che la parte dimostri di non avere potuto produrli prima per causa a sé non imputabile ovvero che essi, a prescindere dal rilievo che la parte interessata sia incorsa, per propria negligenza o per altra causa, nelle preclusioni istruttorie del primo grado, siano indispensabili per la decisione, purché tali documenti siano prodotti, a pena di decadenza, mediante specifica indicazione nell'atto introduttivo del secondo grado di giudizio, salvo che la loro formazione sia successiva e la loro produzione si renda necessaria in ragione dello sviluppo assunto dal processo; tale produzione è, però, comunque preclusa una volta che la causa sia stata rimessa in decisione e non può essere pertanto effettuata in comparsa conclusionale» . Venendo ora al quesito, anche se ciò non è espressamente indicato, si può ipotizzare che si tratti di documento nuovo non prodotto in primo grado in quanto, pur esistente, non fosse disponibile o non fosse conosciuto e che si riferisca strettamente all'oggetto della causa e che, quindi, sia attinente alla domanda (in via principale o incidentale). Come si evince dal quesito, la fase processuale è vicina alla celebrazione dell'udienza di precisazione delle conclusioni, pertanto, sarà possibile avanzare istanza per la produzione del documento nuovo, qualora ne sussistano le condizioni sopra esposte e, cioè, che la mancata produzione sia avvenuta per causa non imputabile alla parte e che il documento in questione rivesta una portata direttamente incisiva per la decisione della causa. Qualora, invece, il documento si sia formato in un momento successivo alla definizione del primo grado (fatto non desumibile dal quesito), questo potrà essere prodotto nella domanda introduttiva dell'appello e solo qualora si sia formato successivamente all'instaurazione del procedimento di appello, questo potrà essere prodotto, successivamente alla sua formazione, sino all'udienza di precisazione delle conclusioni; in altre parole vige la regola secondo la quale la produzione deve essere effettuata non appena il documento si sia formato e la parte ne sia venuta a conoscenza, senza essere incorsa in un comportamento negligente alla stessa imputabile.
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