Fusione societaria: chi risponde per il reato di bancarotta se il fallimento riguarda solo una delle società trasformate?

22 Maggio 2020

La questione sottoposta al vaglio della Cassazione riguarda la configurabilità, del reato di bancarotta fraudolenta per distrazione nei casi di fusione societaria…
Massima

In caso di fusione societaria sussiste il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione, anche quando il fallimento riguardi solo una delle società trasformate. Ciò in quanto i rapporti giuridici di cui è titolare ciascuna società non si estinguono in seguito all'operazione di fusione, ma si trasferiscono al soggetto giuridico che deriva dalla fusione stessa. Con la conseguenza che la dichiarazione di fallimento di una delle società confluite nel nuovo soggetto giuridico è idonea, nel concorso delle altre condizioni di legge, a determinare la punibilità della condotte poste in essere dagli amministratori delle altre, quando sia dimostrata in concreto ed ex ante la pericolosità della operazione stessa per il patrimonio della fallita.

Il caso

La vicenda da cui trae origine la sentenza qui commentata si riferisce ad un provvedimento di natura cautelare emesso dal Tribunale del Riesame di Roma, con il quale veniva rigettato il gravame proposto dall'indagato avverso l'ordinanza di custodia cautelare, emessa nei suoi confronti per plurimi fatti di bancarotta della Finmedia Holding S.p.a., società della quale era stato amministratore e Presidente del Consiglio di Amministrazione.

Il Tribunale della Libertà di Roma, nel rigettare l'impugnazione proposta, riteneva che la trasformazione societaria per fusione determina sempre una sottrazione di garanzia per i creditori.

In particolare, il Giudice del Riesame, adito dall'indagato, rigettava il riesame proposto in quanto l'operazione di fusione di Finmedia Holding S.p.a. confluita, con la Progetto Europa Energy S.p.a., nella newco, Resona Italy S.r.l., doveva ritenersi distrattiva per le seguenti ragioni: la fallita era gravata da pesanti passività (debiti erariali), l'operazione societaria era stata posta in essere in prossimità del fallimento, i creditori della Progetto Europa Energy S.p.a. avrebbero potuto astrattamente soddisfare le proprie pretese sui beni della fallita.

Avverso tale decisione ricorreva il difensore dell'indagato, il quale lamentava come il Tribunale avesse considerato unicamente i predetti elementi senza verificare, ex ante, la concreta pericolosità dell'operazione posta in essere; in altre parole, non era stato valutato, da un lato, quale effetto avesse avuto la fusione sul patrimonio della fallita, a seguito della unione con altra società in bonis, dall'altro, quale rischio specifico avevano corso i creditori della stessa.

In particolare, secondo il ricorrente non era stato preso in considerazione che: la fusione era intervenuta tra società del medesimo gruppo (la fallita era controllata al 100% dalla Progetto Europa Energy S.p.a.); l'art. 2504-bisc.c. prevede la conservazione dell'identità delle società coinvolte nell'operazione, con la conseguenza che nel caso di specie doveva ritenersi escluso ogni effetto depressivo sul patrimonio della fallita; l'operazione di fusione è stata vantaggiosa per i creditori i quali potevano disporre del patrimonio unitario (derivante dall'attivo di FinMedia Holding S.p.a. e di Progetto Europa Energy S.p.a.), come effettivamente avvenuto attraverso l'assunzione del debito erariale della fallita da parte di Resona Italy S.r.l.

La questione

La questione sottoposta al vaglio della Cassazione riguarda la configurabilità, del reato di bancarotta fraudolenta per distrazione nei casi di fusione societaria, a carico degli amministratori delle società partecipanti alla fusione nonché il criterio di valutazione che deve essere adottato per verificare se la stessa possa aver concretamente apportato un pregiudizio ai creditori della fallita.

Le soluzioni giuridiche

Nel risolvere la questione, i giudici di legittimità richiamano alcune precedenti pronunce nelle quali è stata riconosciuta la configurabilità dei reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale a carico degli amministratori e dei concorrenti esterni della società incorporata, anche rispetto a condotte illecite riguardanti quest'ultima e commesse prima della fusione, sul presupposto che i rapporti giuridici facenti capo all'incorporata, non si estinguono in seguito all'operazione societaria in parola, ma si trasferiscono alla società incorporante (Cass. pen., Sez. V, 19.6.2018, n. 42568, Rv. 273925, Cass. pen., Sez. V,4.11.2016, n.6904, Rv. 269106, Cass. pen., Sez. V, 11.3.2014, n. 32728, Rv. 261966).

In tema di fusione per incorporazione, è stato sottolineato come gli amministratori delle società partecipanti all'operazione abbiano uno specifico obbligo di verificare, da un lato, se complessivamente l'operazione possa avere delle conseguenze negative per la società incorporante, alla luce delle condizioni economico finanziarie negative dell'incorporata, e dall'altro, se l'incorporante sia nelle condizioni di far fronte alle stesse, per evitare che la condizione negativa in cui versa l'incorporata propaghi i suoi effetti detrimenti sul patrimonio della società derivante dalla fusione, al fine di evitare il verificarsi dello stato di dissesto.

Tale interpretazione, proseguono i Giudici di legittimità, poggia sul dettato normativo dell'art. 2504 bis c.c., il quale prevede che “la società che risulta dalla fusione o quella incorporante assumono i diritti e gli obblighi delle società partecipanti alla fusione, proseguendo in tutti i loro rapporti, anche processuali, anteriori alla fusione”; in buona sostanza, quindi, le vicende economiche delle società trasformate non svaniscono per effetto dell'operazione societaria straordinaria, ma riflettono i loro effetti sulla società derivante dalla fusione, il cui patrimonio viene influenzato da quello della incorporata, anche in relazione ad operazioni che abbiano avuto effetti negativi sullo stesso.

Ciò in quanto, come affermato dalla giurisprudenza civile di legittimità a Sezioni Unite (Cass. pen. Sez. Unite, 17.9.2010, n. 19698, Rv. 614542), la fusione non comporta l'estinzione della organizzazione sociale pre – esistente, ma una modifica della stessa; pertanto, sul soggetto giuridico “modificato” convergono tutti i rapporti giuridici esistenti in capo alle società partecipanti alla fusione.

In caso di fallimento della incorporata, quindi, la configurabilità del reato di cui all'art. 216 L.F. è indiscutibile, cosi come, secondo la Corte, lo è in caso di fallimento della incorporante, poiché il fenomeno estintivo riguarda unicamente l'ente in sé e non le situazioni giuridiche ad esso relative. Con la conseguenza che ove siano state poste in essere operazioni rischiose in danno dell'incorporata, le stesse potranno essere punite una volta che intervenga il fallimento della incorporante, venendo in tal modo attualizzata l'offesa all'interesse tutelato dalle norme penali fallimentari. In tal modo, inoltre, viene assicurata la punibilità di condotte integrative di reati fallimentari, delle quali spesso si tenta di impedire la punibilità attraverso operazioni di trasformazione societaria.

In questo senso l'operazione societaria assume rilievo al pari di ogni altro negozio giuridico in forza del quale vengono trasferiti asset societari ad un altro soggetto giuridico in previsione del fallimento.

In relazione, poi, alla prova del nesso di causalità tra le condotte in contestazione commesse in danno di una delle società trasformate e il dissesto o il fallimento di una di esse o di tutte, la Corte, ribadendo il costante orientamento giurisprudenziale, ha affermato come la stessa non sia necessaria, essendo sufficiente fornire la prova della destinazione delle risorse societarie a scopi non inerenti all'oggetto sociale, con conseguente depauperamento dell'azienda.

Quanto, infine, all'elemento soggettivo, il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione è reato di pericolo concreto a dolo generico, ciò significa che non è necessaria da parte del soggetto agente, la volontà di cagionare il fallimento della società, né la consapevolezza del suo stato di insolvenza e nemmeno lo scopo di recare pregiudizio ai creditori, essendo sufficiente la consapevole volontà di destinare risorse sociali ad obbligazioni diverse da quelle contratte. Tale consapevolezza deve essere, però, accompagnata dalla rappresentazione della pericolosità della condotta, cioè degli effetti sfavorevoli che la stessa potrebbe provocare agli interessi dei creditori.

Tali principi, secondo la Corte, si applicano sia alle società che nel corso della loro vita non abbiano subito trasformazioni societarie, sia a quelle che le abbiano avute.

In sintesi, quindi, nell'ipotesi di incorporazione per fusione di società in cui il fallimento riguardi solo una delle società trasformate, è possibile configurare i reati di bancarotta fraudolenta a carico degli amministratori e dei concorrenti esterni, anche in relazione a condotte illecite, commesse prima della fusione, e riguardanti queste ultime.

La pericolosità sul piano penalistico di tale operazione straordinaria deve essere però valutata ex ante ed in concreto.

In particolare, quando la fusione di una società gravata da una pesante situazione debitoria influisca sulla situazione economica e patrimoniale del nuovo ente, aggravandola, il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione deve ritenersi integrato.

La Corte ha, pertanto, affermato il seguente principio di diritto: “in tema di reati fallimentari, anche l'operazione di unione per fusione di società in cui il fallimento riguarda solo una delle società trasformate, può costituire condotta distrattiva, in quanto i rapporti giuridici facenti capo a ciascuna società non si estinguono, ma si trasferiscono alla società derivante dalla fusione, quando sia dimostrata, alla stregua di una valutazione ex ante ed in concreto, la pericolosità della stessa operazione di fusione per la società poi fallita”.

In conclusione, la Suprema Corte rilevava che secondo il Tribunale del riesame la contestazione di distrazione ai danni dell'incorporata riguardava l'operazione di fusione e non, invece, gli effetti negativi sul patrimonio della incorporante, né del nuovo soggetto giuridico nato dopo la fusione.

Pertanto, la motivazione del Tribunale del Riesame, secondo cui l'operazione doveva essere ritenuta distrattiva, per le ingenti passività di cui la incorporata era gravata, per la vicinanza temporale tra fusione e fallimento nonché per il fatto che i creditori dell'altra società trasformata avrebbero potuto aggredire il patrimonio della fallita, non è stata ritenuta corretta sul piano probatorio.

È pemancata in particolare una valutazione ex ante ed in concreto sulla pericolosità della operazione di fusione rispetto al patrimonio della fallita.

Per tali motivi, i giudici annullavano con rinvio l'ordinanza impugnata, affinché il Tribunale procedesse, nel rispetto dei principi sopra enunciati, ad una nuova valutazione.

Osservazioni

Con la sentenza in commento, la Cassazione interviene ed aderisce all'orientamento della giurisprudenza di legittimità in relazione alla configurabilità del reato di bancarotta fraudolenta per distrazione in seguito a fusione societaria.

La fusione societaria, disciplinata dall'art. 2501 c.c., è definita, come noto, come la compenetrazione in un'unica organizzazione sociale di più organizzazioni autonome che può avvenire in due modi: mediante l'assorbimento di più organizzazioni sociali autonome in una nuova organizzazione sociale (fusione in senso proprio) oppure mediante l'assorbimento di una o più organizzazioni autonome in una altra società preesistente che continua a sussistere, assumendo una nuova articolazione (fusione per incorporazione).

Sulla natura dell'operazione straordinaria in parola, in seguito alla riforma del diritto societario del 2003, sono intervenute le Sezioni Unite (Cass. pen., Sez. Unite, 17.9.2010, n. 19698, Rv. 614542) che, rispetto al nuovo art. 2504 bis c.c., hanno affermato che la fusione tra società si risolve in una vicenda meramente evolutivo-modificativa dello stesso soggetto giuridico, il quale conserva la propria identità, pur in un nuovo assetto organizzativo.

La società incorporante, quindi, assume i diritti e gli obblighi delle società estinte, con la conseguenza che le vicende economiche delle società incorporate non vengono sterilizzate dall'operazione di incorporazione, ma proiettano i loro effetti sulla società incorporante, che vede la propria consistenza patrimoniale influenzata dalla "storia" della società incorporata e risente delle condotte depauperative poste in essere dagli amministratori di quest'ultima. Da qui la perdurante rilevanza penale degli atti e dei comportamenti che, incidendo negativamente sul patrimonio dell'incorporata, hanno determinato l'affievolimento della garanzia patrimoniale dei creditori.

A tal proposito va ricordato che secondo la recente giurisprudenza delle Sezioni Unite una volta intervenuta la sentenza dichiarativa di fallimento, i fatti di distrazione assumono rilievo in qualsiasi momento siano stati posti in essere, allorché abbiano messo in pericolo la soddisfazione del ceto creditorio (Cass. pen., Sez. Unite, 31.3.2016, n. 22474, Rv. 266804). Tale puntualizzazione dei presupposti della bancarotta patrimoniale evidenzia l'obiettiva efficacia "qualificante" della dichiarazione di fallimento rispetto alle condotte distrattive dell'imprenditore, le quali, sempre secondo quanto chiarito dalle Sezioni Unite, integrano il momento perfezionativo del reato, mentre la punibilità delle stesse è subordinata, appunto, alla dichiarazione di fallimento, evento successivo (in caso di bancarotta prefallimentare) ed esterno alla condotta stessa.

Secondo l'orientamento più recente della Suprema Corte, tuttavia, non ogni operazione posta in essere dagli amministratori configura il reato di bancarotta; dirimente, in tal senso, è la valutazione ex ante ed in concreto degli effetti che l'operazione controversa possa aver avuto sul patrimonio della società.

Quanto all'elemento soggettivo, poi, secondo la giurisprudenza di legittimità, la fattispecie prevista dall'art. 216, comma 1, L.F. è reato di condotta e di pericolo, sorretto dal dolo generico, a cui rimarrebbe estranea non solo la sentenza dichiarativa di fallimento, ma anche lo stato d'insolvenza o il dissesto che ne costituiscono il presupposto (ex multis, 14.12.2012, n. 3229, Rv. 253932-253933; Cass. pen., Sez. V, 8.2.2012, n. 11633Rv. 252307; Cass. pen., Sez. V,26.9.2011, n. 44933, Rv. 251214). Tuttavia, è necessaria la rappresentazione da parte dell'agente della pericolosità della condotta distrattiva.

L'agente deve, quindi, potersi configurare che la condotta posta in essere possa avere un effetto depressivo della garanzia patrimoniale e, dunque, si possa rappresentare il rischio di lesione degli interessi creditori tutelati dalla norma incriminatrice. In tal senso si è, ad esempio, precisato che l'elemento psicologico della bancarotta patrimoniale, desumibile da tutte le componenti che caratterizzano la condotta dell'imputato, consisterebbe nel dolo generico, cioè nella consapevole volontà di dare al patrimonio sociale una destinazione diversa rispetto alle finalità dell'impresa e di compiere atti che cagionino, o possano cagionare, danno ai creditori, e questo anche nel caso in cui l'agente, pur non perseguendo direttamente il risultato, tuttavia lo preveda e, ciò nonostante, agisca, consentendo, in tal modo, il suo realizzarsi (Cass. pen., Sez. V,6.10.1999, n. 12897, Rv. 214863; Cass. pen., Sez. V,1.7.2002, n. 29896; Cass., 30.1.2006, Sez. 5, n. 7555, Rv. 233413).

In conclusione, quindi non ogni operazione di fusione, in caso di fallimento di una delle società, potrà, in presenza dei presupposti di legge, essere ritenuta distrattiva, ma solo quella che secondo un giudizio ex ante ed in concreto poneva in pericolo, sin dall'origine, il patrimonio della società poi fallita.

Guida all'approfondimento

P. Paiardi, Codice del Fallimento, Giuffrè Editore, 2013;

S. Gentile, La fusione tra società non esime dalla responsabilità fallimentare relativa a rapporti societari pregressi, in Diritto & Giustizia, fasc. 7/2020, p. 7;

F. Corsi, Fallimento post incorporazione? Un abbaglio, in Giurisprudenza Commerciale, fasc. 1/2018, p. 295;

L. Messori, Il pericolo concreto nella bancarotta prefallimentare: nulla poena sine crimine... et condicione?, in Cassazione Penale, fasc. 10/2018, p. 3526;

E. Bozheku, L'offensività nella bancarotta fraudolenta per operazioni distrattive infragruppo, in Cassazione Penale, fasc. 1/2018, p. 340.

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