Il diritto del lavoro nel Decreto Rilancio

Pasqualino Albi
22 Maggio 2020

Con il Decreto Rilancio il Governo interviene sia sulle disposizioni in tema di ammortizzatori sociali, congedi e permessi, sia sulla disciplina dei licenziamenti individuali per g.m.o. e collettivi. Introduce il Reddito di Emergenza e vengono confermate le indennità per i lavoratori autonomi....
Abstract

L'autore esamina le principali misure lavoristiche adottate dal c.d. Decreto Rilancio.

In particolare, il capo I del titolo III introduce alcune modifiche al d.l. n. 18 del 2020, come convertito dalla l. n. 27 del 2020, intervenendo sia sulle disposizioni in tema di ammortizzatori sociali, congedi e permessi, sia sulla disciplina dei licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo e collettivi.

Il capo II del titolo III, invece, contiene nuove misure in materia di lavoro e politiche sociali: in particolare viene introdotto il Reddito di Emergenza e vengono confermate le indennità per i lavoratori autonomi, stagionali e dell'agricoltura, già previste dal decreto Cura Italia.

Alcune disposizioni intervengono, con modifiche importanti, sulla disciplina del lavoro agile e su quella dei contratti a termine.

Premessa

Il d.l. 19 maggio 2020, n. 34 noto anche come “Decreto Rilancio” rappresenta senza dubbio uno dei più importanti interventi normativi adottati dal Governo per fronteggiare la situazione emergenziale in atto.

Il provvedimento si compone di oltre 260 articoli e si pone l'obiettivo di sostenere le imprese e, in generale, tutti gli operatori economici al fine di incoraggiare la ripresa delle attività economiche in piena sicurezza.

Alcune disposizioni prevedono misure di sostegno al reddito rivolte a soggetti in condizioni di necessità economica causata dall'emergenza epidemiologica.

Questo contributo analizza i profili lavoristici dell'intervento recentemente varato, partendo dall'analisi delle principali modifiche al decreto Cura Italia e proseguendo nello studio delle ulteriori misure adottate in materia di lavoro e politiche sociali.

Le modifiche al decreto Cura Italia

Il capo I del Titolo III del Decreto Rilancio contiene rilevanti modifiche ad alcune disposizioni del Decreto Cura Italia (d.l. n. 18 del 2020 convertito in l. n. 27 del 2020).

In primo luogo si introduce una modifica all'art. 16 d.l. n. 18 del 2020, recante ulteriori misure di protezione a favore dei lavoratori e della collettività, in cui si prevede, fino al termine dello stato di emergenza, che per i lavoratori che nello svolgimento della loro attività sono oggettivamente impossibilitati a mantenere la distanza interpersonale di un metro, sono considerati dispositivi di protezione individuale (DPI), di cui all'art. 74, comma 1, del d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, le mascherine chirurgiche reperibili in commercio, il cui uso è disciplinato dall'articolo 5-bis, comma 3, del medesimo decreto e che permette l'utilizzo “di mascherine filtranti prive del marchio CE e prodotte in deroga alle vigenti norme sull'immissione in commercio”.

La modifica è finalizzata ad estendere la platea dei soggetti destinatari e, dunque, non solo per i lavoratori ma anche per i volontari, siano essi sanitari o meno, nonché per gli addetti ai servizi domestici e familiari (che non possono mantenere la distanza di un metro) verranno considerati DPI le mascherine chirurgiche regolamentate dal medesimo decreto.

Si tratta di un intervento, da un lato, superfluo, facendo la precedente formulazione comunque riferimento ai “lavoratori” e, dunque, ad una nozione già generale ma, dall'altro lato, idonea ad evitare possibili letture restrittive.

L'art. 26 del d.l. n. 18 del 2020 è invece modificato dall'art. 74 del Decreto Rilancio: tale norma riguarda la tutela del periodo di sorveglianza attiva dei lavoratori del settore privato, e ne adegua la durata alla situazione emergenziale in atto. La modifica riguarda lo spostamento al 31 luglio 2020 del termine fino al quale il periodo trascorso in quarantena con sorveglianza sanitaria attiva è equiparato a malattia ai fini del trattamento economico.

In tema di incumulabilità tra indennità, l'art. 75 introduce un comma 1-bis all'art. 31 del d.l. n. 18 del 2020, chiarendo che le indennità di cui agli articoli 27, 28, 29 e 30, 38 e 44 sono cumulabili con l'assegno ordinario di invalidità.

L'art. 76, nel modificare l'art. 40 del d.l. n. 18 del 2020, estende il periodo di sospensione delle misure di condizionalità per l'attribuzione delle prestazioni ivi richiamate da due a quattro mesi, al fine di adeguare la deroga al permanere della situazione emergenziale.

La dotazione del Fondo per il reddito di ultima istanza viene invece aumentata da 300 milioni a 1.200 milioni ad opera dell'art. 78; si ribadisce inoltre l'incompatibilità del reddito con la titolarità di un rapporto di lavoro subordinato o con la titolarità di pensione.

L'art. 81 nel modificare il comma 2 dell'art. 103 del d.l. n. 18 del 2020, concernente la sospensione dei termini nei procedimenti amministrativi ed effetti degli atti amministrativi in scadenza, esclude dalla previsione stessa il DURC, in scadenza tra il 31 gennaio 2020 ed il 15 aprile 2020, la cui validità è espressamente prorogata solo fino al 15 giugno 2020 (il citato comma 2 prevede, invece, la validità fino ai 90 novanta giorni successivi alla dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza per tutti i certificati, attestati, permessi, concessioni, autorizzazioni e atti abilitativi comunque denominati, compresi i termini di inizio e di ultimazione dei lavori di cui all'articolo 15 del testo unico di cui al d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, in scadenza tra il 31 gennaio 2020 e il 31 luglio 2020).

Tuttavia, come a breve si vedrà, le modifiche di maggior rilievo hanno ad oggetto la disciplina degli ammortizzatori sociali, dei permessi e congedi e dei licenziamenti per giustificato motivo oggettivo.

Ammortizzatori sociali

Viene modificato, ad opera dell'art. 68, l'art. 19, comma 1, d.l. n. 18 del 2020, concernente i trattamenti di cassa integrazione ordinaria e l'assegno ordinario per la causale Covid-19.

Gli interventi sono molteplici e finalizzati a prolungare i trattamenti stessi, a dettare regole procedurali e a prevedere regole specifiche per determinati settori.

Sotto il primo aspetto, si modifica, innanzitutto, il comma 1 dell'art. 19, prevedendo un ulteriore periodo di trattamento di integrazione salariale e di assegno ordinario pari a 5 settimane, da fruirsi entro il 31 agosto 2020, e purché sia già stato fruito interamente dal datore di lavoro il precedente periodo di nove settimane, già riconosciuto dal d.l. n. 18 del 2020.

Si prevede, altresì, la possibilità di un ulteriore periodo di quattro settimane di trattamento, per periodi decorrenti dal 1° settembre 2020 al 31 ottobre 2020.

Tale periodo è, tuttavia, eventuale e correlato ai fondi disponibili, come specificato dall'art. 22-terd.l. n. 18 del 2020.

Per i soli datori di lavoro dei settori turismo, fiere e congressi, parchi divertimento, spettacolo dal vivo e sale cinematografiche all'aperto, è prevista la possibilità di usufruire delle suddette quattro settimane anche per periodi precedenti al 1° settembre, a condizione, però, che i medesimi abbiano interamente fruito il periodo precedentemente concesso fino alla durata massima di quattordici settimane.

Si riconosce espressamente per i beneficiari di assegno ordinario, limitatamente alla causale Covid-19, il riconoscimento dell'assegno per il nucleo familiare di cui all'art. 2 del d.l. 13 marzo 1988, n. 69, conv., con modificazioni, dalla l. 13 maggio 1988, n. 153.

Si modifica, inoltre, il comma 2 del d.l. n. 18 del 2020, relativamente alle procedure di consultazione sindacale, reinserendo l'obbligo di informazione, consultazione ed esame congiunto, che devono essere svolti anche in via telematica entro i tre giorni successivi a quello della comunicazione preventiva.

Ancora una volta, il legislatore torna sui suoi passi, riproponendo la formula che era stata rimossa nella legge di conversione del d.l. n. 18 del 2020 (l. n. 27 del 2020).

La formula precedentemente utilizzata aveva portato a numerosi dubbi interpretativi circa la decorrenza degli obblighi in materia di consultazione sindacale; dubbi che, con la reintroduzione della medesima formula precedentemente utilizzata, non sono stati risolti.

Si tratta, dunque, di un'occasione (persa) per chiarire i tempi degli adempimenti da porre in essere con le organizzazioni sindacali.

Sempre al comma 2 dell'art. 19 del d.l. n. 18 del 2020 viene modificato il termine per la presentazione della domanda, che diviene più stringente, passando dal quarto mese successivo all'inizio della sospensione/riduzione al mese successivo a tali eventi.

Si aggiunge poi un comma 2-bis all'art. 19 del d.l. n. 18 del 2020, con cui si inserisce una decadenza dalla prestazione in caso di domanda presentata in ritardo.

Infatti, qualora la domanda sia presentata dopo il termine indicato nel (nuovo) comma 2, il trattamento di integrazione salariale verrà riconosciuto solo per i periodi anteriori di una settimana rispetto alla data di presentazione.

La disposizione si allinea alle previsioni generali in tema di integrazione salariale, di cui al d.lgs. n. 148 del 2015 (v. art. 15, comma 2 dello stesso decreto legislativo).

Si aggiunge anche un comma 2-ter con cui si prevede un termine di presentazione per le richieste riferite a periodi di sospensione/riduzione dell'attività lavorativa ricompresi tra il 23 febbraio 2020 e il 30 aprile 2020.

Tale termine è fissato al 31 maggio 2020 e, in caso di ritardo, vale la medesima regola decadenziale prevista nel nuovo comma 2-bis.

Si inserisce, infine, un comma 3-bis che detta regole in tema di trattamento di cassa integrazione salariale operai agricoli (CISOA) richiesto per eventi riconducibili all'emergenza epidemiologica da Covid-19.

All'art. 70 il Decreto Rilancio interviene anche sull'art. 22 del d.l. n. 18 del 2020, in tema di cassa integrazione in deroga, procedendo con modifiche che sono in linea con quelle dettate in tema di cassa integrazione ordinaria e introducendo una diversa procedura volta ad accelerare i pagamenti del trattamento.

Si prevede, infatti, la modifica del comma 1 dell'art. 22, d.l. n. 18 del 2020 in relazione alla durata del trattamento che, anche in questo caso, viene prolungato di ulteriori 5 settimane utilizzabili per i datori ai quali sia stato interamente già autorizzato un periodo di nove settimane, da fruirsi sempre nel periodo 23 febbraio 2020 al 31 agosto 2020

Le ulteriori cinque settimane sono riconosciute secondo le modalità di cui all'articolo 22-ter d.l. n. 18 del 2020 e tenuto conto di quanto disciplinato all'art. 22-quater d.l. n. 18 del 2020 (su cui, v. infra).

Si prevede anche la possibilità di fruire di un eventuale ulteriore periodo di durata massima di quattro settimane di trattamento per periodi decorrenti dal 1° settembre 2020 al 31 ottobre 2020 fruibili ai sensi dell'articolo 22- terd.l. 18 del 2020.

Per i soli datori di lavoro dei settori turismo, fiere e congressi, parchi divertimento, spettacolo dal vivo e sale cinematografiche, è prevista la possibilità di usufruire delle suddette quattro settimane anche per periodi precedenti al primo settembre, a condizione che i medesimi abbiano interamente fruito il periodo precedentemente concesso fino alla durata massima di quattordici settimane.

Anche in tal caso, ritornando sui propri passi, il legislatore prevede la soppressione dell'esonero dall'accordo sindacale per i datori di lavoro che hanno chiuso l'attività in ottemperanza ai provvedimenti di urgenza emanati per far fronte all'emergenza epidemiologica da Covid-19.

Viene incrementata, attraverso la modifica del comma 3, la disponibilità finanziaria per il trattamento, specificando che esso riguarda i dipendenti “già in forza alla data del 25 marzo 2020”.

Viene poi soppressa la previsione contenuta nel comma 4, secondo cui per i datori di lavoro con unità produttive site in più regioni o province autonome il trattamento può essere riconosciuto dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, lasciando al decreto di riparto delle risorse per le singole regioni, il compito di determinare i casi in cui il trattamento è autorizzato dal Ministero del lavoro.

Con l'art. 71 viene poi introdotta all'interno del d.l. n. 18 del 2020 una disposizione (l'art. 22-ter) volta a individuare la copertura di un ulteriore periodo di trattamento di integrazione salariale, con possibilità di fruizione per un ulteriore periodo massimo di quattro settimane, tra il 1° settembre e il 31 ottobre 2020, in caso di prolungamento degli effetti sul piano occupazionale dell'emergenza epidemiologica da Covid-19.

Viene, dunque, istituito, nell'ambito dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, un apposito capitolo di bilancio con dotazione per l'anno 2020 pari a 2.740,8 milioni di euro che potranno essere trasferiti all'INPS e ai Fondi di solidarietà per il rifinanziamento dei trattamenti di integrazione emergenziali.

Il trasferimento dovrà avvenire con uno o più decreti del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze da adottare entro il 31 agosto 2020.

Si prevede, altresì, che in caso di risparmi sulle somme stanziate per i periodi di trattamento già previsti queste potranno essere utilizzate per finanziare gli ulteriori interventi previsti dal comma 1 della disposizione in esame.

Sempre l'art. 71 del Decreto Rilancio introduce un'ulteriore norma all'interno del d.l. n. 18 del 2020: si tratta dell'art. 22-quater, la previsione probabilmente più rilevante e chiaramente finalizzata ad accelerare i pagamenti attraverso l'eliminazione del doppio canale che vede coinvolte Regioni e Inps.

La disposizione in esame, infatti, prevede che per i periodi successivi alle prime nove settimane riconosciuti dalle Regioni, i trattamenti in deroga verranno concessi ed erogati direttamente dall'Inps, sempre nel rispetto dei limiti di spesa previsti dal comma 4 della disposizione.

L'Inps è chiamato, altresì, a provvedere al monitoraggio del rispetto del limite di spesa, fornendo i risultati di tale attività al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell'economia e delle finanze e, in caso di raggiungimento del limite, anche in prospettiva, non potrà emettere altri provvedimenti concessori.

Per i datori di lavoro con unità produttive site in più regioni o province autonome il trattamento può essere riconosciuto dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

Il numero di regioni o province autonome in cui sono localizzate le unità produttive del medesimo datore di lavoro, al di sopra del quale il trattamento è riconosciuto dal predetto Ministero, è individuato con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze

Per le Province autonome di Trento e Bolzano rimane, invece, ferma la precedente disciplina (articolo 22, commi 1 e 5 del d.l.n. 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla l. n 24 aprile 2020, n. 27).

I commi 3 e 4 regolamentano la procedura e i termini procedurali.

Sempre nell'ottica di accelerare i tempi di pagamento e al fine di uniformare le procedure, si prevede che tutte le richieste di integrazione salariale (relative alla CIG ordinaria e all'assegno ordinario, anche durante la CIGS o il trattamento di assegno di solidarietà) a pagamento diretto presentate a decorrere dal trentesimo giorno successivo all'entrata in vigore del d.l. Rilancio saranno disciplinate dall'art. 22-quater, comma 3, d.l. n. 18 del 2020.

Permessi e congedi

L'art. 72 modifica gli articoli 23 e 25 del Decreto Cura Italia in materia di congedi, nell'ottica di agevolarne l'utilizzo e di adeguarli al prolungarsi della situazione di emergenza.

Viene ampliato il periodo di fruizione dei congedi previsti dall'articolo 23 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, passando da 15 a 30 giorni che potranno essere fruiti a decorrere dal 5 marzo e sino al 31 luglio 2020.

Viene modificata l'età per il diritto all'astensione riconosciuta dal comma 6 dell'art. 23 citato, prevedendo unicamente come limite i 16 anni di età del minore.

Si prevede l'aumento del limite massimo complessivo per l'acquisto di servizi di baby sitting, che passa da 600 euro a 1.200 euro e la possibilità che il bonus venga utilizzato, in alternativa, per l'iscrizione ai servizi socio-educativi territoriali, ai centri con funzione educativa e ricreativa e ai servizi integrativi o innovativi per la prima infanzia.

Si specifica che la fruizione di detto bonus per servizi integrativi per l'infanzia è incompatibile con la fruizione del bonus asilo nido.

Il comma 2 modifica l'art. 25 del d.l. n. 18 del 2020, aumentando da 1.000 euro a 2.000 euro il limite massimo complessivo per l'acquisto di servizi di baby sitting per il settore sanitario pubblico e privato accreditato, per il comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico.

Sempre in un'ottica di adeguamento al prolungarsi della situazione di emergenza, l'art. 73 modifica l'articolo 24 del d.l. n. 18 del 2020 concernente i permessi retribuiti ex lege n. 104 del 1992, aumentando a dodici giornate complessive i permessi usufruibili nei mesi di maggio e giugno 2020.

Licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo e licenziamenti collettivi

L'art. 80 reca modifiche all'articolo 46 del d.l. n. 18 del 2020 in materia di licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo e di licenziamenti collettivi.

Viene, in primo luogo, esteso il periodo di divieto per i licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo e collettivi, aumentandolo a cinque mesi, decorrenti dall'entrata in vigore del d.l. n. 18 del 2020 (17 marzo 2020) e, dunque, fino al 17 agosto 2020.

Si tratta di una notevole estensione temporale rispetto all'originaria durata che restringe la libertà di impresa del datore di lavoro (costituzionalizzata nell'art. 41 Cost.).

Ciò avviene peraltro a fronte di una diversa (e minore) durata dei trattamenti d'integrazione salariale speciali.

Per il medesimo periodo in cui vige il divieto sono sospese le procedure dei licenziamenti collettivi e individuali per giustificato motivo oggettivo in corso.

Viene introdotto il comma 1-bis con cui si prevede per il datore di lavoro, che nel periodo dal 23 febbraio 2020 al 17 marzo 2020 abbia proceduto al recesso del contratto di lavoro per giustificato motivo oggettivo, la facoltà di revocarlo in ogni tempo purché contestualmente faccia richiesta del trattamento di cassa integrazione salariale in deroga decorrente dalla data di efficacia del licenziamento.

In tal modo, il rapporto di lavoro viene ripristinato senza soluzione di continuità e senza oneri né sanzioni per il datore di lavoro.

Il comma 1-bis precisa che la facoltà di revoca del licenziamento è ammessa “in deroga all'art. 18, comma 10, stat. lav.” in base al quale la revoca può invece operare entro il termine di 15 giorni dall'impugnazione del licenziamento.

La disposizione del Decreto Rilancio prevede invece che la revoca del licenziamento può operare “in ogni tempo” seppur condizionata, come già rilevato, alla richiesta del trattamento di integrazione salariale. Rispetto alla previsione dell'art. 18, comma 10, stat. lav., si nota anche che non vi è il riferimento al “diritto del lavoratore alla retribuzione maturata” sebbene il richiamo al ripristino senza soluzione di continuità sembra consentire identica conclusione.

Occorre altresì precisare che la nuova disposizione si applica al datore di lavoro “indipendentemente dal numero di dipendenti” (si ritiene che al datore di lavoro deve comunque applicarsi la disciplina della cassa integrazione).

La previsione risulta, a ben vedere, poco chiara e di difficile attuazione pratica.

Essa consente al datore di lavoro di scegliere se mantenere fermo il licenziamento oppure se revocarlo, “ripristinando” il rapporto con il lavoratore già licenziato e chiedendo “contestualmente” di accedere alla cassa integrazione. Tuttavia, come è evidente, la richiesta di accesso alla cassa integrazione non si traduce in un automatico accoglimento della domanda del datore di lavoro, il quale con la revoca del licenziamento rischierebbe di ritrovarsi in una situazione di “attesa” dell'ammortizzatore sociale o addirittura di vedersi rigettare l'istanza.

A ben vedere, difficilmente si giungerà alla revoca del licenziamento a fronte di una situazione in cui è difficile prospettare la ripresa “a regime” delle attività produttive e considerato che, per rinnovare il licenziamento, il datore dovrà ripetere tutti gli atti e le procedure già svolte.

Il reddito di emergenza

Viene introdotta una nuova misura straordinaria di sostegno al reddito, denominata dall'art. 82 “Reddito di emergenza”, ulteriore rispetto alle misure già presenti nel nostro ordinamento. Si tratta di un beneficio riconosciuto ai nuclei familiari in condizioni di necessità economica in conseguenza dell'emergenza epidemiologica da Covid-19.

È ben sin d'ora rilevare che il decreto individua come destinatari del beneficio i “nuclei familiari” in possesso di specifici e stringenti requisiti.

In primo luogo, il nucleo familiare deve essere residente in Italia e il requisito della residenza è verificato con riferimento al componente del nucleo richiedente il beneficio.

Inoltre, il nucleo familiare deve avere un ISEE inferiore a 15.000 euro e un patrimonio mobiliare familiare, per l'anno 2019, inferiore a una soglia di euro 10.000. Quest'ultima soglia è accresciuta di euro 5.000 per ogni componente successivo al primo, fino ad un massimo di euro 20.000. Tale soglia massima è infine incrementata di ulteriori 5.000 euro in caso di presenza nel nucleo familiare di un componente in condizione di disabilità grave o di non autosufficienza.

Inoltre, ai fini della richiesta, si tiene conto anche del valore del reddito familiare per il mese di aprile 2020, calcolato caso per caso in base ai componenti del nucleo familiare.

Non hanno diritto al reddito di emergenza i soggetti che si trovano in stato detentivo, per tutta la durata della pena, nonché coloro che sono ricoverati in istituti di cura di lunga degenza o altre strutture residenziali a totale carico dello Stato o di altra amministrazione pubblica.

La disposizione prevede una incompatibilità del reddito di emergenza con le altre indennità previste dal decreto cura Italia, tra le quali quelle destinate ai lavoratori autonomi, ai lavoratori stagionali del settore del turismo o addetti agli stabilimenti termali e ai lavoratori addetti al settore dell'agricoltura. Sono altresì incompatibili con il reddito di emergenza le indennità di cui agli articoli 84 e 85 del decreto Rilancio.

Inoltre, per poter beneficiare di tale forma di reddito all'interno del nucleo familiare non devono essere presenti componenti che, al momento della domanda, siano beneficiari del reddito di cittadinanza oppure siano titolari di pensione o di un rapporto di lavoro dipendente la cui retribuzione lorda sia superiore a determinate soglie previste dalla legge.

È tuttavia prevista la possibilità di cumulare il reddito di emergenza con l'assegno ordinario di invalidità.

Le indennità

Sono confermate per il mese di aprile 2020 le indennità di 600 euro previste dal decreto Cura Italia per liberi professionisti, co.co.co., lavoratori autonomi iscritti alle gestioni speciali dell'Ago, lavoratori stagionali del turismo e degli stabilimenti termali, lavoratori del settore agricolo.

Per il mese di maggio 2020, invece, è previsto un aumento dell'indennità a 1.000 euro.

Tuttavia, i liberi professionisti titolari di partita IVA, iscritti alla gestione separata, dovranno autocertificare di aver subito una comprovata riduzione di almeno il 33 per cento del reddito del secondo bimestre 2020, rispetto al reddito del secondo bimestre 2019.

Viene inoltre introdotta una indennità per i mesi di aprile e maggio, pari a 600 euro per ciascun mese, destinata ai lavoratori dipendenti e autonomi che, in conseguenza dell'emergenza epidemiologica da Covid 19, abbiano cessato, ridotto o sospeso la loro attività o il loro rapporto di lavoro purché, alla data di presentazione della domanda, non siano titolari di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato né titolari di pensione.

Infine, è introdotta una indennità per i mesi di aprile e maggio, pari a 600 euro per ciascun mese, destinata i lavoratori dello spettacolo.

Inoltre, l'art. 85 riconosce, per i mesi di aprile e maggio 2020, un'indennità mensile pari a 500 euro ai lavoratori domestici che alla data del 23 febbraio 2020 erano titolari di uno o più contratti di lavoro per una durata complessiva superiore a dieci ore settimanali. L'indennità è riconosciuta a condizione che i lavoratori domestici non siano conviventi col datore di lavoro e non è cumulabile con altre indennità riconosciute dal decreto Cura Italia o dallo stesso decreto Rilancio.

Vige, tuttavia, un divieto di cumulo di tali benefici con l'indennità erogata dal Fondo per il reddito di ultima istanza a favore dei lavoratori danneggiati dal virus Covid-19 di cui all'art. 44 d.l. n. 18 del 2020, mentre non sussiste incompatibilità con l'assegno ordinario di invalidità di cui alla l. 12 giugno 1984, n. 222.

Anche per i lavoratori impiegati nel settore dello sport viene prevista una indennità di 600 euro per i mesi di aprile e maggio 2020 nel limite massimo di 200 milioni di euro per l'anno 2020 (art. 98).

Lavoro agile

L'art. 90 attribuisce un diritto all'attivazione dello smart working a quei lavoratori dipendenti del settore privato che hanno almeno un figlio minore di quattordici anni, a condizione che nel nucleo familiare non vi sia altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito in caso di sospensione o cessazione dell'attività lavorativa o che non vi sia genitore non lavoratore.

Tale diritto è riconosciuto fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica e a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione.

Inoltre, è prevista la possibilità di svolgere la prestazione con strumenti informatici del dipendente qualora questi non siano forniti dal datore di lavoro.

Fino alla cessazione dello stato di emergenza e comunque non oltre il 31 dicembre 2020 i datori di lavoro privati possono continuare ad applicare la disciplina del lavoro agile a tutti i rapporti di lavoro privati di tipo subordinato.

Resta fermo l'obbligo da parte del datore di lavoro di assolvere agli obblighi di informativa di cui all'art. 22 della l. n. 81 del 2017.

Merita osservare che tale norma va ad aggiungersi a quella già contenuta nel decreto Cura Italia: l'art. 39, comma 1, d.l. n. 18 del 2020 prevede, infatti, la possibilità di attivare il lavoro agile per quei lavoratori affetti da grave disabilità ai sensi dell'art. 3, comma 3, l. n. 104 del 1992 o che abbiano nel proprio nucleo familiare una persona con disabilità grave.

Con tale provvedimento viene pertanto estesa la platea dei destinatari del diritto al lavoro agile.

Proroghe e rinnovi dei contratti a termine

Altra importante novità introdotta dal Decreto Rilancio ha ad oggetto il regime delle proroghe e dei rinnovi dei contratti a tempo determinato. L'art. 93 prevede, infatti, la possibilità di rinnovare o prorogare, fino al 30 agosto 2020, i contratti a tempo determinato in essere alla data del 23 febbraio 2020 anche in assenza delle causali previste dall'art. 19 d.lgs. n. 81 del 2015.

Tuttavia, la prosecuzione o il rinnovo del rapporto a termine sembrano essere condizionati alla necessità di far fronte al riavvio dell'attività in conseguenza della situazione emergenziale. Dunque, ci si chiede se la norma in esame introduca implicitamente una nuova ed ulteriore causale “speciale” valida fino al prossimo 30 agosto.

L'emersione dei lavoratori irregolari

L'articolo 103 introduce disposizioni volte a favorire l'emersione del lavoro irregolare e a garantire adeguati livelli di tutela della salute individuale e collettiva.

Tale previsione si rivolge ai settori dell'agricoltura, dell'allevamento, della pesca, della cura della persona e del lavoro domestico, tristemente noti per la presenza di fenomeni di lavoro irregolare e di sfruttamento della manodopera.

Ai sensi di tale disposizione, i datori di lavoro possono presentare istanza per concludere un contratto di lavoro subordinato con cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale oppure per dichiarare la sussistenza di un rapporto di lavoro irregolare, tuttora in corso, con cittadini italiani o cittadini stranieri.

Parimenti, i cittadini stranieri con permesso di soggiorno scaduto dal 31 ottobre 2019, non rinnovato o convertito in altro titolo di soggiorno possono richiedere un permesso di soggiorno temporaneo, valido solo nel territorio nazionale, della durata di sei mesi dalla presentazione dell'istanza. Tuttavia, tali cittadini devono risultare presenti sul territorio nazionale alla data dell'8 marzo 2020, senza che se ne siano allontanati dalla medesima data, e devono aver svolto attività di lavoro, nei settori in precedenza indicati, antecedentemente al 31 ottobre 2019.

La disposizione in commento prevede inoltre cause di inammissibilità o di rigetto delle istanze (ad esempio, presenza di condanne penali per reati quali favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite, intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro ecc).

Infine, per contrastare efficacemente i fenomeni di concentrazione dei cittadini stranieri in condizioni inadeguate e garantire il rispetto delle condizioni igienico-sanitarie necessarie al fine di prevenire la diffusione del contagio da Covid-19, si attribuisce alle Amministrazioni dello Stato competenti e alle Regioni il potere di adottare misure urgenti idonee a garantire la salubrità e la sicurezza delle condizioni alloggiative, nonché di effettuare ulteriori interventi di contrasto del lavoro irregolare e del fenomeno del caporalato.

Sorveglianza sanitaria eccezionale

L'art. 83 prevede la sorveglianza sanitaria eccezionale per quei lavoratori maggiormente/esposti a rischio di contagio, in ragione dell'età o di una condizione di rischio riguardante lo stato di salute (ad esempio, immunodepressione, presenza di patologie oncologiche, svolgimento di terapie salvavita etc).

La disposizione prevede, inoltre, la possibilità per i datori di lavoro privati, che non siano tenuti alla nomina del medico competente, di nominare un medico per il periodo dell'emergenza oppure di rivolgersi ai servizi territoriali INAIL per effettuare la sorveglianza sanitaria eccezionale per i lavoratori maggiormente esposti al rischio contagio.

Per consentire all'INAIL di garantire in modo efficace il servizio di sorveglianza sanitaria eccezionale, il decreto autorizza l'Istituto, previa convenzione con ANPAL, all'assunzione con contratti di lavoro a tempo determinato della durata massima di quindici mesi di figure sanitarie, tecnico-specialistiche e di supporto di età non superiore a 29 anni.

Ai sensi del terzo comma della disposizione, un eventuale giudizio di inidoneità alla mansione non può giustificare il recesso da parte del datore di lavoro.

Le altre misure

Fondo nuove competenze

Al fine di consentire la graduale ripresa dell'attività dopo l'emergenza epidemiologica, il decreto istituisce presso l'ANPAL un Fondo Nuove Competenze per il finanziamento delle ore di formazione dei dipendenti, individuate attraverso specifiche intese di rimodulazione dell'orario di lavoro per mutate esigenze organizzative e produttive dell'impresa. Tali specifiche intese (che riportano alla memoria il noto articolo 8 d.l. n. 138 del 2011 conv. con L. n. 148 del 2011) possono essere realizzate dai contratti collettivi di lavoro sottoscritti a livello aziendale o territoriale da associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, ovvero dalle loro rappresentanze sindacali operative in azienda ai sensi della normativa e degli accordi interconfederali vigenti.

NASpI E DIS-Coll

L'art. 92 prevede la proroga di ulteriori due mesi - a decorrere dal giorno di scadenza - delle prestazioni NASpI e DIS-coll il cui periodo di fruizione sia terminato nel periodo compreso tra il 1° marzo 2020 e il 30 aprile 2020, purché il beneficiario non fruisca di ammortizzatori sociali o delle indennità introdotte dal decreto Cura Italia (in particolare delle indennità destinate ai lavoratori autonomi, ai lavoratori stagionali del settore del turismo e degli stabilimenti termali, ai lavoratori del settore agricolo, ai lavoratori dello spettacolo).

Promozione del lavoro agricolo

Per i beneficiari di ammortizzatori sociali – limitatamente al periodo di sospensione a zero ore della prestazione – di NASpI E DIS-coll nonché di reddito di cittadinanza è prevista la possibilità di stipulare contratti a termine di durata non superiore a 30 giorni con gli imprenditori del settore agricolo. Tali contratti sono rinnovabili per ulteriori 30 giorni e non comportano la perdita o la riduzione dei benefici percepiti, nel limite di 2.000 euro per l'anno 2020.

Misure di sostegno alle imprese

L'art. 95 prevede la promozione da parte dell'INAIL di interventi straordinari destinati alle imprese che hanno introdotto nei luoghi di lavoro misure volte a ridurre il rischio di contagio mediante l'acquisto di apparecchiature e attrezzature per l'isolamento o il distanziamento dei lavoratori (anche rispetto agli utenti esterni), dispositivi per la sanificazione dei luoghi di lavoro, sistemi e strumentazione per il controllo degli accessi nei luoghi di lavoro utili a rilevare gli indicatori di un possibile stato di contagio, dispositivi ed altri strumenti di protezione individuale.

Interventi finalizzati all'intensificazione dei controlli

L'art. 96 autorizza l'Ispettorato Nazionale del Lavoro a provvedere al noleggio di autovetture, con onere a carico del proprio bilancio, ai fini dello svolgimento dell'attività ispettiva, anche in deroga alla normativa vigente in materia.

Al fine di intensificare le ispezioni e garantire una tempestiva vigilanza in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro nel processo di riavvio delle attività produttive, l'art. 100 abilita il Ministero del Lavoro ad avvalersi in via diretta, oltre che dell'Ispettorato nazionale del lavoro, anche del Comando dei Carabinieri per la Tutela del Lavoro.

Semplificazioni relative al fondo di garanzia

L'art. 97 introduce alcune semplificazioni concernenti la disciplina del Fondo di Garanzia, strumento introdotto con la l. n. 297 del 1982 con lo scopo di garantire al lavoratore la corresponsione del Trattamento di Fine Rapporto anche in caso di insolvenza del datore di lavoro.

Attraverso tale intervento, il Fondo di Garanzia potrà effettuare i pagamenti mediante accredito sul conto corrente del beneficiario. Inoltre, il Fondo sarà surrogato nel privilegio spettante sul patrimonio dei datori di lavoro e degli eventuali condebitori solidali previa esibizione della contabile di pagamento.

Sostegno a Inps e Inail

Gli articoli 101 e 102 abilitano rispettivamente INPS ed INAIL ad incrementare la spesa per l'acquisto di beni e servizi giustificato dalla necessità di consentire lo sviluppo dei servizi diretti all'erogazione delle prestazioni introdotte a causa dell'emergenza epidemiologica da Covid-19.

Incentivi agli enti del terzo settore

All'art. 67 viene disposto un incremento di 100 milioni di euro del Fondo per il Terzo Settore al fine di fornire un sostegno alle organizzazioni di volontariato, alle associazioni di promozione sociale e alle fondazioni del terzo settore, fortemente indebolite a causa della situazione emergenziale in atto.

Contributi a fondo perduto per imprenditori e lavoratori autonomi

L'art. 25, al fine di sostenere i soggetti colpiti dall'emergenza epidemiologica “Covid-19”, prevede un contributo a fondo perduto a favore dei soggetti esercenti attività d'impresa e di lavoro autonomo, titolari di partita IVA, comprese le imprese esercenti attività agricola o commerciale, con fatturato nell'ultimo periodo d'imposta inferiore a 5 milioni di euro.

Il contributo a fondo perduto spetta se l'ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2020 è stato inferiore ai due terzi dell'ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2019.

Per i soggetti che hanno iniziato l'attività a partire dal 1° gennaio 2019, il contributo spetta anche in assenza di tali requisiti.

L'ammontare del contributo è determinato in percentuale rispetto alla differenza riscontrata come segue:

a) 20 % per i soggetti con ricavi o compensi non superiori a quattrocentomila euro nel periodo d'imposta precedente a quello in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto;

b) 15 % per i soggetti con ricavi o compensi superiori a quattrocentomila euro e fino a un milione di euro nel periodo d'imposta precedente a quello in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto;

c) 10 % per i soggetti con ricavi o compensi superiori a un milione di euro e fino a cinque milioni di euro nel periodo d'imposta precedente a quello in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto.

Il contributo non concorrerà alla formazione della base imponibile delle imposte sui redditi e sarà erogato dall'Agenzia delle entrate mediante accreditamento diretto in conto corrente bancario o postale intestato al beneficiario.

Fondo per la salvaguardia dei livelli occupazionali

L'art. 43 istituisce il Fondo per la salvaguardia dei livelli occupazionali e la prosecuzione dell'attività d'impresa: si tratta di uno strumento finalizzato al salvataggio e alla ristrutturazione delle imprese titolari di marchi storici di interesse nazionale, iscritte nel registro di cui all'art. 185-bis d.lgs. n. 30 del 2005, e delle società di capitali aventi un numero di dipendenti non inferiore a 250 che si trovino in uno stato di difficoltà economico finanziaria.

La disposizione in commento da un lato, quindi, intende porsi in continuità con la volontà di preservare il valore strategico dei marchi storici di interesse nazionale, dall'altro, invece, intende istituire un intervento di più ampia portata in grado di intercettare tutti i processi di delocalizzazione o cessazione delle attività di rilevante impatto economico-sociale.

I criteri e le modalità di gestione e di funzionamento del Fondo stesso, nonché le procedure per l'accesso ai relativi interventi, verranno stabiliti con decreto del Ministro dello sviluppo economico, sentito il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, nel rispetto delle condizioni stabilite dalla disposizione stessa.

Le imprese che intendono avvalersi del Fondo devono farsi carico di porre in essere alcuni adempimenti: in particolare, dovranno notificare al Ministero dello sviluppo economico le informazioni relative alle azioni che intendono sostenere per ridurre gli impatti occupazionali (incentivi all'uscita, prepensionamenti, riallocazione dei dipendenti all'interno dell'impresa o del gruppo di appartenenza dell'impresa), alle imprese che abbiano già manifestato interesse all'acquisizione della società o alla prosecuzione dell'attività d'impresa (o alle azioni che intendono porre in essere per trovare un possibile acquirente) nonché alle opportunità per gli stessi dipendenti di presentare una proposta di acquisto ed ogni altra possibilità di recupero degli asset.

Occorre precisare che i benefici occupazionali garantiti dal Fondo in commento non si sovrappongono a quelli previsti dal Fondo sociale per l'occupazione e la formazione e dall'attuale sistema degli ammortizzatori sociali in quanto, a differenza di questi ultimi, essendo ottenuti attraverso l'assicurazione della continuità dell'attività di impresa, hanno carattere indiretto.

Concessione aiuti di stato

L'art. 60 prevede la possibilità per Regioni, Province Autonome, enti territoriali e Camere di commercio di concedere aiuti di Stato ai sensi della sezione 3.1 della Comunicazione della Commissione europea C (2020) 1863 final e ss.mm.

Si tratta di aiuti concessi al fine di contribuire ai costi salariali delle imprese (compresi i lavoratori autonomi) e sono finalizzati a proteggere l'occupazione, evitando i licenziamenti durante l'attuale situazione di emergenza epidemiologica da Covid‐19.

Tali aiuti devono conferire alle aziende un vantaggio selettivo: per rientrare nella definizione di cui all'art. 107, paragrafo 1, TFUE, gli aiuti devono infatti rivolgersi alle imprese di determinati settori, regioni o di determinate dimensioni.

Non sono dunque ammessi aiuti “sotto qualsiasi forma”, in quanto essi devono soddisfare specifici requisiti previsti dalla norma.

Misure fiscali

L'art. 120 prevede un credito di imposta del 60% delle spese sostenute nell'anno 2020, per un massimo di 80.000 euro, al fine di sostenere ed incentivare l'adozione da parte di soggetti esercenti attività d'impresa, arte o professione in luoghi aperti al pubblico, delle misure di contenimento contro la diffusione del virus Covid-19 (acquisto di arredi di sicurezza, acquisto di apparecchiature per il controllo della temperatura dei dipendenti e degli utenti, ma anche interventi edilizi necessari per il rifacimento di spogliatoi e mense, per la realizzazione di spazi medici, ingressi e spazi comuni).

Il credito d'imposta è cumulabile con altre agevolazioni per le medesime spese, comunque nel limite dei costi sostenuti ed è utilizzabile nel 2021 esclusivamente in compensazione.

L'art. 125, in analogia a quanto previsto dall'art. 120, al fine di favorire l'adozione di misure dirette a contenere e contrastare la diffusione del virus Covid-19, riconosce in favore in favore dei soggetti esercenti attività d'impresa, arti e professioni, degli enti non commerciali, compresi gli enti del Terzo del settore e gli enti religiosi civilmente riconosciuti, un credito d'imposta in misura pari al 60% delle spese sostenute nel 2020 per la sanificazione degli ambienti e degli strumenti utilizzati nell'ambito delle attività lavorative e istituzionali, nonché per l'acquisto di dispositivi di protezione individuale (mascherine, guanti, visiere e occhiali protettivi, tute di protezione e calzari, prodotti detergenti e disinfettanti) e di altri dispositivi atti a garantire la salute dei lavoratori e degli utenti (termometri, termoscanner, tappeti e vaschette decontaminanti e igienizzanti, barriere e pannelli protettivi).

Il credito d'imposta spetta fino ad un massimo di 60.000 euro per ciascun beneficiario, nel limite complessivo di 200 milioni di euro per l'anno 2020.

Il credito d'imposta non concorre alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione ai fini dell'imposta regionale sulle attività produttive.

I criteri e le modalità di applicazione e di fruizione del credito d'imposta saranno stabiliti con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate.

La presente disposizione abroga l'art. 64 del d.l. n. 18 del 2020 nonché l'art. 30 del d.l. n. 23 del 2020.

Le principali misure riguardanti il pubblico impiego

Nuove modalità di svolgimento delle procedure concorsuali

L'art. 247introduce in via sperimentale, a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto e fino al 31 dicembre 2020, nuove modalità di svolgimento delle procedure concorsuali per il reclutamento del personale non dirigenziale delle pubbliche amministrazioni.

In particolare, è previsto che le procedure possono svolgersi presso sedi decentrate che verranno individuate dal Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri, anche sulla base della provenienza geografica dei candidati, utilizzando idonei locali di plessi scolastici di ogni ordine e grado, di sedi universitarie e di ogni altra struttura pubblica o privata.

È altresì prevista la possibilità di svolgere la prova orale in videoconferenza, attraverso l'utilizzo di strumenti informatici e digitali, garantendo comunque l'adozione di soluzioni tecniche che assicurino la pubblicità della stessa, l'identificazione dei partecipanti, nonché la sicurezza delle comunicazioni e la loro tracciabilità.

La commissione esaminatrice e le sottocommissioni possono svolgere i propri lavori in modalità telematica, garantendo comunque la sicurezza e la tracciabilità delle comunicazioni.

Il requisito di accesso alle qualifiche e ai profili professionali è individuato in base al titolo di studio definito dal contratto collettivo nazionale di lavoro, anche in deroga agli specifici titoli ordinamenti professionali previsti dalle singole pubbliche amministrazioni per ciascuna qualifica o profilo.

La disposizione prevede un'importante deroga a quanto previsto dall'art. 52, comma 1-bis, d.lgs. n. 165 del 2001 stabilendo che a tali procedure concorsuali non si applica la riserva del 50% prevista per il personale interno.

L'art. 248 prevede invece la possibilità per la Commissione per l'attuazione del Progetto di Riqualificazione delle Pubbliche Amministrazioni (RIPAM) di modificare – su richiesta delle amministrazioni destinatarie delle procedure concorsuali per il personale non dirigenziale già bandite alla data di entrata in vigore del decreto e per quelle nelle quali, alla medesima data, sia stata effettuata anche una sola delle prove concorsuali previste – le modalità di svolgimento delle prove previste dai relativi bandi di concorso, dandone tempestiva comunicazione ai partecipanti alle procedure.

In particolare, la Commissione può prevedere esclusivamente: l'utilizzo di strumenti informatici e digitali per lo svolgimento delle prove scritte e preselettive nonché lo svolgimento in videoconferenza della prova orale, garantendo comunque l'adozione di soluzioni tecniche che assicurino la pubblicità della stessa, l'identificazione dei partecipanti, la sicurezza delle comunicazioni e la loro tracciabilità; e lo svolgimento delle prove anche presso sedi decentrate.

Infine, l'art. 249 chiarisce che, a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto e fino al 31 dicembre 2020, tutte le pubbliche amministrazioni potranno applicare i principi e i criteri direttivi concernenti lo svolgimento delle prove concorsuali in modalità decentrata, attraverso l'utilizzo delle tecnologie digitali.

Lavoro agile

L'art. 263 interviene sul quadro delineato dall'art. 87 del d.l. n. 18 del 2020, prevedendo la rimodulazione della modalità di lavoro agile alla luce della progressiva completa riapertura di tutti gli uffici pubblici, andando a soddisfare in questo modo le esigenze dei cittadini e delle imprese connesse alla graduale riapertura delle attività produttive e commerciali.

Le pubbliche amministrazioni sono quindi chiamate a riorganizzare il lavoro dei propri dipendenti e l'erogazione dei servizi attraverso orari di lavoro flessibili, rivendendone l'articolazione giornaliera e settimanale ed introducendo modalità di interlocuzione programmata, ricorrendo anche a soluzioni digitali.

Ulteriori modalità organizzative potranno essere individuate con uno o più decreti del Ministro per la pubblica amministrazione.

Le amministrazioni dovranno ovviamente attenersi alle vigenti prescrizioni in materia di tutela della salute nei luoghi di lavoro.

Anche la presenza dei lavoratori negli uffici all'estero di pubbliche amministrazioni è consentita nei limiti previsti dalle disposizioni emanate dalle autorità sanitarie locali per il contenimento della diffusione del Covid-19, fermo restando l'obbligo di mantenere il distanziamento sociale e l'utilizzo dei dispositivi di protezione individuali.

La disposizione prevede inoltre che per la ripresa delle attività lavorative le amministrazioni devono assicurare adeguate forme di aggiornamento professionale alla dirigenza.

La capacità di attuazione delle suddette misure sarà valutata ai fini della performance.

Conclusioni

Le misure varate dal Governo con il Decreto Rilancio si presentano come particolarmente eterogenee, essendo rivolte ad una vasta platea di destinatari, tra cui imprese, famiglie, lavoratori subordinati ed autonomi.

Alcuni degli interventi riguardanti la disciplina lavoristica hanno originato un intenso dibattito: si pensi, in particolare, alla durata del divieto di effettuare licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo e collettivi che viene aumentata a cinque mesi decorrenti dalla data di entrata in vigore del d.l. n. 18 del 2020 (17 marzo 2020) e, dunque, fino al 17 agosto 2020.

Come già precisato, si tratta di una notevole estensione temporale che limita la libertà di impresa del datore di lavoro, costituzionalmente garantita dall'art. 41 Cost., anche tenuto conto di una diversa (e minore) durata dei trattamenti d'integrazione salariale speciali.

Tra le altre disposizioni che modificano in modo rilevante la disciplina lavoristica, si segnala la deroga all'art. 21 d.lgs. n. 81 del 2015 introdotta ad opera dell'art. 93: tale articolo prevede infatti la possibilità di rinnovare o prorogare, fino al 30 agosto 2020, i contratti a tempo determinato in essere anche in assenza delle causali, al fine di far fronte al riavvio dell'attività in conseguenza della situazione emergenziale.

Infine, non può trascurarsi l'attenzione dedicata al tema del lavoro agile, attraverso l'introduzione di una ulteriore previsione, che va ad aggiungersi all'art. 39 d.l. n. 18 del 2020 e che consente di affermare la sussistenza, pur alle condizioni previste dall'art. 90, di un diritto al lavoro agile.

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