Differimento udienza ex art. 168-bis c.p.c. e termine per proporre appello incidentale

Francesco Agnino
01 Giugno 2020

La questione in esame è la seguente: in caso di differimento di ufficio della prima udienza, come occorre computare i venti giorni prima dell'udienza indicata in citazione, ai fini della tempestività dell'appello incidentale?
Massima

Il rinvio d'ufficio dell'udienza a norma dell'art. 168-bis, comma 4 c.p.c., non determina la riapertura dei termini per il deposito della comparsa e per la proposizione dell'appello incidentale poiché l'art. 166 c.p.c., coordinato con il successivo art. 167, contempla, quali ipotesi utili ad escludere la decadenza dalla proposizione della domanda riconvenzionale o dell'appello incidentale, a norma dell'art. 343, soltanto quella connessa al termine indicato nell'atto di citazione, ovvero, nel caso in cui abbia trovato applicazione l'art. 168-bis, comma 5, quella relativa alla data fissata dal giudice istruttore: è conseguentemente inammissibile, perché tardivo, l'appello incidentale proposto con comparsa di risposta depositata successivamente all'udienza fissata nell'atto di citazione in appello, anche se questa sia stata rinviata d'ufficio ai sensi dell'art. 168-bis, comma 4 c.p.c.

Il caso

L'attore agiva nei confronti degli eredi del promittente venditore, affinché fosse accertato l'avvenuto trasferimento in suo favore della quota della piena proprietà indivisa di un immobile. Nel costituirsi in giudizio, i convenuti – dopo aver dedotto la mera sottoscrizione di due preliminari di compravendita, non idonei al trasferire la proprietà – chiedano la condanna dell'attore al rilascio del bene, atteso che risultava prescritto il diritto al trasferimento della proprietà, avendo quindi maturato il diritto anche al pagamento di un'indennità per l'occupazione del bene.

La Corte d'appello rigettava l'appello principale proposto dal promissario acquirente, accogliendo l'appello incidentale con condanna dell'attore al pagamento di una somma a titolo di indennità di occupazione.

Nel proporre ricorso in Cassazione – tra i molteplici motivi di impugnazione – il ricorrente evidenziava che i controricorrenti si erano costituiti in appello, proponendo altresì appello incidentale, con comparsa di risposta depositata il 12 giugno 2077, a fronte della prima udienza fissata con l'atto di appello per la data del 28 giugno 2007.

La Corte di cassazione rileva che ai fini della tempestività dell'appello incidentale, occorre la costituzione degli appellati almeno venti giorni prima dell'udienza indicata in citazione, non rilevando che la prima udienza sia stata poi celebrata in data successiva, trattandosi nella specie di differimento d'ufficio, che non è idoneo a differire anche il termine di costituzione dell'appellato, di modo che la Corte d'appello avrebbe dovuto rilevare d'ufficio l'inammissibilità del gravame incidentale.

La questione

La questione in esame è la seguente: in caso di differimento di ufficio della prima udienza, come occorre computare i venti giorni prima dell'udienza indicata in citazione, ai fini della tempestività dell'appello incidentale?

Le soluzioni giuridiche

Ai sensi dell'art. 343, comma 1, c.p.c. l'appello incidentale si propone, a pena di decadenza, nella comparsa di risposta, all'atto della costituzione in cancelleria ai sensi dell'art. 166 c.p.c.; poiché tale costituzione deve avvenire almeno venti giorni prima dell'udienza di comparizione fissata nell'atto di citazione, ovvero differita d'ufficio dal giudice, ai sensi dell'art. 168-biscomma 5 c.p.c. ove il giudice si avvalga di tale facoltà di differimento, il termine per la proposizione dell'appello incidentale va calcolato assumendo come riferimento la data dell'udienza differita, e non quella originariamente indicata nell'atto di citazione (Cass. civ., n. 1567/11).

Il combinato disposto degli artt. 168-biscomma 4c.p.c., e 82, comma 1, disp. att. c.p.c. comporta che, ove il giudice istruttore designato non tenga udienza nel giorno fissato per la prima comparizione delle parti, questa si intende rinviata all'udienza immediatamente successiva, senza alcun obbligo per il cancelliere di comunicare alle parti costituite il rinvio, sicché è onere di queste ultime presentarsi all'udienza seguente secondo il calendario giudiziario (e così di seguito fino a quando l'udienza sarà effettivamente tenuta).

Le norme in esame non distinguono i motivi per i quali il giudice istruttore designato non tiene udienza nel giorno indicato, e dunque l'insussistenza dell'obbligo di comunicazione va affermata non solo nel caso in cui il giorno fissato per la prima comparizione non coincida con un giorno d'udienza tabellare del giudice istruttore designato, ma anche nel caso in cui, nonostante tale coincidenza, il medesimo magistrato non tenga udienza per ragioni diverse (Cass. civ., n. 4917/1979).

Il rinvio d'ufficio dell'udienza, a norma dell'art. 168-biscomma 4 c.p.c., non determina la riapertura dei termini per il deposito della comparsa di risposta da parte del convenuto, poiché l'art. 166 c.p.c., coordinato con il successivo art. 167 c.p.c., contempla, quali ipotesi utili ad escludere la decadenza dalla proposizione della domanda riconvenzionale, dalle eccezioni non rilevabili d'ufficio o dalla chiamata di terzo, soltanto quella connessa al termine indicato nell'atto di citazione, ovvero quella relativa alla data differita dal giudice istruttore in forza dell'art. 168-bis, comma 5, c.p.c. (Cass. civ., n. 1127/2015; Cass. civ., n. 12490/2007).

L‘art. 166 c.p.c., ai fini della individuazione del giorno dell'udienza costituente il dies a quo del calcolo a ritroso dei venti giorni, fa riferimento, invero, all'udienza di comparizione “fissata nell'atto di citazione”, ovvero a quella “fissata a norma dell'art. 168-bis comma 5 c.p.c.”.

Nessuna rilevanza ha, quindi, ai fini del computo del termine per la costituzione, il giorno dell'udienza effettiva che sia derivata da rinvio d'ufficio ai sensi dell'art. 168bis, comma 4, c.p.c. alla luce dell'esplicita previsione normativa.

La mancata equiparazione delle rispettive ipotesi di cui ai commi 4 e 5 dell'art. 168-bisc.p.c. è ascrivibile al fatto che solo l'udienza indicata in citazione e quella fissata con apposito decreto dal giudice designato risultano espresse in atti scritti idonei a determinare conoscenze certe, a differenza di quanto avviene per i rinvii d'ufficio, non soggetti a comunicazioni di sorta e desumibili solo dalla previsione generale del calendario giudiziale ex art. 69-bis disp. att. c.p.c. (Cass. civ., n. 12490/2007).

D'altro canto, la previsione del potere di differimento della data della prima udienza di comparizione, attribuito al giudice istruttore dal comma 5 dell'art. 168-bis c.p.c., è correlata alla fondamentale esigenza di porre il giudice in condizione di conoscere l'effettivo thema decidendum fin dal momento iniziale della trattazione della causa, mentre le medesime esigenze non sussistono in relazione al rinvio previsto dal comma 4 dello stesso art. 168-bis c.p.c., il quale può derivare da qualunque motivo, anche fortuito e indipendente da ragioni organizzative dell'ufficio o del giudice (Scarpa).

L'art. 70-bis disp. att. c.p.c. dispone inoltre che i termini di comparizione stabiliti dall'art. 163bis c.p.c. devono essere osservati anche se la causa è rinviata ad altra udienza ai sensi dell'art. 168-bis c.p.c., comma 4.

Quanto al termine di cinque giorni dalla presentazione del fascicolo, entro il quale il giudice designato può differire, con decreto motivato, ai sensi del dell'art. 168-biscomma 5c.p.c., la data della prima udienza, se ne è affermata la natura ordinatoria, in applicazione del generale principio stabilito dall'art. 152, comma 2, c.p.c.

Pertanto, nel caso in cui il differimento dell'udienza derivi dal provvedimento del giudice istruttore, che avrebbe dovuto tenere udienza nel giorno indicato nell'atto di citazione, secondo il decreto del Presidente del Tribunale, a norma dell'art. 69-bis disp. att., c.p.c. i termini di comparizione ex art. 163-bis c.p.c. e di costituzione del convenuto ex art. 166 c.p.c., devono esser computati in relazione alla data dell'udienza differita, ancorché il provvedimento di differimento sia stato adottato oltre il termine di cinque giorni dalla presentazione del fascicolo (Cass. civ., n. 16526/2003).

Da quanto precede, quindi, è inammissibile, in quanto tardivo, l'appello incidentale proposto con comparsa di risposta depositata successivamente all'udienza fissata nell'atto di citazione in appello, anche se questa sia stata rinviata d'ufficio ai sensi dell'art. 168-biscomma 4 c.p.c.

La relativa inammissibilità deve essere rilevata d'ufficio e, in mancanza, può essere eccepita per la prima volta dalla controparte anche in sede di legittimità (Cass. civ., n. 1188/2007; Cass. civ., n. 15705/2006).

Unica ipotesi che giustifica la mancata considerazione dell'originaria data dell'udienza fissata nell'atto di citazione è infatti quella - del tutto distinta - contemplata dall'art. 168-biscomma 5 c.p.c., che ricorre allorché il g.i. designato, nei cinque giorni dalla presentazione del fascicolo, ritenga, con proprio decreto motivato, di differire la data della prima udienza, giusta espressa previsione di cui all'art. 166 c.p.c. (Cass. civ., n. 9351/2003).

Osservazioni

Secondo l'espressa previsione dell'art. 343 c.p.c., l'appello incidentale si propone, a pena di decadenza, nella comparsa di risposta, all'atto della costituzione in cancelleria ai sensi dell'art. 166 c.p.c.

L'appello incidentale, quindi, deve essere proposto con comparsa depositata venti giorni prima della udienza di comparizione fissata nell'atto di appello principale, o che sia stata differita nell'esercizio del potere attribuito dal comma 5 dell'articolo 168-bis c.p.c. al giudice per consentire una razionale trattazione delle cause, mentre non assume alcuna rilevanza - ai fini della tempestività della impugnazione - lo spostamento automatico della data della udienza, rimandata d'ufficio ai sensi del comma 4 dell'articolo 168-bis c.p.c.

La Corte di cassazione con l'odierna pronuncia consolida l'orientamento in forza del quale il rinvio d'ufficio dell'udienza, a norma dell'art. 168-bis, comma 4, c.p.c. non determina la riapertura dei termini per il deposito della comparsa e per la proposizione dell'appello incidentale, poiché l'art. 166 c.p.c., coordinato con il successivo art. 167 c.p.c., contempla, quali ipotesi utili ad escludere la decadenza dalla proposizione della domanda riconvenzionale o dell'appello incidentale, a norma dell'art. 343 c.p.c., soltanto quella connessa al termine indicato nell'atto di citazione, ovvero, nel caso in cui abbia trovato applicazione l'art. 168-bis, comma 5, c.p.c. quella relativa alla data fissata dal giudice istruttore; conseguentemente è inammissibile, perché tardivo, l'appello incidentale, quando sia stato proposto con comparsa di risposta depositata successivamente all'udienza fissata nell'atto di citazione in appello, anche se questa sia stata rinviata d'ufficio ai sensi dell'art. 168-biscomma 4 c.p.c.

Quest'ultima norma dispone, a sua volta, che il convenuto deve costituirsi almeno venti giorni prima dell'udienza di comparizione fissata nell'atto di citazione o almeno dieci giorni prima nel caso di abbreviazione di termini ovvero almeno venti giorni prima dell'udienza fissata a norma dell'art. 168-biscomma 5 c.p.c., ove il giudice si avvalga di tale facoltà di differimento, il termine per la proposizione dell'appello incidentale va calcolato assumendo come riferimento la data dell'udienza differita, e non quella originariamente indicata nell'atto di citazione (Cass. civ., n. 1567/2011).

Come risulta evidente, la lettera della legge non prevede, pertanto, se il termine di costituzione debba considerarsi “libero” o meno, mancando ogni precisazione a tal riguardo.

Aderendo all'indirizzo nettamente prevalente della giurisprudenza di legittimità, si osserva che il termine libero costituisce un'eccezione alla regola generale (Cass. civ., n. 995/1969) in materia di computo dei termini, dettata all'art. 155 c.p.c., secondo cui nel computo dei termini a giorni o ad ore si escludono il giorno o l'ora iniziali.

Pertanto, mentre non si computa il dies a quo, deve invece calcolarsi il dies ad quem, il giorno cioè nel quale si deve effettuare l'atto sottoposto a termine.

Tale regola si applica anche per i termini che decorrono all'indietro, nei quali è da considerare come dies a quo il giorno di partenza del computo a ritroso, che, quindi, non deve essere calcolato, e come dies ad quem il giorno terminale del computo all'indietro, che, pertanto, deve essere conteggiato (Cass. civ., n. 11965/2013; Cass. civ., n. 17021/2003; Cass. civ., n. 4034/1992; Cass. civ., n. 2807/1997).

Pertanto, rappresentando il termine libero un'eccezione alla regola generale, la eventuale deroga deve essere espressamente sancita dal legislatore, con la conseguenza che, in difetto, si deve ritenere che il computo del termine vada effettuato nel rispetto della regola generale fissata all'art. 155 c.p.c. (Cass. civ., n. 8116/2013; Cass. civ., n. 11302/2011).

Il sistema delle impugnazioni previsto dal codice di procedura civile pone a carico dell'impugnante incidentale l'onere di rispettare due termini: --a) un termine "esterno", cosiddetto perché preesistente alla proposizione di qualsiasi impugnazione, previsto dagli artt. 325 e 327 c.p.c.: si tratta di un termine di decadenza, cui la legge consente di derogare quando l'interesse all'impugnazione incidentale sorga dalla proposizione dell'impugnazione principale (art. 334 c.p.c.); la ratio di questo termine è garantire la certezza dei rapporti giuridici, in ossequio al tradizionale principio ne lites paene immortales fiant; --b) un termine "interno", previsto dall'art. 343 c.p.c.; non derogabile in alcun modo (salva ovviamente la rimessione in termini di cui all'art. 153 c.p.c.), e la cui ratio non è la certezza dei rapporti giuridici, ma la salvaguardia della parità processuale delle parti e del diritto di difesa dell'appellante principale, rispetto alle doglianze formulate con l'appello incidentale.

Questi due termini, come ha chiarito dalla Corte di cassazione, sono tra loro complementari e non alternativi, ovvero legati da un nesso di implicazione unilaterale. Infatti, ove non sia rispettato il termine per il deposito in cancelleria della comparsa contenente l'appello incidentale, di cui all'art. 343 c.p.c., l'appello è inammissibile ed a nulla rileverà che per l'appellante non sia ancora spirato il termine di cui agli artt. 325 o 327 c.p.c. (Cass. civ., n. 7519/2014).

In conclusione, è del tutto irrilevante, ai fini della tempestività dell'atto, l'esistenza di un eventuale decreto di differimento della prima udienza disposto dal presidente della Corte ex artt. 350 e 168-bis c.p.c., poiché il rinvio d'ufficio dell'udienza non determina la riapertura dei termini per la comparsa e per la proposizione dell'appello incidentale (Cass. civ., n. 17032/2008).

Guida all'approfondimento

Scarpa, L'introduzione e la trattazione della causa, in Giur. merito, 2011, 254 ss.

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