L'impugnazione del lodo irrituale nella prospettiva del sindacato di legittimità

01 Giugno 2020

La prima sezione della Corte di cassazione ha avuto modo di pronunciarsi in materia di impugnazione del lodo arbitrale irrituale (cui sia applicabile il regime precedente alla riforma dell'arbitrato che ha introdotto una disciplina ad hoc con l'art. 808-ter c.p.c.) e, in particolare, su come dedurre nel ricorso per cassazione i motivi di doglianza.

Alla base del ricorso in Cassazione un arbitrato irrituale risalente al 1999 avente ad oggetto un contratto di opzione di acquisto e uno di sponsorizzazione stipulati inter partes nel 1995 che gli arbitri dichiararono nulli per mancata determinazione del corrispettivo.

I motivi per impugnazione. Ebbene, quanto ai motivi di possibile impugnazione del lodo irrituale, secondo la Suprema Corte dal momento l'arbitrato irrituale si configura «come uno strumento negoziale di risoluzione delle controversie, imperniato sull'affidamento a terzi del compito di ricercare una composizione amichevole della controversia, il relativo lodo è impugnabile esclusivamente per vizi della volontà (dolo, violenza o errore) o per incapacità delle parti o degli arbitri» e, quindi, con senza poter dedurre gli errores in iudicando ovvero la (lamentata) erronea interpretazione del contratto oggetto dell'arbitrato.

Eccesso dai limiti del mandato. Laddove il ricorrente intenda lamentare che gli arbitri hanno ecceduto i limiti dell'incarico ricevuto, la relativa indagine si risolverà nell'individuazione dell'estensione e dei limiti del mandato, la quale richiede la ricostruzione della volontà manifestata dalle parti attraverso la clausola compromissoria.
Si tratta, quindi, di una tipica indagine di fatto affidata al giudice del merito. Ne deriva che il controllo da parte della Corte di cassazione sarà possibile soltanto se il giudice di merito sarà incorso nella violazione delle regole legali di ermeneutica contrattuale, nonché se la sua motivazione è stata incongrua o illogica (e sempre che, in questo caso, sia ancora deducibile in cassazione dopo la modifica del n. 5 dell'art. 360 c.p.c.).

Il testo della clausola. Ma per svolgere questo sindacato, in ogni caso, è onere del ricorrente «riportare nel ricorso il testo della clausola compromissoria»: per la Corte, in mancanza, non è possibile verificare l'effettiva portata della clausola e, quindi, se effettivamente gli arbitri – come lamentato – avevano pronunciato oltre i limiti assegnati sia decidendo d'ufficio sulla nullità del contratto sia decidendo sulla domanda riconvenzionale proposta.

Errore dell'arbitro. Per la Suprema Corte, poi, nell'arbitrato irrituale l'errore rilevante ai fini dell'annullamento del lodo «è solo quello attinente alla formazione della volontà degli arbitri, che si configura quando questi abbiano avuto una falsa rappresentazione della realtà per non aver preso visione degli elementi della controversia o per averne supposti altri inesistenti, ovvero per aver dato come contestati fatti pacifici o viceversa».
Al contrario, risulta preclusa ogni impugnazione «per errori attinenti alla determinazione da essi adottata sulla base del convincimento raggiunto dopo aver interpretato ed esaminato gli elementi acquisiti».

Nullità della clausola. Infine, il ricorrente aveva eccepito la nullità della clausola compromissoria per arbitrato irrituale a causa della nullità del contratto cui afferisce. Senonchè, per la Suprema Corte il motivo di ricorso è inammissibile sebbene la nullità della clausola sia una questione rilevabile in ogni stato e grado del giudizio.

La ragione per cui il motivo di ricorso è stato dichiarato inammissibile deve essere ricercata nel limite alla rilevazione della nullità nel giudizio di legittimità.
Ed infatti, secondo la giurisprudenza alla quale la Suprema Corte ha inteso aderire, la nullità è rilevabile, ai sensi dell'art. 1421 c.c., anche d'ufficio, in ogni stato e grado del procedimento ma con il limite del divieto degli accertamenti di fatto, sicché nel giudizio di cassazione la nullità è rilevabile solo se siano acquisiti agli atti tutti gli elementi di fatto dai quali possa desumersene l'esistenza.
Ebbene, nel caso di specie sarebbe occorsa «un'indagine di fatto in ordine al tenore ed alla portata della clausola compromissoria, all'individuazione ed alla qualificazione del contratto cui la stessa accedeva ed alla configurabilità di quest'ultimo come un contratto unitario o come il risultato di un collegamento negoziale». Peraltro – conclude la Corte – non è stato neppure precisato nel ricorso in quale fase ed in quale atto del giudizio di merito la relativa eccezione sia stata sollevata.

*Fonte: www.dirittoegiustizia.it

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