Sovraindebitamento: ammissibile la dilazione oltre l'anno del pagamenti dei creditori privielgiati

03 Giugno 2020

Nel piano del consumatore e nell'accordo di composizione della crisi è ammissibile la dilazione del pagamento dei privilegiati anche oltre il termine annuale previsto dall'art. 8, comma 4 della legge n. 3 del 2012, a prescindere dalla continuità aziendale; in tale evenienza i creditori prelatizi hanno diritto di voto,
Massima

Nel piano del consumatore e nell'accordo di composizione della crisi è ammissibile la dilazione del pagamento dei privilegiati anche oltre il termine annuale previsto dall'art. 8, comma 4 della legge n. 3 del 2012, a prescindere dalla continuità aziendale; in tale evenienza i creditori prelatizi hanno diritto di voto, rapportato alla perdita economica conseguente al ritardo con cui vengono soddisfatti e, con riferimento ai piani del consumatore, ad essi deve essere concessa la possibilità di esprimersi in merito alla proposta del debitore (nella specie il piano prevedeva il pagamento del creditore fondiario nel termine di sedici e di dodici anni dall'omologa).

Il caso

Il Tribunale di Civitavecchia rigetta la domanda di omologazione di un piano del consumatore perché prevede il pagamento del credito fondiario di una Banca oltre il termine annuale previsto per i privilegiati a norma dell'art. 8, comma 4,l. 3/2012.

Il successivo reclamo viene respinto perché il termine ultrannuale, pur ammesso nel diritto vivente per il concordato preventivo, non sarebbe ammissibile nel sovraindebitamento in via analogica: la moratoria dei privilegiati non potrebbe superare l'anno e potrebbe sussistere entro questo limite solo ove si preveda la continuazione dell'attività d'impresa o il proponente sia un consumatore; a ulteriore conferma, la durata della procedura non liquidatoria deve essere parametrata alla durata massima prevista dalla legge Pinto in sei anni e non in sedici anni come previsto nel piano di specie.

La Suprema Corte accoglie infine il ricorso contro il reclamo reiettivo, ritenendo ammissibile una dilazione del pagamento del creditore ipotecario anche al di fuori delle ipotesi di continuità d'impresa ed afferma che i termini previsti dalla Legge Pinto non determinano l'illegittimità tout court dei piani che prevedono il pagamento dei privilegiati oltre il termine annuale previsto dall'art. 8, comma IV, l. 3/2012.

Il tribunale di Rovigo, in un procedimento speculare, rigetta il reclamo avverso il provvedimento di rigetto dell'omologa di un piano del consumatore con una durata di dodici anni, sul presupposto che la proposta non può prevedere il pagamento dei creditori oltre cinque anni dall'omologa, come previsto dalla giurisprudenza in tema di concordato preventivo.

Con la seconda pronuncia, la Corte cassa il successivo provvedimento di secondo grado stabilendo che gli interessi dei creditori possono essere in astratto meglio tutelati attraverso un piano di durata anche superiore ai 5/7 anni rispetto all'alternativa dell'esecuzione individuale: pertanto è errato dichiarare inammissibili tutte le proposte di piano e di accordo che prevedano un tempo più dilatato.

La questione giuridica e la soluzione

A distanza di pochi mesi la Suprema Corte si pronuncia con due speculari pronunce sulla durata del piano nell'accordo di composizione della crisi e fa ampio richiamo al diritto vivente in materia di concordato preventivo, per legittimare proposte con un orizzonte temporale assai ampio e con la possibilità di regolare i creditori privilegiati anche oltre il termine annuale previsto dall'art. 8, comma 4, l. 3/2012 sia nel piano nel consumatore, sia (implicitamente) nell'accordo di composizione della crisi anche senza continuità di impresa.

Con le pronunce in commento, la Cassazione ha superato il dato letterale della predetta norma, che permette il pagamento dei creditori privilegiati solo entro un anno dall'omologa, salvo che sia prevista la liquidazione dei beni ove sussiste la causa di prelazione. E ha ribadito che la estrema contiguità tra piano del consumatore e concordato preventivo impone di considerare ammissibile una proposta che – in forza dell'art. 186 bis l.f. applicabile in via analogica - permette il pagamento dei privilegiati oltre il termine annuale, purché sia previsto un meccanismo di espressione di volontà dei creditori prelatizi falcidiati.

Osservazioni

Sono plurimi gli argomenti di interesse delle due pronunce in commento. Qui tratteremo: della ricorribilità in cassazione del reclamo reiettivo, dell'applicazione in via analogica dell'art. 55 l.f. riguardo all'immediata esigibilità dei crediti all'apertura della procedura di sovraidebitamento, della durata del piano, dei limiti di compatibilità con la legge Pinto e del voto dei prelatizi pregiudicati dal pagamento ultrannuale.

Il ricorso in cassazione contro il reclamo reiettivo: il giudicato rebus sic stantibus

L'ammissibilità del ricorso in Cassazione avverso il decreto che rigetta il reclamo del sovraindebitamento è controversa, trattandosi di ordinanza soggetta a revoca e modifica di fronte a fatti sopravvenuti e pertanto, in astratto, non definitiva.

Le pronunce della Suprema Corte sul punto si dividono tra due contrapposti orientamenti.

In una prima serie di pronunce, la Suprema Corte afferma la ricorribilità in astratto ex art. 111 Cost. dei provvedimenti camerali decisori, identificati in ipotesi di giudicato rebus sic stantibus (sul tema G. Benvenuto, Il ricorso in Cassazione nel Sovraindebitamento: l'aporia tra presente e futuro, Diritto24).

In tale orientamento rientrano i provvedimenti in esame, che fondano l'ammissibilità del gravame in quanto dotato del requisito della definitività (siccome non altrimenti impugnabile) e della decisorietà, desunta dall'esistenza di un giudicato rebus sic stantibus, a fronte (i) del carattere contenzioso del procedimento, (ii) dell'incidenza del provvedimento su diritti soggettivi, individuati nel caso di specie nel blocco delle azioni esecutive (art. 12 ter l. 3/2012).

La distinzione si origina da Cass. SSUU 27073/2016 e Cass. SS.UU 1914/2016, che affermano la ricorribilità ex art 111 Cost. di un provvedimento, anche in forma di ordinanza o decreto, quando abbia il carattere della decisorietà che sussiste “quando pronuncia o, comunque, incide con efficacia di giudicato su diritti soggettivi” ed abbia anche il carattere della definitività che si realizza quando “si tratta di provvedimenti per i quali non è prevista alcuna forma di impugnazione ordinaria".

Sul tema va ricordata anche Cass. 4451/2018, che precisa come il requisito della decisorietà sia “scomponibile in due profili … (i) "carattere contenzioso del procedimento… l'idoneità del provvedimento, che lo conclude, a "decidere su diritti soggettivi”.

In un altro filone di orientamento opposto, la Suprema Corte esclude l'ammissibilità del ricorso del reclamo reiettivo nei procedimenti ex l. 3/2012.

Alcuni altri arresti hanno ritenuto non ricorribili in cassazione: il reclamo avverso il decreto di rigetto delle istanze di rateizzazione e di revoca dei decreti di nomina degli Organismi di composizione della Crisi (Cass. 34015/2019); il decreto di annullamento, in sede di reclamo, dell'omologazione del piano del consumatore intervenuta ex art. 12 bis L. 3/2012 (Cass. n. 19117/2017); il decreto di rigetto nel procedimento di reclamo avverso il provvedimento del giudice delegato che ha dichiarato inammissibile la proposta di accordo di composizione della crisi (Cass. n. 6516/2017); il decreto del tribunale che dichiara inammissibile la proposta di accordo di ristrutturazione dei debiti, presentata ex L. 3/2012 (Cass. n. 30534/2018).

L'esigibilità dei crediti all'apertura del concorso della procedura di accordo del consumatore

Il tema della durata del piano presuppone un passaggio concettuale sull'esigibilità dei crediti concorsuali e sull'applicazione analogica dell'art. 55 l. fall., che presuppone l'immediata esigibilità dei crediti all'apertura del fallimento. Nel piano del consumatore, la durata del piano è tendenzialmente collegata al mutuo fondiario, perché l'istituto viene scelto di norma solo per preservare la prima abitazione, che diversamente verrebbe posta a disposizione dei creditori nella liquidazione del patrimonio e sottratta al debitore.

Se fossero ammissibili piani che recepiscano la durata pattizia del mutuo fondiario ancora non risolto prima dell'apertura del concorso, che nelle sentenze in commento aveva durata rispettivamente di dodici e sedici anni, il tema del limite di durata sarebbe aggirato. Allo stesso tempo si dovrebbe concedere che il mutuo fondiario non subisce deviazioni all'apertura della procedura concorsuale, il che stride con i principi di universalità del concorso.

Per comprendere l'intento nomofilattico della Corte, che - anticipiamo - conclude per l'applicazione analogica dell'art. 55 l. fall al sovraindebitamento, è utile ricostruire gli orientamenti contrastanti nella giurisprudenza di merito.

Un primo indirizzo esclude l'applicabilità dell'art. 55 l.fall. e ritiene ammissibile la durata ultrannuale del piano per regolare il mutuo fondiario non risolto alle ordinarie scadenze (sul tema Trib. Milano decreto 18 ottobre 2017, si veda anche Rossetti, S., Gli orientamenti della Sezione Fallimentare di Milano sul sovraindebitamento).

Altre pronunce appaiono più restrittive e non hanno ammesso tout court piani e accordi senza continuità con il pagamento dei creditori prelatizi oltre l'anno. Si annoverano in questo filone

Trib. Mantova 29 maggio 2018

, che applica il principio del voto ai creditori prelatizi pregiudicati pagati oltre l'anno e il conseguente diritto di voto, mentre

Trib. Asti 18 novembre 2014

ha ritenuto inammissibile il pagamento dilazionato del creditore fondiario non integrale ed entro l'anno, senza alcuna alternativa.

Nella sentenza n. 17834/2019, viene anzitutto esclusa la legittimità del piano con un pagamento dei creditori ipotecari senza interessi per la durata del mutuo fondiario, posto che l'art. 9, comma 3 quater l. 3/2012 prevede (come l'art. 55 L.fall.) la sospensione di diritto del decorso degli interessi dall'apertura della procedura, tranne che per i crediti prelatizi (salvo quanto previsto dagli artt. 2749, 2788 e 2855 c.c.).

Il mutuo fondiario deve dunque considerarsi scaduto, fin dall'apertura del concorso, pena la sospensione degli interessi sul capitale erogato per un tempo eccessivamente dilatato, che risulta incompatibile con i principi generali delle obbligazioni pecuniarie.

E per considerare scaduto il mutuo all'apertura, la Corte usa due argomenti:

(i) l'art. 1186 c.c., posto che non è seriamente revocabile in dubbio che il presupposto oggettivo del sovraindebitamento (art. 6 L. 3/2012) sia molto affine a quello dell'insolvenza civile, il termine dell'obbligazione pecuniaria deve considerarsi scaduto quantomeno quando è accertato lo stato di sovraindebitamento, dunque con il provvedimento di apertura;

(ii) l'applicazione analogica dell'art. 55 l.fall. deve trovare applicazione anche nel sovraindebitamento, che deve considerarsi una “procedura caratterizzata dal crisma della concorsualità” delle procedure di cui alla L. 3/2012.

Dalla scadenza delle obbligazioni pecuniarie all'apertura del concorso, discende il tema della durata del piano e del voto

Inconferenza del richiamo alla legge Pinto, ammissibilità del pagamento dei privilegiati oltre il termine annuale, attestazione speciale e voto ai creditori pregiudicati nel piano del consumatore

La sentenza 22633/2019 smentisce ogni richiamo alla legge Pinto. Il limite di cinque-sette anni è previsto dalla legge 89/2001 quale durata massima per le procedure fallimentari. Ma per l'accordo e per il piano simile lasso di tempo deve considerare come termine finale per l'omologa, non per l'esecuzione del piano, che è momento successivo ed estraneo alla procedura. E si deve ricordare che il principio regolatore della seconda opportunità, direttamente richiamato dal diritto comunitario, impone di ampliare le maglie dell'ammissibilità dei piani, sicché negare l'omologa di un piano di durata ultraquinquennale rischia di porre eccessivi vincoli all'elaborazione di proposte di ristrutturazione del debito e si rivela incompatibile con la libertà negoziale attribuita al debitore, che può fare proposte ai creditori attraverso qualsiasi forma: non è detto che un piano ultraquinquennale non sia più conveniente e dunque esso non può considerarsi inammissibile solo prendendo in considerazione le previsioni temporali di pagamento.

La possibilità di predisporre un piano senza durata predeterminata, discende dall'assimilazione del piano e dell'accordo al concordato preventivo: la similitudine, argomenta la corte, è netta. I primi infatti mirano all'omologazione di un accordo di contenuto libero e vincolante per tutti i creditori, anche dissenzienti, qualora sia approvato dalla maggioranza. Il tratto caratterizzante l'istituto, la deliberazione maggioritaria, è comune agli istituti e ciò impone di trattare il voto allo stesso modo.

Va ricordato che nel concordato i creditori privilegiati possono essere degradati al chirografo se il piano ne preveda la soddisfazione in misura almeno pari a quella realizzabile in sede liquidatoria, avuto riguardo al valore di mercato dei beni dove insiste il privilegio (art.160 l.fall.). E il pagamento oltre il termine annuale fissato per i privilegiati dall'art. 186 bis l.fall. corrisponde a un pagamento dei creditori in misura inferiore e dunque parificato a una degradazione al chirografo (Cass. 10112/2014). Ma in quanto chirografari, essi hanno diritto ad esprimersi sulla proposta (art. 177, terzo comma, l.f.). La Suprema Corte trasla i principi elaborati nella procedura concorsuale minore al sovraindebitamento, richiamando le norme della l.3/2012 che ripetono una disciplina sostanzialmente conforme (art. 7, primo comma, e 11, secondo comma, l.3/2012).

Rimane apparentemente distonica per il piano del consumatore la previsione del voto, che entrambe le sentenze in commento impongono per i creditori privilegiati pagati oltre il termine annuale: l'istituto, infatti, non prevede alcuna espressione di voto, ma nulla impedisce che la proposta non possa prevedere una manifestazione di volontà, nelle forme del patto paraconcordatario o dell'espressione di voto nelle forme del silenzio assenso come nell'accordo di composizione della crisi, dei creditori prelatizi pregiudicati. L'adesione del creditore privilegiato pregiudicato dal pagamento tardivo, evidentemente, sarà condizione necessaria per accedere all'omologa del piano, poiché esso non prevede che il giudice possa sostituirsi all'approvazione del piano ad opera dei privilegiati degradati al chirografo, potendo valutare solo la convenienza della proposta per tutti gli altri creditori.

Conclusioni

Le pronunce in commento si inseriscono nel solco delle pronunce che anticipano in via interpretativa l'avvento della riforma e in tal modo anticipano gli effetti espansivi del sovraindebitamento che il CCII ha attribuito al sovraindebitamento, amplificando le possibilità di accesso agli istituiti mediante la rimozione degli ostacoli con i quali la prassi dei tribunali di merito aveva sostanzialmente ridotto la portata applicativa dell'istituto.

Gli intenti nomofilattici della Cassazione in questa materia delineano un istituto sempre più accessibile, con scelte anche coraggiose, che giungono fino a piegare il dato letterale delle disposizioni della legge 3/2012 alle esigenze teleologiche dell'istituto, focalizzate dalla legislazione europea - sin dalla raccomandazione UE135/2014 - nell'esigenza di attribuire ai debitori una seconda chance.

Sull'altare di una seconda possibilità di matrice europea, è dunque necessario sacrificare formalismi e interpretazioni troppo restrittive, anche a costo di minare l'affidamento nell'esatto adempimento, e, di riflesso, il costo dei finanziamenti al consumatore, il cui rischio inevitabilmente sale per effetto delle plurime, prevedibili, microinsolvenze. E questa, piaccia o no, è la strada fissata dal legislatore europeo, che sta mutando lentamente l'interpretazione del diritto fallimentare nelle pronunce della Cassazione.

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