Protezione sussidiaria e nozione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato

Redazione scientifica
05 Giugno 2020

La Cassazione ha chiarito che la nozione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale", quando venga invocata per il riconoscimento della protezione sussidiaria postula, da un lato, la sussistenza di uno scontro tra le forze governative di uno Stato ed uno o più gruppi armati o tra due o più gruppi armati e, dall'altro, una conseguente violenza generalizzata idonea a comportare una minaccia grave e individuale alla vita di una persona.

Il caso. La Corte d'appello rigettava il ricorso proposto da un cittadino straniero avverso l'ordinanza con cui il Tribunale dli aveva negato la protezione internazionale o umanitaria. Avverso la decisione il richiedente propone ricorso in Cassazione lamentando che la Corte territoriale non abbia erroneamente ritenuto assolto l'obbligo di allegazione su di lui gravante e che non abbia riconosciuto la sussistenza di una minaccia grave alla sua vita derivante dalla violenza indiscriminata derivante dalle situazioni di conflitto nel suo paese di origine.

Violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale. La Cassazione, ritenendo il ricorso inammissibile, chiarisce che «la nozione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, invocata dal ricorrente ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria contemplata dall'art. 14, lett. c)d.lgs. n. 251/2007, postula, da un lato, la sussistenza di una situazione configurabile come “conflitto armato” (inteso come scontro tra le forze governative di uno Stato ed uno o più gruppi armati o tra due o più gruppi armati) e, dall'altro, una conseguente violenza generalizzata idonea a comportare una minaccia “grave e individuale alla vita o alla persona di un civile” derivante da quella violenza. I Giudici osservano che la Corte territoriale ha escluso tali circostanze sulla base di una valutazione non sindacabile innanzi alla Cassazione, se non per il tramite di una censura motivazionale conforme al paradigma dell'art. 360comma 1, n. 5) c.p.c. che nel caso concreto non è stata prospettata.
Chiarito questo, il ricorso viene rigettato.

*Fonte: www.dirittoegiustizia.it

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